Attualmente, si stanno approvando norme tendenti a inasprire punizioni e sanzioni rivolte sia a persone adulte sia a giovani minorenni. I decreti “Cutro”, “Caivano”, “Sicurezza” e altri vanno in questa direzione. Lo stesso dicasi del ripristino del voto in “condotta” (pur parzialmente condivisibile); la bocciatura dello studente che ha rimediato un “cinque” nel comportamento (vedi legge 1°ottobre 2024, n. 150) rientra in questo processo di accentuazione punitiva, per la verità, con scarsissime possibilità di successo. Infatti, molti di questi provvedimenti difficilmente riusciranno a risolvere i problemi che si vogliono affrontare.
Non solo, in alcune di queste disposizioni, le sanzioni previste risultano di difficile applicabilità e rischiano di non andare oltre i vuoti proclami. Un esempio è l’inasprimento delle pene riguardanti i genitori che risultano inadempienti verso l’obbligo scolastico dei figli.
Vigilanza sull’obbligo di istruzione
A proposito di inosservanze, il 15 novembre 2023 è entrata in vigore la legge n. 159 di conversione del decreto legge 123/2023 (il cosiddetto decreto “Caivano”) recante il titolo “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale“. Rispetto al quadro generale di inasprimento delle punizioni rivolte a giovani minorenni, la legge 159/2023 interviene su vari fronti, anche su quello relativo alle responsabilità dei genitori.
Nello specifico, essa modifica l’art. 114, comma 5 del Decreto legislativo 297/1994 (Testo Unico), nel quale veniva stabilito che il sindaco doveva fare l’elenco dei bambini inadempienti e, su richiesta della scuola, lo doveva affiggere all’albo pretorio per la durata di un mese. Trascorso tale periodo, il primo cittadino doveva provvedere ad ammonire la persona responsabile del mancato adempimento invitandola ad ottemperare alla legge.
Nella legge 159/2023 vengono inasprite le disposizioni sulla mancata vigilanza dei genitori verso l’obbligo di istruzione dei figli. Si ridefinisce qui anche l’esercizio dei poteri dei sindaci e dei dirigenti scolastici. In particolare, questi ultimi sono tenuti a verificare la frequenza degli alunni soggetti all’obbligo di istruzione, individuando quelli che sono assenti, senza giustificati motivi, per più di quindici giorni, anche non consecutivi, nel corso di tre mesi.
Reclusione per i genitori inadempienti
Nell’art. 12 della legge 159/2023 si afferma che il genitore inadempiente, dopo essere stato ammonito per assenze ingiustificate del minore durante il corso dell’anno scolastico tali da costituire elusione dell’obbligo scolastico “e che non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l’assenza del minore dalla scuola (…) è punito con la reclusione fino a un anno”.
Inoltre il nucleo familiare, laddove per i minorenni sia documentata la non regolare frequenza della scuola dell’obbligo, perde il diritto all’assegno di inclusione.
Sono decisamente misure molto pesanti. La reclusione, come prevede l’art. 23 del codice penale, comporta la privazione della libertà del condannato e la sua detenzione in carcere.
Piove sul bagnato
Quali ricadute potrà avere sulla vita dei ragazzi questa ipertrofia punitiva? Praticamente nessuna. Parliamo di giovani che risultano spesso a rischio di “drop out”, che provengono quasi sempre da contesti socio-economici particolarmente vulnerabili. Piove, infatti, sul bagnato. Le famiglie, alle prese con figli che disertano la scuola, vivono in genere in condizioni di povertà culturale e sociale: la frequenza scolastica quasi sempre è l’ultimo dei loro problemi!
Le istituzioni, (famiglia, scuola, enti locali) e i “soggetti espressivi” (associazioni, gruppi, movimenti …) sono chiamati a prevenire, più che a punire. Prevenire con politiche finalizzate a riconquistare i ragazzi, affascinarli, dare forza alla vita di vicinato organizzando un’ampia protezione sociale. Nei quartieri poveri se togliamo ai genitori l’assegno di inclusione non facciamo che gettare benzina sul fuoco. E poi, quando mai si verificherà una situazione di tale gravità da mandare in galera un padre o una madre? Quanti genitori inadempienti sono finiti (o finiranno) in carcere? Nessuno.
L’evaporazione del senso di colpa
Il disagio giovanile ha radici profonde, difficilmente risolvibili con la scorciatoia dell’aggravio delle pene. In ambito scolastico, ad esempio, stiamo ritornando al sistema sanzionatorio contemplato nell’art. 417 del regio decreto n. 1297/1928, nel quale era previsto che il voto in condotta “insufficiente” comportava l’automatica bocciatura. La restaurazione, oggi, di un’autorità legata ad una società patriarcale, da decenni inesistente, risulta impraticabile. Il rapporto fra trasgressione e sanzione è nell’epoca attuale estremamente complesso. Affrontarlo con misure pensate un secolo fa, rende le punizioni inefficaci e forse anche controproducenti. Una delle cause risiede proprio nell’evaporazione del senso di colpa. Ricordiamo tutti la tragedia di Edipo re, il quale, senza saperlo, uccide il padre e sposa la madre. Venuto a conoscenza di questa orrenda verità, si acceca fuggendo da Tebe.
In ambito psicanalitico, il complesso di Edipo descrive le pulsioni, anche di tipo sessuale, di ogni maschio nei confronti della madre, in particolare in età infantile: può essere descritto come un desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore dell’altro sesso, accompagnato conseguentemente da fantasie di sostituzione del genitore dello stesso sesso.
Il parricidio compiuto da Edipo, a differenza dei delitti commessi oggi anche da minorenni, ha segnato profondamente l’animo dell’assassino. Accecandosi, egli avverte nel suo corpo il tormento per ciò che ha commesso. A differenza del terribile rimorso vissuto da Edipo per l’efferato omicidio compiuto, nella società attuale, il senso di colpa si sta estinguendo o, forse, si è estinto del tutto. Le ragioni di questa evaporazione sono varie: una delle più importanti è l’assenza del senso del limite.
L’assenza del limite
Secondo Massimo Recalcati, nell’era che lui definisce “ipermoderna”, le funzioni del padre e della regola sono in dissolvimento. Il padre che educava i figli al rispetto della legge, faceva avvertire loro l’esistenza di un limite, oltre il quale non era permesso sporgersi.
Sappiamo perfettamente che l’esistenza del limite non serve a reprimere o mortificare la libertà ma a renderla davvero possibile. Ma, oggi, questo principio basilare da un punto di vista educativo è scarsamente presidiato dagli adulti.
Viviamo nel tempo della “morte” del padre che, da pater familias autoritario del secolo scorso, si è ridotto al confidenziale “papi” dei giorni nostri. E così l’assenza della legge, del senso del limite e del senso di colpa caratterizza sempre di più il percorso di crescita dei giovani del nostro tempo, a cominciare dai preadolescenti. Si tratta di una condizione di “orfananza” epocale, che non trova in adulti, spesso spauriti, risposte all’altezza di questa nuova complessità esistenziale.
Dunque, l’inasprimento delle sanzioni non è il rimedio più efficace per immaginare di inalberare il vessillo dell’autorità ritrovata. Questo funzionava quando il padre decideva per tutti e la scuola prolungava questo modello (Recalcati, 2024)[1]. Oggi, non più!
Meccanismi di chiusura o di apertura?
In ambito scolastico poi, la punizione, intesa come bocciatura, esclusione dagli esami, allontanamento dalla classe … (a meno che non si tratti di atti particolarmente gravi: per questi bastano le norme che già ci sono) è di per sé una forma di chiusura e di interruzione di una possibile comunicazione educativa. Essa, dunque, rischia di non risolvere e non dare principio ad alcuna evoluzione nella crescita dei figli (per i genitori) e degli alunni (per gli insegnanti).
Per potere riparare al danno commesso il giovane deve avere maturato la responsabilità delle proprie azioni, deve essere in grado di ascoltare le proprie emozioni e quelle degli altri. In questo percorso ragazze e ragazzi devono essere aiutati. Da soli non ce la faranno mai. Soprattutto non ci riusciranno se con le nostre azioni si sentiranno “buttati fuori”.
La sanzione dovrebbe essere pensata come fosse un abito su misura con finalità mirate, congruenti e attinenti all’atto commesso, in funzione educativa e riparativa, nei fatti e non a parole.
Ricostruire il senso di comunità
La vita umana si caratterizza essenzialmente per un bisogno di prossimità, appartenenza, protezione, aiuto reciproco. L’esistenza coincide con l’esigenza di essere riconosciuta come un valore che appartiene a sé stessi in un’interazione continua con gli altri. Mentre ci occupiamo dei problemi dei ragazzi, pensiamo solo al lavoro che occorre svolgere relativamente all’educazione degli adulti!
In tutte le aree del Paese, ma soprattutto nelle zone a rischio, i cittadini devono sentire che non esiste solo il controllo delle forze dell’ordine, sicuramente indispensabile, ma che c’è, come sostiene Marco Rossi Doria, “un esercito civile per ridare la scuola ai ragazzi”[2]. C’è bisogno di una forte alleanza tra scuola e privato sociale: tutti devono assumersi l’impegno per una battaglia lunga e difficile, ma l’unica in grado di produrre cambiamenti.
Una comunità solidale
I requisiti di una comunità solidale, capace di sfidare il “canto delle sirene” delle stesse organizzazioni criminali sono:
- la diffusa presenza dei nidi dove i bambini possano vivere in un ambiente educativo protetto;
- la possibilità di fruire del tempo pieno e della mensa scolastica;
- la connessione di aule collegate a internet;
- l’opportunità di poter svolgere attività culturali e sportive.
Una buona scuola può cambiare la vita agli studenti, ma lo possono fare anche i quartieri, quando sono ricchi di possibilità educative, con le biblioteche, i teatri, i cinema, i luoghi di incontro. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, i minori poveri vivono realtà dove tutto ciò non esiste. Per ricreare intorno ai ragazzi le condizioni di una pienezza educativa, è indispensabile investire nella creazione di luoghi belli, attraenti e in una rete di professionisti dell’educazione di elevata e diversificata competenza, capaci non solo di prevenire ma di anticipare le esigenze dei ragazzi stessi. Mai dimenticare le parole di Peppino Impastato: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”.
[1] Recalcati M., La violenza non si cura col bastone. Quel che manca è il senso della legge, La Stampa, 5 novembre 2024.
[2] Rossi Doria M., Organizzare un esercito civile per ridare la scuola ai ragazzi, Il Mattino, Napoli, 4 febbraio 2013.