Nuove Indicazioni Nazionali

Dalla cittadinanza a rischio all’enfasi sulla storia

Le indiscrezioni del ministro Valditara circa la definizione delle prossime Indicazioni nazionali relative al curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione hanno acceso un confronto non privo di toni polemici per la scelta di voler accreditare una visione “sovranista†e “reazionaria†della scuola italiana, riportando le lancette dell’orologio indietro di decenni. Non entro nel merito di proposte che per il momento sono solo delle ipotesi. Aspettiamo di disporre almeno di una bozza del testo.

Credo, invece, che le idee espresse dal Ministro possano essere collegate ad alcuni dati allarmanti descritti nel Rapporto Censis 2024. Giunto alla sua 58esima edizione, l’annuale relazione dell’Istituto ha raffigurato l’Italia come un Paese che si muove su una “linea di galleggiamento, senza incorrere in capitomboli rovinosi nelle fasi recessive e senza compiere scalate eroiche nei cicli positiviâ€.

Qualche dato

Nel quadro generale delineato nel Rapporto, in cui è forte la percezione di una diffusa fragilità, si ripropone il fenomeno del deficit culturale dei giovani, evidenziato dalla mancanza di quelle conoscenze di base, che costituiscono un vero e proprio rischio per lo sviluppo della nostra società.

Non solo. Questa condizione sta diventando un reale pericolo per la stessa democrazia, in quanto mina alle basi i principi di autonomia e responsabilità che sono i fondamenti di una reale cittadinanza, informata e consapevole. 

Nonostante gli analfabeti propriamente detti costituiscano un’esigua minoranza (260.000) e i laureati, con almeno 25 anni, siano il 18,4% della popolazione (erano il 13,3% nel 2011), la mancanza di conoscenze di base rende i cittadini più fragili e vulnerabili.

Nel Rapporto del Censis si registrano “buchiâ€, soprattutto in ambito storico, decisamente preoccupanti.  Ad esempio, si annota che con riferimento ai grandi personaggi e eventi della storia patria:

  • il 55,2% degli italiani risponde in modo errato o non sa che Mussolini è stato destituito e arrestato nel 1943;
  • il 30,3% (in questo caso il dato sale al 55,1% tra i giovani) non sa dire correttamente chi era Giuseppe Mazzini;
  • il 30,3% non conosce l’anno dell’Unità d’Italia;
  • il 28,8% ignora quando è entrata in vigore la Costituzione.

Le cose non vanno meglio se ci spostiamo sui grandi avvenimenti della storia:

  • il 49,7% degli italiani non sa indicare correttamente l’anno in cui è scoppiata la Rivoluzione francese;
  • il 42,1% non conosce l’anno in cui l’uomo è sbarcato sulla Luna;
  • il 25,1% ignora l’anno della caduta del muro di Berlino.

Se ci riferiamo ai grandi scrittori e poeti italiani, il 41,1% pensa che Gabriele D’Annunzio sia l’autore de L’infinito, che Eugenio Montale (35%) sia stato un “autorevole presidente del Consiglio dei ministri degli anni Cinquantaâ€.

La situazione diventa allarmante se vengono poste domande su nozioni basilari di geografia. Addirittura drammatica se entriamo nel merito dei meccanismi istituzionali: più di un italiano su due (il 53,4%) non attribuisce correttamente il potere esecutivo al Governo, bensì al Parlamento o alla Magistratura. L’elenco potrebbe continuare a lungo.

La cittadinanza a rischio

I dati sopra richiamati (e sono solo alcuni) pongono il problema della cittadinanza culturale, in assenza della quale si andrà inevitabilmente incontro ad un grave deficit della convivenza civile e democratica, posta a fondamento dei nostri Programmi didattici prima e delle Indicazioni poi.  E ancora più preoccupante è il fatto che tale carenza interessa le attuali generazioni che, in un futuro prossimo, occuperanno posizioni di responsabilità nella vita sia pubblica che privata.

L’ignoranza, infatti, è una minaccia per la democrazia. Viene messa addirittura a rischio se, per i cittadini, diventa difficile comprendere e decodificare le proposte politiche, riconoscendo quelle fondate su fini manipolatori da quelle riferite a dati di realtà. Stereotipi culturali e pregiudizi antiscientifici trovano un terreno fertile di attecchimento in un contesto di diffuso analfabetismo dei principi fondamentali su cui si regge la vita di uno Stato democratico. Pensiamo all’impatto che possono esercitare su temi che interessano direttamente la scuola, quali: l’uguaglianza delle opportunità, l’educazione interculturale e degli alunni con disabilità, la parità di genere (il 15% ritiene che l’omosessualità sia una patologia con origini genetiche), la valorizzazione della diversità.

In un contesto siffatto, se non si posseggono le conoscenze di base del nostro recente passato,

risulta oltremodo difficile promuovere, sin dalla scuola dell’infanzia, una cittadinanza etica e rispettosa.

Cittadinanza come esercizio della responsabilità individuale

Cittadinanza eticaCittadinanza rispettosa
Inerente alla responsabilità individuale delle proprie scelte e dei propri atti.“Invito gli esseri umani a rispettare la diversità, a imparare a convivere con esse e ad apprezzare coloro che appartengono ad altre schiere†(H. Gardner, Cinque chiavi per il futuro, 2006).
Si fonda sul senso di solidarietà, di legalità e sul rispetto delle regole.Fin da piccoli bisogna imparare a prendersi cura di un “pezzo di prossimitàâ€.

Lo studio della storia sì, ma quale?

Nelle future Indicazioni nazionali si darà più spazio allo studio della storia dell’Italia e dell’Occidente. Il ministro ha precisato che questa nuova attenzione dovrà essere orientata alle “grandi narrazioni†della tradizione classica: la Bibbia, l’Iliade, l’Odissea, l’Eneide, le saghe care ai popoli germanici.

Pur non entrando nel merito di queste indiscrezioni, l’interesse per lo studio della storia può costituire un’importante opportunità, purché ci sia coerenza con la condizione di analfabetismo di cui abbiamo parlato. Non si può capire il mondo di oggi se continuiamo a ignorare gli eventi del Novecento.

Come ci ha ricordato Marc Bloch in Apologia della storia: «L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato». Nessuno mette in discussione l’importanza della cultura classica, che costituisce sicuramente uno dei pilastri della civiltà occidentale. Anche se va precisato, ad onor del vero, che la tradizione giudaico-cristiana non costituisce l’unico fondamento della nostra identità letteraria, artistica, spirituale, religiosa. Si pensi solo all’influenza che le idee “illuministiche†di libertà, uguaglianza e fratellanza hanno avuto nella vita dei popoli negli ultimi secoli.

Indicazioni e saperi essenziali

Non si dimentichi che, quando si parla di Indicazioni Nazionali, il centro delle nostre riflessioni è il tema del curricolo di istituto, non un trattato di storia dell’Italia, dell’Europa o dell’Occidente. E i docenti, nel momento in cui si accingono a progettarlo, devono operare secondo un criterio di priorità. Come ci insegnano gli antichi latini: Non multa sed multum. Un curricolo se non è essenziale rischia di trasformarsi in un libro dei sogni.

Lo stesso Mario Dutto, esperto di ordinamenti scolastici e programmi didattici in ambito europeo, in un recente articolo su Scuola7[1], affrontando la riforma dei Programmi scolastici in Scozia, metteva in evidenza l’esigenza di «superare un curriculum affollato, stipato, ridondante e “superaccessoriatoâ€Â». 

Seguendo questa logica, i dati del Censis ci suggeriscono un’evidente corsia preferenziale, quella di mettere al centro dello studio della storia, fin dalla scuola primaria, gli accadimenti più rilevanti del Novecento che, per una ragione o per l’altra, spesso i nostri ragazzi ignorano.

Non conoscere le vicende legate alla vita di Sansone e della sua forza prodigiosa può essere considerata una carenza veniale. Al contrario, essere all’oscuro dei fatti che hanno connotato la storia del XX secolo, da cui derivano molte delle vicende attuali, è una vera e propria ferita formativa della preparazione dei nostri alunni. E, a tal proposito, sappiamo bene quanto il quinquennio della scuola primaria coincida con un’età nella quale i bambini sono fortemente interessati a scoprire e capire gli eventi a noi più vicini.

È, dunque, da questo grado scolastico che bisogna cominciare a studiare la storia del Novecento.


[1] MG Dutto, Revisione dei programmi scolastici. Uno sguardo al Curriculum Improvement Cycle in Scozia, Scuola7-415,  26/01/2025.