Equità in campo educativo e lavorativo

Rapporto "Education at a Glance 2024"

Il rapporto “Education at a Glance 2024” dell’OCSE presenta un quadro completo del sistema educativo in 38 Paesi tra cui l’Italia, analizzando indicatori chiave come il tasso di partecipazione scolastica, il livello di qualifiche raggiunte, il finanziamento e l’organizzazione delle risorse educative e le condizioni lavorative degli insegnanti.

Il focus dell’edizione 2024

L’edizione 2024 (che fotografa però la situazione relativa al periodo 2021-2022) si concentra sul tema dell’equità. Il rapporto sottolinea che, nonostante i progressi nell’accesso all’istruzione, le disuguaglianze persistono e influenzano pesantemente i risultati educativi e sociali. Tra i principali fattori di disuguaglianza, emergono il background socioeconomico e l’accesso limitato ai servizi di istruzione prescolare, che penalizzano soprattutto i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. Questi bambini hanno meno probabilità di iscriversi ai programmi educativi per la prima infanzia, un aspetto che contribuisce a perpetuare il ciclo delle disuguaglianze intergenerazionali. Inoltre, mentre il numero di studenti che abbandona precocemente l’istruzione è diminuito e la partecipazione complessiva è aumentata, le performance scolastiche non hanno mostrato miglioramenti proporzionati. Molti studenti, specialmente quelli provenienti da contesti svantaggiati, continuano a ottenere risultati insoddisfacenti in competenze di base come matematica, lettura e scienze. Questa disparità suggerisce che non basta garantire più anni di istruzione per ridurre le disuguaglianze, ma occorrono anche interventi qualitativi. Il rapporto mette in evidenza la necessità di politiche mirate, come l’espansione dei programmi di istruzione prescolare obbligatoria, già adottata in alcuni Paesi OCSE, per migliorare l’equità educativa e promuovere la mobilità sociale, in modo che i vantaggi di un’istruzione di qualità siano accessibili a tutti gli studenti, indipendentemente dalle loro origini sociali ed economiche. Sebbene la maggior parte dei bambini e dei giovani abbia accesso all’istruzione negli anni precedenti e successivi al ciclo di istruzione obbligatoria, non tutti seguono tale percorso.

L’estensione dell’istruzione obbligatoria

Nell’ultimo decennio molti Paesi hanno esteso la durata del ciclo di istruzione obbligatoria allo scopo di accrescere il numero di iscrizioni durante i primi anni di vita dei bambini o tra i giovani. L’Italia non rientra in tale gruppo. In Italia l’istruzione è obbligatoria per la fascia di età 6-16 anni, per una durata complessiva di 10 anni, che è pertanto inferiore alla media dell’OCSE, pari a 11 anni (Vedi grafico 1).

Grafico 1. Durata del ciclo di istruzione obbligatoria

Le disparità di genere

Il rapporto “Education at a Glance” dedica particolare attenzione alle differenze socio-economiche e al loro impatto sui risultati degli studenti, oltre a esplorare gli effetti della pandemia sulle disuguaglianze nell’accesso all’istruzione. Analizza altresì vari aspetti dell’istruzione nei Paesi membri, evidenziando l’accesso, la partecipazione, i finanziamenti e l’ambiente di apprendimento.

Tra i temi principali, emerge che la disparità di genere è ancora marcata: le donne rappresentano una maggioranza tra i laureati, ma guadagnano significativamente meno rispetto agli uomini, con l’Italia in evidenza per il divario più ampio nella retribuzione tra i generi. Inoltre, i dati rivelano un aumento della spesa privata nell’istruzione in alcuni Paesi, come l’Australia, mentre altre nazioni, come l’Irlanda, mostrano una bassa percentuale del PIL destinata all’istruzione. Il divario di genere sulla partecipazione all’istruzione e alla formazione professionale varia notevolmente sia all’interno dell’OCSE che tra i Paesi partner. In Italia, in Polonia e in altri Paesi, la quota di uomini dai 15-24 anni con un’istruzione professionale supera di almeno l’8% quella delle donne. In miglioramento, invece, i risultati riguardanti il mercato del lavoro in quanto dal 2016, la quota di ragazzi dai 18-24 anni non occupati è scesa dal 16% al 14% in media in tutta l’area OCSE. Allo stesso tempo, la quota di adulti non occupati dai 25-34 anni senza una qualifica secondaria superiore è scesa dal 17% al 14%.

Anche le opportunità di lavoro sono migliorate: il tasso di occupazione in età compresa tra i 25 e i 34 anni senza una qualifica secondaria superiore è passato dal 59% al 61%, mentre per quelli con una qualifica post-secondaria è aumentato dal 76% al 79%. Le ragazze e le donne superano i ragazzi e gli uomini nell’istruzione tendendo ad avere punteggi più alti nelle valutazioni standardizzate. Tuttavia, nonostante il loro elevato livello di istruzione, le donne continuano a essere svantaggiate nel mercato del lavoro. Le giovani donne hanno meno probabilità di essere impiegate e il divario è particolarmente ampio per coloro che non hanno completato l’istruzione secondaria superiore. Le donne guadagnano anche meno rispetto agli uomini, con un reddito medio inferiore del 15% per coloro che non hanno una qualifica secondaria superiore e del 17% inferiore per quelle con una qualifica terziaria.

Il rapporto studenti/docenti

Il documento mette anche in luce come il rapporto studenti-insegnanti e le dimensioni delle classi varino notevolmente, con il Regno Unito che presenta una delle più alte densità di studenti per classe a livello di scuola primaria. In effetti il rapporto numerico discenti-docenti varia a seconda dei Paesi e dei diversi livelli di istruzione. In media, nell’intera area dell’OCSE, si contano, per ciascun docente, 14 discenti nelle scuole primarie, 13 discenti nelle scuole secondarie di primo grado, e 13 discenti negli istituti secondari di secondo grado. In Italia, le cifre corrispondono, rispettivamente, a 11 nelle scuole primarie, 11 nelle scuole secondarie di primo grado e 10 negli istituti secondari di secondo grado. Se, da un lato, la riduzione del numero di discenti per docente consente agli insegnanti di concentrarsi di più sulle esigenze dei singoli studenti, dall’altro comporta una spesa complessiva maggiore per le retribuzioni dei docenti, che va ponderata rispetto ad altre priorità di spesa. Infine, l’OCSE ha posto un’enfasi crescente sull’integrazione della tecnologia digitale nei sistemi educativi, un elemento chiave per rispondere alle esigenze di una società sempre più digitalizzata.

Il sistema educativo italiano

Il rapporto “Education at a Glance 2024” per l’Italia evidenzia alcuni aspetti chiave del nostro sistema educativo, mettendo in risalto sia progressi che sfide rispetto alla media OCSE. Si è registrata, per esempio, una diminuzione del numero di giovani che non studiano né lavorano (NEET), con un calo più rapido della media OCSE, soprattutto tra le donne. Inoltre, la frequenza delle donne nell’istruzione terziaria è aumentata. Tuttavia, l’Italia mostra ancora lacune nella formazione STEM, in particolare per le donne, e presenta un divario nella frequenza dei servizi per la prima infanzia. Per risolvere questa disparità, il governo, come è noto, ha intrapreso iniziative con finanziamenti nazionali e del PNRR, proprio per aumentare la partecipazione dei bambini di famiglie a basso reddito agli asili nido.

In Italia, l’istruzione terziaria (università) vede una partecipazione più bassa rispetto alla media OCSE, con una percentuale inferiore di giovani adulti che ottengono lauree rispetto ad altri paesi.

Le sfide maggiori riguardano anche il finanziamento, che in Italia rimane sotto la media OCSE, soprattutto relativamente all’investimento pro-capite per studente.

Il rapporto sottolinea anche le difficoltà nel reclutamento e nella formazione continua degli insegnanti italiani, evidenziando come la professione sia spesso percepita come poco attraente a causa delle condizioni lavorative e per salari molto più bassi rispetto ad altri Paesi OCSE. Forse anche a causa del numero ridotto di studenti per insegnante, i salari dei docenti italiani sono scesi del 6% in termini reali dal 2015 al 2022, a differenza di un aumento medio del 4% nei Paesi OCSE[1]. Tuttavia, si attendono miglioramenti con i recenti adeguamenti contrattuali del 2024 (Vedi grafico 2).

Grafico 2. Variazione degli stipendi tabellari dei docenti di scuola secondaria di primo grado tra il 2015 e il 2023

Il rapporto rileva che i docenti italiani in media sono più anziani: il 53% ha oltre 50 anni rispetto al 37% della media OCSE. Specificatamente, i docenti over 50 nell’istruzione primaria sono il 57%, nella scuola secondaria di primo grado sono il 48%, mentre nella scuola secondaria di secondo grado sono il 54%.

La disparità nei risultati accademici in base alla provenienza socioeconomica è più marcata, ciò sta ad indicare una necessità crescente di politiche di inclusione e di supporto personalizzato per studenti svantaggiati.

Accesso all’istruzione e qualità dell’istruzione

In conclusione, l’Education at a Glance 2024 dell’OCSE evidenzia progressi e sfide nel campo educativo. Sebbene l’accesso all’istruzione sia aumentato a livello globale e il tasso di abbandono scolastico sia in diminuzione, il rapporto sottolinea che l’ampliamento della partecipazione non è sempre accompagnato da un miglioramento delle competenze di base in lettura, matematica e scienze. Molti studenti, nonostante trascorrano più anni nel sistema educativo, non registrano miglioramenti significativi nei risultati di apprendimento, secondo i dati del PISA. Questo squilibrio tra accesso e qualità dell’istruzione solleva questioni sul valore effettivo del tempo trascorso a scuola.

Permangono le disuguaglianze

Un altro tema cruciale è l’ineguaglianza di accesso all’educazione prescolare, che penalizza soprattutto i bambini di famiglie a basso reddito. La differenza di opportunità si manifesta lungo tutto il percorso educativo, ostacolando la mobilità sociale e perpetuando disuguaglianze intergenerazionali. La percentuale di laureati tra i figli di genitori senza diploma è solo del 19%, contro il 72% tra i figli di laureati. Infine, il rapporto evidenzia l’importanza di investimenti nell’educazione prescolare per ridurre le disuguaglianze, dato che questa fase è essenziale per colmare i divari di sviluppo. A fronte di queste sfide, alcuni paesi dell’OCSE stanno abbassando l’età di inizio della scuola obbligatoria per includere la scuola dell’infanzia, una politica che ha dimostrato effetti positivi sull’equità educativa. Per migliorare la situazione, il rapporto suggerisce interventi per garantire una qualità di apprendimento più alta, soprattutto nelle fasce di popolazione più vulnerabili, e per promuovere politiche che supportino una maggiore equità di accesso e di risultati nell’intero ciclo educativo.


[1] Vedi di P. Mazzoli, Chi ha ragione sulla retribuzione dei docenti italiani? Valditara e Schleicher la raccontano diversamente, in Scuola7-402 del 13 ottobre 2024.