La parola autovalutazione richiama una delle azioni ricorrenti che dovrebbero caratterizzare la professionalità di insegnanti ed educatori: quel processo continuo di analisi, riflessione, individuazione di punti di forza e di criticità, ricerca di strategie, di revisioni, di aggiustamenti e di soluzioni in quella tensione verso il miglioramento continuo dell’ambiente d’apprendimento e dei processi di insegnamento/apprendimento.
Dimensione individuale e collegiale dell’autovalutazione
L’autovalutazione è, dunque, un processo, un insieme di azioni mirate ad interrogarsi sui vari aspetti che caratterizzano il contesto e il curricolo, sia esplicito che implicito, e riguarda la dimensione individuale fortemente intrecciata alla dimensione della collegialità. I servizi educativi e le scuole, a partire dallo 0-3 e continuando nella scuola dell’infanzia e nei segmenti scolastici successivi, sono sistemi complessi che hanno un compito delicato e fondamentale, quello di:
- istruire educando;
- promuovere la crescita di ognuno;
- favorire attraverso i saperi e le discipline lo sviluppo delle competenze di cittadinanza;
- fornire attraverso i linguaggi della cultura e dell’arte gli strumenti per leggere la realtà;
- realizzarsi al meglio in un contesto sociale cui partecipare in modo attivo, consapevole e critico.
Accompagnare ogni bambino rispettando le sue modalità di apprendere e la storia di cui è portatore, favorendo contestualmente il successo di tutti e di ciascuno è il compito primario di ogni educatore, seppure complesso e per nulla facile. I dati allarmanti sulla dispersione e gli insuccessi scolastici parlano chiaro. Per poter realizzare il mandato costituzionale assegnato alla scuola è importante acquisire, come habitus, alcuni comportamenti professionali: mettersi in ricerca, assumere la prospettiva co-evolutiva dell’imparare dagli altri e con gli altri, predisporre i contesti adeguati per favorire apprendimenti significativi. La formazione permanente è la condizione primaria per ogni professionista riflessivo; significa in primo luogo ripensare e analizzare con i colleghi le pratiche quotidiane, gli approcci metodologici e didattici, gli stili comunicativi, significa migliorare tutto ciò che costituisce l’ambiente d’apprendimento.
SNV e RAV
Oltre un decennio fa, con il DPR del 28 marzo 2013 n. 80, che regola il Sistema Nazionale di valutazione (SNV) in materia di istruzione e formazione, è stato introdotto il rapporto di autovalutazione (RAV), uno strumento che, dall’anno scolastico 2014/2015, è in uso in tutte le istituzioni scolastiche del primo e secondo ciclo d’istruzione. È mirato a valutare l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema educativo e a migliorare la qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti. Il RAV attraverso la rilevazione di punti di forza e di debolezza dei vari aspetti della scuola, costituisce un efficace dispositivo attraverso cui individuare le priorità da perseguire per la costruzione del piano di miglioramento (PDM) e per identificare i relativi obiettivi di processo. La prima operazione è quella di accertare le condizioni di fattibilità: azioni, tempi, risorse, strumentazioni, personale coinvolto…
Il Rapporto di autovalutazione, pur costituendo una fase indispensabile per i processi di miglioramento, rischierebbe tuttavia di diventare autoreferenziale se non fosse collegato ad un altro importante strumento: la Rendicontazione sociale (RS).
La Rendicontazione sociale permette alle scuole di dare conto, attraverso un rapporto dialogico con genitori, studenti, comunità locale, della congruenza delle azioni rispetto agli impegni assunti, dell’uso delle risorse, dei risultati conseguiti, degli effetti sociali prodotti.
Laddove, quindi, le scelte educative avvengono in un clima di partecipazione e condivisione, questi strumenti si sono rivelati utili e costruttivi, hanno promosso una maggiore consapevolezza e una migliore capacità riflessività; hanno aiutato i diversi soggetti, interessati al benessere della scuola, ad assumersi le proprie responsabilità nella costruzione e messa in atto dei processi di miglioramento.
Tuttavia, non sempre e non ovunque il sistema nazionale di valutazione (SNV) è stato percepito come una preziosa opportunità. Non sono poche le scuole che lo hanno vissuto (e lo vivono) come mero adempimento disattendendo, in tal modo, le finalità e i significati del RAV, del PDM, della RS e vanificando totalmente la loro efficacia.
Il RAV e la dimensione formativa dell’infanzia
Rispetto al RAV generale riferito a tutte le scuole del primo e del secondo ciclo d’istruzione, fin da subito è emersa la marginalità della scuola dell’infanzia da cui è nata successivamente l’esigenza di adattare il modello senza sottovalutare, però, alcuni problemi. Il Rav è composto da 49 indicatori: quelli riguardanti l’area degli esiti scolastici, oltre che risultare estranei alla cultura della scuola dell’infanzia, rischiavano di orientarla verso una logica “scolasticistica”, di tipo preparatorio, molto lontana dai principi pedagogici che la caratterizzano e che sono ben espressi nelle Indicazioni Nazionali del 2012. È qui che viene evidenziata con chiarezza la funzione formativa della valutazione: “riconosce, accompagna, descrive e documenta i processi di crescita, evita di classificare e giudicare le prestazioni dei bambini, perché è orientata a esplorare e incoraggiare lo sviluppo di tutte le loro potenzialità“. Tali principi, rilanciati nel 2018 nel documento “Indicazioni e nuovi scenari”, sono ripresi con una sottolineatura particolare nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6: “L’infanzia è un periodo della vita con dignità propria, da vivere in modo rispettoso delle caratteristiche, delle opportunità, dei vincoli che connotano ciascuna fase dell’esistenza umana. Tale fase non è da intendersi in alcun modo, né concettualmente né operativamente, come preparatoria alle successive tappe. Ciascuna età va vissuta con compiutezza, distensione e rispetto per i tempi personali. Le accelerazioni, le anticipazioni, i ‘salti’ non aiutano i bambini nel percorso di crescita individuale, ma li inducono a rincorrere mete individuate per loro dagli adulti”.
I rischi e le specificità del RAV infanzia
Risulta evidente che l’adozione di strumenti valutativi quali: test, schede, procedure standardizzate non è congruente con la dimensione formativa della valutazione ed è indispensabile che la rilevazione dei progressi, dei processi evolutivi e di sviluppo di bambini e bambine siano osservati e considerati in modo strettamente interconnesso con la qualità dei contesti educativi, dell’ambiente d’apprendimento. Concentrarsi sui processi di autovalutazione tenendo presente tali peculiarità comporta un interrogarsi ricorrente su come i contesti educativi influenzino positivamente o meno la crescita di ognuno. Nel maggio del 2015, dunque, inizia la progettazione e sperimentazione partecipata di un RAV specifico della scuola dell’infanzia, un processo che ha visto varie azioni:
- l’elaborazione di un “documento di base” cartaceo che partendo dal Rav generale tenesse conto delle specificità della scuola dell’infanzia (pubblicazione nel febbraio 2016);
- l’attuazione di una prima consultazione su tale documento;
- la trasformazione del documento cartaceo in formato digitale;
- la sperimentazione per la verifica dello strumento.
Il Rav infanzia viene articolato in 3 aree: esiti, pratiche educative e didattiche e pratiche organizzative e gestionali, organizzate in 99 descrittori (di cui 33 essenziali).
La sperimentazione del RAV infanzia
Il RAV infanzia è stato sperimentato da 464 istituti, estratti a caso, che comprendevano scuole statali, comunali e paritarie private, e da 1364 scuole che hanno scelto di provare lo strumento. La sperimentazione ha implicato 4 fasi: l’adesione delle scuole (giugno 2018), la compilazione dei questionari Scuola e Docente (maggio-giugno 2019), la compilazione dello strumento online (novembre 2019-marzo 2020), la compilazione del questionario di fine sperimentazione (dicembre 2019-marzo 2020).
Per quanto riguarda gli esiti, i dati relativi sono stati raccolti attraverso le dichiarazioni di scuole e docenti su alcuni temi prioritari come il benessere, lo sviluppo e l’apprendimento. Le scuole, conclusa l’autovalutazione, hanno scelto, in prevalenza, le priorità di miglioramento nell’area dello sviluppo e apprendimento. Dai dati complessivi raccolti è emerso l’utilità dello strumento, sia nella sua formula cartacea sia online, per migliorare la qualità del fare scuola quotidiano. I docenti delle scuole dell’infanzia statali hanno avvertito l’esigenza di far dialogare i dati del RAV Infanzia con quelli del RAV d’istituto. Ciò avrebbe portato un contributo pedagogicamente significativo nella costruzione del curricolo verticale, che costituisce il “cuore” del PTOF e su cui è importante attivare o tener vivi processi di ricerca-azione. La scuola dell’infanzia ha un importante ruolo di “ponte” tra quel che viene prima (gli asili nido, i servizi educativi) e quel che viene dopo (la scuola del 1° ciclo).
La nascita del RAV integrato
Dalla sperimentazione è nata l’elaborazione di un RAV integrato, costruito inserendo nel RAV generale alcune specificità della scuola dell’infanzia che possono costituire una contaminazione positiva dei segmenti scolastici successivi. Ad esempio, indagare gli esiti in termini di benessere, non solo di bambini e bambine, ma anche di ragazzi e ragazze potrebbe essere un aspetto molto importante, tenendo conto di quanto lo “star bene” sia connesso alla motivazione all’apprendere e ai processi di insegnamento/apprendimento.
Sul RAV integrato sono stati finora “auditi” diversi soggetti, quali: la commissione 0-6, l’ANCI, il Coordinamento nazionale delle politiche dell’infanzia e della sua scuola, la FISM, il gruppo Nazionale Nidi Infanzia, il gruppo relazionale RAV Infanzia sperimentale. Inoltre ci sono stati alcuni pre-test attraverso interviste in 3 scuole in ognuna delle 3 aree del paese: Nord, Centro, Sud.
Recentemente l’INVALSI ha promosso due interessanti giornate di formazione congiunta su RAV integrato e RAV infanzia che si sono tenute a Roma il 5 e il 6 dicembre. Hanno partecipato soggetti diversi: insegnanti di scuole statali, comunali e paritarie, Dirigenti Scolastici, Dirigenti Tecnici, rappresentanti delle associazioni. Oltre ai momenti in plenaria ricchi di contributi significativi, molto proficui sono stati i momenti di lavoro di gruppo da cui sono emersi alcuni temi particolarmente rilevanti come, per esempio, la necessità della cura dei processi di partecipazione e di condivisione all’interno di scuole e Istituti comprensivi per superare il rischio di appiattirsi nella logica dell’adempimento, come pure l’importanza della formazione;
Da sottolineare la richiesta di costruire un glossario per chiarire e disambiguare il significato dei termini. Ad esempio, quando ci si riferisce a “risultati” è importante che sia chiaro che non si tratta dei risultati riferibili alle prestazioni dei bambini, ma piuttosto al contesto, alle scelte metodologiche, organizzative e didattiche che possono favorire o meno la loro crescita e sviluppo.
Il RAV integrato può costituire un’opportunità per avviare e/o rilanciare processi di riflessività, ricerca, contaminazione positiva tra ordini di scuola e per costruire una scuola più equa, inclusiva e democratica migliorando gli ambienti di apprendimento: una scuola in cui anche chi nasce in condizioni difficili e non favorevoli possa realizzarsi al meglio e “non perdersi nel bosco”, per usare la nota metafora di Andrea Canevaro.