L’apprendimento emotivo, sociale ed etico (SEEL)
Proprio mentre in Parlamento si discute di nuovo sull’ora di educazione civica, arriva da India e Stati Uniti una proposta decisamente innovativa, che scardina l’impostazione da sempre un po’ retorica dell’approccio italiano: il programma di “Apprendimento Emotivo, Sociale ed Etico” (Social, Ethical and Emotional Learning o SEEL) dell’Università di Emory (Atlanta), forte di una Guida per gli insegnanti e 4 volumi di attività, ognuno per una fascia di età tra i 5 e i 17 anni. La proposta coniuga gli studi e la pratica pedagogica americana dell’apprendimento emotivo, che ha il suo padre nobile nel libro di Daniel Goleman del 1995, con le pratiche meditative e di consapevolezza di tradizione orientale, note da noi nella loro versione laica della Mindfulness. I volumi sono firmati da un’équipe di pedagogisti e psicologi, che hanno lanciato la SEEL in una conferenza mondiale a New Delhi agli inizi di aprile alla presenza del Dalai Lama, che ha patrocinato l’iniziativa.
Quel che colpisce subito, scorrendo la Guida e le decine di attività didattiche, è l’approccio personale, esperienziale e pragmatico (learning si badi, non teaching), centrato sulla conoscenza, la regolazione e la costruzione del sé nella relazione con gli altri. L’idea di fondo è che l’educazione della persona e del cittadino non può essere costruita sullo studio delle regole “là fuori” (da quelle dello Stato fino alla singola classe), senza che si lavori sul “dentro”, sulla realtà emotiva e sull’esperienza di vita quotidiana di alunni e insegnanti.
Occuparsi dell’anima (mente, spirito, cuore…)
Se guardiamo alle condizioni dei nostri alunni, non possiamo che registrare un peggioramento negli ultimi anni: abbiamo visto aumentare la loro rabbia, l’incapacità di concentrarsi e di stare fermi, l’ansia, la depressione. Le nostre classi sono sempre più stressanti e impegnative, attraversate da sofferenze psicologiche, disturbi del comportamento e dell’attenzione, e da vere e proprie malattie. I nostri bambini/ragazzi sono iperstimolati, iperconnessi, precoci e pieni di “cose”, spesso infelici e inascoltati. Studiare la “Costituzione italiana”, le “Istituzioni comunitarie” o “la storia della bandiera e dell’Inno nazionale” (cito in disordine dalla proposta di legge in discussione) non ha quasi nulla a che fare con tutto questo. Se non cominciamo ad occuparci sul serio dell’anima (mente, spirito, cuore, come si vuole) dei nostri alunni, presto faremo fatica a insegnare qualsiasi contenuto, oppure la scuola non servirà più a nulla, sopraffatta dall’onnipresenza digitale (videogiochi e social), dalla dittatura del mercato e dai disvalori di massa.
Ecco perché SEEL mette al primo posto la “pratica”, cioè la conoscenza e il controllo delle emozioni e degli impulsi, la consapevolezza del corpo, l’esercizio ripetuto dell’attenzione e della concentrazione, la riduzione della rabbia e della frustrazione, la compassione verso se stessi e gli altri, la gestione del conflitto, l’impegno sociale. “Le pratiche dell’apprendimento SEE possono aiutare le persone a possedere una maggiore capacità di prendersi cura di sé e degli altri, il che è cruciale per la salute sia fisica che emotiva” (The SEE Learning Companion, trad. Rita Trento). Siamo molto vicini a quello che le nostre scuole stanno già sperimentando qua e là, con laboratori AC (“Acceptance & Commitment”, sempre di derivazione americana), Mindfulness, Yoga, Meditazione, coinvolgendo alunni e personale.
Il framework del curricolo SEE: consapevolezza, compassione, partecipazione
Il quadro di riferimento SEEL è costruito su tre dimensioni, che si sviluppano in tre diversi ambiti: personale, sociale, globale. La consapevolezza consiste nello “sviluppare una comprensione dei nostri pensieri, sentimenti ed emozioni. […] percepire la nostra vita interiore, la presenza e i bisogni degli altri e l’interdipendenza come una caratteristica delle nostre vite e del mondo in cui viviamo”. La compassione significa “relazionarsi con noi stessi, gli altri e l’umanità nel suo insieme con gentilezza, empatia e interesse per la loro felicità e sofferenza”: una competenza che “richiede il pensiero critico, la comprensione dei propri bisogni e dei propri desideri e la capacità di discernere ciò che porterà al proprio benessere a lungo termine”. La partecipazione è infine “l’apprendimento dei comportamenti che favoriscono il benessere personale, sociale e collettivo”, che richiedono “autocontrollo, abilità sociali e azione impegnata in quanto cittadini globali”. Per ognuna di queste 9 combinazioni il curricolo SEEL propone attività concrete di lavoro a scuola, adatte alle diverse classi di età.
Gli autori di SEEL tengono a sottolineare che “sviluppare queste tre dimensioni come valori di base non significa semplicemente acquisire conoscenza, ma realizzare la loro rilevanza a livello personale e quindi interiorizzarle profondamente”. Solo in questo modo “otterremo una maggiore consapevolezza in prima persona dei nostri pensieri e sentimenti, nonché degli altri e della loro vita mentale”, coltivando “le capacità di igiene emotiva e cura per noi stessi, con coraggiosa compassione per gli altri e un riconoscimento della nostra comune umanità che valorizza tutte le persone, in ogni luogo” (ibidem).
Insegnanti felici cambiano il mondo
Quello che abbiamo detto a proposito degli alunni si può ripetere anche per i nostri insegnanti, sempre più stressati emotivamente e fisicamente, e assediati dalle urgenze che il mondo presenta loro in classe ogni mattina. Nessun documento ministeriale si è mai preoccupato della loro salute fisica e mentale; nessun programma, investimento, piano di formazione ha avuto come obiettivo il loro benessere, anche se ormai sappiamo che solo “insegnanti felici cambiano il mondo”, come recita un titolo del celebre monaco vietnamita Thich Nhat Hanh.
Il curricolo SEE integra anche questo punto di vista, sottolineando ripetutamente che non è possibile insegnare le competenze di cui abbiamo parlato senza praticarle. Per questo è previsto un primo corso di formazione on line sull’apposita piattaforma, a cui andrà aggiunta una necessaria formazione/pratica in presenza: senza prendersi cura di sé non ci si può prendere cura degli altri (principio semplice, ma ancora sconosciuto nella scuola italiana). Come in ogni vera disciplina, infatti, l’allievo impara soprattutto dai comportamenti e dall’esempio più che dalle parole, dai modi più che dai contenuti, dalla pratica quotidiana comune con il “maestro”: un apprendimento continuo che – scomodando Platone e chiudendo il cerchio tra Oriente e Occidente – non è “in alcun modo verbalizzabile come gli altri, ma a partire da una lunga consuetudine con la cosa stessa e dalla comunanza del vivere, all’improvviso, come luce accesa dallo scoccare di una scintilla, generandosi nell’anima, si nutre ormai da se stesso”.
Come si vede, siamo molto oltre la “materia” insegnata da un solo docente in 33 ore annue: se la “nuova” educazione civica non integrerà questo approccio trasversale, personale, trasformativo, si autocondannerà a non avere alcun impatto reale sulle competenze degli alunni e sul benessere dei docenti.
Per approfondire
Tutto il materiale è in inglese, ma sono in corso le traduzioni (con i doverosi adattamenti) nelle principali lingue del mondo. Per chi vuole cominciare:
- Il sito della SEEL dell’Emory University;
- La guida al SEEL per gli insegnanti;
- Le competenze SEEL e il framework (in italiano).
Il libro di Thich Nhat Hanh e Katherine Weare, Insegnanti felici cambiano il mondo, è pubblicato da Terra Nuova Edizioni (2018).