La casa editrice Tecnodid è, come molte delle aziende che compongono il panorama produttivo italiano, una piccola impresa a carattere familiare.
Essa deve la sua nascita negli anni Settanta del secolo scorso allo spirito di iniziativa di Umberto Crusco, che due anni fa ci ha lasciato. Sin dall’inizio, e sempre di più con il progressivo avanzare degli anni del fondatore, l’azienda ha potuto fare affidamento sulle energie dei suoi figli, Antonio, Alessandro e Gabriella.
In particolare, negli ultimi decenni l’impresa ha legato il suo nome a quello del primogenito, Antonio, che l’ha accompagnata nel percorso di transizione dalla prima “pioneristica” fase di pubblicazione di bollettini di informazioni e aggiornamenti sulla normativa scolastica all’attuale ampia e variegata realtà di una casa editrice altamente specializzata, che con il suo catalogo di oltre duecento titoli, le sue riviste on line e cartacee, le sue piattaforme di formazione e le sue banche dati, è diventata un punto di riferimento per quanti operano nel mondo della scuola italiana.
Il modello di impresa familiare comporta necessariamente una permeabilità costante e profonda tra i due sotto-sistemi che la compongono e che interagiscono e si condizionano reciprocamente, la famiglia e l’impresa. L’efficace gestione delle dinamiche della prima determina il successo della seconda e i valori e le tradizioni coltivati all’interno della famiglia, al pari degli aspetti emotivi e relazionali, assumono un ruolo fondamentale sia nei momenti dell’assunzione delle decisioni strategiche sia nella fase della gestione dell’azienda.
E se il sistema di valori su cui si fonda la piccola impresa familiare finisce con il coincidere in buona parte con quello del pater familias, la Tecnodid ha assunto negli ultimi anni la inconfondibile fisionomia, umana e culturale di Antonio Crusco.
Marito e padre presente e premuroso, Antonio ha fatto del proprio lavoro di imprenditore della conoscenza la propria missione di vita. Benché non sia stato, in senso stretto, un uomo di scuola, sapeva tanto di scuola: ne seguiva con attenzione e costanza le evoluzioni, non solo per dovere professionale, ma anche e soprattutto perché era intimamente persuaso del valore fondamentale del sistema d’istruzione e di formazione all’interno della vita di un paese.
Per questo intendeva offrire a chi nella scuola operava quotidianamente le informazioni e gli strumenti giuridici e metodologici necessari. Per questo cercava di creare momenti di riflessione comuni, organizzando convegni e seminari, cui invitava personalità di spicco del mondo dell’istruzione.
In particolare, nel mese di luglio, i seminari della Summer School della Tecnodid, nella splendida cornice dell’isola di Ischia, erano diventati un appuntamento ormai imperdibile per molti degli operatori scolastici: e, per Antonio, un impegno organizzativo cui non volle sottrarsi neppure di fronte alle difficoltà imposte dall’emergenza pandemica del COVID.
Analogamente, per anni Antonio ha voluto riunire il mondo della scuola nella quiete quasi monastica dei seminari nazionali di Scanno, nella valle del Tasso-Sagittario, tra i Monti Marsicani ricoperti dei colori della meravigliosa tavolozza cromatica autunnale.
In altre occasioni, fu il verde e il marrone, dei vigneti attorno a Taurasi a fare da scenario ai momenti di riflessione sulle prospettive future della scuola italiana.
Del resto, la scelta dei luoghi in cui si sarebbero tenuti i seminari residenziali non costituiva per Antonio una questione secondaria: erano innanzitutto luoghi naturali e suggestivi, che sentiva come suoi e amava profondamente, amoeni loci di cui egli per primo subiva il particolare fascino e alla cui condivisione aveva piacere di invitare i suoi “amici”.
Gli appuntamenti seminariali erano infatti per lui non solo il momento in cui specialisti delle varie materie si confrontavano sulla base di riflessioni condotte con rigore e precisione scientifica, ma erano anche incontri in cui si stringevano relazioni tra persone, che lui accoglieva con il garbo e la cortesia che gli erano connaturati, facendoli sentire come persone di famiglia. E non mancavano sicuramente i momenti conviviali in cui, in un clima meno formale ma non per questo meno idoneo all’apprendimento e alla riflessione, si confrontavano visioni diverse della scuola e della sua funzione.
Impeccabile anfitrione, con i suoi modi affabili e solleciti e il suo sorriso aperto e disponibile, stimolava e favoriva l’incontro con e tra i suoi ospiti, durante il quale sapeva ascoltare, in maniera attenta e compresa.
Quegli incontri potevano anche essere il momento in cui nascevano idee che, con successivo vaglio, Antonio avrebbe deciso se meritevoli di diventare oggetto di una nuova iniziativa editoriale.
Perché Antonio amava il suo lavoro e, con la potenza visionaria della sua passione imprenditoriale ma anche il grande senso della realtà che lo caratterizzavano, era continuamente alla ricerca di spunti e stimoli.
In quelle conversazioni, si è venuto cementando il sodalizio tra Antonio Crusco e alcune figure di spicco del mondo dell’istruzione italiana.
E penso, in particolare, a Sergio Auriemma e a Mariella Spinosi.
Ma soprattutto a Giancarlo Cerini, con cui adesso Antonio potrĂ riprendere a dissertare di questioni pedagogiche.
Noi che restiamo qui, piangiamo la perdita prematura di un imprenditore intelligente e illuminato, ma, soprattutto, di un amico sensibile e attento, accorto e gentile.
Mollia non rigidus caespes tegat ossa nec illi, terra, gravis fueris: non fuit ille nobis.