Edgar Morin ha compiuto 103 anni l’otto luglio scorso, eppure alla sua venerabile età continua ancora a far parlare di sé, a pubblicare annualmente interessanti volumi e rimane a tutt’oggi uno dei pensatori più importanti del nostro tempo, un’autorità intellettuale e morale riconosciuta in tutto il mondo.
Indicazioni per una riforma dell’istruzione
Nel corso della prima edizione di GEA “Giornate educazione ambiente”, organizzata a Napoli dal 29 settembre al 1° ottobre 2023 dalle Scuole “Dalla Parte Dei Bambini”, dalla Fondazione FOQUS, Bolton Hope Foundation e dall’Impresa sociale “Con i Bambini”, Edgar Morin è intervenuto, in collegamento da remoto, per discutere di riforma del sistema dell’istruzione.
Nel corso della manifestazione sono stati organizzati conferenze, incontri, dibattiti, lectio magistralis, laboratori e workshop in cui ragionare sui rapporti tra educazione e ambiente, crisi climatica e modelli pedagogici, innovazioni didattiche internazionali e studi sulla sostenibilità di città, territori ed ecosistemi.
Edgar Morin nel suo intervento ha indicato una serie di punti su cui sarebbe opportuno intervenire per una riforma concreta del sistema dell’Istruzione:
- necessità di riabilitare la figura dell’insegnante: “L’insegnante – afferma Morin – non è un mestiere ma una vera missione, come il medico. Si tratta di una missione umana”;
- promuovere quella che lui definisce “la conoscenza della conoscenza”, cioè un pensieroaperto, capace di comprendere la complessità della vita, della storia;
- insegnare la comprensione umana, non solo tra popoli diversi, ma anche all’interno dello stesso nucleo familiare, capire l’altro;
- insegnare la nostra identità umana: “L’umano – afferma sempre Morin – è stato tagliato in varie discipline (sociologia, psicologia, antropologia, biologia), dobbiamo invece ricostruire la visione umana”.
“Ancora un momento”
Non ci stupisce, pertanto, se la sua ultima pubblicazione è datata febbraio 2024 e porta il titolo di “Ancora un momento”. Si tratta di una raccolta di testi politici, saggi e pubblicazioni varie, dove riprende alcuni di quelli che sono i concetti fondamentali della sua visione del mondo e dell’umanità.
Morin ha dedicato gran parte della sua opera alla centralità di un concetto base: la riforma del pensiero. È fermamente convinto della necessità di una nuova conoscenza che superi la separazione dei saperi, presente nella nostra epoca, e che sia capace di formare gli educatori a un “pensiero della complessità”. Il presupposto da cui parte la sua riflessione è che una conoscenzaaltamente specializzata ma frammentata, porta sovente a non cogliere i legami tra le parti e la totalità. È necessario promuovere una conoscenza che sappia invece cogliere i problemi globali, sviluppando quell’attitudine naturale della mente umana a collocare le situazioni in un preciso contesto.
Il richiamo a Montaigne
Per spiegare questo concetto, Morin fa riferimento ad una frase di Michel de Montaigne: “E’ meglio una testa ben fatta che una testa piena”. Egli, quindi, distingue tra una testa in cui la conoscenza è accumulata senza una precisa selezione ed organizzazione e una “testa ben fatta”, che comporta una precisa predisposizione ad organizzare e collegare i saperi e dare loro un senso.
Oggi, manca una formazione orientata alla complessità che ci aiuti a cogliere la sincronia e dei vari saperi e ci guidi verso una visione olistica del reale. Ha ragione Morin quando afferma che la riforma delle riforme riguarda il pensiero. Occorre promuovere una rivoluzione cognitiva. L’aumento della complessità non è più gestibile: è necessario riorganizzare il sapere, adattandosi al nuovo per tenere insieme le sue diverse componenti.
Un cambio di paradigma
Morin è ben consapevole che la digitalizzazione guiderà il cambiamento, ma proprio per questo è necessario attivare al più presto un cambio di paradigma.
“Bisogna – sostiene Morin – apprendere a navigare in un oceano di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze”.
In “Revellions nous”, libropubblicato nel 2022, Morin s’interroga se la nostra miopia nella comprensione del presente dipende da una crisi del pensiero o da un sonnambulismo generalizzato. Bisogna allora trovare una bussola che ci orienti, una bussola che ci aiuti a comprendere il presente che stiamo vivendo (crisi economica, degrado ambientale, sfiducia nelle istituzioni e nella politica). Morin non ha da proporre ricette facili da applicare, ma indica alcuni campi di intervento che ritiene imprescindibili, come quello del sapere e dell’istruzione da una parte e quello della solidarietà e dell’accoglienza dall’altra. Puntare sul pensiero critico, sulla creatività, sul problem solving, ma anche operare all’interno di un team, sono competenze che l’istituzione scolastica deve assolutamente perseguire.
Il nuovo umanesimo
È questa la strada da perseguire, un progetto radicale che egli indica come “nuovo umanesimo”. Bisogna passare dall’egocentrismo al solidarismo, dall’interesse esclusivo a quello collettivo, un umanesimo integrale.
Morin confida in una nuova politica umanista di salute pubblica basata proprio sul sapere, “una politica di civiltà che riporti umanità e convivialità nelle nostre esistenze”. Morin ribadisce con forza che bisogna dare rilevanza a quello che definisce: “riconoscimento della piena umanità dell’altro”.
Una speranza verso cui tendere
E non mancano principi di speranza: «Il primo è puntare sull’improbabile. Spesso, in momenti drammatici della storia, i grandi avvenimenti salvifici sono stati inattesi» come la vittoria dei greci sui persiani fra il 490 e il 480 a.C. e la nascita della democrazia o, venendo più vicino a noi, il crollo della dittatura sovietica nel 1989.
Altri elementi positivi sono, secondo Morin, la creatività della mente umana e l’impossibilità di durare all’infinito di qualsiasi sistema che trasformi gli individui e la società in macchine.
Sono vane speranze, queste di Morin? Certo, sono speranze. Ma Morin ritiene che non sia vana chimera, credere in una nuova rifondazione dell’umanesimo.