Il discorso sui diritti dell’infanzia è oggi molto difficile perché mette in luce molte contraddizioni sul tema e, più in generale, sull’umanità . È da un secolo che il mondo si è dotato di Carte per i diritti dell’infanzia di grande valore, dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo di Ginevra del 1924[1] alla Convenzione ONU del 1989[2] assunta da 196 Stati. Malgrado ciò vediamo costantemente tali diritti lesi dalle guerre, dalle carestie, dalla povertà che colpisce duramente soprattutto i bambini, e non solo nei paesi del Sud del mondo.
Lo scenario poi della crisi climatica prospetta un tradimento planetario del diritto al futuro delle attuali nuove generazioni. Un colpevole disinteresse e una egoistica sottovalutazione di cui gli adulti, che dovrebbero preoccuparsi della qualità di vita dei loro figli e nipoti, si devono assumere la piena responsabilità . Di fronte a tali problematiche che sfuggono dal nostro raggio di azione, chi lavora per l’educazione può e deve con maggiore forza assumere i diritti dei bambini come riferimento per le scelte politiche, organizzative e pedagogiche che competono ad ognuno per il ruolo che ricopre.
Dal bisogno al diritto
I documenti pedagogici ministeriali, in particolare quelli relativi allo 0-6[3], le Raccomandazioni europee[4] e la progettualità quotidiana di nidi e scuole dell’infanzia hanno costruito e affermato una cultura dei diritti che si sta diffondendo a livello nazionale.
Ma il discorso pubblico è ancora improntato sui bisogni che presuppongono una idea di “normalità †rispetto a cui il soggetto è mancante vuoi per disimpegno, condizioni di contesto o caratteristiche di sviluppo. La cultura dei bisogni propone interventi non obbligatori, riparativi, compensativi. I diritti invece pongono al centro il bambino considerato nella sua unicità e obbligano noi adulti ad adottare uno sguardo positivo sulla soggettività di ognuno, valorizzandone, nella differenza, gli aspetti di forza e accogliendone le fragilità . I diritti sono “impegnativiâ€: obbligano a interventi proattivi, inclusivi e universali, anche se è ancora diffusa l’opinione, perlopiù implicita, che alcune persone o categorie o popoli abbiano più diritti degli altri e che i diritti degli altri confliggano con i propri. È quindi necessario avere cura dei diritti, soprattutto delle persone che non hanno voce nel discorso pubblico, come i bambini, bisogna continuare ad affermare che i diritti hanno forza se tutti ne godono, che ogni diritto ne sollecita altri, è importante orientare le politiche allo sviluppo delle condizioni perché siano esigibili.
Dai diritti alle scelte legislative
Le Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 affermano: “è evidente come il rispetto dei diritti dei bambini non possa risolversi in una semplice dichiarazione formale: è necessario che i diritti vengano tradotti in scelte legislative e amministrative, in coerenti prassi organizzative, educative e di cura che offrano una concreta garanzia del loro perseguimentoâ€.
Tutti i documenti riconoscono al bambino il diritto all’educazione e il diritto all’istruzione. Ma, se il secondo, sul piano legislativo, è riconosciuto dall’obbligo scolastico, il primo è fortemente carente. Il diritto all’educazione per i bambini da zero a tre anni è esigibile nel nostro Paese solo per il 28% dei bambini in età , con grandissime differenze tra Nord e Sud e da comune a comune; inoltre le azioni legislative messe in campo in questa fine del 2024 confermano questo stato di cose. La mancanza di posti insieme ai costi che sono a carico delle famiglie, essendo il nido ancora un servizio a domanda individuale, esclude di fatto fasce di popolazione dalla possibilità di accedere a tale servizio. E questo è un tradimento verso i diritti dei bambini che non ha giustificazioni.
Nella consapevolezza di questa condizione proveremo ora, partendo dalla mappa che i documenti ministeriali ci propongono, a declinare alcuni dei diritti fondamentali dell’infanzia in prassi organizzative, educative e di cura per i nidi e le scuole.
Il diritto di essere unici
Il primo è il riconoscimento e la valorizzazione di ogni bambino nella sua unicità , senza pressioni verso un dover essere o una richiesta di adeguamento a stereotipi di qualunque tipo. Questo diritto chiede alle istituzioni educative di fondare la propria azione sulla offerta di diverse possibilità di ricerca, scoperta, incontro che consenta ai bambini di conoscersi mentre apprendono ‘cose’ sul mondo e agli insegnanti di mettere a fuoco le peculiarità di ognuno. Perché questo accada è però necessario che gli adulti non abbiano in mente obiettivi stringenti e non vi conducano più o meno forzatamente i bambini, ma che si pongano in un atteggiamento di accoglienza, osservazione e dialogo con quello che i bambini man mano offrono loro in termini di contenuti e di strategie. L’osservazione è uno strumento fondamentale che però, man mano si sale nel percorso scolastico, si struttura su focus sempre più stretti e orientati a vedere la correttezza di esecuzione e la congruenza tra ciò che i bambini fanno e gli obiettivi che l’adulto ha in mente.
Ad ognuno il suo tempo
Il diritto alla propria unicità comprende, oltre al diritto di sviluppare e di vedere valorizzate le proprie strategie di apprendimento, anche il diritto al rispetto dei tempi di ognuno. Gli Orientamenti propongono una strategia che sarebbe importante e utile in ogni livello scolastico: la desincronizzazione, cioè evitare che il gruppo faccia sempre contemporaneamente le stesse cose. In questo sono di aiuto gli spazi e i materiali, la compresenza degli insegnanti, una progettualità attenta e flessibile, ma anche una competenza che cresce nei bambini fin da piccoli grazie alla fiducia che gli adulti sanno riporre nella loro autonomia di azione e di apprendimento costruttivi.
Libertà di espressione
Tutte le Carte dei diritti riconoscono ai bambini il diritto alla libertà di espressione. Questa oltre alla offerta di molteplici contesti aperti di ricerca e apprendimento si fonda sulla possibilità di sviluppare tutti i linguaggi di cui l’essere umano è potenzialmente dotato fin dalla nascita. Spetta quindi agli insegnanti non dare preminenza o esclusività solo ad alcuni linguaggi, quello verbale, logico-matematico, scientifico, ma dare spazio a quelli non verbali, valorizzandone le potenzialità espressive ed elaborative, e non utilizzandoli come pausa ricreativa, corollario o illustrazione dei linguaggi ritenuti primari. Le modalità espressive grafica, motoria, fotografica, filmica, plastica, solo per elencarne alcune, sono strumenti di elaborazione e comunicazione importanti nella cultura spesso sottratte o banalizzate e impoverite nelle scuole di ogni ordine e grado.
Diritto al benessere
Tutti i documenti richiamano poi il diritto al benessere. È questo un obiettivo importante dei servizi educativi e delle scuole. Stare bene, sentirsi protetti, al sicuro, benvoluti dagli adulti che si occupano di loro è una condizione importante per lo sviluppo armonico dei bambini. Tutti gli altri diritti concorrono alla piena realizzazione del benessere. Vanno sottolineati due aspetti. Il primo è la necessaria interdipendenza, fin dal nido, di educazione, cura e istruzione, che a volte si rischia di separare e specializzare: l’educazione nella socialità , la cura nelle routine, l’istruzione nelle attività . È fondamentale invece una progettualità che consideri l’intreccio di questi aspetti e la coerenza degli atteggiamenti e dei modi con cui gli adulti si prendono cura del corpo, delle relazioni e dell’apprendimento dei bambini. Ad esempio una organizzazione che favorisce la dimensione del piccolo gruppo che apprende insieme in un libero scambio di parole, saperi, azioni, contatti è il contesto che favorisce lo star bene. I bambini, mentre acquisiscono conoscenze specifiche sull’oggetto che catalizza il loro interesse, sperimentano modi di interagire con gli altri, scoprono risorse e peculiarità , si prendono cura della relazione e dei materiali.
Il modo con cui gli adulti rispettano il fare dei bambini (che è espressione di idee e di domande), l’accoglienza e la valorizzazione delle differenze (che costituiscono ricchezza di possibilità per il gruppo), la sottolineatura di scoperte particolarmente importanti, sono tutti elementi essenziali per il benessere fisico, sociale e cognitivo dei bambini.
Il secondo aspetto riguarda il valore della soggettività e unicità di ognuno nella relazione. È un diritto che oggi viene spesso frainteso o anche ignorato; qualche volta viene sostituito da spinte da parte dell’adulto verso il successo personale anche a costo di prevaricazioni e ingiustizie. Il benessere di cui il bambino ha diritto non è questo, ma è un equilibrato sviluppo delle proprie potenzialità insieme alla costruzione di strategie relazionali che valorizzano la dimensione della collaborazione.
Pensarsi parte di una comunitÃ
La Dichiarazione di Ginevra del 1924 dichiara come quinto e ultimo punto: “Il fanciullo deve essere allevato nella consapevolezza che i suoi talenti vanno messi al servizio degli altri uominiâ€. Al di là del linguaggio per noi ormai obsoleto, tale dichiarazione rimane ancora oggi fondamentale, e potremmo allargarla aggiungendo: al servizio dell’ambiente, della natura e di tutti gli esseri viventi e non. Pensarsi parte di una comunità che condivide valori e uno spazio di vita il cui destino è preoccupazione e responsabilità di tutti è un apprendimento che penso sia diritto dei bambini costruire, proprio per evitare i disastri che altre generazioni hanno prodotto.
Va aggiunto, quindi, un ulteriore diritto, quello di sviluppare un pensiero che connette e abbraccia tutto il pianeta senza gerarchie artificiali o presuntuose.
Il discorso potrebbe farsi ancora molto lungo, ma concludiamolo con una riflessione sul fatto che tutti i documenti sottolineano il diritto di ogni bambino a “esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessaâ€, opinioni che debbono essere “debitamente prese in considerazioneâ€. Credo che la scuola dovrebbe assumere seriamente tale diritto, non nelle forme individuali che spettano ad altri luoghi e situazioni, ma nella forma collettiva del dare visibilità nella società alla cultura che i bambini sanno produrre se viene loro garantito un sistema di comunicazione libero e stabile (Corsaro, 2003)[5]. Questo significherebbe dare voce e garantire la presenza dei diritti dei bambini nel discorso pubblico.
[1] Dichiarazione dei diritti del fanciullo, Lega delle Nazioni, Ginevra – Marzo 1924.
[2] Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, approvata dall’assemblea generale con risoluzione 44/25 il 20 novembre 1989.
[3] “Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6†di cui all’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 adottati con decreto ministeriale 22 novembre 2021, n. 334 e “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia†di cui all’articolo 5, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 adottati con decreto ministeriale 24 febbraio 2022 n. 34. Vedi la pubblicazione relativa a cura di Giancarlo Cerini e Mariella Spinosi.
[4] Comunicazione della Commissione Europea “Educazione e cura della prima infanzia: consentire a tutti i bambini di affacciarsi al mondo di domani nelle condizioni migliori†(COM 2011/66); Raccomandazione della Commissione Europea “Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale†(2013/112/UE); Raccomandazione del Consiglio Europeo relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia (2019/C 189/02).
[5] Corsaro W. (2003), Le culture dei bambini, Il Mulino, Bologna.