Si è svolto a Firenze, dal 28 al 30 novembre scorso, il convegno dal titolo “Conoscere e riconoscere l’infanzia. Dalla Toscana politiche e pratiche”[1], organizzato dalla Regione Toscana, in partenariato con il Ministero dell’Istruzione e del Merito-Ufficio Scolastico Regionale, le Università di Firenze, Pisa e Siena, INDIRE, Istituto degli Innocenti di Firenze e ANCI Toscana. L’evento, che ha visto la presenza di circa 1500 partecipanti nell’arco delle tre giornate, è stato finanziato dal Programma regionale FSE+ 2021-2027 e, pur connotandosi prevalentemente per un taglio regionale, è stato organizzato anche per garantire un respiro nazionale, tanto da ottenere il premio di rappresentanza della Medaglia del Presidente della Repubblica.
Gli “stati generali dell’infanzia”
Sono stati tre giorni intensi, utili ad approfondire lo stato dell’arte del sistema integrato 0-6, a partire da quanto è in essere nelle diverse zone del territorio toscano. Sono state messe in dialogo le politiche e i servizi educativi con le ricerche in ambito socio-educativo e con le esperienze più significative dei territori della regione Toscana e di tutto il Paese, anche in riferimento alle politiche europee dell’ECEC (Early Childhood Education and Care). Il programma, articolato in due giornate plenarie e una giornata organizzata in 15 sessioni parallele, ha visto il coinvolgimento di circa 100 relatori, alcuni provenienti dal mondo accademico nazionale ed europeo, altri espressione di tutte le realtà istituzionali che, a titolo diverso, danno vita al sistema 0-6. Il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha sottolineato nel suo intervento di saluto in apertura che il convegno è stato pensato come una specie di “stati generali dell’infanzia”, con l’intento prioritario di fare il punto sulle linee di azione in atto per implementare il sistema 0-6.
In primo piano, pertanto, è stata posta la complessità di una governance che rappresenta una vera sfida per tutti i soggetti istituzionali coinvolti, tra Stato, Regioni ed Enti Locali, nonché per tutti i servizi educativi e tutte le scuole dell’infanzia. Strettamente connesse alla dimensione della governance sono le azioni operative di policy, oltre che la riflessione pedagogica, al fine di assicurare un’offerta 0-6 di qualità, rispondente alle esigenze delle bambine e dei bambini.
Il diritto a un’educazione di qualità
Con il tema dell’educazione di alta qualità, infatti, è stata aperta la plenaria a partire dai saluti istituzionali. Il presupposto di fondo è ben noto: investire sull’infanzia è segnale di un Paese che ha a cuore il presente ed il futuro di ogni persona e che ha la piena consapevolezza che nei primi anni di vita si pongono le basi per i successivi traguardi.
Sta prendendo forma un cambiamento epocale. Lo ha sottolineato l’Assessora regionale Alessandra Nardi[2]. L’infanzia in passato era costretta dentro i limiti dell’assistenza o relegata all’ambito della funzione preparatoria dei processi di alfabetizzazione. Oggi è il primo segmento del sistema nazionale dell’educazione e istruzione, ha una sua identità nella quale si concretizza l’idea che l’educazione è un diritto fin dalla nascita. In questa prospettiva, come è stato messo in risalto dai relatori della prima sessione di lavoro, è necessario prestare attenzione e cura in maniera mirata, consapevole ed intenzionale su come fornire ai bambini e alle bambine luoghi di vita quotidiana attenti alle loro esigenze educative, ma anche tali da favorire l’incontro in un gruppo di pari, le relazioni con adulti e con altri bambini. Alla base, si rendono indispensabili azioni che aiutino a conoscere sempre meglio i bambini e a sapere riconoscere le peculiarità infantili: sono i presupposti fondamentali per aiutare i più piccoli a costruire progressivamente la loro identità. Come ha evidenziato Susanna Mantovani, una delle maggiori esperte dell’infanzia, la capacità di conoscenza deve sapersi muovere tra “primi piani e campi lunghi”, tra la capacità di “osservare” e la capacità di “esserci”, in una dimensione di “tensione”, intesa come qualcosa che si tende e che consente “allenamento”. Per “guidare l’azione intenzionalmente” bisogna mettere in atto esperienze quotidiane attraverso cui l’idea di bambino si “forma e si riforma” dinamicamente. Si tratta di assumersi una responsabilità professionale nella realizzazione di contesti di qualità, a cui ogni bambino ha diritto, specialmente quelli che vivono in condizione di povertà educativa.
Un sistema 0-6 che accoglie e fa evolvere le vulnerabilità
È dimostrato, ormai, da studi e da dati, quanto la povertà possa pregiudicare lo sviluppo di un bambino sul piano psicologico (es. indebolimento dell’autostima), cognitivo (es. ostacolo al raggiungimento di abilità scolastiche), e sociale (es. limitazione della capacità di stare in gruppo). La psicologa Paola Milani ha ricordato che la povertà educativa (assoluta o relativa) “è causa di dispersione scolastica e, genericamente, di spreco di potenziale umano […]: la povertà psico-sociale e educativa esperita nell’ambito socio-familiare nei primi anni di vita è un forte predittore di disuguaglianze sociali e povertà economica”. La dipendenza dalle figure genitoriali è una condizione ineludibile “alla radice della vulnerabilità ontologica, costitutiva dell’essere umano […] che ci accomuna piuttosto che differenziarci. Solo grazie ad una significativa relazione educativa è possibile trasformare la vulnerabilità in interdipendenza, fornendo risposte adeguate ai bisogni di sviluppo del bambino, tali da contribuire in maniera determinante allo sviluppo delle capacità personali. In verità “la nostra possibilità di crescita è determinata dalla nostra vulnerabilità, dall’apertura radicale alla relazione che ci caratterizza come umani, che nasce da un bisogno e che consente la formazione delle nostre capacità”, generando il processo della crescita. In quest’ottica l’educazione è da pensare come un processo che riguarda tutti: bambini, genitori, comunità e servizi. È questo il motivo per cui i genitori, primi responsabili dei loro figli, non possono essere lasciati soli. La genitorialità responsiva induce a garantire un approccio integrato tra i diversi servizi e settori, perché “il sostegno alla funzione genitoriale è un diritto sancito dalla Costituzione, capace cioè di garantire equità di accesso a servizi universalistici e gratuiti”. Bisogna “far germogliare le risorse”, sempre usando le parole di Paola Milani, da un lato mediante “welfare integrato tra educativo, sociale, socio sanitario e sanitario”, dall’altro garantendo un sistema 0-6 di alta qualità ed accessibilità.
Aspetti nodali del sistema integrato 0-6
Il D.lgs. n. 65/2017 ha rappresentato un volano determinante per la realizzazione di un sistema che potesse gettare le basi per tutti i presupposti sopra ricordati. La sfida è descritta nel primo comma dell’articolo 1 del decreto, in cui viene sottolineata la necessità di “garantire pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione e di gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali” a tutte le bambine e a tutti i bambini “dalla nascita fino ai sei anni, per sviluppare potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, in un adeguato contesto affettivo, ludico e cognitivo”. L’istituzione del sistema integrato 0-6 è stata avviata non senza difficoltà, soprattutto perché ha richiesto un cambiamento di paradigma, a partire dai rapporti istituzionali tra tutti i soggetti chiamati in causa per assicurare una governance efficace ed efficiente. Sappiamo bene che si tratta di un processo tutto in salita, specialmente in tutti quei territori in cui non è ancora consolidata una cultura dell’infanzia che si coniughi con adeguate politiche di investimenti a favore della promozione di questa cultura e dei diritti da garantire e tutelare. L’evento convegnistico organizzato a Firenze ha avuto il merito di accendere i riflettori su temi che hanno richiamato aspetti basilari all’implementazione del sistema integrato 0-6 ed è stata anche significativa la modalità organizzativa delle quindici sessioni parallele, ognuna dedicata ad una tematica di fondo[3]. Due esperienze, provenienti dai diversi coordinamenti zonali toscani, hanno, difatti, consentito di mettere a fuoco l’analisi di un tema attraverso le operatività presenti nei diversi territori. È emerso con forza che le politiche innovative per l’infanzia e la valorizzazione delle risorse professionali sono due leve imprescindibili, per accompagnare la crescita dei bambini e per rendere effettivi i diritti che la Convenzione Onu, così come la Costituzione italiana, perseguono per uno sviluppo armonico e teso alla migliore realizzazione di sé. Uno dei temi da ritenere sotteso a tutti gli altri riguarda la progettazione di una governance dei servizi in prospettiva 0-6, con la consapevolezza che azioni concrete e dispositivi efficienti sono fondanti per favorire una governance a carattere territoriale.
La leva strategica dei Coordinamenti Pedagogici Territoriali
Nella prospettiva illustrata, è determinante il ruolo dei Coordinamenti Pedagogici Territoriali (CPT)[4]. Un CPT è da intendersi metaforicamente come un’orchestra, tesa a creare “armonia” combinando bene le azioni simultaneamente, ma anche “sinfonia” combinando le azioni in successione. È con questa metafora che Stefania Bigi, Dirigente scolastico in comando presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito, ha messo in luce verso cosa deve tendere un CPT[5], nel suo evolversi come organismo dinamico, fisiologicamente incompiuto ed in continua evoluzione, rispetto alla variabilità e alla diversa complessità delle condizioni caratterizzanti i contesti territoriali. Va configurato, dunque, come “una pluralità di raccordi”, come “un’impresa evolutiva congiunta”, capace, con quel che c’è, di agire cambiamenti in funzione di un “progetto assunto” a favore dei bambini, delle loro famiglie e delle intere comunità.
Il Polo per l’infanzia luogo di comunità
La costituzione dei Poli per l’infanzia costituisce una delle sfide più rilevanti per l’implementazione del sistema integrato 0-6. Di certo, rappresenta “un banco di prova per la cultura dello 0-6, perché diventa un luogo fisicamente connotato in cui i temi pedagogici, organizzativi, didattici, tipici del raccordo nidi-infanzia e della continuità educativa 0-6 anni, possono trovare una realizzazione concreta ed operativa”[6]. La nascita dei Poli per l’infanzia in Italia è molto diversificata nelle modalità, risentendo della specificità dei contesti. Resta, comunque, ancora la necessità di definire le regole di gestione a livello regionale d’intesa con gli Uffici scolastici regionali. Tale definizione deve anche basarsi sulle proposte formulate dagli Enti Locali nel rispetto delle loro competenze e della loro autonomia (art. 3, co. 2 del D.lgs. n. 65/2017). A tal proposito, in una pubblicazione curata dalla Regione Toscana, con il contributo dell’Istituto degli Innocenti[7], si dice: “la motivazione che attribuisce ai poli per l’infanzia un posto d’onore nella riforma dello 0-6 risiede anche nel fatto che costituiscano una opportunità oltre che per sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico delle bambine e dei bambini di età compresa tra tre mesi e sei anni di età, innanzitutto per potenziare la ricettività dei servizi”. È quanto emerso anche nel corso della narrazione di esperienze in atto in territori toscani, come quello del Mugello, laddove gli sforzi del coordinamento pedagogico zonale sono stati investiti per la nascita di Poli per l’infanzia, nella consapevolezza che essi siano “opportunità rilevanti per la comunità”.
L’incremento dei servizi educativi 0-3
Il convegno è stato anche l’occasione per far conoscere il progetto “NidiGratis” voluto dalla Toscana dal 2023. Si tratta di un contributo economico alle famiglie, garantito dalla Regione Toscana per la gratuità dei servizi educativi per la prima infanzia, dai nidi, agli spazi gioco, ai servizi educativi nei contesti domiciliari[8]. Il contributo è assicurato a valere sulle risorse economiche provenienti dal Programma regionale Fse+ 2021-2027, in particolare dalle risorse assegnate alla priorità 0-3 “Inclusione sociale” e rientra nel progetto “Giovanisì” della Regione Toscana proprio per l’autonomia dei giovani. Questo investimento mirato sta facendo registrare un incremento significativo negli accessi ai nidi da parte di bambini provenienti da famiglie di ceto medio o in condizioni di svantaggio socioculturale, che diversamente non avrebbero potuto garantire ai figli questa opportunità. È, dunque, un modello virtuoso che porta la Toscana ad oltre il 47% di bambini frequentanti i servizi 0-3, superando il benchmark stabilito dall’UE nel 2022[9]. Le scelte operate dalla Regione Toscana rappresentano, di certo, un riferimento anche per tutte le altre realtà regionali del nostro Paese; specialmente per quelle Regioni in cui la situazione relativa alla copertura dei posti garantiti nei servizi educativi per la prima infanzia registrano ancora percentuali molto ridotte, che sfiorano il 10%.
Il modello Toscano, invero, denota che orientarsi a politiche di valorizzazione del sistema integrato 0-6 produce risultati importanti, in linea anche con le politiche di valorizzazione del capitale umano per il futuro.
La comunità e l’infanzia
È questo il tema che è stato trattato nella plenaria conclusiva del convegno fiorentino caratterizzato da un alto respiro culturale e pedagogico. Carla Rinaldi della Fondazione Reggio Children ha usato la metafora del “riconoscimento di un tesoro tenuto sepolto”: la garanzia di un’educazione di qualità sottintende “un’azione corale”, quale “opera collettiva che rende visibile l’infanzia”. Si tratta di riconoscere l’infanzia nella sua dimensione di “tempo di vita presente, in cui essere bambini vuol dire cercare significati e attribuire significati al mondo circostante sulla base delle proprie esperienze”. Lo ha sottolineato nel suo intervento Anna Bondioli, professore ordinario di pedagogia generale, richiamando, oltre ai documenti ministeriali sul sistema integrato, anche il Documento redatto dalla commissione europea nel 2014 (Quality Framework)[10]. In linea di continuità, si sono succeduti i contributi dell’antropologo Fabio Dei e della sociologa Chiara Saraceno. La pedagogista Luigina Mortari, attraverso una riflessione epistemologica sul senso dell’educare e dell’aver cura, ha messo in evidenza che la gratuità dell’accesso ai nidi d’infanzia rappresenta “un atto politico di grande valore”, intendendo il termine “politico” nell’accezione platoniana come “cura della comunità”.
Il “Manifesto per l’infanzia”
L’intervento di Luigina Mortari in particolare ha offerto un assist alla presentazione del “Manifesto per l’infanzia”[11] da parte di Eugenio Giani, Presidente della Regione, quale sottoscrittore del documento. È un testo articolato, che ha come sottotitolo “Il diritto all’educazione fino dai primi anni di vita” e che si chiude con una declaratoria delle scelte da compiere e delle azioni da condividere a livello nazionale.
Una azione fondamentale è quella relativa alla formazione iniziale e in servizio di tutto il personale impegnato nel sistema integrato 0-6, superando gli attuali percorsi universitari e orientandosi verso una formazione iniziale comune che possa garantire un profilo professionale competente e flessibile. Si prefigura, inoltre, la possibilità di definire specifiche figure professionali di coordinamento anche per le scuole dell’infanzia.
Un’altra azione importante, da pianificare a livello nazionale, è quella finalizzata al benessere del personale che opera nei servizi e nelle scuole. L’obiettivo è anche quello di prevedere nei contratti di lavoro le condizioni organizzative ed economiche che siano in linea con la qualità richiesta.
Una riflessione d’insieme
Il modello toscano ha messo in evidenza che investire nel segmento 0-6 debba essere un obiettivo prioritario per tutti, al fine di ottenere riscontri immediati sul versante della quantità di bambini che accedono gratuitamente ai servizi, sulla riduzione del disagio sociale e sulla salvaguardia del diritto all’educazione. D’altra parte, gli esiti toscani sono incoraggianti ed hanno dimostrato che utilizzare appieno i quadri normativi di riferimento e le risorse economiche a disposizione consente, tra l’altro, di mettere in gioco attivamente tutti i dispositivi previsti: i CPT, che in Toscana corrispondono, come detto, ai coordinamenti pedagogici zonali; i Poli per l’infanzia, che vedono pubblico e privato dialogare e generare progettualità comuni; la formazione congiunta, grazie alla quale condividere lessico, posture e un’idea di bambino orientata alla cura e all’educazione. Sullo sfondo c’è la cura del rapporto dialogico con le famiglie, attraverso cui condividere i valori di cittadinanza e di rispetto reciproco e realizzare le comunità educanti.
[1] Per informazioni di dettaglio, visitare la sezione dedicata del sito della Regione Toscana.
[2] Assessora all’Istruzione, formazione professionale, università e ricerca, lavoro, relazioni internazionali e politiche di genere della Regione Toscana.
[3] Per ovvie ragioni, non è possibile approfondire ciascuno dei temi affrontati, benché consentirebbe una riflessione mirata su aspetti peculiari del sistema 0-6. Li riportiamo per completezza di informazioni, anche se su alcuni vi è un rimando più specifico nel corpo del contributo: Prospettive demografiche e politiche per l’infanzia; Progettare la governance dei servizi: la prospettiva 0-6; Accompagnare la nascita: diventare genitori; Prevenire le disuguaglianze e valorizzare le differenze; Sostenere le famiglie e prevenire le fragilità; Coordinare il sistema dei servizi; Utilizzare le risorse dell’Europa: le potenzialità del Fondo sociale europeo; Riconoscere l’infanzia nelle politiche nazionali e nelle politiche locali; Valorizzare la cura; Incoraggiare l’incontro tra bambine, bambini e natura; Educare le bambine e i bambini da 0 a 6 anni; Formare gli adulti che educano; Crescere nel mondo digitale; Garantire benessere negli spazi educativi; Ascoltare i pensieri delle bambine e dei bambini.
[4] In Toscana corrispondono ai “Coordinamenti zonali”, preesistenti alla costituzione dei CPT come previsti dal D.lgs. n. 65/2017: “Le 35 zone educative in cui è suddiviso il territorio toscano, su cui insistono gli organismi di coordinamento che integrano al loro interno funzioni pedagogiche e gestionali, costituiscono l’ambito ottimale per lo sviluppo delle politiche di educazione e di istruzione regionale, quali enti intermedi ispirati al principio di sussidiarietà e quali punti di riferimento fondamentale per garantire una coerenza degli interventi nella loro complessità. La programmazione territoriale regionale, stabilita dalla Regione Toscana, promuove, indirizza e finanzia già a partire dal 2012, il ruolo di governance delle zone educative, attraverso la realizzazione dei Progetti educativi zonali (PEZ) sul territorio da parte delle conferenze zonali per l’educazione e l’istruzione e gli organismi di coordinamento zonale sono normati all’interno del vigente regolamento regionale che ne individua la composizione e le funzioni” (cfr. “I Coordinamenti Zonali a supporto della governance del sistema dei servizi educativi per l’infanzia. L’esperienza della Regione Toscana”, 2022, Istituto degli Innocenti, Firenze, p. 8).
[5] L’intervento di Stefania Bigi è stato previsto nella sessione parallela n. 6 dedicata al tema “Coordinare il sistema dei servizi”.
[6] G. Cerini, Sistema integrato zerosei: A.A.A. polo per l’infanzia cercasi, Scuola7-140 del 10 giugno 2019.
[7] Cfr. “I Poli per l’infanzia fra realtà e progetto. Esperienze, riflessioni e orientamenti nel sistema integrato 0-6 toscano”, 2024, Istituto degli Innocenti, Firenze, p. 40.
[8] Cfr. nel sito della Regione Toscana, la sezione dedicata a “NidiGratis”.
[9] Con la Raccomandazione del Consiglio del 8 dicembre 2022 in materia di educazione e cura della prima infanzia: obiettivi di Barcellona per il 2030 2022/C 484/01, è stato stabilito che entro il 2030 il tasso di partecipazione ai servizi educativi per l’infanzia a cui dovrebbero tendere tutti gli Stati membri è pari al 45%.
[10] Eurydice – Sintesi delle politiche educative Educazione e cura della prima infanzia, 2014.
[11] Cfr. Regione Toscana: “Manifesto sull’infanzia. Il diritto all’educazione fin dai primi anni di vita”.