Il ricordo di Antonio Crusco, imprenditore capace e appassionato al servizio della scuola e dei suoi professionisti, stimola riflessioni, non di contorno, sul ruolo dellâeditoria non scolastica nellâazione pubblica per lâeducazione.
Ă facile parlare del lavoro ordinariamente straordinario degli insegnanti, meno altisonanti sono lâattenzione autentica e lâimpegno operativo a favore dei âmestieri dellâeducazioneâ. Rituale, al limite dellâindifferenza, è lamentare gli stipendi impresentabili di chi lavora in classe nel nostro Paese; meno agevole è sostenere concretamente la professione docente fornendo strumenti e costruendo i ferri del mestiere.
Per le case editrici generaliste, profittevole è pubblicare i best seller dei âbrand teachersâ; dai profitti incerti è, invece, dar voce ai protagonisti silenti dellâimpresa educativa.
Invadono il mercato le note leggere di giornalisti approdati occasionalmente allo scrutinio dei âmaliâ della scuola: piĂš faticoso è dare spazio alle testimonianze che sanno di classi difficili e alle riflessioni intrise di realtĂ scolastiche.
Sollecitano perplessitĂ i confronti tra esperti âonniscientiâ che non riescono a trattenersi dal pronunciarsi sulle cose di scuola senza padronanza, adeguata e vissuta, delle complessitĂ dei giorni di scuola. Non di rado scorrono veloci i talk show sullâistruzione tra tesi infondate, rilanciate senza la necessaria perlustrazione delle conoscenze scientifiche disponibili, e proposte di magiche soluzioni che sarebbero ignorate dai protagonisti sul campo delle culture del fare scuola.
Corrente è il rischio di sostituzione dei professionisti della scuola svalutando il sapere forgiato negli anni con lâinterazione con gli studenti, con lâarmeggiare giorno dopo giorno attorno alla missione civile della scuola: privando di voce insegnanti e operatori si lascia ad altri di parlare di scuola.
Certamente è ardua la strada di chi decide di credere nella scuola e, soprattutto, in chi ci lavora quotidianamente; ridare voce a chi spesso è assente nelle chiassose diatribe o è invitato in consultazioni, ritenute virtuose a priori, in cui, tuttavia, gli interlocutori vengono ascoltati ma i suggerimenti accantonati, ritenuti minori rispetto al sapere superiore degli esperti.
Restituire la parola a chi lavora nel silenzio, ha âle mani in pastaâ e produce cultura al servizio del miglioramento delle scuole e della crescita degli studenti è spesso, purtroppo, andare controvento. Scommettere su quel sapere di mezzo che è appannaggio degli insegnanti, costruito e ricostruito incessantemente nel dialogo con la ricerca e la riflessione politica, significa esporsi a rischi non indifferenti. La sfida è enorme: impone di confrontarsi con lâaccademia senza pregiudizi, di dialogare con la realtĂ dei giorni di scuola di studenti e studentesse, di offrire un servizio reale, fatto di strumenti e di opportunitĂ , allo sviluppo delle professioni dellâeducare.
Per me Antonio Crusco, che ho incontrato negli anni 1990 e seguito nei decenni successivi, ha interpretato le difficili istanze indicate con decisione, personale e aziendale, e con intelligente dialogo tra gli stimoli senza sosta emergenti dalla base, le sollecitazioni del sapere accademico senza alterigia e i vincoli di unâazienda in ragionevole buona salute.
Ho sempre apprezzato chi si rivolge, con rispetto ed empatia, a chi affronta sentieri accidentati, imprevedibili e senza visione, verso scelte e percorsi professionali, spesso travagliati fin dallâinizio, dalla logica, talora opaca, dei concorsi di reclutamento. Lâeditoria di servizio è probabilmente un pianeta sconosciuto, una zona dâombra, un campo poco frequentato dagli opinion makers, ma rimane una risorsa vitale per la scuola in un sistema che fatica a trovare soluzioni chiare, durevoli e valide ed è in affanno nel garantire ai candidati allâinsegnare le condizioni per farlo e di crescere in itinere nel corso degli anni.
Non si può non essere riconoscenti ad Antonio Crusco, intelligente e capace imprenditore di cultura del fare scuola la cui autenticità ha trovato, talvolta anche sorprendentemente, riscontro nelle risposte ottenute da parte degli insegnanti, dei dirigenti e delle scuole.