Al termine di due settimane di restrizione del movimento per le regioni del Nord, ho avuto la possibilità di sentire diversi Dirigenti Scolastici, per capire che cosa accade nelle scuole, l’atmosfera, i sentimenti, gli entusiasmi, le criticità.
La generosità delle scuole
Le scuole non hanno tutte la stessa esperienza sulla Didattica a distanza (DAD). Alcune hanno già da tempo esperienze diffuse con piattaforme interattive, utilizzano al meglio i registri elettronici; altre hanno aperto all’utenza i registri solo per questa infausta occasione e la maggioranza dei loro docenti non ha mai realizzato esperienze di didattica con strumenti digitali.
Però, pure in misura e con strumenti diversi, la stragrande maggioranza di insegnanti si è attivata per offrire qualcosa ai ragazzi. Chi usa le piattaforme sofisticate, si cimenta con lezioni on line. Molti, soprattutto del 2° grado, con i dovuti adattamenti, seguono l’orario settimanale delle lezioni. Dove ciò non è stato possibile, i docenti propongono videolezioni in differita, materiali, link, dispense, ecc. servendosi delle stesse piattaforme o del registro elettronico. Dove anche questo è difficile, si usano le e-mail e persino whatsapp.
L’aula nel salotto di casa (quando c’è)
In alcuni casi si sono rilevate proposte debordanti, superiori alle possibilità dei ragazzi e delle loro famiglie di seguire, combinare orari, stampare, eseguire i compiti, dividersi gli apparecchi e la capacità della rete; tali difficoltà sono state evidenziate anche dalle famiglie. I ragazzi delle secondarie di 1° e 2° grado sono abbastanza autonomi nella gestione dei dispositivi e dei compiti (pur se vanno un po’ seguiti anch’essi). I più piccoli, invece, hanno bisogno del supporto dei familiari, sia per lo svolgimento dei compiti, sia per l’accesso ai materiali e ai dispositivi. Ciò può creare difficoltà ai genitori impegnati col lavoro, che non possono seguire direttamente durante la giornata i figli.
Quasi ovunque ci si è attivati anche per i piccoli dell’infanzia, proponendo video con letture e saluti delle maestre, semplici lavori manuali, giochi, realizzazione di disegni … Sono attività che hanno il grande valore di testimoniare ai bambini che le loro maestre ci sono e si ricordano di loro.
Purtroppo abbiamo constatato un fatto già paventato: la DAD penalizza gli alunni più bisognosi e fragili: i più poveri, gli stranieri poco alfabetizzati e meno integrati; i disabili, i “marginali”. I ragazzi a rischio di dispersione potrebbero disperdersi davvero. Gli alunni già attrezzati seguono le lezioni beneficiandone, quelli meno fortunati rischiano di restare ancora più indietro, allargando la forbice delle opportunità. Quasi tutte le scuole intervistate hanno letteralmente “rincorso” gli alunni che non si erano attivati, ma una quota di alunni e famiglie non si sono fatti coinvolgere, per volontà, disinteresse, necessità.
Le pratiche da capitalizzare e il dibattito da avviare.
In questi giorni, molti insegnanti stanno realizzando lezioni, proposte didattiche molto raffinate e avanzate che mettono a disposizione dei loro alunni nelle piattaforme e che servono a discussioni e approfondimenti successivi nelle lezioni on line, o vengono riprese e discusse in appositi forum, dove gli studenti possono interagire tra di loro in libertà e confrontarsi sui lavori da fare.
Sarebbe davvero un peccato che, dopo l’emergenza, queste pratiche non venissero portate a normalità. Sono inclusive, perché favoriscono gli studenti che hanno bisogno di tornare sugli argomenti e sui materiali o di anticipare cognitivamente il lavoro. La motivazione ad apprendere probabilmente se ne avvantaggerebbe, favorendo il successo scolastico e la relazione. I materiali prodotti potrebbero inoltre essere condivisi tra i docenti, a beneficio di tutti.
Serve che si operi una seria riflessione sulle potenzialità delle tecnologie per innovare gli ambienti di apprendimento, in termini di spazi, tempi, organizzazione e relazioni. Questa emergenza ci ha colti totalmente impreparati e dobbiamo fare tesoro in futuro dell’esperienza per arricchire la didattica ed essere pronti anche per eventuali momenti di difficoltà che potessero ripresentarsi.
Il fantasma della valutazione
Molti docenti impegnati nella DAD, specie del 2° grado, sembrano preoccupati di come valutare le prestazioni degli alunni, anche in vista della valutazione finale. Se non si rientrasse, sarà il Ministero a prendere le necessarie decisioni per la validazione e chiusura dell’anno scolastico e a dare istruzioni su come regolarsi per gli esiti della carriera degli alunni.
La valutazione è immanente ed ineliminabile nel processo di insegnamento/apprendimento; dobbiamo operare con consapevolezza, trasparenza, ma avendo chiare le sue finalità prioritarie. La nota del MIUR n. 388, richiama giustamente il valore formativo della valutazione come feedback doveroso da restituire agli studenti sul loro lavoro, per il miglioramento e la promozione del successo formativo. Altrimenti, dice la nota, essa sarebbe “un rito sanzionatorio, che nulla ha a che fare con la didattica, qualsiasi sia la forma nella quale è esercitata”.
È giusto che i docenti documentino sul registro le attività e raccolgano elementi utili che potranno concorrere alla formulazione del giudizio finale. Tuttavia, non pare urgente né necessario affannarsi sul tema dei voti, che del resto sono obbligatoriamente richiesti solo per la valutazione quadrimestrale e di fine anno, non per le verifiche in itinere.
Ora, suggerirei, piuttosto, di servirsi delle annotazioni del registro anche per la restituzione dei lavori effettuati, sui punti di forza, sulle criticità, sul modo di superarle. Ciò potrebbe costituire una sorta di “diario di bordo” per gli insegnanti.
Valutazione formativa e autovalutazione degli allievi
È questa, invece, una buona occasione per avviare e consolidare l’autovalutazione da parte degli studenti. La valutazione formativa, infatti, resta incompiuta senza l’autovalutazione, che sostiene motivazione, autoefficacia, pensiero critico e, infine, resilienza. Anche gli studenti potrebbero tenere un “diario di bordo” di commenti sul proprio lavoro e le proprie giornate, a scopo autovalutativo, ma non solo, da condividere con i compagni e insegnanti.
Apprendere è vitale per tutti i viventi, per sopravvivere e adattarsi all’ambiente e ai suoi mutamenti. Ora sono da privilegiare motivazione, curiosità, interesse ad imparare, non solo per garantire il diritto inalienabile all’istruzione, ma, più importante, per contenere i rischi di angoscia, disorientamento e depressione.
Ma alla fine, che cosa è davvero urgente e necessario?
È importante e doveroso garantire il diritto all’istruzione, ma è ancora più urgente e necessario prendersi cura delle persone. La riflessione prioritaria che si impone è sul valore della scuola come comunità e luogo di relazione. La nostra scuola, nel bene e nel male, è basata sulla presenza, che oggi, con tutte le sue ritualità, è stata bruscamente interrotta e non sarà presto rinsaldata.
Anche i legami sociali sono stati interrotti e interdetti per ragioni drammatiche, spesso tragiche. La comunità, i genitori, gli adulti sono preoccupati e angosciati. Lo sono anche i giovani e i più piccoli ancora di più, perché non sorretti dalla consapevolezza che i loro pari più grandi hanno già maturato. Questa è una situazione assimilabile ad una grande calamità, ad uno stato di guerra e il sentimento che serpeggia e pervade le persone è di lutto.
Abbiamo creduto in questi anni di essere onnipotenti e che la scienza, la tecnologia, lo sviluppo, ci rendano invincibili verso minacce come queste. Ma se l’Universo scatena la sua furia, siamo piccoli, inermi e impotenti. Dovremmo custodire con cura e umiltà questa consapevolezza e imparare ad utilizzare la scienza e la tecnologia per secondare la forza della Natura e non per contrastarla e piegarla.
Genitori, ragazzi e scuole
Diverse mamme raccontano che i loro bambini già grandicelli, di solito autonomi e indipendenti, ora chiedono di dormire nel lettone con i genitori. Gli adolescenti sono agitati, insofferenti per la socialità interrotta, la clausura imposta, la paura che non riescono a dire neppure a se stessi. Non sempre le famiglie possono, sanno rendersi conto di tutto ciò, interpretarlo e mediarlo con efficacia. Così i piccoli e i giovani continuano a trascinare il tempo in un deserto di significato che rischia di inghiottirli, protraendosi, in vissuti di tristezza e di depressione.
Nelle zone più colpite, purtroppo, le famiglie saranno così provate dai lutti, da non avere forse sempre la forza di parlare ai piccoli con le parole adatte. Posso solo tentare di immaginare la voragine di angoscia, smarrimento e dolore che pervade questi nostri concittadini, ai quali è impedito anche il rito del commiato con i loro cari, indispensabile per elaborare il lutto. I giovani e i bambini assistono a tutto ciò senza sapere spesso formulare neanche a se stessi le domande, a cui comunque forse non troverebbero risposte.
Aiutiamo ad elaborare le emozioni
Gli insegnanti, che sono per i giovani degli adulti significativi e di riferimento, hanno un ruolo determinante per aiutar bambini e ragazzi a riconoscere, elaborare, razionalizzare queste emozioni.
Anch’essi saranno adulti preoccupati e disorientati. Ed è perciò che dobbiamo rivalutare la collegialità e la comunità professionale che possono assumere la funzione di sostegno, confronto e supporto reciproco anche per trovare i modi, i mezzi, le parole per prendersi cura degli allievi.
La relazione educativa, la presenza, sono le chiavi di accesso alle emozioni. Le lezioni on line possono rappresentare il luogo della discussione e dello scambio anche per condividere pensieri e vissuti e per trovare insieme sostegno e risposte. Portiamo la nostra parola di adulti, ma lasciamo parlare i ragazzi. Raccogliamo le loro emozioni e aiutiamoli a identificarle e lavorarle.
Quando i mezzi non consentissero di incontrare gli alunni on line, facciamo loro sentire la nostra presenza comunque, con video, letture adatte e, perché no, proponendo a tutti, anche quelli che incontriamo, il diario di bordo per scrivere i propri pensieri sull’attualità. Se vorranno, potranno condividerli con gli altri e, alla fine di tutto ciò, collezionarli per una ulteriore riflessione utile a capitalizzare questa esperienza.
Conoscere per capire
Gli insegnanti di scienze possono proporre approfondimenti sul virus, i meccanismi di diffusione, i legami con i temi della sostenibilità. Conoscere il nemico, aiuta a contrastare la paura. La letteratura, la storia, la filosofia, hanno a disposizione immensi patrimoni di esperienza, riflessioni, pensiero, su ciò che è già avvenuto, sul senso della vita e della morte, sul ruolo dell’umanità sulla Terra. Apprendere è davvero una questione di vita o di morte.
I maestri e le maestre, con i più piccoli, sapranno sicuramente trovare le parole più adatte per raccogliere e restituire il senso dei pensieri che i loro allievi esprimeranno.
Più che mai, da oggi, tutti i saperi devono avere finalità di costruzione di senso civico, responsabilità verso le persone e la Terra, pensiero critico, forza interiore, socialità, resilienza.
Riscoprire e far trasparire l’umanità
Sono convinta che molti insegnanti si sono già posti queste questioni e stanno cercando di affrontarle. E’ il momento dell’ascolto e della condivisione. Gli adulti significativi possono essi stessi raccontare i propri vissuti, le domande e le risposte che provano a trovare. I nostri alunni hanno bisogno più che mai di Maestri, riferimenti sicuri, che saranno tanto più importanti quanto lasceranno trasparire la loro stessa umanità; se incoraggeranno a trovare insieme la forza per uscire da questa esperienza tutti più consapevoli, umili, più forti, perché pervasi di un nuovo senso di comunità, responsabilità e solidarietà; più capaci di una diversa comunicazione, non superficiale, spesso ostile e tesa a dividere, ma attenta invece all’empatia e alla cooperazione.
L’articolo integrale è reperibile in: http://www.francadare.it/wp/riflessioni-per-i-maestri-del-tempo-presente/