Il sistema integrato zerosei, come declinato nel D.lgs. n. 65/2017, mira a promuovere le migliori condizioni per l’educazione e l’istruzione dalla nascita fino a sei anni. Si tratta di condizioni imprescindibili che prendono forma ai vari livelli di una “comunità”, tesa a educere, ovvero a contribuire a condurre fuori, a valorizzare, sostenere e «sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo»[1]. Sono presupposti che si riferiscono all’intero sistema scolastico, ma che assumono peculiarità specifiche per il segmento zerosei, in ragione dell’assodata necessità di garantire fin da piccoli opportunità formative di qualità, atte ad assicurare anche il successo formativo futuro e a contrastare «disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali»[2]. Queste le premesse di riflessioni maturate a partire da un particolare punto di vista, che ha trovato un radicamento soprattutto negli ultimi contributi di Giancarlo Cerini: l’uno personale, “L’Atlante delle riforme (im)possibili”[3]; l’altro quale prodotto della sua azione di coordinamento della Commissione nazionale zerosei, le “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei”[4].
L’angolatura dell’“abitare”: le ragioni di una scelta
È un concetto particolarmente significativo quello dell’“abitare”, che assume una rilevanza ancora più pregnante se riferito all’ambito educativo. È lo stesso Giancarlo Cerini a sottolinearlo, quando, nella sua opera postuma, ha sostenuto l’auspicio di «una scuola dove tutti i soggetti coinvolti sentono di poter ‘abitare’, perché la vita della scuola non è solo preparazione per il futuro, ma è soprattutto ‘qui e ora’. I bambini trascorrono gran parte della loro esistenza a scuola e la scuola è in un certo senso un loro habitat. Occuparsi della scuola come habitat significa occuparsi della qualità delle esperienze che vi vengono fatte, vuol dire accogliere i bambini come persone nella loro unità mente-corpo-affettività, significa riconoscere e promuovere la dignità di ognuno in ogni momento»[5]. La profonda dimensione dell’abitare è declinata anche nelle “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei”, laddove viene affermato che:
- «Lo zerosei è costituito da contesti aperti alle famiglie che oggi ‘abitano’ le nostre comunità con le loro storie e provenienze diverse; accoglie la differenza dei percorsi di vita, delle identità, dei tempi di crescita, delle modalità relazionali, delle concezioni di educazione, come condizioni da cui partire per costruire una base comune di convivenza per il gruppo dei bambini e degli adulti»[6];
- «I bambini che ‘abitano’ e vivono spazi, tempi e organizzazione, gli educatori/insegnanti che in essi operano e i genitori che vi sono coinvolti vengono orientati dagli spazi, dalla scansione dei tempi e dall’organizzazione della giornata a cogliere un disegno visibile, dinamico, nel quale si sentono riconosciuti e valorizzati»[7].
Il senso dell’“abitare”
L’accezione dell’abitare rimanda al nostro modo di esistere, di essere al mondo. Con uno sforzo di estrema sintesi e seguendo diversi filoni di pensiero, ci si imbatte in radici etimologiche che aiutano, in una certa misura, a disvelare il senso dell’abitare. L’antico locativo domi nel suo significato di “essere a casa”, implica l’appartenenza a una gens, a una famiglia, ad un contesto dove sono possibili relazioni sociali e giuridiche altrimenti irrealizzabili al di fuori[8]. La radice latina del verbo habitare deriva da habeo, ovvero “avere”, in stretta connessione con “essere”, nella misura in cui corrispondono a due stati diversi (“essere” è “lo stato di colui che è”; “avere” è “lo stato di colui che ha”). Invero, tra le diverse declinazioni di habeo, vi è anche habitus, inteso come “modo di essere, contegno, un avere stabilmente”[9]. Al contempo, l’abitare rinvia ad “uno stare”, che è anzitutto “un esserci” (l’“io sono” intende automaticamente “io abito”), ma l’etimologia propria del termine abitare si riferisce ad “aver consuetudine in un luogo”: non è quindi solo “uno stare”, ma un avere consuetudine con i luoghi, “uno stare nel tempo” , che rimanda ad un processo evolutivo. Sicché, l’abitare rappresenta l’azione propria dell’uomo che riflette e che non subisce semplicemente la vita ed assume il senso “del prendersi cura”, cura di sé, ma anche cura degli altri[10].
Cura e responsabilità nella cultura pedagogica dello zerosei
I presupposti fondamentali sui quali si determina la sfida dello zerosei, oltre alla centralità ineludibile del bambino, sono la prospettiva inclusiva e di equità e, prioritariamente, una deontologia pedagogica della cura e della responsabilità. La cura stessa è responsabilità, in quanto è preoccuparsi, avere a cuore, avere premure: significa prendersi a cuore il mondo esperienziale dell’altro per facilitare il più possibile la qualità della sua vita, agendo con intenzionalità[11]. La cura, infatti, è una pratica che deve necessariamente essere guidata da un’intenzione, che mira ad aiutare l’altro a crescere, attualizzando la sua umanità e provocando un processo di cambiamento e di trasformazione. È un percorso di crescita che presuppone, dunque, di essere intrapreso insieme ad altri, grazie ai quali trovare nuove strade. Si tratta di attivare positivamente, nel concreto, collaborazioni professionali, ma anche relazioni interistituzionali, per raggiungere la meta e, nel nostro caso, realizzare la sfida dell’ecosistema formativo zerosei[12].
Valori fondativi dell’ecosistema formativo zerosei
Alla base di una comunità che educa non possono non essere fondanti i valori indicati nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei[13]: accoglienza, democrazia e partecipazione. Si tratta di valori fondativi che, a ben guardare, non riguardano solo il segmento iniziale di educazione e di istruzione, ma che, di certo, ne connotano una specificità da cui proseguire, con coerenza e gradualità, anche nei gradi scolastici successivi, a maggior ragione per l’aspetto non secondario di obbligatorietà di essi fino, attualmente, ai 16 anni di età.
- L’accoglienza implica la realizzazione di contesti capaci di tenere insieme le differenze, che imparano a convivere, a negoziare punti di vista, ad assumere uno sguardo ampio e ad abbattere barriere di pregiudizi e isolamento.
- La democrazia, con i suoi valori di rispetto, libertà e responsabilità è generativa di processi di apprendimento improntati alla valorizzazione della soggettività e di processi partecipativi che favoriscono un “ascolto pro-attivo”con bambini, genitori, colleghi e con il contesto sociale di riferimento.
- La partecipazione mira all’attivismo anche delle famiglie, quali interlocutrici necessarie nel dibattito sull’educazione e nel confronto sugli stili educativi.
Gli aspetti determinati di una comunità che educa
Per garantire a tutti e a tutte le giuste opportunità, Giancarlo Cerini ha più volte ribadito la necessità di riconoscere il valore irrinunciabile di «una comunità educante partecipativa, solidale e responsabile»[14].
In questa prospettiva, appare particolarmente efficace la definizione di comunità educante formulata da “Con i bambini. Impresa sociale”: «Comunità educante è l’intera collettività che ruota intorno ai più giovani. Una comunità che cresce ‘con’ loro, e non solo per loro; che educa gli adulti del domani, ma che si fa anche educare e cambiare da loro. Per far nascere una comunità educante è necessario coinvolgere tutti i soggetti del territorio nei progetti per riportare i ragazzi e le loro famiglie al centro dell’interesse pubblico. Condividendo strumenti, idee e buone pratiche è possibile raggiungere l’obiettivo comune di migliorare le condizioni di vita di bambini e ragazzi, che diventano non solo destinatari dei servizi, ma soprattutto protagonisti e soggetti attivi delle iniziative programmate e attivate»[15].
La scuola, pertanto, a partire dallo zerosei deve mirare “a fare comunità”, che significa, seguendo ancora il pensiero di Giancarlo Cerini, «curare il sistema delle decisioni, la progettazione partecipata degli aspetti curricolari e valutativi, la condivisione delle informazioni e della comunicazione, i sistemi interni di documentazione e di monitoraggio»[16]. In quest’ottica, fare comunità presuppone necessariamente “fare rete”, ossia «condividere responsabilità, fare squadra, consolidare la credibilità della scuola come istituzione; insomma: ottenere un successo che da soli ben difficilmente arriverebbe»[17].
Peculiarità della comunità educante per lo zerosei
Per creare comunità solidali, giuste ed eque, attente all’educazione dell’infanzia e impegnate a promuovere il dialogo e la coesione sociale, vi è la necessità di strade maestre, quali devono essere le politiche rivolte all’infanzia[18]. Specialmente, in questa fase della vita nazionale così delicata, in cui da più parti emergono segnali di aumento delle disuguaglianze, diviene cogente l’impegno di tutti i livelli istituzionali, quali garanti di un livello altro e di massima responsabilità in termini di “comunità educante”, per «sostenere e ampliare un sistema integrato zerosei competente e vigile nel cogliere il cambiamento dei bisogni, qualificandosi come complesso di servizi di prossimità, riconosciuti come garanzia del diritto all’educazione dai genitori e dalla comunità locale»[19]. D’altra parte, la crescita di un bambino è da ritenere «una sfida che impegna tutta la società, in un intreccio che coniuga le responsabilità dei genitori con quelle della comunità, affinché ciascun bambino, a prescindere dal contesto sociale e culturale di origine e dalle proprie caratteristiche, possa beneficiare delle migliori condizioni di vita»[20]. I servizi educativi e le scuole dell’infanzia segnano, dunque, l’ingresso di bambine e bambini nella comunità educante, nell’accezione più ampia del termine, anche in una prospettiva di partnership con i genitori e di un loro accompagnamento nella funzione educativa, da quel momento inevitabilmente condivisa. L’esperienza dello zerosei, invero, può fornire alle famiglie un’opportunità strategica per riflettere sull’agire educativo, partecipando anche attivamente al processo evolutivo di educazione e di istruzione. Creare una concreta e solida “alleanza educativa” nel corso del segmento zerosei, può essere dirimente per un rapporto proficuo scuola-famiglia nel tempo.
Comunità zerosei a partire dallo zerotre
L’anello che ad oggi appare ancora più debole del sistema zerosei è rappresentato dal segmento destinato ai più piccini. La percentuale di servizi educativi in Italia varia moltissimo tra i territori e, oggi più che mai, ha senso il monito ribadito anche negli Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia, documento a cui Giancarlo Cerini ha potuto offrire solo spunti di riflessione: «La progettazione dello spazio di un nido, di una sezione primavera o di un servizio integrativo per l’infanzia esprime l’investimento di una comunità locale verso i suoi cittadini più piccoli e perciò deve essere capace di coniugare il corretto inserimento nel contesto generale (urbano, ambientale e sociale) con la visione dialogata e interdisciplinare di amministratori, progettisti, educatori e pedagogisti, allo scopo di sviluppare condizioni che offrano un’esperienza qualificata e significativa ai bambini e alle loro famiglie»[21]. È fondamentale avere la consapevolezza che l’esperienza quotidiana di bambini e adulti vissuta nei servizi educativi genera piccole comunità, ognuna delle quali ha caratteri contestuali, ma tutte fondate su scambi, esplorazioni e apprendimenti. Sono comunità in stretto rapporto con il territorio di appartenenza, tese a costruire un’alleanza educativa con le famiglie e con la comunità territoriale, in funzione di una qualità del servizio educativo da rielaborare costantemente[22].
Gli interventi strategici volani della comunità educante zerosei
Il D.lgs. n. 65/2017 ha individuato alcuni interventi strategici per la realizzazione del sistema integrato, prevedendo ponti organizzativi e funzionali tra le strutture, tali da sostenere la qualità dell’offerta educativa e la capacità di rispondere in modo dinamico ai cambiamenti demografici, sociali e culturali che immancabilmente interessano il mondo dell’infanzia. In particolare, si fa riferimento a:
- coordinamento pedagogico territoriale;
- formazione in servizio di tutto il personale;
- consolidamento e potenziamento delle sezioni primavera;
- estensione dei Poli per l’infanzia.
Con competenze diverse e complementari tutti e tre i livelli di governance (Stato, Regioni ed Enti locali) agiscono per consentirne la loro realizzazione[23].
Tra gli interventi strategici sopra menzionati alcuni si connotano per essere particolarmente generativi in una dimensione di “comunità che educa”. Basti pensare a quanto un “Polo per l’infanzia” possa essere sia un «banco di prova per la cultura dello zerosei», sia un’opportunità concreta che «rende visibile e praticabile l’idea di “comunità educante”»[24]. Poli per l’infanzia, servizi educativi e scuole dell’infanzia afferenti ad una comunità territoriale, necessitano per crescere, individualmente e collettivamente, di una regia, garantita dal coordinamento pedagogico territoriale (CPT).
Il CPT si configura come «un organismo stabile nel tempo che comprende e riunisce i coordinatori dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia esistenti su un territorio (statali, comunali, privati, paritari) e costituisce un elemento indispensabile dal punto di vista tecnico-pedagogico della governance locale del sistema integrato svolgendo un ruolo fondamentale nell’espansione e qualificazione dello zerosei attraverso il confronto professionale collegiale»[25]. La costituzione e la conformazione dei CPT varia tra i territori regionali e, al momento, sia i CPT, sia i Poli per l’infanzia sono volani molto disomogenei in lungo e largo della nostra penisola.
Comunità professionale zerosei e prospettive di continuità
Ulteriore leva per favorire la crescita della comunità educante, come tante volte ribadito anche da Giancarlo Cerini in termini di comunità professionale, è rappresentata dalla qualificazione e formazione del personale: «le comunità si costruiscono rimettendo in moto le professionalità all’interno della scuola, creando dinamismi virtuosi, riconoscendo la qualità delle prestazioni e l’impegno per l’innovazione»[26]. D’altronde, proprio alla comunità professionale spetta il prioritario compito di favorire la continuità verticale ed orizzontale. Sul versante verticale, si tratta di agire intenzionalmente per costruire percorsi educativi e di istruzione graduali, progressivi, evolutivi a garanzia della qualità stessa di tutti i contesti educativi. Si tratta, cioè, di costruire un continuum, inteso come condivisione di riferimenti teorici, come coerenza del progetto educativo e scolastico e come intenzionalità di scelte condivise. Sul piano orizzontale, invece, i servizi educativi e le scuole dell’infanzia «sono chiamati a confrontarsi con una più ampia comunità costituita anche dai servizi sociali, psicologici e sanitari e da altre agenzie educative formali e informali»[27].
Crescere insieme come comunità che educa: un patto da rilanciare
C’è ancora tanto da realizzare per attuare pienamente il sistema integrato zerosei e per costruire reali comunità professionali ed educanti. Sono necessarie strade maestre certe e decisive, ovvero costanti politiche rivolte all’infanzia, con la consapevolezza che, se si consolida la comunità del e per il segmento zerosei, non mancheranno effetti di ricaduta anche negli altri gradi di scuola, se si ha l’idea che la Scuola sia unitaria, a prescindere dai gradi scolastici di cui è composta. Vi è la necessità, dunque, anche di rilanciare il patto scuola-città, come ha saggiamente suggerito Domenico Chiesa[28], andando oltre la semplice richiesta/erogazione di servizi, sviluppando il sistema formativo di un territorio attorno ad un progetto condiviso ed attuato sinergicamente da tutti, ognuno con il proprio ruolo e attraverso il riconoscimento, il rispetto, la valorizzazione reciproca, partecipando tutti ad un cammino comune: «l’umanizzazione della vita attraverso la cultura con cui si qualifica il diventare soggetti e cittadini attivi»[29].
Non è facile. Giancarlo Cerini ci ha suggerito una strategia: «Bisogna […] pensare ad una scuola come insieme di ‘architetture relazionali’ dove i muri non siano confini, ma ‘interfacce’».
[1] Cfr. art. 1, co. 1 D.lgs. n. 65/2017.
[2] Ibidem.
[3] Cfr. G. Cerini, L’Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid, 2021.
[4] Cfr. D.M. n. 334/2021, Adozione delle “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei” di cui all’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65.
[5] G. Cerini, L’Atlante delle riforme (im)possibili, op.cit., p. 60.
[6] Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, p. 17.
[7] Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, p. 24.
[8] Cfr. É. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, ed. italiana (a cura di M. Liborio), Einaudi, 1981.
[9] Cfr. É. Benveniste, Problemi di linguistica generale, ed. italiana (a cura di M.V. Giuliani), Il Saggiatore, 2010.
[10] Cfr. M. Heidegger, Saggi e discorsi, ed. italiana (a cura di G. Vattimo), Mursia, 1991.
[11] Cfr. L. Mortari, La cura educativa a fondamento del progetto 0–6, Seminario di studio del Settore pedagogico nazionale, 2017.
[12] Cfr. P. Vassuri, in Ripensare ai bambini nell’incertezza della nostra epoca. Educare alla complessità. Atti del XXII convegno nazionale del Gruppo Nazionale NIdi e Infanzia, Zeroseiup, 2022.
[13] Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, p. 17.
[14] G. Cerini, op.cit., p. 272.
[15] Cfr. Con i Bambini. Impresa sociale
[16] G. Cerini, op.cit., p. 65
[17] Op.cit., p. 71
[18] Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, p.7.
[19] Op. cit., p. 10.
[20] Op. cit., p. 15.
[21] Cfr. D.M. n. 43/2022, Adozione degli “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia”, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, p. 41.
[22] Cfr. Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia.
[23] Cfr. Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei.
[24] G. Cerini, op. cit., p. 119-120.
[25] Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, p. 37.
[26] G. Cerini, op. cit., p. 67.
[27] Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, p. 17.
[28] Domenico Chiesa, insegnante, ha coordinato per enti e istituzioni pubbliche progetti rivolti al miglioramento dei risultati di apprendimento e al potenziamento del sistema educativo territoriale. È stato Presidente nazionale del CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) e Presidente del Forum Regionale per l’Educazione e la Scuola del Piemonte. È autore di saggi sulle tematiche dell’istruzione.
[29] Cfr. D. Chiesa, I ragazzi e le scuole umanizzano la città, in “Rivista dell’istruzione”, 3/2018