CTS nell’istruzione professionale

Come migliorare l’azione orientativa

Iniziano freneticamente, come ogni anno, le attività di orientamento nella scuola secondaria, soprattutto quelle che riguardano il passaggio dal primo al secondo grado. Le statistiche dell’anno scorso sulle iscrizioni alla scuola secondaria di secondo grado, mostrano che nonostante le ultime sperimentazioni, l’istruzione professionale sfiora a malapena un ottavo delle iscrizioni complessive. Molte sono le considerazioni sui motivi e sulle responsabilità di questa situazione, nel secondo Paese manifatturiero di Europa, ma esulano da questa sede.

La tendenza alla licealizzazione

La tendenza alla licealizzazione[1], che trova terreno fertile nel nostro Paese, non trova però rispondenza in Europa, basta guardare i dati relativi al numero dei cittadini che conseguono titoli terziari. L’ISTAT sull’argomento ci dice: “In Italia, nel 2021, i 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario sono il 26,8%, una percentuale nettamente inferiore alla media Ue che raggiunge il 41,6%. Parliamo di una quota che, negli ultimi anni, è rimasta pressoché invariata, quando invece l’obiettivo europeo è raggiungere il 45% entro il 2030 nella classe 25-34 anni, come definito nella risoluzione[2] del Consiglio sul “Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione”[3].

Questo dato confligge, sul piano logico e sostanziale, con quello della diffusa licealizzazione che, come fenomeno peculiare italiano, non solo, nei risultati a distanza, non garantisce un congruo tasso di laureati, ma colpisce l’istruzione professionale nel numero di iscritti, disperdendo energie intellettuali dei giovani, togliendo al sistema produttivo e alle sue filiere lavoratori specializzati, lasciando in una sorta di inspiegabile limbo la lunga storia della filiera professionale nella costruzione e ricostruzione dell’Italia, così come la conosciamo oggi.

La svolta immaginata e mai avvenuta

Ma quali sono i motivi di una tale fuga dall’istruzione professionale nel mentre mancano, in ogni contesto manifatturiero, figure lavorative specializzate tanto da costringere le aziende a declinare commesse e relativo fatturato? Certamente gioca la mancata efficacia di alcune riforme che, pur sostanzialmente ben strutturate, non hanno, di fatto, conseguito quanto preordinato. Con il decreto legislativo 61 del 13 aprile 2017 gli istituti professionali sono diventati scuole territoriali dell’innovazione, aperte e concepite come laboratori di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica. Il successivo Regolamento 92/2018[4]  e le conseguenti Linee guida, hanno statuito un modello articolato, complesso ed efficace di filiera formativa che potrebbe contribuire in maniera significativa allo sviluppo socio economico, qualora non lasciata come fanalino di coda delle scelte degli studenti.

Un assetto che fa la differenza … o potrebbe farla

Gli strumenti dell’Istruzione professionale che potrebbero fare la differenza sono molteplici:

  • la personalizzazione dell’insegnamento mediante il tutorato e il Progetto Formativo Individuale;
  • la coesione con il mondo del lavoro tramite il legame del curricolo con i codici ATECO[5] (ATtività ECOnomiche) dell’ISTAT, classificazione in chiave statistica, e pertanto oggettiva, di lettura del sistema economico-produttivo italiano;
  • il miglioramento continuo della qualità dell’insegnamento mediante la formazione continua dei docenti, sulle nuove metodologie didattiche e sui contenuti disciplinari;
  • l’aumento dell’occupabilità dei giovani in possesso delle competenze richieste dalle imprese;
  • la capacità di sviluppare una cultura dell’innovazione diffusa nella scuola, stimolando la creatività e l’autonomia degli studenti.

Uno strumento ulteriore: il Comitato Tecnico Scientifico

Tuttavia, tra gli strumenti fortemente strategici dei quali l’Istruzione professionale può avvalersi, va annoverato il Comitato Tecnico Scientifico (CTS) del quale gli istituti in base all’art. 5, comma 3 punto e) del Regolamento, possono dotarsi.  Il CTS può essere composto da docenti e da esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica.

Esso costituisce un elemento mirato a favorire l’innovazione dell’organizzazione dell’istruzione professionale (IP) con funzioni consultive e propositive per l’organizzazione delle aree di indirizzo e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità.

In parole utili all’orientamento, l’istruzione professionale organizza e realizza i propri percorsi nelle specifiche istituzioni, con una forte attenzione verso il territorio ed il suo tessuto economico. Questa contiguità postula una vicinanza con il sistema produttivo, di beni e servizi, dei territori di riferimento, peraltro fortemente interessati ad alimentare le proprie filiere produttive con personale adeguatamente abile, soprattutto per forma mentis[6], intesa come assetto strutturalmente orientato delle diverse forme di intelligenza verso determinate inclinazioni.

Allo scopo di consolidare i rapporti della scuola con il mondo del lavoro e delle professioni il CTS può sviluppare le alleanze formative territoriali formalizzando i rapporti con apposite delibere degli organi collegiali della scuola, nel rispetto dei loro ruoli istituzionali.

È opportuno dotare le delibere dell’atto costitutivo e del regolamento di funzionamento che ne definiscono la composizione anche in ordine alle competenze dei rispettivi membri (coerenti con le caratteristiche dell’istituto e le finalità del CTS).

Composizione e funzionamento del CTS

La composizione e il funzionamento del CTS non sono stabiliti dalla norma, ma in genere comprendono: docenti, esperti del mondo del lavoro, rappresentanti delle imprese e delle istituzioni locali, docenti universitari e imprenditori provenienti dalle filiere nelle quali l’Istituzione professionale, con i relativi indirizzi, svolge le proprie attività formative.

La sua composizione paritetica garantisce un confronto costruttivo tra i diversi attori coinvolti nel processo formativo e consente un reale slancio progettuale per far sì che la presenza dell’istituto professionale di riferimento sul territorio venga riconosciuta, apprezzata ed adeguatamente valorizzata per la propria mission.

Le potenzialità del Comitato, qualora utilizzate appieno, rappresentano un’opportunità unica per arricchire gli indirizzi di scuola professionale con percorsi progettati appositamente dai potenziali fruitori, trasformando le criticità e le sfide in potenzialità.

Una delle funzioni più importanti del Comitato, infatti, è quella di partecipare alla progettazione e all’aggiornamento dei percorsi formativi. Questo include la definizione dei curricoli di studio, la selezione degli obiettivi educativi e la strutturazione dei corsi, in modo che siano sempre più rispondenti alle necessità delle professioni e alle evoluzioni del settore industriale e tecnologico, secondo la citata classificazione ATECO. Gli esperti del comitato, che provengono sia dal mondo accademico sia da quello imprenditoriale, forniscono un contributo fondamentale per garantire che gli studenti siano formati secondo i più alti standard di qualità.

Ogni scuola nella quale viene sfruttata l’opportunità di munirsi del CTS, quasi sempre dispone di risorse limitate, sia in termini di personale che di budget, che ne limitano l’operatività. A questo si aggiungano le difficoltà di coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti, a causa di divergenze di vedute, di mancanza di tempo oppure della solita resistenza al cambiamento da parte di alcuni docenti non disponibili a mettere in gioco l’approccio all’insegnamento attraverso un cambiamento radicale.

Quando l’orientamento viene troppo semplificato

Il CTS, come tanti altri strumenti a disposizione dell’istruzione professionale, rappresenta una grande opportunità per migliorare la qualità dell’offerta formativa e favorire il successo scolastico e professionale degli studenti, fin dalla fase dell’orientamento.

L’orientamento, però, a volte viene eccessivamente “semplificato” da talune scuole secondarie di primo grado che, emettendo giudizi orientativi[7], deprimono l’istruzione professionale. In genere, i giudizi orientativi indirizzano gli studenti con maggiori difficoltà nei rapporti con la scuola e con bisogni più complessi, verso corsi dell’istruzione professionale e, in subordine, verso quelli dell’istruzione tecnica, gli studenti con voti di uscita più alti verso l’istruzione liceale.

La sfida ambiziosa per raggiungere una scuola che sia nel contempo equa ed efficace risiede nel considerare il sistema formativo che sappia orientare oltre gli stereotipi.

Nella visione ormai irrinunciabile del lifelong learning, la dimensione orientativa dei percorsi formativi impone che le attenzioni pedagogiche siano mirate alla stabile costruzione di competenze di “lunga gittata”, volte a garantire ai cittadini[8] una vita inclusiva in società aperte e democratiche.

Un regolamento per il CTS che sia efficace

L’opportunità unica che il CTS offre alla singola scuola è volta a costruire un modello dialogante, innovativo e vicino, tanto al mondo del lavoro quanto alla società auspicata.

Dunque, al fine di garantire un efficace funzionamento del CTS, è opportuno prevedere un regolamento snello ma efficace. Può essere proposto al Consiglio di istituto e da questo autorizzato con apposita delibera. Oltre alle rituali disposizioni su nomine, composizione, competenze ed eventuali articolazioni, il regolamento dovrebbe prevedere un congruo numero di riunioni annuali, con cadenza almeno trimestrale.

È necessario garantire alle azioni programmate dalle istituzioni scolastiche un’adeguata continuità, anche ai fini di effettuare un monitoraggio realistico, un controllo mirato sulla qualità dei processi attivati e una corretta valutazione dei risultati. Per questo diventa opportuno che il CTS duri in carica almeno per un triennio, meglio se coincidente con la triennalità del PTOF e dei relativi documenti strategici.


[1] Iscrizioni, il 55,63% per i licei, trend in crescita per istituti tecnici e professionali. Filiera 4+2, Valditara: “Interesse significativo delle famiglie, strada giusta per una scuola di successo”.

[2] Risoluzione del Consiglio su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione verso uno spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030).

[3] Laureati italiani, permane il divario con l’Ue.

[4] Decreto 24 maggio 2018, n. 92. Regolamento recante la disciplina dei profili di uscita degli indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, recante la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale nel rispetto dell’articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell’istruzione e formazione professionale, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera d), della legge 13 luglio 2015, n. 107.

[5] Classificazione delle attività economiche ATECO.

[6] H. Gardner (1983), Formae Mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, UES Feltrinelli.

[7] Al proposito si veda il recente parere del CSPI, approvato nella seduta plenaria n. 135 del 12 novembre 2024 sullo schema di decreto ministeriale di “Adozione del modello nazionale di consiglio di orientamento ai sensi dell’articolo 14, comma 5, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56”.

[8] Raccomandazione del Consiglio europeo del 18 maggio 2022 sulle competenze chiave