A Vicenza, dal 25 al 27 ottobre[1] l’associazione Nidi e Infanzia ha promosso, in collaborazione con il comune della città e con il Coordinamento pedagogico territoriale, il convegno nazionale sul sistema integrato 0-6. È stata l’occasione per incontrare amministratori, coordinatori pedagogici, esperti, studiosi, pedagogisti, educatrici, docenti di scuole dell’infanzia delle diverse regioni italiane e fare il punto sui servizi per lo 0-6 e sui problemi collegati allo sviluppo del sistema integrato.
Qual è il punto?
È unanimemente riconosciuto il valore della cura, intesa soprattutto come accompagnamento alla crescita e non solo come accudimento nei primi 1000 giorni di vita dei bambini e delle bambine. Allo stesso modo è da tutti riconosciuta l’importanza di garantire i diritti all’educazione e l’accesso ai servizi di qualità per la fascia 0-6. Il convegno di Vicenza è stata l’occasione per conoscere i più recenti studi delle neuroscienze sulle potenzialità dei bambini e i risultati presentati dal Gruppo di lavoro per la convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza-CRC[2].
Da angolature diverse si è riaffermato con forza quanto sia importante questo periodo di vita per lo sviluppo delle identità e delle potenzialità di ciascuno. In questa età è anche possibile garantire esiti equi, differentemente da ciò che accade poi in età più mature.
Da questa convinzione si rafforza in modo deciso la necessità di organizzare servizi e scuole dell’infanzia di qualità in tutti i territori, che siano accessibili e a basso costo, proprio al fine di intercettare tutta la popolazione infantile e fornire loro le migliori opportunità di fruizione di ambienti e di esperienze calibrate sulle necessità di ciascuno.
Il difficile confronto
Nei tre giorni di convegno sono state evidenziate le iniziative in corso nei diversi territori nazionali, in modo particolare si è parlato dei dispositivi per la governance del sistema integrato quali: i Coordinamenti pedagogici territoriali (CPT); i Poli per l’infanzia; i percorsi in continuità, le progettualità educative; il rilancio della formazione del personale tra educatrici, insegnanti e coordinatori.
È emerso che in tutte le regioni sono presenti i Coordinamenti pedagogici e che tutti stiano comprendendo quanto tali coordinamenti siano importanti per la formazione del personale e per gli scambi di esperienze tra Nidi e scuole per l’infanzia.
Uno studio, che risale a febbraio del 2023, pubblicato sulla rivista Qtimes[3], aveva cercato di censire la quantità e la tipologia di CPT nel territorio nazionale; nel corso del convegno sono stati presentati dati ed esperienze che sembrano mostrare un aumento di tali strutture, ritenute strategiche per un dialogo aperto tra i due segmenti 0-3 e 3-6.
Sappiamo, però, quanto sia difficile il confronto tra i diversi gestori del sistema pubblico e del sistema privato, tra le rappresentanze dello Stato, della Regione, dei comuni e delle associazioni, tra tutti coloro, cioè, che si occupano di questo settore.
L’importanza dei Poli
Parallelamente è stato rilevato che nei diversi territori regionali e locali, seppure in modo variegato, si stanno definendo i Poli per l’infanzia. Sono strutture deputate alla continuità dei percorsi 0-3 e 3-6 che veicolano modalità particolarmente efficaci per dare continuità e coerenza nella cura dei primi 1000 giorni di vita dei bambini.
Gli amministratori presenti al Convegno hanno messo a confronto le pratiche e le soluzioni attivate nei propri territori insieme ai dubbi, ai limiti e alle difficoltà che hanno incontrato nell’allestire tali servizi: insieme alle molteplici regole per rendere adeguati e sicuri gli spazi hanno dovuto tenere conto anche della tutela della diversità.
C’è ancora molto lavoro da compiere perché tali strutture siano portate a buon fine e perché siano pienamente utilizzate. Ci sono, ad esempio, problemi tecnici legati ancora alla sicurezza; ci sono problemi di accreditamento e di autorizzazioni; ci sono problemi di flessibilità perché non è facile costruire contesti che devono essere condivisi da bambini di età diversa; ci sono gli spazi interni ed esterni da definire, i percorsi di ingresso e di accoglienza, i laboratori da co-gestire. Ma la strada per sostenere le nuove sfide è tracciata.
La visita della mostra dei servizi 0-6 allestita presso la Basilica Palladiana, la visita di alcuni nidi per l’infanzia, di centri infanzia e scuole dell’infanzia collocate nel comune di Vicenza hanno permesso di cogliere come si vive in queste strutture, quale impostazione pedagogica sia presente e come si lavori insieme alla progettazione e alla documentazione delle esperienze. Sono state una prova evidente del fermento e della vitalità che si trova nelle realtà educative, un segnale incoraggiante per proseguire con investimenti decisi su questo segmento.
Le conferme
Investire nella fascia 0-6 resta, dunque, una necessità proprio per contrastare la povertà infantile che risulta più alta nella fascia d’età dai 4 ai 6 anni (fonte ISTAT 2023). Prendersi carico del supporto alla genitorialità è un altro impegno importante per ridurre le disuguaglianze nei primi anni di vita dei bambini e anche per contrastare il fenomeno dello sharenting[4], cioè dell’esposizione continua ed eccessiva di foto dei minori da parte dei genitori, proprio per la loro tutela.
Particolarmente significativo è stato l’intervento di Peter Moss[5] con alcune riflessioni su come ripensare l’educazione nella crisi ambientale in cui tutti viviamo: all’educazione è affidata infatti la sfida per generare cambiamenti trasformativi e per ‘preparare i giorni di domani’.
Gli ultimi documenti, elaborati dal Ministero dell’istruzione e del merito sulle Linee Pedagogiche e sugli Orientamenti nazionali sono in sintonia con le considerazioni emerse dal convegno e rappresentano un riferimento importante per innovare le attività per l’infanzia, per valorizzare le iniziative progettuali che si stanno costruendo e realizzando nelle diverse realtà territoriali.
Una professionalità ancora da definire
Accanto alla dimensione pedagogica che ha alimentato interventi e scambi tra i partecipanti, sono state realizzate occasioni per riflettere sulle questioni ancora aperte che devono andare nella direzione del rafforzamento del sistema integrato 0-6.
La prima questione è quella del ruolo unico delle professionalità che attengono al sistema integrato 0-6 (cioè educatori e insegnanti). È una richiesta che proviene soprattutto da coloro che gestiscono i servizi 0-3, ma anche dai docenti di scuola dell’infanzia. Ad oggi le due lauree separate per svolgere servizio nei nidi e nelle scuole dell’infanzia non vanno in questa direzione. Al netto di una certa resistenza a trovare vie per uniformare i titoli, sono presenti alcune proposte negli atenei per prevedere lauree magistrali che potrebbero consentire agli educatori dei nidi di insegnare nelle scuole dell’infanzia e in questo modo avviarsi verso il valore unico del titolo. La recente legge che ha introdotto l’ordine dei pedagogisti e degli educatori ha complicato la situazione e sta generando, se non ci saranno dei correttivi, un’ulteriore distanza tra i due ruoli. La previsione che gli educatori, per lavorare in nidi e servizi integrativi 0-6, debbano iscriversi all’Albo, genera un ‘vulnus’. L’iscrizione all’Albo sarebbe una novità assoluto in campo pedagogico: introduce un vincolo professionale non richiesto né utile per allacciare un rapporto di lavoro che non si caratterizza a carattere di impresa privata.
La questione incerta del coordinamento pedagogico
Una seconda criticità è legata alla figura del coordinatore pedagogico che esiste già nei servizi 0-3 e nelle scuole dell’infanzia paritarie, ma non è presente, né è prevista, nelle scuole statali.
In realtà molti CPT sono condotti dai coordinatori pedagogici esistenti con la compresenza di docenti delle scuole dell’infanzia statali, delegati dai rispettivi Dirigenti scolastici. Questi però non sono individuati per profilo di competenza, né per titoli specifici, ma unicamente per la disponibilità e la sensibilità riconosciute dalla scuola in cui operano.
Anche in questo caso andrebbero trovate soluzioni per meglio raccordare il segmento del pubblico con le opzioni presenti nel privato e nelle scuole paritarie.
Il benchmark europeo al ribasso
La terzaquestione è stata oggetto di scambi e riflessioni tra il gruppo nazionale Nidi Infanzia e alcuni relatori e partecipanti. Attiene alla disposizione contenuta nel piano di Bilancio di medio termine inviata alla commissione EU da parte del Governo.
In questa legge il Governo rivede al ribasso il benchmark europeo del 33% di attivazione di nidi e servizi integrativi per l’infanzia, disconoscendo tra l’altro la recente Raccomandazione UE del 2021 che ha portato lo standard al 45% entro il 2030. La revisione appare raffinata nell’idea, ma irricevibile nella sua ricaduta perché il 33% resta il livello medio nazionale ma si fissa il benchmark regionale al 15%. Ciò significa che si rinuncia ad investire al Sud compromettendo i diritti fondamentali necessari per garantire un’educazione di qualità. Fin dai primi mesi di vita i bambini hanno il diritto ad avere accesso a luoghi educativi su misura, ad essere seguiti e accompagnati nella loro crescita in servizi dedicati indipendentemente dal lavoro dei genitori: è questa la strategia ritenuta più efficace per ridurre gli svantaggi e valorizzare le loro potenzialità.
Questa scelta al ribasso per ridurre la spesa grava sulla popolazione più giovane, inibisce e non supporta un incremento alla natalità che, da altre parti, si vorrebbe perseguire e blocca gli investimenti degli anni più recenti, dopo il Covid, che si sono andati a realizzare nelle Regioni con pochi servizi e con una ridotta attenzione alla cultura dell’infanzia indipendentemente dalla funzione conciliativa di servizi e scuole.
Un appello al Governo
Al termine dell’assemblea del Gruppo Nidi e Infanzia, svoltasi a margine del convegno, è stato licenziato un appello al Governo[6] letto a chiusura dei lavori del sabato. È utile farlo conoscere e diffonderlo nei territori, nelle comunità, nelle realtà dei servizi e delle scuole affinché le posizioni governative possano essere riviste proprio al fine di non rallentare l’implementazione del sistema integrato (D.lgs. 65/2017) e per non frenare il fermento che, seppure in misura diversa, è presente in tutte le aree del Paese.
[1] Cfr. L. Donà, Sistema integrato 0-6: continuità e coerenza educativa. XXIII Convegno nazionale promosso dal gruppo Nidi e Infanzia, in Scuola 7-404 del 27.10.2024.
[2] Cfr. 13° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, 2023.
[3] C. Stringher, U. Sandre, L. Donà, I coordinamenti pedagogici territoriali: una rassegna sistematica qualitativa e un’analisi comparativa dei modelli regionali di implementazione, febbraio 2023.
[4] Lo sharenting è la pratica dei genitori che condividono contenuti sui propri figli su piattaforme Internet. Sebbene il termine sia stato coniato solo nel 2010, lo sharenting è diventato già dagli anni 2000 un fenomeno internazionale, con una presenza diffusa negli Stati Uniti e in Europa.
[5] Peter Moss è professore emerito di Educazione della prima Infanzia presso la University College London, tra il 1986 e il 1996 è stato coordinatore di una rete di esperti della Commissione Europea che hanno lavorato su come conciliare responsabilità lavorative e familiari. Dagli anni Ottanta è vicino alla filosofia educativa di Reggio Emilia. Recentemente ha collaborato alla realizzazione di un libro sul lavoro di Loris Malaguzzi dal titolo “Loris Malaguzzi e le scuole di Reggio Emilia: una selezione dei suoi scritti e discorsi, 1945-1993”.
[6] Cfr. Comunicato gruppo nazionale nidi e infanzia riguardo la legge di bilancio del 27 ottobre 2024.