Da più parti si avverte l’esigenza di arginare il fenomeno dell’ostilità della rete e di provare attivamente a contrastare l’uso di qualsiasi linguaggio ostile. Gli insulti non sono argomenti, ma cazzotti nello stomaco e la battaglia per un uso rispettoso del linguaggio merita di essere combattuta da tutti i cittadini di buona volontà .
Il popolo della rete
Il “popolo della reteâ€, il più largo spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto, disteso sull’intero pianeta, diffuso al di là di ogni confine, organizzato in nuove “nazioni†(oggi la comunità di Facebook è la terza al mondo come popolazione, dopo la Cina e l’India) ha bisogno di condividere diritti e doveri, come ci ha insegnato un tenace combattente contro la caduta dell’etica pubblica, un moralista attivo come Stefano Rodotà [1]. E in primo luogo nella rete è necessario prevenire le comunicazioni ostili. Sulla scorta di queste premesse è nato nel 2017 il progetto sociale di comunicazione Parole O stili, che ha visto riuniti in un’associazione di scopo docenti, influencer, blogger, manager della comunicazione, coordinati da Rosy Russo, creativa di Trieste, che di fronte al crescente disagio dello stare in rete ha intrapreso un’iniziativa per trovare uno stile diverso, principi semplici e chiari, punti saldi e positivi per vivere meglio la rete.
Il manifesto della comunicazione non ostile
Da questo esercizio di responsabilità è nato il Manifesto della comunicazione non ostile[2], accompagnato da un passaparola positivo e divulgato a macchia d’olio. Il Manifesto, nato in rete per la rete, è diventato subito virale e “#parole ostili†ha raggiunto ormai decine di milioni di persone. È una carta che elenca dieci principi di stile utili a migliorare il comportamento di chi sta in Rete. È un impegno di responsabilità condivisa che intende favorire comportamenti rispettosi e civili che aiuta a rendere la Rete un luogo accogliente e sicuro per tutti.
- Virtuale è reale. Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
- Si è ciò che si comunica. Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
- Le parole danno forma al pensiero. Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
- Prima di parlare bisogna ascoltare. Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
- Le parole sono un ponte. Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
- Le parole hanno conseguenze. So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
- Condividere è una responsabilità . Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
- Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare. Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
- Gli insulti non sono argomenti. Non accetto insulti e aggressività , nemmeno a favore della mia tesi.
- Anche il silenzio comunica. Quando la scelta migliore è tacere, taccio.
Il manifesto per tutti i contesti
Grazie al contributo di volontari il Manifesto è stato tradotto in trentaquattro lingue ed è stato condiviso da Comuni (hashtag #stilecomune), Università , Associazioni e personalità autorevoli, una fra tutte la senatrice Liliana Segre, che nel suo messaggio sottolinea che il linguaggio del futuro non dev’essere dettato dagli algoritmi, bensì dalla lingua salvata. Se le parole sono pietre si deve scegliere tra il costruire muri o ponti. Le parole di pace sono compensazione e denuncia del limite della rete stessa.
Attraverso la partecipazione collettiva di esperti e organizzazioni della società civile il cammino del Manifesto si arricchisce delle declinazioni specifiche per ambiti diversi, dalla politica (toni e stile da adottare durante i confronti e i dibattiti con gli avversari, online oppure offline) alla pubblica amministrazione (no al burocratese vessatorio), dalle aziende (dialogo trasparente e sincero fra aziende, clienti e stakeholder) alla scienza (evitare sia banalizzazioni che tecnicismi, con la consapevolezza dell’influenza su chi ascolta).
La comunicazione inclusiva nella scuola
Tra gli ambiti non potevano mancare, naturalmente, quello dell’infanzia (per orientare i piccolissimi dai 3 ai 6 anni che iniziano i primi approcci ai dispositivi mobili), dello sport (per una condanna del tifo cieco e ostile e il rispetto di avversari, regole e giudici) e della comunicazione non ostile e inclusiva.
Per diffondere il virus positivo di scegliere le parole con cura, è nato, grazie alla collaborazione con Osservatorio Giovani dell’Università Cattolica e con la partnership del Ministero dell’istruzione e del merito, “Condivido – Il Manifesto della comunicazione non ostile nelle scuoleâ€, un progetto educativo rivolto a genitori, docenti e giovani studenti della scuola secondaria per promuovere l’utilizzo di linguaggi non ostili in Rete e concorrere alla costruzione del diritto alla cittadinanza digitale. L’urgenza di un percorso di educazione in questo ambito emerge chiaramente dai dati del Focus “Generazione Zâ€[3], promosso dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo su un campione di seimila giovani e è quotidianamente sperimentata da tutti gli operatori della scuola.
Spazio reale e spazio virtuali: siamo tutti onlife
Always on. Oggi fare gli equilibristi tra ‘qui e ora’ e ‘ora e in Rete’ è la condizione di normalità ; non c’è più differenza tra lo spazio reale e quello virtuale e viviamo tutti onlife, una sola vita vissuta in due spazi differenti, non sovrapposti, ma coincidenti e capaci di influenzarsi a vicenda, un’esistenza ibrida come l’habitat delle mangrovie, miscela unica di acque dolci e salate che si incontrano e si mescolano[4].
Il neologismo onlife, coniato da Luciano Floridi, professore di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford, definisce questa stretta continuità tra online e offline, conseguente alla penetrazione sempre più pervasiva delle tecnologie della comunicazione in tutte le nostre attività quotidiane: come facciamo acquisti, lavoriamo, ci divertiamo e anche come coltiviamo le nostre relazioni. Relazioni che sulle piattaforme social sono sempre più spesso inquinate e complicate da un innalzamento generalizzato dei toni, amplificato dalla cassa di risonanza della rete.
Anticorpi per un risveglio etico nei social
Post e contenuti multimediali offensivi, manifestazioni di odio e argomenti violenti di ‘leoni’ coperti dall’anonimato della tastiera sono assimilabili ai comportamenti di un branco: il capo branco ulula, gli altri pure, anche se spesso non sanno neppure perché. I commenti ingiuriosi e aggressivi non risparmiano neppure le più alte istituzioni del Paese, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la senatrice Liliana Segre, finita sotto scorta a seguito delle minacce razziste ricevute via web. Ogni forma di aggressività delle azioni e delle reazioni in rete può avere conseguenze concrete, gravi e permanenti nella vita delle persone. Si avverte, quindi, sempre di più il bisogno di un impegno individuale e collettivo per non alimentare gli algoritmi delle notizie tossiche, per depotenziare e smorzare con fermezza questo clima di odio e di provocazione.
Per questo motivo il progetto “Parole O_Stiliâ€, il progetto di sensibilizzazione contro la violenza delle parole che abbiamo prima sintetizzato, si rivela uno strumento potente come un vaccino per arginare attacchi e molestie nei social e agire come anticorpi antagonisti dell’odio in rete divenendo una bussola per orientarci nelle piazze digitali.
Giovanni Grandi, docente di Filosofia Morale presso l’Università di Trieste, co-fondatore di “Parole O_Stili†e divulgatore, concorre a questo obiettivo della diffusione dei dieci principi del Manifesto con il suo recentissimo libro, dal titolo e sottotitolo immediatamente evocativi: Virtuale è reale: Avere cura delle parole per avere cura delle persone. “Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di personaâ€[5].
Le parole sopra le righe o violente, scritte spesso con leggerezza nei microtesti della comunicazione negli ambienti digitali, possono arrivare al destinatario come un pugno nello stomaco o un sanpietrino alla tempia e non basterà cancellarle perché potranno continuare ad aprire la ferita anche a distanza di molto tempo, riemergendo dalla cronologia dei messaggi. O possono avere un effetto analogo a dosi minime di arsenico: ingerite senza saperlo sembrano innocue, ma dopo qualche tempo ecco rivelarsi l’effetto tossico. Migliorare la cura delle parole e optare per uno stile comunicativo non aggressivo consente di preservare la rete come luogo d’incontro e di convivenza della diversità e può al tempo stesso migliorare la propria reputazione, perché come ci suggerisce il secondo principio del Manifesto, «Le parole che scelgo raccontano la persona che sono, mi rappresentano».
Divulgazione e formazione
Il fronte della divulgazione ha bisogno di essere sostenuto anche da percorsi di formazione diffusi e trasversali. L’Università di Trieste, per esempio, in collaborazione con “Parole O_Stiliâ€, propone il corso Etica Pubblica, Comunicazione non ostile e Gestione dei Conflitti, che coniuga tre questioni fondamentali:
- l’etica pubblica, come auspicio della vita buona con e per gli altri, all’interno di istituzioni giuste;
- l’esercizio di una buona comunicazione, che passa attraverso il riconoscimento e il rispetto per l’interlocutore, la capacità di ascolto, la cura del linguaggio e delle dinamiche interpersonali sui nuovi media;
- la mediazione riparativa, come approccio per affrontare liti e attacchi in una prospettiva eticamente consapevole e orientata alla riparazione delle fratture nelle relazioni umane.
Una buona pratica di formazione da disseminare per perseguire l’obiettivo prioritario e urgente dell’educazione al rispetto dell’altro, per combattere pratiche e linguaggi negativi, superare fraintendimenti e riparare conflitti sia nella comunità reale che nelle community online, valorizzando gli aspetti creativi e positivi del dialogo. In estrema sintesi, per una buona socialità .
Il “megafono gialloâ€
Il “megafono gialloâ€[6] è la newsletter di “Parole_O_Stiliâ€, che propone settimanalmente notizie di cronaca che riguardano il mondo dei social, iniziative di formazione e riflessioni sui temi più caldi della comunicazione, del linguaggio e del digitale. È letta da oltre 65mila persone, appartenenti a ambiti professionali diversi, dai responsabili d’azienda, agli insegnanti, a amministratori e amministratrici locali.
In otto anni dall’inizio dell’avventura del Manifesto è cresciuta una vera e propria community, una rete di centinaia di migliaia di persone, che credono che le parole abbiano un peso e che la comunicazione debba essere fatta di ascolto, empatia e responsabilità .
[1] S. Rodotà , Elogio del moralismo, Laterza, 2011; S. Rodotà , Il diritto di avere diritti, Laterza, 2012.
[2] Manifesto della comunicazione non ostile. È una carta che elenca dieci princìpi di stile utili a migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in Rete. Il Manifesto della comunicazione non ostile è un impegno di responsabilità condivisa. Vuole favorire comportamenti rispettosi e civili. Vuole che la Rete sia un luogo accogliente e sicuro per tutti. Cfr. R. Bramante, Disarmare il linguaggio. Buone pratiche di comunicazione non ostile, in “Education 2.0â€, marzo 2020; Anticorpi per un risveglio etico nei social, in “Education 2.0â€, maggio 2021.
[3] S. Alfieri, P. Bignardi, E. Marta, Generazione Z. Guardare il mondo con fiducia e speranza, Vita e Pensiero, 2018.
[4] L. Floridi, La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina, 2017.
[5] G. Grandi, Scusi per la pianta: nove lezioni di etica pubblica, UTET, 2021; Virtuale è reale. Avere cura delle parole per avere cura delle persone, Edizioni Paoline, 2021.
[6] Cfr. Megafono giallo, la newsletter di “Parole_O_Stiliâ€. Un appuntamento settimanale e gratuito.