Verso il nuovo Contratto Nazionale per la formazione
La recente nota del MIUR n. 43439 del 2.10.2019, fa intravvedere nuovi scenari per il Piano Nazionale di formazione dei docenti, oggetto in queste settimane di una serrata trattativa con le Organizzazioni Sindacali, in vista della stipula di uno specifico Contratto Nazionale Integrativo.
In effetti, la nota del MIUR, come ricordato per altro da Giancarlo Cerini nel n. 155 di Scuola7, prevede la possibilità per le scuole di avere a disposizione risorse proprie per la formazione dei docenti deliberata dal Collegio e inserita nel Piano della formazione presente nel PTOF, ciò consente di superare la diatriba, spesso pretestuosa, sull’obbligatorietà.
La centralità della scuola dell’autonomia
D’altra parte, fin dal DPR 275/1999 all’art. 6 si prevedeva che Le istituzioni scolastiche, singolarmente o tra loro associate, esercitano l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali e curando tra l’altro:
- la progettazione formativa e la ricerca valutativa;
- la formazione e l’aggiornamento culturale e professionale del personale scolastico;
Benché siano ormai passati venti anni, questa opportunità non è stata adeguatamente sfruttata dalle istituzioni scolastiche, soprattutto per quanto riguarda la formazione e la ricerca didattica. Piuttosto che scelte autonome e mirate a bisogni specifici delle scuole, hanno finito per prevalere i progetti proposti a livello centrale quali, ad esempio, quelli – pur meritevoli – previsti per le Misure di accompagnamento alle Indicazioni Nazionale del primo ciclo d’istruzione 2012.
La “ricaduta” della formazione in servizio
In attesa di conoscere gli esiti del monitoraggio (MIUR-INDIRE-USR) sulle attività formative sviluppate nei tre anni dalle Scuole capofila di ambito, si può comunque affermare che con difficoltà si sono riusciti a coniugare le priorità del Piano nazionale, le proposte formative della Rete di ambito per la formazione, le scelte individuali dei docenti e le esigenze di sviluppo professionale all’interno di ciascuna scuola.
La formazione del singolo docente, per avere una ricaduta in una didattica condivisa e documentata, necessita di passaggi, a volte anche complessi, che andrebbero agiti a livello di dipartimenti disciplinari o interdisciplinari, dei Consigli di classe (se scuola secondaria), del team dei docenti (se scuola primaria) in modo da favorire un apprendimento professionale significativo per tutta l’organizzazione.
Appare, quindi, importante che ciascuna istituzione scolastica individui il proprio specifico bisogno formativo al fine di assicurare un processo di crescita e di miglioramento continuo.
Qualità della scuola e sviluppo professionale dei docenti
Il punto di vista che bisognerebbe assumere, riprendendo quanto indicato anche nel “Piano per la formazione dei docenti 2016-2019”, è quello di riconoscere come obiettivo strategico per la qualità dell’istruzione lo sviluppo professionale continuo dei docenti, pensato però non come mero adempimento contrattuale ma come presupposto irrinunciabile per il miglioramento della singola istituzione scolastica e, di conseguenza, di tutto il sistema dell’istruzione. Elevare gli standard professionali dei docenti è il presupposto per il miglioramento, ma è anche la condizione per rilanciare, all’interno delle scuole e nel paese, l’immagine del docente professionista responsabile della formazione e dello sviluppo culturale.
Pertanto, la formazione progettata dalla scuola deve essere collegata con i bisogni specifici della didattica, con le priorità individuate dal RAV di ciascuna scuola, attraverso la costruzione di un forte legame fra sviluppo professionale individuale e apprendimento organizzativo, attraverso una riflessione condivisa sui processi di miglioramento. E’ opportuno parlare di sviluppo professionale come cura della propria professione all’interno di un contesto organizzato.
Interrogarsi a scuola con sincerità
Non si vuole qui fornire una ricetta o un “pacchetto formativo” quanto piuttosto di presentare un approccio metodologico che favorisca la progettazione di percorsi formativi di qualità.
Un percorso formativo va costruito in primo luogo a partire da una rilettura di quanto ciascuna scuola ha fatto, imparando a riconoscere il proprio specifico progettuale e a ricondurre ogni azione ad un quadro di riferimento, normativo e culturale, coerente e adeguato. La sfida per la scelta dei contenuti, e per la gradualità con cui essi vanno sviluppati, deve tener conto della “storia” della scuola, della sua collocazione nel territorio e della pluralità di professionalità presenti nel collegio. Poiché la reazione dei docenti di fronte alla formazione è normalmente riconducibile a “l’abbiamo sempre fatto, non c’è niente di nuovo” oppure “è solo teoria, nella nostra scuola non si può fare”, è importante che i docenti si interroghino sul proprio modo di lavorare e sulla propria professionalità e che consapevolmente trovino possibili soluzioni alle criticità individuate.
Autoformazione, riflessività e ruolo del formatore “esperto”
La formazione funziona se pone domande, se introduce dubbi rispetto a modalità di lavoro cristallizzate, se costringe a formulare ipotesi e cercare nuove soluzioni. L’assunzione della “postura riflessiva” permette di approdare ad una mutata prospettiva concettuale e sviluppare un processo di acquisizione della consapevolezza, capace di promuovere il cambiamento, costringendo il docente in formazione a continue crisi di identità e conseguente indebolimento delle posizioni dogmatiche.
Il paradigma riflessivo, concepito come il potere degli insegnanti di intervenire sul loro lavoro a partire dall’analisi di pratiche apertamente e consapevolmente assunte, si concretizza in una sorta di coaching professionale reciproco, con approccio metacognitivo che, attraverso più fasi, consente un reciproco riconoscimento culturale e professionale, un saper guardare alla propria tradizione professionale con occhio riflessivo, un voler intervenire sulle proprie routine e imparare gli uni dagli altri.
Non si tratta di proporre una versione generica di autoformazione di Collegio, perché la formazione va sostenuta e guidata da un formatore esperto che sappia riconoscere le specifiche professionalità a cui si rivolge e il contesto organizzativo, che sappia collegare formazione e didattica, nuove acquisizioni e consolidate procedure progettuali e didattiche, che favorisca la valorizzazione dell’esistente e il superamento della resistenze alle innovazioni.
Al di là del “pacchetto formativo”
La scelta degli ambiti di formazione va operata dal Collegio, sotto la guida sapiente del Dirigente, coerentemente, con priorità didattiche e organizzative individuate nel RAV e dal Piano di Miglioramento, ma la regia formativa va affidata ad un soggetto esterno, che trasferisca sapere esperto in un contesto formativo specifico. Uno dei limiti della formazione è che, spesso, i formatori utilizzano “pacchetti formativi” preconfezionati che non riescono ad incidere sugli apprendimenti professionali dei docenti demandando a questi, in altri momenti autonomi di rielaborazione, il trasferimento di quanto appreso in pratiche progettuali e in ricerca didattica nelle classi.
Si tratta, invece, di costruire un ambiente di apprendimento autentico, una formazione nella formazione, che impegni i docenti in una molteplicità di attività differenti nel perseguimento di altrettanti molteplici traguardi di competenza, con un formatore capace, quindi, di svolgere il ruolo di allenatore, facilitatore. Setting diversificati di lavoro, individuale, a coppie, a piccoli gruppi, plenarie permettono il germogliare riflessioni e sviluppare apprendimenti professionali potenzialmente duraturi e dare vita allo sviluppo di un modello di affiancamento all’organizzazione attraverso un lavoro comune.
Formazione in servizio e pratica didattica
Tutto ciò funziona anche se il percorso formativo è accompagnato, pertanto, dalla pratica progettuale e didattica, se si stabilisce una interconnessione fra contenuti della formazione e implementazione di percorsi didattici nelle classi, se si si sviluppa una pratica di documentazione e di validazione dei percorsi e se ne valuta la riproducibilità.
Inoltre bisogna immaginare un percorso disteso nel tempo che dia la possibilità di metter in atto processi di apprendimento professionale che si possono tradurre in cambiamento ragionato e condiviso dell’azione didattica individuale e collettiva nell’ottica dello sviluppo professionale dell’organizzazione.
Il ruolo del dirigente scolastico
In questa prospettiva appare determinante il ruolo del Dirigente scolastico non solo nell’orientare scelte formative coerenti ma anche nel saper rivedere il modello organizzativo nell’ottica del miglioramento e della valorizzazione delle professionalità di tutti e della qualità dell’istruzione.
Si potrebbe pensare anche alla possibilità di condividere a livello di Ambito il modello di formazione e avviare percorsi metodologici per la formazione dei formatori e per il sostegno alla pratica documentale, ma questa ipotesi apre il campo per altra riflessione e per ulteriore approfondimento.