Ci sono persone che attraversano le nostre vite lasciando un segno silenzioso ma profondo. Non perché facciano rumore, ma perché sanno ascoltare. Non perché si impongano, ma perché costruiscono ponti. Antonio Crusco era una di queste persone. Per me, non era soltanto il titolare della casa editrice Tecnodid – con cui ho avuto il privilegio di collaborare in alcune occasioni – ma un amico sincero, un punto di riferimento, una presenza gentile e rassicurante nel mondo della formazione.
Lo ricordo con affetto e gratitudine, soprattutto nei momenti in cui riusciva, con la naturalezza di chi ci è nato, a mettere insieme il meglio di ciò che siamo: il rigore della professionalità e la leggerezza dell’incontro umano. Questo era Antonio.
Ogni estate, a Ischia, e ogni autunno a Scanno, Antonio organizzava eventi di formazione che erano molto piĂą di semplici convegni. Erano appuntamenti attesi, quasi rituali, in cui si mescolavano saperi, esperienze, volti noti e nuove conoscenze. Ma soprattutto erano occasioni per ritrovarsi, per parlare di scuola e di futuro, ma anche per ridere a cena, per camminare insieme, per sentirsi parte di una comunitĂ .
E quella magia, quel delicato equilibrio tra lavoro e convivialitĂ , era merito suo. Del suo modo affabile di accogliere tutti, del suo talento nello scegliere i relatori, nel tessere relazioni, nel far sentire ciascuno a casa anche lontano da casa.
Ricordo ancora la prima volta che partecipai a uno di quegli eventi. Era estate, Ischia splendeva sotto il sole, e l’atmosfera era quella di un incontro tra amici, più che di un appuntamento di lavoro. Eppure, ogni sessione era curata nei minimi dettagli, ogni intervento aveva senso, ogni pausa era pensata come spazio di incontro autentico. Antonio si muoveva tra i partecipanti con discrezione, con quel sorriso che sapeva rassicurare e mettere a proprio agio anche chi era lì per la prima volta.
Non era solo un organizzatore, era un anfitrione dell’intelligenza e dell’amicizia. Conosceva tutti, sapeva intuire le affinità , collegare i punti, far nascere nuovi legami. E mentre tutto sembrava procedere con naturalezza, dietro c’era il suo lavoro attento, la sua capacità di visione, la sua cura per i dettagli.
Anche Scanno, in autunno, aveva un’atmosfera tutta sua. I colori caldi della stagione, l’intimità del borgo, la sensazione che il tempo rallentasse per darci modo di riflettere con più profondità . E anche lì, Antonio riusciva a creare quel clima speciale in cui si poteva parlare di scuola e di educazione con passione, ma anche condividere un bicchiere di vino, una passeggiata, una risata.
Non era un caso che ogni anno ci fosse tanta voglia di tornare. Non era solo per i luoghi o per i contenuti, ma per la persona che li rendeva vivi, per quella sua capacità rara di far sentire ogni partecipante parte di un progetto comune. Antonio ci univa, senza mai imporsi. Non parlava mai troppo di sé, ma era sempre presente, con misura e calore.
Credo che chiunque abbia partecipato a quegli incontri possa dire lo stesso: non si tornava mai a casa uguali. Si portava via qualcosa di nuovo, che fosse un’idea, un contatto, un’ispirazione o anche solo il ricordo di una bella conversazione. E tutto questo era possibile grazie al suo modo di esserci.
Nel tempo, il nostro rapporto si è rafforzato. Pur non lavorando insieme con continuità , sentivo Antonio come un amico vero, uno con cui si poteva parlare apertamente, anche delle difficoltà . Aveva una pazienza rara, una gentilezza autentica, mai ostentata. E anche una certa ironia lieve, che rendeva leggeri i momenti di tensione.
La sua scomparsa lascia un vuoto grande. Non solo per chi, come me, lo conosceva e gli voleva bene, ma per tutto il mondo della scuola e della formazione, che perde una figura discreta ma centrale. Antonio non cercava riflettori, ma lavorava per costruire qualcosa che restasse. E in effetti, ha lasciato molto piĂą di quello che forse lui stesso immaginava.
Ha lasciato una rete di persone che si sono incontrate grazie a lui. Ha lasciato modelli di formazione che mettevano al centro le relazioni, il confronto reale, la condivisione tra pari. Ha lasciato, soprattutto, uno stile: uno stile fatto di ascolto, di accoglienza, di cura.
A volte, guardandolo muoversi tra le persone, con quel suo passo tranquillo e lo sguardo curioso, Antonio mi faceva pensare a Gianni MinĂ . Aveva la stessa capacitĂ di creare conversazioni significative attorno a un tavolo, di mettere insieme mondi diversi con naturalezza, di far sentire ognuno importante senza mai farlo pesare. Era un mediatore gentile, un narratore silenzioso, un costruttore di contesti.
Ricordo in particolare un pranzo, organizzato a casa sua a Taurasi. C’era la sua meravigliosa famiglia ad accoglierci, e un gruppo numeroso di amici e colleghi – quasi tutti esperti del mondo della scuola, sì, ma soprattutto persone che si volevano bene. Antonio era riuscito anche lì a creare quel miracolo: una giornata che era al tempo stesso un incontro intellettuale e un momento di pura convivialità .
Non citerò i nomi dei presenti, perché dimenticherei sicuramente qualcuno, ma il senso di quel momento non l’ho dimenticato: eravamo riuniti per il piacere di stare insieme. E posso dire con sincerità che in quelle occasioni informali, a tavola, tra una battuta e una riflessione, ho imparato di più che in decine di incontri e seminari. Perché il sapere, quando è condiviso in amicizia, diventa più profondo. E Antonio questo lo sapeva bene.
Ci mancherà , Antonio. Ma il segno che ha lasciato continuerà a vivere nei luoghi che ha costruito, nei legami che ha favorito, nei pensieri che ci ha fatto nascere. E ogni volta che ci ritroveremo – a Ischia, a Scanno, o anche solo in un abbraccio tra colleghi – sentiremo ancora un po’ della sua presenza discreta e luminosa. Grazie, amico mio.