Il tema del futuro e di come contribuire a creare condizioni di miglioramento per il ben-essere delle persone, in primo luogo dei giovani, è una preoccupazione che da sempre investe le generazioni senior delle diverse comunità. Lo è a maggior ragione nei paesi occidentali dove si registra un decremento anagrafico, minori nascite, un invecchiamento della popolazione e la necessità di ricambio generazionale[1]. Questo tema è sentito in Europa e, in particolare, nel nostro Paese perché costituisce una forma di scommessa per la sopravvivenza dei popoli, delle civiltà democratiche e del mantenimento delle condizioni economiche volte a soddisfare i bisogni non solo primari.
Il periodo post iscrizioni nelle scuole è quello in cui si rinnova l’attenzione del mondo delle imprese e degli stakeholder alle scelte degli studenti e ai loro esiti di apprendimento; ci si interroga sia su quali percorsi formativi potrebbero interessare le nuove generazioni, sia su come far diventare il nostro Paese attrattivo per loro.
Da fonte ISTAT, i dati mostrano un trend in aumento di giovani laureati che si traferiscono all’estero, con un biglietto di sola andata. Coloro che decidono di tornare sono in numero inferiore e il saldo è costantemente negativo: siamo passati da -3.533 del 2011 ai -13.586 nel 2022.
La dispersione competente e il ruolo delle Fondazioni
La migrazione di giovani diplomati e laureati all’estero, una volta completato il percorso di studio in Italia, appare come una spia da tenere sotto controllo per diverse ragioni; le più rilevanti sembrano essere le maggiori retribuzioni, una migliore possibilità di carriera e la valorizzazione delle specifiche competenze.
Comprendere meglio il fenomeno significa poter delineare forme diversificate di contenimento dell’esodo affinché anche il nostro Paese possa trattenere giovani competenti, motivati a investire laddove si sono formati per meglio restituire sviluppo e innovazione all’intera popolazione.
Molte sono anche le Fondazioni, in diverse parti d’Italia, che si stanno interrogando sul fenomeno, attraverso analisi di dati, e che cercano di intervenire con sostegni ai giovani e con forme di investimento interno sul capitale umano.
Anche sul piano normativo, per esempio, la Legge 107/2015 aveva ipotizzato la presenza del “privato” nella scuola sia con l’attuazione dei nuovi progetti di alternanza scuola-lavoro (ora PCTO) in tutti gli istituti superiori, licei compresi, sia attraverso la creazione di partnership dirette con le aziende e le industrie locali.
Al di là di queste disposizioni normative, peraltro discusse e, da alcune parti politiche, contrastate, le Fondazioni svolgono funzioni importanti nell’accompagnare i processi di cambiamento, nel fornire dati di sistema e di policy e nell’assegnare finanziamenti mirati allo sviluppo delle aree su cui sono presenti.
Tutti sono pienamente consapevoli che l’istruzione sia uno degli strumenti più rilevanti per favorire la crescita di ogni persona; investire nell’educazione e nell’istruzione significa innanzitutto garantire il diritto allo studio[2], per contrastare la povertà educativa, promuovere un’istruzione equa e inclusiva volta anche a rafforzare il senso di comunità e la responsabilità sociale.
Da una ricerca sui giovani
Lo scorso 19 febbraio, la Fondazione Cariverona[3] ha presentato i dati di una ricerca dal titolo “Futuro qui!”[4], condotta da Upskill 4.0, da cui emerge che il futuro di un giovane su due è visto non nella propria terra d’origine, ma altrove: in Italia o all’estero.
La ricerca, con un approccio quali-quantitativo, ha raccolto la voce di oltre mille giovani tra i 18 e i 34 anni, attraverso un questionario e 10 focus group nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Mantova e Ancona che sono i territori su cui agisce la Fondazione stessa.
“Lo studio evidenzia il profilo di una generazione pragmatica, che non si lascia guidare da idealismi ma da valutazioni realistiche. Per rimanere servono certezze sul futuro: non misure temporanee o incentivi a breve termine, ma un piano concreto di interventi strutturali per trasformare il territorio in un ecosistema dinamico e attrattivo.
- Il 43,5% dei giovani è insoddisfatto degli stipendi, considerati troppo bassi rispetto al costo della vita.
- A questo si aggiunge un diffuso disallineamento tra formazione e mercato: il 41,6% ritiene che il proprio titolo di studio non trovi adeguato riscontro nelle opportunità professionali offerte dal territorio.
- A pesare è anche la mancanza di prospettive di crescita (32,9%), che spinge molti a guardare altrove per costruire una carriera più solida”[5].
Percorsi scolastici e mondo del lavoro
Il dato relativo al titolo di studio, disallineato rispetto alle opportunità professionali presenti nei territori, fa riflettere sulla necessità di adeguare i percorsi scolastici e formativi con forme più flessibili ai cambiamenti del mondo del lavoro, ma mantenendo ferma la qualità delle conoscenze, abilità e competenze a carattere generale, necessarie per essere flessibili nell’adattarsi ai cambiamenti e alle innovazioni dei contesti locali e di scenario più ampio. Questa maggiore versatilità anche dei percorsi dovrebbe andare a rendere le forme di occupabilità più soddisfacenti, tali da trattenere gli studenti di oggi nei propri territori.
In tal senso gli ITS Academy e i percorsi post-diploma costituiscono una forma interessante, ma ancora poco conosciuta e praticata.
Le competenze e le motivazioni dei giovani sono quelle che determinano posizioni evolutive negli ambienti di lavoro e retribuzioni sostenibili per costruire una vita indipendente. In tal senso le esperienze di PCTO nelle scuole dovrebbero anche fungere da motori innovativi per le aziende, le piccole e medie imprese, gli enti. Gli sviluppi di carriera e le condizioni di lavoro flessibili dovrebbero essere tali da motivare i giovani a trovare un lavoro nei propri territori.
Su questi aspetti la ricerca aggiunge dati degni di riflessione che riguardano la mobilità, la casa, la sanità, la partecipazione attiva nei contesti di vita, l’offerta culturale in linea con le tendenze contemporanee… Questi sono i punti toccati dai giovani intervistati.
La fotografia che emerge dalla ricerca invita a mettere al centro i giovani nelle politiche del nostro Paese, ma anche a monitorare e a rivedere il nostro sistema ordinamentale scolastico.
Le tendenze e le conferme
Dalla ricerca emergono anche alcune informazioni interessanti. Si preferisce vivere in zone e città interconnesse e con una buona rete di trasporti pubblici e non si considera importante possedere un’auto propria. Emerge molta attenzione alla salubrità e alla sostenibilità insieme ai temi della mobilità. Sono aspetti però che in Italia non sembrano garantiti. Vengono invece apprezzate del nostro Paese una maggior presenza di impianti sportivi e la qualità del cibo. Ma, comunque, questi aspetti non sono ritenuti attrattivi al punto tale da evitare di spostarsi altrove. Molte delle persone intervistate ritengono, infatti, di essere disponibili a collocarsi laddove trovano le migliori opportunità. Ciò dimostra come venga sempre meno la tendenza a radicarsi nei luoghi dove sono state costruite le prime e fondanti esperienze di vita. Per i giovani, comunque, è l’arte l’elemento migliore che caratterizza il nostro Paese, mentre l’elemento peggiore è la mancanza di meritocrazia. Sono dati che possono offrire ulteriori spunti per riflettere e ipotizzare nuove e più efficaci strategie.
Viene, comunque, confermata la tendenza, emersa dalla ricerca della Fondazione Cariverona ‘Futuro Qui’ sui giovani[6], secondo la quale la metà del campione non ritiene l’Italia il Paese più adatto per il loro futuro. Sono soprattutto i ragazzi che sono andati all’estero a bocciare l’Italia.
Secondo i dati ufficiali, negli ultimi 13 anni sono espatriati 550 mila giovani. Ma secondo le ricerche della Fondazione sono anche tre volte tanto, motivati dalla convinzione che ovunque ci saranno più opportunità che in Italia.
“Pur con differenze quantitative – nota Fondazione Nordest[7] – dalle risposte emerge una notevole convergenza tra gli expat (espatriati) e chi è rimasto, di opinioni negative sull’Italia. Convergenza che dovrebbe far riflettere la classe dirigente italiana e mettere a tacere chi ritiene poco significative le risposte degli espatriati perché ‘distorte’ dalla loro scelta, mentre tanti sarebbero tornati delusi dall’estero. Contrariamente a tale opinione, dalle indagini emerge che chi è in Italia, compresi quindi i rientrati, la pensa sostanzialmente come quelli che sono andati via”[8].
I sette ambiti di intervento
Dai focus qualitativi e dalla combinazione dei dati quantitativi che sono consultabili nel rapporto, pubblicato on-line sul sito della Fondazione Cariverona, sono stati individuati sette ambiti di intervento sui quali agire per contrastare il fenomeno, che sono stati chiamati dispersione delle competenze, ambiti su cui più soggetti dovranno trovare linee strategiche di intervento per trattenere i giovani e far riprendere fiducia sulle opportunità in Italia affinché la perdita delle nuove generazioni e di talenti qualificati non si trasformi in un trend irreversibile. Gli ambiti emersi dalla ricerca, come una road map per creare azioni strategiche, sono:
- Mobilità: trasporti pubblici moderni ed efficienti;
- Spazi: luoghi di aggregazione innovativi che uniscano lavoro, formazione e socialità;
- Partecipazione: coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali locali;
- Cultura: eventi e iniziative che rendano il territorio più stimolante;
- Governance: un nuovo modello di gestione territoriale basato sull’ascolto;
- Lavoro: opportunità professionali di qualità con salari equi;
- Abitazione: politiche per un accesso sostenibile alla casa.
I cinque punti del Report
In sintesi il report di ricerca individua in 5 punti gli esiti[9] sui quali costruire tavoli di lavoro diversificati per intervenire per garantire un futuro su cui scommettere.
- Per un giovane su due il futuro non è “qui”. Per il 51,6% degli intervistati il futuro non è nella propria terra d’origine, ma altrove: il 12,7% pensa di cambiare regione restando in Italia, il 14,1% intende trasferirsi all’estero, il 24,8% è disponibile a muoversi ovunque trovi migliori opportunità.
- Una qualità di vita fragile. Sebbene la qualità della vita sia ancora valutata positivamente (3,7 su 5), il giudizio si basa su elementi di fragilità più che su condizioni strutturali che garantiscono prospettive solide per il futuro.
- Lavoro, casa, servizi pubblici, mobilità: una generazione pragmatica. Se per un giovane su due il futuro non è “qui”, non è perché manchi il desiderio di rimanere, ma perché le condizioni non lo permettono: salari poco competitivi, opportunità lavorative non sempre in linea con le competenze, difficoltà di accesso alla casa, servizi pubblici e trasporti inefficienti. Più che incentivi temporanei, serve un piano concreto di interventi strutturali.
- Uno scenario non rassicurante. I giovani tra 18 e 24 anni sono i meno soddisfatti e i più propensi a lasciare il Paese. Le prospettive per il futuro non sembrano prevedere un’inversione di questa tendenza, bensì un potenziale peggioramento.
- Sette proposte per una nuova agenda. La ricerca non si ferma alla denuncia, ma individua sette leve strategiche su cui intervenire per rendere i territori più attrattivi per le nuove generazioni: spazi ibridi di nuova generazione, mobilità più flessibile, partecipazione allargata, cultura aperta al contemporaneo, nuovi modelli di governance, lavoro di qualità, abitazioni più accessibili.
Dice Bruno Giordano, presidente della Fondazione Cariverona: “Il dato più preoccupante non è solo l’alta percentuale di giovani che pensa di andarsene, ma la consapevolezza diffusa su cosa servirebbe per trattenerli. Lavoro, casa, servizi pubblici, mobilità non sono più semplici criticità, ma veri e propri ostacoli alla permanenza. Se non interveniamo in modo concreto e sistemico, coinvolgendo decisori pubblici, privati e nuove generazioni, la perdita di talenti qualificati rischia di diventare irreversibile. È anche per questo motivo che, come fondazione, stiamo ragionando sulla creazione di un board composto da giovani a supporto dei nostri organi, che possa offrire la propria visione per contribuire ad affrontare le sfide attuali e a sviluppare alcune iniziative operative[10]”.
[1] L. Donà, Orientamento e Megatrend, in Scuola 7 n. 403 del 20.10.2024.
[2] D.lgs. 13 aprile 2017, n. 63, Effettività del diritto allo studio attraverso la definizione delle prestazioni, in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio e ai servizi strumentali, nonché potenziamento della carta dello studente.
[3] Miglioriamo il presente per costruire il futuro.
[4] Futuro qui. Territori e giovani generazioni. La ricerca è stata commissionata dalla Fondazione e al rapporto hanno lavorato Stefano Micelli (Presidente di Upskill 4.0), Marco Bettiol, Selena Brocca, Silvia Oliva e Alice Rizzetto.
[5] Il futuro dei giovani è lontano dall’Italia: 7 punti per cambiare. Agenzia di stampa nazionale DIRE.
[6] Futuro qui. Territori e giovani generazioni.
[7] Fondazione Nord Est. “I giovani e la scelta di trasferirsi altrove”.
[8] Metà dei giovani: all’estero più opportunità.
[9] Futuro qui. Territori e giovani generazioni.
[10] Commento alla presentazione della ricerca da parte del Presidente della Fondazione