Tutti i sistemi scolastici adottano generalmente programmi di insegnamento, spesso traducendo in modo manifesto la cultura educativa di un paese. Non tutti i sistemi, tuttavia, hanno definito modalità per la periodica manutenzione, gli interventi, previsti ad intervalli, di adeguamento, se non di completa revisione. Nel tempo cambia il contesto, si sviluppa la ricerca metodologica, si susseguono generazioni diverse di studenti, evolvono le discipline e le conoscenze. Si affacciano nuove sfide per la scuola rispetto al divenire sociale e culturale come si generano svolte nelle priorità dell’azione pubblica per l’educazione per la quale i programmi di insegnamento sono considerati promettenti leve strategiche. La revisione dei programmi di insegnamento, comunque, è un’istanza che accomuna molti sistemi scolastici pur se le strade scelte possono divergere.
Il laboratorio scozzese
Interessante può essere una prima osservazione del cantiere aperto in Scozia per il rinnovamento dei programmi didattici. Nella tradizione scozzese la scuola, il sistema legale e la chiesa sono abitualmente considerati indicatori chiave dell’identità nazionale. Per questa ragione c’è un sentimento di orgoglio nazionale attorno al sistema scolastico indipendente, nell’ambito del Regno Unito, nei programmi, nella organizzazione e nella gestione. Con una popolazione di 5.168.500 (poco più della metà della popolazione della Lombardia) su una superficie di 77.910 km2, la Scozia rappresenta un piccolo laboratorio, compatto e consolidato, per le dinamiche proprie dei sistemi scolastici.
Il neo istituito Parlamento scozzese, istituito il 1° luglio nel 1999, a seguito delle elezioni del 6 maggio dello stesso anno, ha inserito tra gli impegni prioritari quello sulla scuola.
Allo Standards in Scotland’s Schools etc Act del 2000 del primo Governo scozzese, che definisce le priorità nazionali per l’educazione, segue nel 2002 un National Debate on Scottish Education, la più estensiva consultazione sulla scuola mai realizzata nel Paese. In questo contesto nasce l’ambizioso Curriculum for Excellence (CfE), una flagship policy, un manifesto di eccellenza per una scuola storicamente blasonata.
Avviato agli inizi del nuovo secolo[1] il CfE rimane per due decenni il quadro di riferimento per le scuole scozzesi: riguarda l’intera fascia 3-18 anni e mira a garantire che tutti gli alunni e gli studenti sviluppino quattro capacità fondamentali: ‘Successful Learners’, ‘Confident Individuals’, ‘Effective Contributors’ e ‘Responsible Citizens’. Secondo Chapman e Donaldson dell’università di Glagow il CfE “ha ridefinito l’obiettivo della scuola con un ampio sostegno professionale e politico”; in particolare ha previsto un ruolo più attivo delle scuole e degli insegnanti nell’applicare I programmi al mondo reale riducendo in modo significativo l’ambito della prescrizione[2].
Il Curriculum Improvement Cycle (CIC)
Con il tempo la convergenza di richieste e attese per un aggiornamento del CfE si fa pressante. Nel rapporto sul CfE commissionato dal Governo il team dell’OECD[3] apprezza la via scozzese (“Il CfE continua ad offrire una visione e una filosofia dell’istruzione ampiamente sostenute e degne di essere perseguite”) precisando, tuttavia, che la sua validità è strettamente legata al suo continuo sviluppo. Nei due decenni trascorsi, molti cambiamenti accelerati hanno interessato la ricerca educativa e hanno aperto nuove prospettive sull’apprendimento e sulle conoscenze, sulle abilità e sugli atteggiamenti per dare continuità nel percorso di crescita[4]. La raccomandazione al governo scozzese è per lo sviluppo di un approccio sistematico per la revisione dei programmi: la via è avviare un ciclo di lavori di revisione con un’agenda definita e un piano temporale puntuale.
Secondo un rapporto pubblicato nel 2021[5] il consenso sulla visione del CfE non va oltre il 58% degli intervistati. Per affrontare le numerose critiche sollevate, il prof Kenneth Muir, autore del rapporto, suggerisce al Governo di avviare una discussione nazionale per definire una visione, condivisa e vincolante, per il futuro dell’educazione in Scozia, dando voce a tutti i partner e gli stakeholder interessati.
Il 31 maggio 2023 il governo pubblica[6] la sintesi del dibattito nazionale svolto sul tema dell’educazione. Carol Campbell della Glasgow University e Alma Harris della Swansea University ne sintetizzano rilievi, riflessioni, valori e indicazioni di azione per il futuro della scuola scozzese concludendo: “Dovrebbe essere istituito un processo di revisione regolare del curriculum per garantire che il curriculum rimanga adeguato allo scopo, che rifletta le esigenze degli studenti contemporanei e che possa essere effettivamente fornito in modo da garantire che tutti gli studenti in Scozia abbiano esperienze di apprendimento collegate ad un curriculum di alta qualità”.
Le obiezioni
Nel tempo il CfE ha raccolto anche varie obiezioni. Sull’abbandono delle conoscenze come asse portante dei programmi si pronuncia in più occasioni Lindsay Paterson dell’Università di Edimburgo[7] mentre Walter Humes (Università di Stirling) ne sottolinea la difformità rispetto ai modelli curricolari considerati nella letteratura[8]. Mark Priestley dell’università di Stirling richiama il sovraccarico di lavoro creato per gli insegnanti sia per i termini del nuovo linguaggio utilizzato nel CfE sia per le tensioni tra derivanti dai diversi meccanismi di accountability (valutazione da parte degli insegnanti, testing standardizzato, regimi di esami di certificazione. Sono espresse dal prof. Priestley cautele sull’impatto che hanno sugli insegnanti i rinnovamenti curricolari[9].
Ad accentuare la pressione per la revisione dei programmi è il declino nella performance degli studenti scozzesi (Graf. n. 1). “Scotland is no longer the best-performing UK nation in maths, as was the case from 2006 to 2012”: è l’allarme di un rapporto dell’IFS[10]. Non stupisce che il primo indiziato per questa débâcle sia proprio il CfE[11].
Graf. n. 1 – Livelli di competenza degli studenti scozzesi nel programma PISA (2003-2022)
Fonte: Scottish Government, Programme for Internatomnal Student Assessment (PISA 2022): Highlights from Scotland’s Results dicembre 2023.
Indicazioni di lavoro per il CIC
Per rispondere alle varie sollecitazioni, il Governo nel dicembre 2023 affida il Curriculum Improvement Cycle (CIC) all’Education Scotland con il compito di guidare il lavoro seguendo un approccio cooperativo secondo la tradizione democratica del Paese. Il coinvolgimento, la co-creazione e la condivisione sono i capisaldi della filosofia generale che ispirerà i lavori. Come scrivono Campbell e Harris, nel Paese si respira un appetito travolgente per il cambiamento, purché sia il giusto cambiamento con un ritmo appropriato e il necessario supporto. Le indicazioni per il CIC provengono numerose da varie fonti internazionali e nazionali[12].
Riconsiderare il ruolo delle conoscenze
Secondo le indicazioni OECD[13] indispensabile è chiarire lo spazio e il ruolo delle conoscenze nella visione tracciata nel CfE. I contenuti devono essere più espliciti e più chiari anche nella loro traduzione in termini operativi. Occorre una comprensione condivisa delle conoscenze, delle “skills attributes” e delle competenze unitamente ad indicatori che permettano di capire il progresso degli studenti, con riferimento a tutte le quattro “capacities” perseguite. La focalizzazione del CfE sulle qualità personali non può, infatti, prescindere da un solido apprendimento della lingua, della matematica, delle scienze, della storia e della geografia. Agli insegnanti deve essere chiaro che cosa debba essere insegnato nelle diverse discipline, focalizzando l’attenzione sulle richieste chiave agli studenti. Serve un curriculum denso di conoscenze.
Evitare il rischio del sovraccarico
La complessità dei programmi di insegnamento va affrontata soprattutto in relazione al rischio del sovraccarico per sovrapposizione di indicazioni nei diversi settori, soprattutto quando si indicano esperienze da proporre agli studenti. Gli inserimenti ricorrenti indotti dai cambiamenti sociali, tecnologici e ambientali non risultano essere sempre positivi se non si considera con attenzione e con equilibrio che cosa debba essere ridotto o rimosso a fronte di nuovi contenuti.
È da superare un curriculum affollato, stipato, ridondante e “superaccessoriato”. Solamente un’impostazione ponderata può aiutare di più e meglio gli studenti a consolidare una base comune di conoscenze, abilità e comportamenti entro la fine del percorso scolastico anche nella prospettiva della successiva progressione del percorso formativo. “Liberare il campo”, “fare spazio”, “riordinare i contenuti”: i troppi temi da coprire obbligano ad una rincorsa continua attraverso il curriculum compromettendo la possibilità di una solida comprensione dei contenuti e di un autentico approfondimento[14]. L’appuntamento degli esami, inoltre, condiziona profondamente l’insegnamento e tende, in particolare, a enfatizzare la attività relative alle capacità dei “successful learners”, a discapito degli altri tre ambiti previsti nel CfE.
Adottare soluzioni realistiche e pragmatiche
I tempi e il ritmo della revisione del curriculum devono essere realistici per un’implementazione di qualità e per uno sviluppo sostenibile del percorso. Da rivedere è anche il carattere prescrittivo dei programmi adottando un approccio più coerente con le specifiche discipline. In alcuni casi, come nel campo dell’arte, l’autonomia facilita la creatività e la fantasia, in altre aree, come nella matematica, il livello di prescrizione richiesto è maggiore perché la conoscenza è costruita in modo cumulativo. Le prescrizioni devono, quindi, essere differenziate tra le aree dei programmi oltre che tener conto del livello di preparazione degli insegnanti, come è il caso dell’insegnamento delle lingue straniere nelle scuole primarie.
Con un approccio pragmatico vanno semplificate anche le Linee guida che accompagnano i programmi, evitando di aggiungere altre indicazioni senza procedere alla sostituzione di quelle precedenti, prestando sempre attenzione a non accrescere inutilmente il lavoro degli insegnanti.
Il CfE ha mirato con ottimismo alla pari qualità tra i diversi percorsi accademici e professionali: nella realtà, purtroppo, proseguire al liceo o entrare nell’apprendistato non hanno uguale valore e significato per gli studenti. “Language matters” è un’espressione che ritorna nelle raccomandazioni a sottolineare la necessaria chiarezza dei termini utilizzati evitando un gergo specifico in parte superfluo, talora dominante nella prosa dei documenti e nella retorica delle premesse. Nuove terminologie importate dal linguaggio dei documenti internazionali possono creare problemi per gli insegnanti e divergere dalle culture professionali correnti.
Ripensare la struttura tecnica dei programmi[15]
Nel mettere mano ai programmi di insegnamento alla struttura concettuale e alla relativa narrazione curricolare sono determinanti proposte e indicazioni, anche per evitare una prosa prolissa e una sovrapposizione di riflessioni. Il rapporto OECD suggerisce per l’impostazione tecnica di adottare il modello delle “Big Ideas”[16] per rafforzare la coerenza del curriculum e facilitare la individuazione dei criteri per la selezione dei contenuti. Il modello delle “Big Ideas” è adottato nella British Columbia (Canada), nella Corea del Sud, in Norvegia e a Singapore. Invita, inoltre, anche a riflettere sullo schema “know, do, understand” come soluzione per rendere evidente la posizione delle conoscenze evitando ogni deriva contenutistica e salvaguardando la discrezionalità degli insegnanti.
Il CIC arresterà il declino nei livelli di apprendimento?
Il miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti è un passaggio obbligato per le azioni pubbliche per l’educazione e anche per la revisione dei programmi di insegnamento. Per le scuole scozzesi saranno, però, i prossimi appuntamenti delle valutazioni standardizzate a fare chiarezza rispetto al declino inarrestato durante i due decenni del CfE e accertare se il nuovo CIC darà i risultati sperati. Il permanere, comunque, della scuola scozzese in posizioni intermedie nel ranking internazionale ferisce la coscienza nazionale e corrode ulteriormente il mito dell’ottima scuola coltivato negli anni. Si tratterà di vedere se saranno incisive le direzioni di lavoro suggerite dall’OECD e fatte proprie dal Governo, le indicazioni derivanti dalle consultazioni e gli esiti dei lavori partecipati per la riformulazione dei programmi. La mobilitazione prevista e l’architettura complessa della macchina messa in campo sono buoni punti di partenza.
Il CIC faciliterà un’azione pubblica integrata?
Lo Scottish National Party (SNP), al governo dal 2007, elenca le realizzazioni significative nel campo dell’educazione[17]:
- maggior investimento sugli studenti, 7.485 insegnanti ogni 100.000 studenti (mentre in Inghilterra ce ne sono 5.545 e nel Galles 5.038);
- stipendi iniziali per insegnanti più alti rispetto al Galles e all’Inghilterra (eccetto Greater London);
- mensa gratuita nei primi cinque anni della scuola primaria;
- significativa contrazione delle spese delle famiglie per la scuola;
- livello record di esami Higher superati dalla devoluzione (1999);
- incremento del passaggio all’istruzione superiore, alla formazione o al lavoro dal 85,9% nel 2009-2010 al 95,7% nel 2021-2022;
- numero record di studenti che si iscrivono all’università nel 2021-2022 con il 16,5% delle matricole proveniente dal 20% delle aree più deprivate del Paese.
Una ulteriore faccia della scuola scozzese emerge dalle verifiche da parte degli insegnanti degli standard che il CfE definisce puntualmente lungo l’itinerario scolastico. Un documento del Learning Directorate[18] elenca, con soddisfazione, i livelli record di alfabetizzazione e di numeracy nella scuola primaria e secondaria e la riduzione record del numero di studenti con bassi livelli di alfabetizzazione nella scuola primaria e nella scuola secondaria.
Le politiche educative sono spesso un agglomerato di azioni adiacenti ma indipendenti se non incoerenti tra di loro. L’ambizioso CfE, il consolidamento del sistema scolastico, gli esiti delle valutazioni interne e i risultati del programma PISA sembrano mondi a parte, contenuti in agende diverse. Il CIC sarà anche un banco di prova per una politica capace di integrare e far convergere gli interventi rivolti alle condizioni strutturali e funzionali del sistema scolastico, le azioni mirate al raggiungimento e alla valutazione degli standard di apprendimento e la partecipazione alle iniziative di testing a livello globale.
La revisione dei programmi di insegnamento: un’area per la riflessione
La letteratura pedagogica e professionale sui programmi di insegnamento è molto vasta, come pure la loro struttura, l’articolazione e i contenuti, anche nel confronto storico. Molto meno estesa e ricca è invece la ricerca sui processi di costruzione, di revisione, di sostituzione dei curricoli nazionali[19] con l’eccezione delle indagini sui processi di implementazione che hanno illustrato le incoerenze e gli scarti tra le intenzioni, la formalizzazione nei testi e le realizzazioni.
Il curriculum making non è un’unica azione lineare bensì un insieme di processi da ricostruire e vedere nelle loro interazioni e nelle loro dinamiche di ciclo.
Si è notato che i nuovi Governi tendono a scegliere i programmi di insegnamento come una delle aree di primo intervento, dato il possibile carattere simbolico della loro modifica o ridisegno. Si tratta in ogni caso di movimenti complessi, spesso con un intreccio tra influenze internazionali e strategie nazionali. Anche nei modelli top-down, più rari oggi rispetto al passato, i rapporti tra decisioni di vertice, posizioni intermedie e pratiche di scuola e di classe sono spesso dialettici. Entrano in gioco le comunità scientifiche relative ai diversi ambiti disciplinari mentre le culture professionali in essere si rivelano i veri gate-keeper per l’uso in classe di un nuovo testo curricolare. Nel rinnovamento si ha, non di rado, anche un’evoluzione del linguaggio con l’affermarsi di parole chiare e formule di sintesi se non l’introduzione di un gergo di nuovo conio.
In Scozia il mito del miglior sistema educativo e la memoria del primo Paese a generalizzare la scuola per maschi e femmine a partire dal diciassettesimo secolo si confronta oggi con un panorama non rassicurante: contrasto richiamato sui media[20]. La questione scuola è quindi radicata e mantiene un alto valore nella cultura politica della nazione[21]. Grazie anche alla documentazione disponibile che ne accompagna gli sviluppi, seguire il laboratorio scozzese, di cui abbiamo tracciato le fasi iniziali, offre l’opportunità per una comprensione approfondita e non semplicistica di un tema, cruciale quanto complesso, per le politiche educative disponendo, poi, di categorie e strumenti per leggere le rivisitazioni curricolari in altri contesti.
[1] Scottish Executive, A Curriculum for Excellence: The Curriculum Review Group, 2004.
[2] Chapman C. e Donaldson G., Where next for Scottish Education: Learning is Scotland’s Future? Unpublished working paper, University of Glasgow 2023.
[3] OECD, Scotland’s Curriculum for Excellence: Into the Future, Implementing Education Policies, OECD Publishing, Parigi 2021.
[4] OECD, op. cit. 2021, p. 13.
[5] Muir K., Putting Learners at the Centre: Towards a Future Vision for Scottish Education, Edinburgh 2021.
[6] Campbell C. e Harris A. (a cura di), All Learners in Scotland Matter: Our National Discussion on Education.
[7] Paterson L. e B. Robertson, How a Knowledge-Based Curriculum Could Transform Scottish Education, Reform Scotland, Edinburgh 2025.
[8] Humes, W. e Bryce, T., “The Distinctiveness of Scottish Education” in W. M. Humes e T.G.K. Bryce (a cura di), Scottish Education. Beyond Devolution, Edinburgh University Press, Edinburgh 2008, pp. 98-110. Priestley M.e Humes W., “The Development of Scotland’s Curriculum for Excellence: amnesia and déjà vu”, Oxford Review of Education 36, 3 (2010), pp. 345-361.
[9] Severs J., “The struggle for curriculum control – and how it impacts teachers”, TES Magazine, 22 gennaio 2025.
[10] IFS, How does school spending per pupil differ across the UK?’, Institute for Fiscal Studies e Nuffield Foundation 2023.
[11] Cfr. Paterson L., “Scotland’s Pisa results: Severe declines in maths, science and reading show ‘Curriculum for Excellence’ isn’t working”, The Scotsman, 6 dicembre 2023.
[12] Scottish Government’s response to the OECD report, the Cabinet Secretary for Education and Skills on 22 June 2021.
[13] OECD, op. cit. 2021, p. 118.
[14] Cfr. Curriculum Improvement Cycle (CIC), Background and a Case for Change. Findings from the Pilot Curriculum Reviews 2023/24: A Discussion Paper, novembre 2024.
[15] Cfr. Curriculum Improvement Cycle (CIC) Towards an Evolved Technical Framework. A Discussion Paper, dicembre 2024.
[16] “A big Idea” cattura alla radice un concetto la cui l’allievo e lo studente sviluppano in una particolare area del curriculum lungo tutto il percorso scolastico. In questo modo si evidenziano i concetti comprensivi più fecondi e più significativi in termini di apprendimento: possono formare la mappa concettuale per l’insegnamento, per identificare i contenuti del curriculum o per la formazione degli insegnanti.
[17] SNP, A smarter Scotland: 10 facts about the SNP’s record in education 28 febbraio 2023 (https://www.snp.org/a-smarter-scotland).
[18] Scottish Government, Learning Directorate Education, Achieving excellence and equity: National Improvement Framework 2025, 10 dicembre 2024.
[19] AA.VV., Curriculum Making in Europe: Policy and Practice within and Across Diverse Contexts ISBN: 978-1-83867-738-1, eISBN: 978-1-83867-735-0 Emerald, Leeds 2021.
[20] Leask, D., “Scottish schools: We must scotch our golden age myth”, The Herald, 9 dicembre 2023.
[21] In 2023 Scotland had a higher percentage of the population aged 25-64 with tertiary education compared to the UK, EU 25 average, and OECD average (OECD, 2023). Vedi Education at a Glance.