Don Milani e l’eterno tema degli ultimi

Quali "Barbiane" per gli ultimi di oggi?

Si è appena conclusa a Milano la seconda edizione di Soul Festival della Spiritualità[1], promosso dall’Università Cattolica e dall’Arcidiocesi. Il Festival propone un approccio alla spiritualità in una prospettiva laica, nell’accezione di modo di stare al mondo e di vivere le esperienze che sono di tutti. Il tema scelto per questa edizione è “La fiducia, la trama del noi”.

La fiducia in questo nostro tempo di ferro, di guerra, d’odio, di legami sociali sfilacciati e di fuga nella confort zone della solitudine delle bolle digitali, è un bene relazionale sempre più fragile, incerto, rischioso. La fragilità della fiducia dice qualcosa della fragilità di noi esseri umani; della necessità di prestare attenzione alle crepe della vita comunitaria e di irrobustire pratiche di dialogo, con un’apertura di credito autentica verso l’altro, per nutrire al contempo fiducia nel futuro.

Maestri di fiducia

All’interno degli oltre 60 eventi in programma, una serata è stata dedicata ai Maestri di fiducia e tra loro non poteva mancare don Milani.

A cento anni dalla nascita il suo messaggio è, infatti, oggi più attuale che mai; anzi persiste un colpevole ritardo nell’adempimento del dettato costituzionale, che vorrebbe il diritto allo studio uguale per tutti. Si perpetuano disuguaglianze e storture del sistema e non sono garantite a tutti gli studenti pari opportunità e omogenee condizioni di partenza.

Il rivoluzionario esperimento pedagogico, sociale e politico di don Lorenzo guarda ad una scuola possibile, fruibile ed accessibile a tutti, anche ai “secondi”, allora i figli degli operai e dei contadini, oggi, in uno Stato sociale in cui vige ancora la precarietà dei diritti, gli immigrati, i poveri e tutte le fasce più deboli della popolazione. A ripercorrere le tracce di don Milani è stato chiamato Eraldo Affinati, che al priore ha dedicato anni di studi e diversi saggi[2] e ne sta ultimando uno dal titolo “Testa, cuore e mani”, in uscita nel mese di aprile.

Il peso del privilegio

Lorenzo è cresciuto per così dire nella bambagia. Da bambino andava a giocare nella cappellina sconsacrata della villa di famiglia di Montespertoli in Toscana. Avvertiva come un’ingiustizia e un sopruso il peso del privilegio di vivere in quella reggia, dove avrebbe voluto abbattere le cancellate e fare entrare anche i bambini dei poveri per giocare insieme a loro. Era la moglie del fattore a fargli capire che ciò era impossibile, perché lì lui era il ‘signorino’.

Negli anni Trenta, durante il periodo degli studi a Milano al Liceo Classico Berchet, continuò a tornare nella villa durante le vacanze e nella cappellina scoprì il messale: a Oreste Del Buono, compagno di studi, scrisse che lo trovava più interessante dei “Sei personaggi” di Pirandello.

Nella ricerca della sua strada, quando già si era iscritto a Brera, credendo di voler fare il pittore, incontrò il suo maestro don Raffaele Bensi e maturò la decisione di entrare in seminario.

Una scelta imprevedibile la sua, come la prima azione da prete, andare a insegnare agli operai di Calenzano. Da subito creò turbolenze, prese posizioni che avevano un prezzo e venne destinato all’eremo ecclesiastico di Barbiana, dove fece la sua rivoluzione, già realizzata prima dentro di sé. L‘uomo che sapeva tante lingue, in grado di parlare di teologia, di filosofia, d’arte, di letteratura, d’astrologia, di matematica, di politica come pochi altri – come dice don Bensi in un’intervista – intraprende la missione di convincere i genitori a mandare a scuola i loro figlioli che lavorano nei campi e nelle porcilaie, come forza lavoro necessaria al sostentamento familiare e diventa Maestro degli ultimi.

Prendersi cura dello sguardo di ognuno

A Barbiana capisce che la scuola dovrebbe essere una sorta di avanguardia di tutti i rapporti umani, dove l’insegnante per saper entrare in un rapporto di fiducia deve esporsi in prima persona, recuperare lo sguardo di Gesù con i pescatori, uno sguardo a fondo perduto che crede nella qualità della relazione umana a prescindere da quello che poi accadrà.

Nella sua visione profetica don Lorenzo capisce che il vero maestro non può trattare tutti allo stesso modo, ma deve prendersi cura dello sguardo di ognuno.

Così don Milani spezzava il pane dell’istruzione: per lui la scuola è come “uno ospedale da campo, per curare i feriti e accogliere gli emarginati”; ai suoi ragazzi voleva donare l’eguaglianza spesso negata, farli crescere con la mente e il cuore accogliente, senza guardare al colore della pelle, alla lingua, alla religione, e soprattutto voleva dare loro le competenze linguistiche che rendono le persone padrone di sé e membri attivi della società.

La scuola oggi – lamenta Affinati – è ancora ancorata al vecchio trittico “spiegazione, interrogazione e voto”; ci sono i “Gianni”, bambini avvantaggiati che sanno un sacco di parole
e quelli svantaggiati come i “Pierino” che non hanno un bagaglio di letture e padroneggiano un lessico molto modesto, insufficiente per esercitare il diritto di cittadinanza attiva.

La distanza dalla stazione di partenza non è la stessa per entrambi, per questo la valutazione non dovrebbe limitarsi a premiare soltanto il traguardo finale – sottolinea Affinati – a cento anni dalla nascita e a oltre cinquanta dalla scomparsa di don Lorenzo.

Le “Barbiane” di oggi

Nel recente intervento alla Giornata di studi “Le Barbiane di oggi. Quali proposte per la scuola” il cardinale Matteo Maria Zuppi non ha esitato a affermare che “il Priore, che appunto non aveva mezzi termini e era animato da una passione senza compromessi, si irriterebbe parecchio e ci prenderebbe a calci tutti per i tassi di abbandono che mortificano la scuola italiana. Per questo ci fa bene mettere al centro la passione simile delle tante Barbiane di oggie riconoscerne ancora di più l’importanza[3]”.

Ce ne fossero di don Milani, ma senz’altro ce ne sono, perché molti suoi semi poterono attecchire e dare frutto”: ha scritto così nella sua rubrica sul Corriere della Sera la poetessa Vivian Lamarque[4].

In tanti maestri e educatori di frontiera c’è molto di don Milani e molto di lui c’è certamente nel pensiero pedagogico e nelle azioni di Eraldo Affinati, che ha deciso di fare qualcosa di concreto per rendere omaggio a questo straordinario profeta e educatore.

Penny Wirton: la nuova Barbiana

Eraldo Affinati, docente di lettere trasferito su sua precisa richiesta alla Città dei Ragazzi di Roma, si rese immediatamente conto dell’estrema necessità di aiutare, in modo il più possibile intensivo, i tanti adolescenti con background migratorio (moldavi, afghani, marocchini…) che usavano tra loro un italiano embrionale, insufficiente a trasmettere anche solo in parte il mondo di esperienze e di emozioni di cui erano portatori.

Da allora si mise alla ricerca di uno spazio didattico pomeridiano fino a decidere di fondare nel 2008, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, la Scuola Penny Wirton, che prende il nome dal titolo del romanzo per ragazzi di Silvio D’Arzo Penny Wirton e sua madre. Il romanzo ha come protagonista un bambino povero e disprezzato, che non ha mai conosciuto suo padre e, dopo una serie di prove, riesce faticosamente a conquistare la propria dignità, grazie anche all’aiuto del supplente della scuola del villaggio.

Molti studenti della Penny Wirton sono migranti, lontani mille miglia dalla famiglia e nelle attività di questa scuola trovano una possibilità di riscatto.

Dopo alcuni anni di ospitalità presso una parrocchia, centri sociali e una scuola, dal novembre 2017 la scuola Penny Wirton di Roma è situata in locali concessi dalla Regione Lazio. Due nuove sedi sono state aperte anche a Milano. I corsi sono animati da uomini e donne disposti a insegnare “a tu per tu” in modo gratuito e da giovani volontari, che diventano maestri dei loro coetanei immigrati.

Il libro di testo delle scuole Penny Wirton[5] consiste in 25 lezioni di lingua italiana a partire dalla condizione di analfabetismo, fino alle forme sintattiche più complesse. La scelta di mettere insieme ‘Pierini e Pierine’ ai tanti ‘Gianni’ non offre solo un servizio, ma è capace di donare anche il sorriso.

Minori con background migratorio

La fondazione ISMU ETS[6] (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) è un ente di ricerca al servizio della collettività, dei decisori politici e dei diversi attori. Produce un annuale Rapporto sulle migrazioni in Italia[7] che descrive, analizza scientificamente e interpreta la complessità del fenomeno migratorio e dei processi di inclusione.

È appena stato presentato il 30° Rapporto, a distanza di tre decenni dalla pubblicazione del primo, frutto di una felice intuizione del prof. Vincenzo Cesareo, a cui è seguito un sistematico monitoraggio orientato a cogliere tendenze o regolarità di lungo periodo, o al contrario elementi di discontinuità delle diverse fasi.

Trenta anni fa erano 700 mila gli stranieri di prima generazione presenti in Italia, oggi il dato ammonta a 5,8 milioni (anche seconde generazioni e discendenti). Sono attratti maggiormente dal centro-nord, mentre il fenomeno al sud è più contenuto, meno stabile e radicato sul territorio, al punto che si può parlare di “due Italie della migrazione”.

Se nel 2002/2003 le scuole con oltre il 30% di alunni con cittadinanza non italiana (CNI) erano inesistenti, nella rilevazione attuale si attestano al 7,9% del totale delle scuole italiane. Questo ultimo dato evidenzia la concentrazione in un numero limitato di scuole di molteplici svantaggi connessi alla fragilità dell’utenza e del background familiare.

Tra gli indicatori di grave disparità non va dimenticato quello del ritardo scolastico di un anno o più di questi alunni, che pur essendosi ridotto rispetto alle prime rilevazioni del 2005/2006, rimane ancora pari al 48%, con incidenza particolare nelle secondarie di secondo grado.

La questione dei minori non accompagnati

Il caso “estremo” è quello dei minori stranieri non accompagnati (MSNA). Mostra come, all’interno del campione di circa 3.400 MSNA censiti sul territorio italiano tra il 2020 e il 2022, solo 1 minore su 5 ha avuto accesso a percorsi del sistema scolastico italiano che offrono la possibilità di acquisire un titolo di studio. Anche considerando i corsi di primo e secondo livello attivati per un’utenza adulta dai CPIA, solo il 18% del campione risulta inserito. Appare evidente, pertanto, che la maggioranza riesce a frequentare corsi di alfabetizzazione in lingua italiana prevalentemente presso il centro di accoglienza in cui vive, in un ambiente formativo segregato e riservato ai soli MSNA. Né è trascurabile il dato della quota di MSNA non coinvolti in alcuna attività educativo-formativa, stimata pari al 6%.

Lo studio ECRI di ISMU contro il razzismo e l’intolleranza è stato citato dalla Commissione europea del Consiglio d’Europa per formulare la propria raccomandazione: Le autorità dovrebbero adottare misure volte ad incrementare il sostegno ai bambini con background migratorio nel campo dell’istruzione, in particolare garantendo un numero sufficiente di posti nelle scuole situate vicino ai centri di accoglienza e ad altri luoghi di residenza degli stranieri, nonché disposizioni adeguate che consentano ai bambini di recarsi a scuola (ECRI , 2024:6).

Anche i dati INVALSI, che isolano il peso sugli esiti associato al background migratorio, confermano il permanere di un esito più basso in italiano, anche nelle seconde generazioni.

Un dato positivo

Tra i dati della rilevazione INVALSI è da segnalare, invece, l’influenza positiva del background migratorio sulle competenze in lingua inglese.

Nelle riflessioni conclusive della sezione del Rapporto ISMU dedicato alla scuola troviamo i riferimenti di due testi recenti che richiamano l’attenzione sulle nuove generazioni appartenenti a minoranze politicamente “razzializzate” o “etnicizzate” e sui docenti. Il primo[8] fotografa le seconde e terze generazioni di ragazzi e ragazze italiani con background migratorio, che rivendicano sempre più il loro protagonismo e la possibilità di essere visti e valorizzati nella scuola per quello che sono. Nel secondo testo[9] si rivolge agli insegnanti old style, che non percepiscono la ricchezza identitaria dei tanti studenti di etnie diverse, raccomandando di lasciarsi alle spalle i pregiudizi biancocentrici e eurocentrici, di svecchiarsi aprendo gli occhi.


[1] SOUL Festival di spiritualità, Milano, 19 – 23 marzo 2025, “Fiducia, la trama del noi”.

[2] E. Affinati, L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani, Mondadori, 2016; Il sogno di un’altra scuola. Don Milani raccontato ai ragazzi, Piemme, 2019; Elogio del ripetente, Mondadori, 2013.

[3] R. Bramante, La rivoluzione educativa di don Milani, in “Education 2.0”, 26 aprile 2023; R. Bramante, Le lettere sovversive e perturbatrici di don Milani, in “Education 2.0”, 24 gennaio 2024.

[4] V. Lamarque, Gli eredi di don Milani per fortuna ci sono, in Corriere della Sera, 5 giugno 2023. R. Bramante, I discepoli di don Milani, in “Education 2.0”, 12 luglio 2023

[5] E. Affinati-A. L. Lenzi, Italiani anche noi. Corso di italiano per stranieri. Il libro della Penny Wirton, Il Margine, Trento 2011 e 2015, poi Erickson, 2018 e 2019.

[6] La fondazione ISMU ETS è un ente di ricerca scientifica indipendente impegnato nello studio dei fenomeni migratori e dei processi di integrazione.

[7] Il nuovo Rapporto ISMU ETS 2025 offre un’analisi approfondita delle tendenze migratorie attuali. R. Bramante, La ricerca ISMU per comprendere le migrazioni, in “Education 2.0”, 22 febbraio 2025.

[8] E. Hakuzwimana, Tra i bianchi di scuola. Voci per un’educazione accogliente, Einaudi, 2024.

[9] R. Nur, La lente interiezionale a scuola, in DWF Donna/Woman/Femme, n. 141, 2024.