“La gente raramente vince le guerre, i governi raramente le perdono. La gente viene uccisa. I governi si trasformano e ricompongono, come teste di idra. Usano la bandiera prima per cellofanare la mente della gente e soffocare il pensiero, e poi come sudario cerimoniale, per avvolgere i cadaveri straziati dei loro morti volenterosi (…) Per favore. Per favore fermate subito la guerra. È morta abbastanza gente. I missili intelligenti non sono abbastanza intelligentiâ€[1]. Le parole sulla guerra scritte oltre vent’anni fa da Arundhati Roy sono più che mai attuali in questi giorni, in cui avvertiamo visceralmente che tutti abbiamo il diritto e il dovere di credere in un futuro di Pacee di erigerla a progetto di tutti.
Lavorare per un avvenire di Pace
Pace non significa solo assenza di guerra, ma misurarsi con i grandi temi della sostenibilità , della vulnerabilità , della capacità di resilienza e del capitale sociale e provare a declinare indici nuovi per una pagella etica del funzionamento delle nostre società .
La scienza ha provato che l’uomo è un animale pacifico e che l’aggressività non è scritta nel nostro DNA; è altresì anche scientificamente dimostrato che la violenza genera violenza e pertanto ogni sforzo umano va indirizzato a delegittimarne ogni forma, mettendo al bando la guerra e i suoi strumenti, risalendo alle cause che seminano il germe di molti conflitti e cercando soluzioni da mettere al servizio dello sviluppo di processi di pace. Come recita la Dichiarazione di Siviglia sulla violenza[2], “La stessa specie che ha inventato la guerra, ora può inventare la paceâ€.
Kant osservava che, pur nell’incertezza sulla effettiva realizzabilità della pace perpetua, dobbiamo agire come se fosse una cosa reale e operare per la sua fondazione. E così, Teodoro Moneta, unico italiano premio Nobel per la Pace, nel suo discorso a Oslo più di un secolo fa aveva allo stesso modo sostenuto che “Lavorare per un avvenire di pace e di giustizia anche se fosse un’illusione, sarebbe però un’illusione così divina che darebbe senso alla vitaâ€.
Intervistato pochi anni fa per il Corriere della sera l’intellettuale spagnolo Javier Cercas si è soffermato sul fatto che la maggior parte degli europei non sapesse che cosa fosse la guerra, perché non l’aveva vissuta di persona e la memoria del secondo conflitto mondiale andava progressivamente svanendo: Il fatto che non abbiamo questa esperienza diretta ci impone di capire quale sia l’essenza della guerra. (…) La democrazia è un lavoro di tutti. Se la dai per scontata la metti in pericolo. (…) Grazie all’idea di Europa la mia generazione non ha conosciuto la guerra. Questo fatto straordinario è stato il risultato in grandissima parte di un progetto che alcuni disprezzano, l’Unione europea. Hegel ha scritto che l’unica cosa che si impara dalla storia è che dalla storia non si impara niente. Una frase tragica. Invece dobbiamo assolutamente imparare e non ripetere gli stessi errori. Questo mi angoscia. Non possiamo lasciare ai nostri figli e nipoti il mondo così come è adesso[3].
Ai nastri di partenza la Scuola di pace e nonviolenza
È appena nata a Verona la Scuola di pace e nonviolenza[4], grazie alla sinergia tra Diocesi di Verona, Fondazione Toniolo[5] e Movimento Nonviolento.
Si tratta di un passo concreto per mettere a terra il lascito di “Arena di pace 2024â€, tappa di un percorso promosso dalla Diocesi di Verona che ha fatto incontrare e dialogare all’Arena nel maggio scorso Papa Francesco con varie realtà della società civile e dell’associazionismo.
In occasione di questo evento il focus è stato puntato sullo scenario mondiale di una terza guerra mondiale a pezzi – come la definisce il Papa – e sulla necessità di intraprendere senza esitazione processi per costruire la pace a livello globale. È stato avviato anche uno studio[6], ancora in corso, articolato su cinque tavoli tematici: Disarmo; Ecologia Integrale e Stili di Vita; Migrazioni; Lavoro, Economia e Finanza; Diritti e Democrazia.
La Scuola di pace e nonviolenza parte da Verona, ma ha un respiro nazionale e coniuga un approccio teorico (tre moduli: etico-giuridico, storico-sociologico, politico e del linguaggio) con un monte ore destinato alla sperimentazione e all’allenamento di pratiche e tecniche della nonviolenza. Si propone di formare giovani e adulti alla pace con competenze in mediazione politica, gestione dei conflitti e metodo nonviolento.
Si rivolge a volontari del Servizio Civile e operatori di Ong, docenti e formatori impegnati in unità didattiche sulla pace e progetti di educazione civica, amministratori locali, per promuovere conoscenze e competenze utili a costruire fiducia, a negoziare riconciliazioni e a realizzare compromessi accettabili.
Ingiustificabilità della guerra
Nel contesto culturale contemporaneo caratterizzato da un’escalation della violenza, dalla legittimazione politica dell’aggressività armata come soluzione dei problemi e dalla tendenza quasi rassegnata a svilire la speranza, la domanda ineludibile è se si possa ancora riporre speranza nella pace. A questa domanda è stato invitato a rispondere Giuliano Pontara, teorico dell’ingiustificabilità della guerra, professore emerito di filosofia pratica dell’Università di Stoccolma e uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, che ha pronunciato la lectio magistralis di apertura della Scuola[7].
“Questa domanda che ne genera subito altre in quanto il termine “pace†racchiude molteplici significati, visioni e pratiche che meritano un’analisi approfondita: la pace è oggetto di speranza o di azione? Va sognata o difesa combattendo? E se consideriamo la speranza autentica come intrinsecamente legata alla pace, come questa certezza modifica il nostro modo di parlare, di pensare, di agire e anche di credere?â€.
Giuliano Pontara ha sempre sostenuto il rifiuto della violenza, partendo dall’assunto gandhiano che la violenza è un male e che per questo l’umanità deve rispondere all’imperativo positivo che “prescrive di agire in modo da ridurre il più possibile la violenza, in tutte le sue forme, nel mondoâ€. Per lui la nonviolenza va oltre il semplice rifiuto delle armi e delle reazioni brutali: è opposizione alla violenza strutturale del capitalismo sfrenato e ingiusto, all’oppressione in tutte le sue forme, alla manipolazione mediatica delle coscienze, alle tante intolleranze di questo mondo. Ci invita a non perdere di vista, inoltre, il degrado ambientale e la gestione inadeguata delle migrazioni, che sono connessi a guerre, persecuzioni e povertà estrema.
Serve una strategia di trasformazione dei conflitti con metodi costruttivi per realizzare una società del benessere di tutte e di tutti, ma anche di tutto, per ricordarci del nostro pianeta. Senza dimenticare la nostra responsabilità di adulti verso le generazioni future, consapevoli che le scelte di oggi impatteranno sulla qualità della vita di chi ancora non è nato.
Per l’estate gli organizzatori della scuola di pace di Verona si impegneranno a offrire ai partecipanti la possibilità di una sorta di summer school in luoghi di conflitto. A ottobre, un convegno su Alexander Langer, pacifista e ideatore del progetto del Corpo civile di pace, a trent’anni dalla morte, segnerà la conclusione del primo anno della scuola e l’inizio del secondo.
Leggere storie di pace e nonviolenza
A Milano presso il Centro di non violenza[8] è stata inaugurata di recente la prima Biblioteca della Nonviolenza[9] dedicata a bambinə e ragazzə. La Biblioteca è parte integrante del circuito delle Biblioteche di prossimità del Comune di Milano e ha a cuore la diffusione della ‘lettura nonviolenta’, rivolta prima di tutto a giovani lettrici e lettori.
L’articolata progettualità che anima questa rete educativa territoriale – a partire dalla Humanweek, settimana della nonviolenza organizzata in occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza – punta a promuovere una cultura della nonviolenza attiva e a diffondere attività di prevenzione e formazione.
La biblioteca si impegna a diffondere la cultura della nonviolenza con attività dedicate a giovani lettrici e lettori, aperta alle scuole, alle famiglie e a tutta la cittadinanza: letture animate, giochi, cortometraggi, esercizi di DanzaMovimentoTerapia, che aprono sguardi possibili su mondi diversi da sé, con lo scopo di creare relazioni generative attraverso la conoscenza e il riconoscimento reciproco.
Non è mai troppo presto per iniziare con la nonviolenza. Prima si comincia, più è facile: è questo il consiglio di Pat Patfoort, l’antropologa fiamminga, mediatrice internazionale con esperienze di facilitazione tra gruppi etnici e gestione di conflitti interculturali. Il suo impegno pluridecennale nel campo della Prevenzione e della Gestione Nonviolenta del Conflitto l’ha convinta che costruire la Nonviolenza e l’Equivalenza nelle relazioni con bambine e bambini sia alla base della pace nel mondo. La scuola è pertanto il luogo primario dove insegnare fin dalla più tenera età le competenze di base per praticare la nonviolenza e la gestione nonviolenta dei conflitti.
Nella prefazione al libro appena pubblicato da Erickson “Educare con il dialogo alla scuola primaria. Attività e percorsi di nonviolenza†la Patfoort esprime apprezzamento per lo strumento del Gioco del dialogo, come contributo importante per una società e un mondo più pacifici[10].
[1] A. ROY, Guerra è pace, Guanda, 2002.
[2] Dichiarazione di Siviglia sulla violenza, Conferenza Generale Unesco (16/11/1989).
[3] Paolo Lepri intervista Javier Cercas, “Corriere della Seraâ€, 26 febbraio 2022.
[4] Pe un approfondimento, vedi il sito: https://www.arenadipace.it/it/scuola-di-pace.
[5] La Fondazione Giuseppe Toniolo è un Organismo di Formazione accreditato dalla Regione Veneto per l’organizzazione di corsi FSE di formazione continua superiore. La Direzione è affidata a don Renzo Beghini, presidente di Fondazione Toniolo e Massimo Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento.
[6] Cfr. Ecologia integrale e stili di vita. Pace, giustizia e salvaguardia del creato sono questioni del tutto connesse, che non si potranno separare in modo da essere trattate singolarmente, a pena di ricadere nel riduzionismo (LS92).
[7] Ha ricoperto l’incarico di docente di Filosofia pratica per oltre trent’anni all’Istituto di Filosofia dell’Università di Stoccolma, di cui ora è professore emerito. È cofondatore dell’Università Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (UNIP) con sede a Rovereto e dal 1994 ne coordina il Comitato Scientifico. G. PONTARA, L’antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Egea Edizioni Gruppo Abele, 2017; G. PONTARA, Etica e generazioni future, Editions Mincione, 2021.
[8] Cfr. Sito del Centro di non violenza di Milano.
[9] Cfr. “Una biblioteca per diffondere storie di pace e nonviolenza, dedicata principalmente a libri per bambinÉ™ e ragazzÉ™â€. Grazie a tuttÉ™ i volontari e le volontarie che ne hanno permesso la realizzazione.
[10] A. Coiro, G. Fanara, S. Langer, Educare con il dialogo alla scuola primaria. Attività e percorsi di nonviolenza. Illustrazioni di Susanna Vincenzoni, Erickson, 2025.