Come fare un uso consapevole del digitale per sfruttare le opportunità offerte dai social senza subirne gli effetti negativi? Di fronte al continuo aumento dell’accesso precoce dei minori alle piattaforme, a livello globale diversi Paesi si stanno orientando a mettere al centro delle politiche digitali i diritti dei minori, adottando approcci innovativi per bilanciare e trovare un nuovo equilibrio tra le attività online e quelle offline, affrontare la questione della sicurezza in rete e garantire il benessere dei più giovani.
I dati delle ricerche
In occasione del Safer Internet Day – giornata istituita e promossa dalla Commissione Europea per la sicurezza in rete, soprattutto di bambini e minori[1] – si moltiplicano indagini e report, che restituiscono un quadro senza dubbio preoccupante in materia di circolazione di contenuti non adeguati, cyberbullismo, body shaming e sollecitano l’assunzione di responsabilità condivisa da parte di tutta la comunità educante.
Ultimi in ordine di tempo il dossier “Navigating the Future”[2] di UNICEF, il position paper “The Rights of Children in the Digital Environment”[3], realizzato da Eurochild e la ricerca svolta da Telefono Azzurro in collaborazione con BVA Doxa “La tutela dell’infanzia nei mondi digitali. Il bambino al centro”[4].
I dati della ricerca condotta da Telefono Azzurro e Doxa ci dicono che la quasi totalità dei 12-18enni (96%) utilizza lo smartphone e che il 93% ne possiede uno personale, percentuale che cresce con l’aumento della fascia d’età. I giovani svolgono una vasta gamma di attività online[5], principalmente per scopi ricreativi e di interazione sociale, con l’intento di rafforzare la propria identità, ottenere approvazione dai pari e cercare un senso di appartenenza.
L’utilizzo dei social media ha implicazioni significative dal punto di vista psicologico e sociale e influenza le competenze cognitive e i comportamenti. Tra i principali effetti si annoverano il rischio di dipendenza, la vulnerabilità alla disinformazione, l’impatto sull’autostima e i pericoli psicologici legati all’interazione online, ansia, depressione, stress, solitudine. Uso eccessivo o interazioni negative, come il cyberbullismo o il confronto sociale negativo, sono associati a problematiche in termini di benessere emotivo e salute mentale. Anche fenomeni come sexting e hikikomori risultano in crescita.
Politiche pubbliche, educazione digitale e supervisione genitoriale sono strumenti chiave per bilanciare i benefici e mitigare i rischi.
Il tempo-schermo e le conseguenze[6]
Ricordate la leggenda tedesca del pifferaio magico che, su richiesta del borgomastro, allontana da Hamelin i ratti al suono del suo strumento e a fronte del mancato pagamento si vendica irretendo i bambini del borgo al suono del piffero e portandoli via con sé per sempre? Ora il quesito che ci dobbiamo porre è: c’è qualcuno che non con la musica, ma con gli schermi ci sta portando via l’infanzia?
Proprio al rapporto infanzia e dispositivi tecnologici è stato dedicato l’interessante seminario “L’attenzione contesa. Il tempo schermo e le conseguenze sullo sviluppo infantile”, promosso dall’associazione di Promozione Sociale MEC – Media Educazione Comunità[7], che opera a supporto delle competenze genitoriali e educative in favore della consapevolezza critica sui media. La sensibilità e l’interesse verso il tema si registra dal dato dei partecipanti: oltre cinquecento.
Sono sempre di più pediatri che danno informazioni precise nei bilanci di salute sui rischi connessi al contatto precoce e prolungato con gli schermi nell’età cruciale dei primi dieci anni di vita. Abbiamo a disposizione anche numerosi studi scientifici che analizzano le problematiche infantili connesse all’attenzione frammentata, discontinua e interrotta, nonché le nuove forme di iper-attenzione generate dalla esposizione per molte ore al giorno a un device.
La deprivazione sensoriale
Della continua intensificazione del tempo schermo in età infantile e dei rischi di pregiudicare lo sviluppo delle piene potenzialità di apprendimento di bambine e bambini si è a lungo occupato Simone Lanza, maestro elementare e ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, che ne ha fatto sintesi in un prezioso saggio[8].
L’esposizione allo schermo (visione di filmati, video e corti e gioco con videogiochi) è un prolungato tempo quotidiano di sedentarietà, che immobilizza e va a discapito del tempo di gioco all’aria aperta, della lettura, della relazione con i coetanei e anche del ritmo sonno/veglia. L’isolamento che caratterizza per lo più l’uso dello schermo, a scapito del gruppo spontaneo dei piccoli, genera un grave danno psico-evolutivo, perché la crescita avviene nell’interazione di gruppo; ulteriore conseguenza da non sottovalutare è anche la perdita di spontaneità e pensiero magico.
Ne consegue altresì una deprivazione sensoriale in età infantile, in quanto si sviluppa prevalentemente uno dei cinque sensi, la vista, e anche male. Videogiochi sempre più veloci impediscono inoltre al bambino di cogliere un filo logico conversazionale, con il rischio di disimparare a rispondere anche alle domande più semplici.
L’importanza della scrittura manuale
La rapidità a digitare sulle tastiere comporta anche la perdita di manualità fine nella scrittura, a danno soprattutto del corsivo, come è stato già osservato in molti Stati, che stanno facendo retromarcia e tornano a insegnare il corsivo. In occasione della Giornata Nazionale della scrittura a mano[9] Simona Gavinelli, docente di Paleografia latina presso l’Università Cattolica, ha analizzato le conseguenze della delega della scrittura alla tecnologia: “La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato che utilizzando matita o penna si attivano zone cerebrali che restano spente quando digitiamo; con la scrittura a mano, inoltre, le informazioni che arrivano al cervello sono organizzate in modo da potenziare la capacità di ricordare e stimolare il pensiero astratto e creativo, generando nuovi collegamenti di senso”. Gavinelli lancia un appello contro l’abuso dei dispositivi digitali e invita a saperne prendere la giusta distanza e a ritornare alla fluidità della scrittura corsiva, restituendo la tradizionale gerarchia tra maiuscolo e minuscolo[10].
L’età giusta per usare il cellulare
Brunella Fiore, sociologa dei processi culturali e comunicativi presso l’università Bicocca, invita a prestare attenzione anche ai nostri comportamenti di adulti, all’uso che facciamo dello smartphone, mentre nostro figlio ci parla, mentre siamo a tavola o mentre giochiamo: siamo capaci di metterlo da parte e di non curarcene, centrando invece l’attenzione sul qui e ora in presenza?
Una ricerca condotta da esperti dell’Università Bicocca rivela che i genitori oggi a Milano sono preoccupati dalla dipendenza da web e smartphone e ritengono che l’età giusta per dare un cellulare al proprio figlio sia 14 anni o più. Non nascondono, però di averlo già dato a 11 anni, vittime della pressione sociale che impone in qualche misura l’omologazione dei comportamenti dominanti. Non va trascurato, inoltre, un digital devide diverso da un po’ di anni or sono, in termini di capacità delle famiglie di proteggere i minori, in quanto alcuni neppure intuiscono che possano esserci pericoli nell’esposizione agli schermi. Le famiglie ad alto reddito e scolarizzazione lasciano i bambini di fronte a uno schermo al massimo 1 ora e 52 minuti al giorno, quelle a basso reddito quasi 4 ore. Secondo un’indagine Demopolis[11] 3 adolescenti su 10 trascorrono online più di 10 ore al giorno; quasi il 40% fra 5 e 10 ore.
C’è un esempio che fa riflettere: gli studenti della scuola più ambita della Silicon Valley non toccano un computer, un iPad o lo smartphone fino alla fine delle medie. La cosa da osservare è che questi ragazzi sono in gran parte figli di ingegneri o manager che hanno ruoli di spicco nelle più famose aziende tecnologiche del mondo, dalla Apple a Google, che sono determinati, però, a tenerli il più a lungo possibile fuori dall’esperienza educativa dei propri figli. L’Australia sarà il primo Paese al mondo a introdurre un divieto per i minori di 16 anni di avere un account sui social media. Le stesse normative italiane riflettono le preoccupazioni per gli effetti connessi all’utilizzo precoce dei social media.
Le preoccupazioni di tanti studiosi
Essere trendy non è dare in mano al neonato il tablet. Pensiamo a un bambino o una bambina nel passeggino, o nel carrello di un supermercato, che guarda un episodio di un cartone animato sullo smartphone della mamma: chiuso/a nella sua bolla si perde l’osservazione dell’ambiente circostante e della vita che lo anima.
Ma pensiamo anche alle neo mamme che, come primo gesto, prendono lo smartphone e si fanno un selfie da postare mentre allattano. Non ha dubbi Daniele Novara che la situazione è totalmente fuori controllo e non possiamo stare a guardare un’intera generazione annegare negli smartphone. Una vera e propria «riconfigurazione» dell’infanzia sembra influenzare sempre più lo sviluppo sociale e neurologico di bambini e adolescenti. Così ha spiegato Jonathan Haidt nel bestseller “La generazione ansiosa”, che indaga gli effetti degli smartphone e dei social media sulla salute mentale dei più giovani[12].
Nessuno si sognerebbe di dare auto, moto, alcol o tabacco a un bambino di 8 anni, mentre invece il marketing digitale ha preso di mira i bambini. Occorre intervenire con divieti specifici per età, spiega Daniele Novara, che insieme al pedagogista Alberto Pellai ha rilanciato l’appello dell’Unesco agli Stati[13] di arrivare ad avere obiettivi e principi chiari per garantire che la tecnologia digitale nell’istruzione sia benefica ed eviti danni sia alla salute dei singoli studenti sia, più in generale, alla democrazia e ai diritti umani.
Non si tratta di proibizione, ma di regolazione che aiuti a sviluppare le capacità cognitive dei bambini. Bisogna sapersi inventare occasioni di vita reale in cui i bambini insieme possono godere della bellezza paesaggistica e artistica del nostro Paese e riscoprire un divertimento che non passa necessariamente attraverso video e videogiochi.
“Basta libera volpe in libero pollaio” – incalza Novara – “è lo Stato che deve mettere regole, piuttosto che lasciare la patata bollente ai genitori”. Le connessioni online non possono sostituire l’interazione umana e il futuro è quello di trovare le giuste misure educative per un uso consapevole, positivo, etico delle tecnologie. A tutti tocca non solo la vigilanza, ma una riflessione attenta, seria e non più rimandabile. Daniele Novara invita i genitori a farsi promotori di un movimento di ribellione al marketing tecnologico e a darsi da fare in fretta, perché non c’è più tanto tempo.
La strada del dialogo
Anche se non ci sono al momento evidenze scientifiche su un nesso diretto di causalità, i problemi di bullismo e abusi online, e i contenuti misogini e i messaggi dannosi hanno indotto a propendere per interventi legislativi restrittivi. Non mancano, tuttavia, le voci di dissenso, per esempio da parte di Amnesty International e dell’Australian Human Rights Commission, che criticano, per esempio, il divieto di usare cellulari a scuola per le sue implicazioni sui diritti dei giovani; ma anche di Meta (la nota piattaforma) che rivendica gli interventi realizzati dall’azienda per garantire esperienze appropriate all’età e alla sensibilità dei più giovani.
In genere, affrontare problemi reali attraverso il divieto non porta ai risultati auspicati. Si dovrebbe imboccare la via di un dialogo aperto tra giovani, famiglie, istituzioni e piattaforme digitali, facendo appello alla consapevolezza e all’educazione, come afferma la pedagogista Barbara Alaimo. Per cercare di dare una risposta alla solitudine delle famiglie e promuovere la nascita e lo sviluppo di Patti di comunità per un uso sano, responsabile e creativo dei media digitali su tutto il territorio nazionale, il Centro di Ricerca “Benessere Digitale”[14] dell’Università di Milano-Bicocca e tre associazioni attive nel campo dell’educazione consapevole all’uso dei media (MEC, Aiart e Sloworking) si sono riuniti nell’associazione Patti digitali[15]. Hanno ravvisato l’urgenza di favorire l’incontro tra genitori, insegnanti e le molte altre figure educative, in modo da individuare e condividere poche semplici regole: l’età giusta per cominciare a usare uno smartphone; il divieto all’utilizzo autonomo di Social e Whatsapp prima dei 14 anni; l’impegno degli adulti di riferimento alla verifica dei contenuti e dell’età adatta di App e giochi (ad esempio con la classificazione PEGI[16]); la diminuzione del tempo schermo.
[1] Martedì 11 febbraio 2025 si è celebrata, in contemporanea in oltre 100 nazioni, il Safer Internet Day (SID), la giornata mondiale per la sicurezza in Rete, istituita e promossa dalla Commissione Europea. L’obiettivo della giornata è far riflettere le ragazze e i ragazzi non solo sull’uso consapevole della Rete, ma anche sul ruolo attivo e responsabile di ciascuno nella realizzazione di Internet come luogo positivo e sicuro.
[2] Navigating the Future: quattro scenari per valutare il benessere dei bambini nel ventunesimo secolo.
[3] The Rights of Children in the Digital Environment: Documento di Eurochild sui diritti dei minori negli ambienti digitali.
[4] La tutela dell’infanzia nei mondi digitali. Il bambino al centro: I risultati e i principali trend internazionali nella ricerca telefono azzurro-bva DOXA 2025.
[5] Le attività più svolte online sono: chattare (62%), ascoltare musica (54%), guardare film o serie tv (44%), giocare online (40%), guardare video/leggere per informarsi o studiare (31%), utilizzare i social (31%).
[6] Vedi anche Education 2.0 – 5 febbraio 2025.
[7] MEC – Media Educazione Comunità.
[8] S. LANZA, L’attenzione contesa. Come il tempo schermo modifica l’infanzia, Armando Editore, 2025.
[9] Giornata Nazionale della scrittura a mano.
[10] M. GHEZZI, Prendete carta e penna, in “Corriere della sera”, 23 gennaio 2025.
[11] Indagine Demopolis – Adolescenti in Italia: che cosa dicono gli under 18, che cosa pensano gli adulti.
[12] J. HAIDT, La generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli, Rizzoli, 2024.
[13] Istruzione: UNESCO chiede di mettere al bando gli smartphone in classe, per uso eccessivo e perché penalizzano apprendimento
[14] Benessere Digitale è un centro di ricerca che si occupa del rapporto tra media digitali e qualità della vita. Il Centro ha dato vita a progetti di ricerca interdisciplinari, in diverse aree di interesse: benessere digitale a scuola, smartphone e qualità della vita, Competenze digitali, ICT e apprendimento, genitorialità digitale.
[15] MEC è Associazione Media Educazione Comunità, un’associazione di Promozione Sociale formata da educatori, formatori, giornalisti, esperti di media digitali, tecnici nel campo della comunicazione e si è costituita per promuovere percorsi di consapevolezza critica sui media. AIART è una “Associazione cittadini mediali”. Sloworking è un’Associazione culturale nata dall’idea di cinque donne convinte della necessità di divulgare una visione nuova del rapporto vita-lavoro, attraverso azioni di informazione e formazione sui temi dell’autoimprenditorialità femminile e delle pari opportunità di genere, promuovendo azioni concrete di empowerment femminile e maschile. Tatti digitali riunisce il Centro di Ricerca “Benessere Digitale” dell’Università di Milano-Bicocca e tre associazioni attive nel campo dell’educazione consapevole all’uso dei media (Mec, Aiart Milano e Sloworking).
[16] Etichette PEGI in base all’età.