Compiti, compiti, compiti. Pagine da studiare, esercizi da completare, verifiche da preparare. Un accumulo incessante di richieste cognitive che, anziché stimolare l’apprendimento, rischia di demotivare lo studente, soffocandone la curiosità e il desiderio di sapere. In alcuni casi, la pressione diventa così insostenibile da portare a cambi di classe o di scuola, e nei casi più estremi, all’abbandono precoce degli studi. La dispersione scolastica non è solo un fenomeno statistico: è la storia concreta di giovani che si sentono schiacciati da un sistema che spesso ignora il loro benessere.
La quantitĂ che compromette la qualitĂ
Si parla di dispersione con termini tecnici, relazioni ministeriali e numeri, ma raramente si scende tra i banchi di scuola per osservare la realtĂ . Mentre il docente rivendica il suo ruolo di guida, inseguendo, a volte, solo gli studenti piĂą brillanti e motivati, molti altri restano indietro, sopraffatti da un carico cognitivo eccessivo. Ci si interroga raramente su quanto tempo impiegheranno a svolgere i compiti assegnati, su quanto possa essere logorante rimanere ore davanti ai libri senza la possibilitĂ di dedicarsi ad altre esperienze formative. Eppure, se i docenti provassero a sperimentare loro stessi quotidianamente (fatti i debiti mutamenti) il medesimo carico di compiti che assegnano, forse si accorgerebbero della necessitĂ di un approccio piĂą equilibrato.
Nel dibattito educativo degli ultimi anni, il focus si è spesso concentrato su cosa aggiungere al curricolo scolastico per rispondere alle esigenze della societĂ contemporanea. Tuttavia, come evidenziato da Pepe Di’Iasio[1] nell’articolo pubblicato su TES (2025), la questione cruciale non è cosa manca, ma cosa sovraccarica il sistema scolastico, rendendolo meno efficace. L’espansione costante dei contenuti e delle attivitĂ ha portato a una giornata scolastica eccessivamente densa, che rischia di compromettere il successo formativo degli studenti, riducendo il tempo dedicato all’approfondimento, alla riflessione e allo sviluppo delle competenze essenziali per affrontare le sfide del futuro.
Connettere le conoscenze, non accumularle
La complessitĂ sempre crescente del mondo attuale non richiede necessariamente un accumulo di nozioni, ma piuttosto lo sviluppo di competenze trasversali come il pensiero critico, la capacitĂ di orientarsi tra le informazioni e l’autonomia nell’apprendimento. Secondo Edgar Morin (La testa ben fatta, 1999), l’educazione moderna dovrebbe concentrarsi sulla capacitĂ di connettere le conoscenze piuttosto che sulla loro mera acquisizione, favorendo un approccio interdisciplinare che permetta agli studenti di comprendere il mondo nella sua interezza. L’apprendimento non dovrebbe essere una corsa al riempimento di pagine, ma un processo di costruzione attiva e consapevole del sapere.
Oggi, la società offre numerose opportunità formative in contesti informali e non formali: corsi di sport, danza, musica, informatica, lingue straniere, esperienze di volontariato, formazione online. L’UNESCO, nel rapporto Reimagining Our Futures Together (2021), sottolinea come il futuro dell’educazione debba integrare esperienze diversificate, promuovendo un apprendimento personalizzato e flessibile. Tuttavia, l’attuale organizzazione scolastica, rigida e tradizionale, fatica a riconoscere il valore di queste esperienze, continuando a privilegiare l’accumulo di contenuti a scapito della qualità dell’apprendimento.
Sovraccarico cognitivo e demotivazione
La ricerca pedagogica ha evidenziato come l’apprendimento significativo avvenga attraverso la pratica e la sperimentazione, non soltanto attraverso la memorizzazione passiva. L’Oxford Learning Report (2022) ha mostrato che il tempo dedicato ai compiti a casa non è necessariamente correlato a un miglioramento delle performance scolastiche; al contrario, un sovraccarico eccessivo può ridurre la motivazione, incrementare l’ansia e incidere negativamente sul benessere psicologico degli studenti. Anche in Finlandia, paese che da anni è considerato un modello educativo, i compiti a casa sono ridotti al minimo e si privilegia un apprendimento attivo e collaborativo all’interno della scuola.
Ripensare il curricolo scolastico significa, dunque, ridefinire le priorità dell’educazione. Invece di moltiplicare le nozioni da assimilare, occorre investire sulla qualità dell’insegnamento e sul coinvolgimento attivo degli studenti. L’apprendimento dovrebbe essere un processo dinamico, in cui i docenti guidano gli studenti nella scoperta del sapere senza soffocarli con un eccessivo carico cognitivo. Serve un’educazione che valorizzi la riflessione, la creatività e l’interdisciplinarità , che dia spazio al pensiero critico e alla costruzione personale del sapere.
Solo attraverso una revisione del modello educativo sarĂ possibile costruire una scuola che non si limiti a formare studenti capaci di superare verifiche e interrogazioni, ma che sappia preparare cittadini consapevoli, in grado di affrontare con successo le sfide del XXI secolo senza sacrificare il proprio benessere e la propria motivazione.
Cosa dicono i teorici dell’apprendimento
John Hattie, accademico neozelandese, in Visible Learning (2009), dimostra che il successo educativo non dipende dalla quantitĂ di contenuti trasmessi, ma dalla profonditĂ con cui vengono affrontati. Pasi Sahlberg, professore all’UniversitĂ di Melbourne in Australia, ma esperto di educazione finlandese, in Finnish Lessons (2011), sottolinea come il sistema finlandese, tra i piĂą efficaci al mondo, abbia costruito il proprio successo su un curricolo essenziale e su un’attenzione particolare alla comprensione critica, evitando di sovraccaricare gli studenti con nozioni ridondanti e favorendo un approccio basato sulla riflessione e sul problem solving. La Finlandia ha, inoltre, implementato un sistema che valorizza il benessere degli studenti e l’autonomia degli insegnanti, riducendo la dipendenza da test standardizzati e promuovendo la collaborazione tra docenti e studenti.
Alfie Kohn, docente americano nei settori dell’istruzione, della genitorialitĂ e del comportamento umano, in The Schools Our Children Deserve (1999), critica il modello basato su test standardizzati e l’accumulo di materie, sostenendo che ciò riduce la motivazione intrinseca degli studenti e rende l’apprendimento un’attivitĂ passiva. L’apprendimento significativo, secondo Kohn, si ottiene attraverso un approccio piĂą interattivo e personalizzato, che coinvolga gli studenti nella costruzione attiva delle conoscenze, utilizzando strategie come il project-based learning e la didattica esperienziale.
Non possiamo non menzionare, Jerome Bruner che, con la teoria dello scaffolding, ha dimostrato come un’eccessiva frammentazione dei contenuti impedisca una reale costruzione del sapere, ostacolando la creazione di connessioni tra i vari ambiti disciplinari.
Questo approccio si allinea sia con la teoria del costruttivismo sociale di Vygotskij, secondo cui l’apprendimento avviene in un contesto di interazione e condivisione, sia con le piĂą recenti ricerche sulle neuroscienze educative, che sottolineano l’importanza dell’apprendimento attivo e della metacognizione per il consolidamento delle conoscenze.
Le neuroscienze educative, in particolare gli studi di Stanislas Dehaene (professore presso il Collège de France, titolare della cattedra di Psicologia cognitiva sperimentale e membro dell’AcadĂ©mie des sciences) suggeriscono che l’apprendimento efficace avviene attraverso cicli di feedback, ripetizione distribuita e coinvolgimento emotivo (How We Learn, 2020). Il sovraccarico cognitivo riduce la capacitĂ di apprendere in modo duraturo, poichĂ© la mente ha bisogno di tempo per elaborare e consolidare le informazioni.
L’apprendimento, quindi, non deve essere una mera trasmissione di dati, ma un processo attivo che consente agli studenti di sperimentare, riflettere e costruire connessioni significative tra concetti.
Il gioco come strumento per guardare il futuro
L’espansione continua dei contenuti curricolari ha un impatto significativo sul benessere psicologico degli studenti. Daniel Goleman, in Intelligenza Emotiva (1995), spiega come lo stress derivante da un carico eccessivo di studio possa compromettere l’apprendimento e lo sviluppo socio-emotivo. L’assenza di momenti di pausa e di esperienze ludiche riduce la capacitĂ di concentrazione e favorisce il burnout scolastico. Inoltre, lo stress cronico generato da una costante pressione accademica può portare a fenomeni di ansia da prestazione e a una riduzione della motivazione intrinseca, come dimostrato dagli studi di Carol Susan Dweck, psicologa americana (Mindset, 2006), sul ruolo dell’orientamento mentale nella resilienza e nella capacitĂ di apprendimento.
Una indagine sul gioco “Raising the Nation Play Commission”[2] ha evidenziato come, negli ultimi 25 anni, il tempo dedicato al gioco sia stato drasticamente ridotto. Questa riduzione ha conseguenze dirette sulla creatività e sulla capacità di problem-solving degli studenti.
Ma prima ancora anche Jean Piaget e Lev Vygotskij avevano dimostrato come il gioco sia un elemento cruciale nello sviluppo cognitivo e sociale, facilitando l’acquisizione di competenze collaborative e il pensiero divergente; mentre Howard Gardner, nel suo libro Frames of Mind del 1983 aveva collegato il gioco allo sviluppo delle intelligenze interpersonale e spaziale, quindi ad una maggiore flessibilitĂ ed adattabilitĂ alle sfide del futuro.
Sul piano sociale, la rigiditĂ curricolare limita la possibilitĂ degli studenti di sviluppare interessi personali e di dedicarsi ad attivitĂ extrascolastiche. In un mondo in cui le opportunitĂ di apprendimento informale e non formale sono in crescita (corsi online, esperienze di volontariato, stage aziendali), la scuola rischia di perdere il suo ruolo centrale se non si adatta a questa nuova realtĂ .
Un nuovo modello educativo
Alla luce di queste considerazioni, è essenziale ripensare il modello scolastico attuale, semplificando il curricolo e concentrandosi su competenze realmente utili per il futuro. Invece di continuare ad aggiungere materie e contenuti, dovremmo pensare a cosa togliere per rendere l’apprendimento piĂą efficace e sostenibile. Questo non significa ridurre la qualitĂ dell’istruzione, bensì selezionare con maggiore attenzione gli obiettivi educativi, eliminando ridondanze e focalizzandosi su ciò che favorisce un apprendimento critico e consapevole.
La scuola del futuro deve integrare metodi innovativi di insegnamento, come il learning by doing, la flipped classroom e il problem-based learning, promuovendo un equilibrio tra apprendimento formale, informale e non formale. Un curricolo piĂą essenziale, flessibile e attento ai bisogni reali degli studenti consentirebbe di sviluppare un’educazione piĂą “umana” e maggiormente orientata al successo formativo. Inoltre, è cruciale rafforzare la connessione tra scuola e societĂ , incoraggiando esperienze di apprendimento che vadano oltre le mura scolastiche, come tirocini, laboratori pratici e progetti di cittadinanza attiva.
Come suggerisce Pepe Di’Iasio, il punto non è, quindi, aggiungere, ma togliere: un principio che può rendere l’educazione piĂą efficace, accessibile e significativa per le nuove generazioni. Bisogna soprattutto fornire agli studenti strumenti concreti per navigare nella complessitĂ del mondo e per affrontare le sfide del XXI secolo.
[1] Pepe Di’Iasio è Segretario generale (ed ex presidente) dell’ASCL, la principale associazione sindacale e professionale per tutti i dirigenti scolastici, universitari e fiduciari nel Regno Unito.
[2] The Raising the Nation Play Commission: è un’indagine sul perchĂ© il gioco sia così importante per il benessere dei bambini e su come si possa stabilire una strategia nazionale di gioco.