Il “merito” cancellato?
Il comma 249 dell’art. 1 della Legge sul <Bilancio dello Stato 2020>, come approvato dal Senato, dispone che “Le risorse iscritte nel fondo di cui all’articolo 1, c. 126, della L. n. 107/2015, già confluite nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione”[1]. Questo è il nuovo “assetto” del cosiddetto “bonus” premiale per la valorizzazione del merito, che dall’a.s. 2020/21 confluisce nel FIS, e quindi diventa materia di contrattazione con la RSU[2].
Il contributo sviluppa un breve quadro storico-normativo della problematica del “merito” nella scuola italiana, per farne emergere punti di forza e aree di criticità e per evidenziarne la comples- sità, dal momento che essa si interfaccia con molteplici variabili: la valutazione dei docenti, gli standard professionali, la qualità del lavoro a scuola, la collegialità, per citare quelli più significativi.
Prima della L. 107/2015 (La “Buona Scuola”)
Nel R.D.1054/1923, la valutazione di “ottimo” attribuita per un triennio dal Preside o dal Direttore Didattico, apriva le porte ai Concorsi per merito distinto. Dopo il T.U. 297/1994 che consentiva al personale di chiedere la valutazione del servizio per un periodo non superiore all’ultimo triennio, la svolta, non riuscita, viene tentata con il “concorsone” del Ministro Berlinguer (CCNL 1999): be-neficio permanente di 6.000.000 di £ annuali, da attribuire al 20% dei docenti, previa procedura concorsuale provinciale. Ugualmente senza esito il progetto di legge Aprea, n. 953/2008, che pre-vedeva una stratificazione permanente dei docenti su tre fasce di carriera. Nel 2009 il Ministro Brunetta (D.Lvo 150), introduce il bonus annuale delle eccellenze nella Pubblica Amministrazione, ma per i docenti rimanda a successivi provvedimenti (mai emanati).
Il merito nella Legge 107/2015
Questa Legge, all’art. 1, commi da 126 a 130, definisce le attuali coordinate del sistema del “merito”:
- stanzia 200 ml. annui ma solo per i docenti di ruolo[3];
- conferisce al Dirigente Scolastico il potere di assegnare il fondo, sulla base dei criteri individuati dal Comitato di valutazione (riformato per l’occasione);
- stabilisce che tali criteri debbono essere coerenti con tre macrocriteri nazionali (c. 129): –qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento della Scuola, nonché del successo formativo degli studenti; –risultati ottenuti rispetto alle competenze degli alunni e all’innovazione didattico-metodologica; -responsabilità assunte nel coordinamento didattico- organizzativo e nella formazione del personale.
Il fondo rientra nella retribuzione accessoria[4].
Le buone ragioni del “merito”
Anche se nella Consultazione sulla Buona Scuola (2015), solo il 35% ha votato per la “meritocrazia” e il 46% si è espresso per un sistema mediato con l’anzianità, la questione del merito resta un nodo centrale nelle odierne politiche scolastiche. Per almeno tre buoni motivi:
a.il merito rappresenta il valore “aggiunto” che le persone assicurano ai loro talenti, in termini di professionalità e di formazione permanente;
b.la scuola come servizio sociale per tutti i cittadini, non può sottrarsi all’impegno del migliora-mento delle sue pratiche e ciò comporta per i suoi operatori un costante sviluppo professionale;
c.la valorizzazione del lavoro docente deve rientrare strutturalmente nelle policies dei governi, ma va perseguita coniugando riconoscimento dei meriti professionali personali e funzionamento complessivo della scuola[5].
La risposta della Legge 107: parziale nella sua “vision” e poco efficace nell’applicazione
Rispetto a tali scenari politico-formativi, l’opzione della L. 107/2015 è stata quella di privilegiare le professionalità dei singoli operatori, nel tentativo di far emergere i migliori profili professionali per una auspicabile contaminazione delle pratiche più innovative. Nobile intento, la cui ricaduta con-creta nella comunità scolastica è risultata però parziale e inidonea a sintonizzare le competenze più esperte[6]. Infatti è stato “premiato” l’aspetto “verticale” della professionalità (il rapporto ge-rarchico con il datore di lavoro) e non quello “orizzontale” (il lavoro di squadra con i colleghi).
Per una risposta di “sistema”
Diversi osservatori[7], rispetto alla precedente criticità, hanno posto alcune questioni che di seguito si riprendono perché oltremodo significative[8]:
- la questione del “merito cooperativo” : necessità di integrare l’attuale “formula” con modalità di interscambio tra soggetto “premiato” e colleghi, nella dimensione della peerreview;
- la questione del “rapporto con il RAV e con il PdM”: considerare gli operatori “premiati” come una risorsa, rispetto ai bisogni rilevati nel RAV e alle priorità formative definite con il PdM;
- la questione degli “standard professionali”: tema riproposto a. con i protocolli INDIRE per i docenti in anno di prova, individuando tre macroaree del profilo docente: –prendersi cura degli allievi e della didattica; -prendersi cura della gestione della scuola; -prendersi cura della propria professionalità, ambiti utilizzabili come criteri-guida per la valorizzazione-valutazione dell’insegnante; con lo stimolante Documento <Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio> MIUR 2018;
- la questione della “leadership intermedia”: da anni all’attenzione di governi e sindacati, ma nella prassi quotidiana risolta con la moltiplicazione di figure di Referenti (Funzioni Strumentali, Animatori Digitali, Responsabili di progetto…), all’interno della stessa funzione docente, senza prevedere un “profilo” con poteri-responsabilità riconosciuti a norma di legge. Nell’ambito del “merito”, i docenti migliori avrebbero potuto spendere il loro “premio” in selezioni per accedere a tale ruolo[9];
- la questione degli “indicatori di qualità” : opportuna sembra una rivisitazione delle categorie già proposte[10], per renderle più aderenti alla realtà della scuola militante. A tal proposito potrebbero essere presidiati indicatori come il contesto di esercizio della professione (aree a rischio, complessità dell’Istituto…), il servizio prestato oltre l’orario di cattedra (svolgimento compiti aggiuntivi, impegno in particolari regimi orari…), i progetti innovativi (ricerca educativa, sperimentazioni…);
- la questione del “governo del merito”: sarebbe fortemente auspicabile permettere un maggior coinvolgimento delle scuole, soprattutto nella gestione degli indicatori dalla cifra qualitativa (performance innovative, pubblicazioni, coordinamento di progetti, supervisione e consulenza ad altri docenti, insegnamento presso Università…), affidando ad un team interno/esterno la valutazione delle singole candidature, con un esame comparato dei curricola e della produzione didattico-scientifica.
[1] Il sottosegretario all’Istruzione De Cristoforo ha sottolineato come l’opzione di riservare il “bonus” docenti al Fis, è una pratica già comune in molte Scuole “per limitare al massimo la discrezionalità dei Dirigenti e dei Comitati di valutazione”. Il sottosegretario ha però aggiunto che nel rinnovare i contratti bisognerà adeguare gli stipendi dei docenti a quelli dei loro colleghi in Europa.
[2] Il tentativo della Sen. Granato di dirottare le risorse all’interno degli aumenti stipendiali dei docenti, è stato bloccato dal MIUR.
[3] Il bonus però viene esteso anche ai docenti a T.D. fino al 30 giugno o al 31 agosto con il D.L. n. 126/2019.
[4] I Sindacati proponevano invece di classificare il fondo come “salario aggiuntivo” , quindi soggetto a contrattazione.
[5] In tale direzione si era già espresso il Report sulla scuola italiana della Fondazione Agnelli(2009).
[6] Criticità rilevata da insegnanti e Dirigenti Scolastici, in occasione di corsi di formazione. Il monitoraggio del MIUR del 2016, si limita a “rilevare le modalità di costituzione dei Comitati, la definizione dei criteri e la loro applicazione“.
[7] Vds. ad es.Cerini G.,”Valutare o valorizzare i docenti? (2015)e “E se a scattare fosse il merito?”www.edscuola.it (2010); Fortunato E., Israel, Pervalutare il merito dei docenti ci vogliono gli ispettori…”(2014), www.orizzontescuola.it.; ADI, La cronistoria di un fallimento annunciato. Merito e carriera dei docenti, 2016, www.adiscuola/pubblicazioni/(notevole).
[8] Si sviluppano, con adattamenti, tematiche che G. Cerini ha trattato in alcuni suoi contributi (vds. Nota 7).
[9] Nel Piano per la formazione dei docenti 2016-19(D.M. 797/2016- 8.4) si fa riferimento a “schemi di formazione per promuovere e valorizzare la leadership educativa…”.Non viene però previsto un profilo specifico per le Figure individuate (Coordinatori, Referenti…) e non si prefigurano forme di reclutamento e di sviluppo delle loro carriere.
[10] Vds. Documento MIUR 2018 cit.