Dirigente scolastico e leadership sostenibile

Dalla cattedra alla cabina di regia

In un periodo estremamente carico di studio e di attese, che vede tuttora impegnati e su più fronti aspiranti dirigenti scolastici alle prese con due procedure differenti[1], non può non tornare in auge la questione di fondo. Può la selezione concorsuale, considerando il quadro delle conoscenze richieste[2], quali che siano le modalità di svolgimento e articolazione, definire il profilo più realistico del futuro dirigente scolastico? Può un concorso identificare, tra i candidati in corsa, le figure più equipaggiate e in grado di interpretare la più atipica delle dirigenze disegnate dalla normativa vigente, alle prese con la governance di un’impresa collettiva, dominata da variabili spesso inafferrabili?[3].

Competenze teoriche e competenze agite

La risposta non può essere univoca e definitiva, ma deve fare i conti con la distanza che corre tra acquisizione di conoscenze e sviluppo di competenze di cui ciclicamente si discetta in ambito scolastico con riferimento al curricolo dei nostri studenti e che va colmata al di fuori dello schema degli opposti schieramenti, l’un contro l’altro armato, ricomponendo il più classico dei dibattiti tra approccio socio-costruttivista e approccio cognitivo di matrice neo-comportamentista.

È sufficiente, infatti, conoscere la normativa riferita al sistema educativo di istruzione e di formazione e gli ordinamenti per assicurare la gestione unitaria dell’istituzione, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici?

Basta avere nozioni in ordine alla modalità di conduzione delle organizzazioni complesse, all’organizzazione del lavoro e del personale per assumerne la direzione, il coordinamento e assicurare la valorizzazione delle risorse umane?

Si può ritenere che la conoscenza dei processi di programmazione, gestione e valutazione delle istituzioni scolastiche, o dell’organizzazione degli ambienti di apprendimento, per fare un ultimo esempio, possa garantire un’adeguata promozione di interventi per assicurare la qualità dei processi formativi?

Di fatto, come è fin troppo evidente, nessuna competenza potrà essere agita dal futuro dirigente scolastico al di fuori del sicuro possesso di uno strumentario di risorse in termini di conoscenze e abilità, così come va da sé che il semplice patrimonio conoscitivo di cui si è approvvigionato l’aspirante dirigente nel percorso di preparazione concorsuale non può considerarsi sufficiente per non annegare nel mare magnum delle situazioni contingenti da gestire, tra compiti istituzionali, problematiche strutturali, emergenze e imprevisti dell’ultim’ora.   

Saper leggere il contesto

Assumere il ruolo di dirigente di una comunità scolastica è, dunque, operazione assai complessa, che si regge su una postura professionale in continuo divenire, capace di andare oltre la semplice conoscenza di nozioni, procedure e strumenti utili al governo dell’organizzazione, e di costruire, destrutturare e ricostruire il proprio profilo, mobilitando, in modo consapevole e intenzionale, le risorse di cui si dispone e provvedendo ad adeguarle, manutenerle e incrementarle nel tempo.

Richiede, innanzitutto, una capacità di analisi e riflessione sul contesto in cui si opera, un approfondimento di quegli elementi che concorrono a delimitare lo spazio d’azione, attraverso le infinite traiettorie che compongono il reticolo, visibile e invisibile, dell’azione educativa.

La riflessione sul contesto, compiuta in termini di opportunità e vincoli, è operazione decisiva per un posizionamento efficace, in quanto consente al dirigente scolastico di comprendere la struttura sociale in cui si colloca l’intervento educativo[4] e di indagare le variabili di contesto da valorizzare e da attenzionare.

Il contesto così interpretato diventa “un luogo capace di generare nuovo capitale”[5]: restituisce con nitidezza, a chi ha l’attenzione e la cura per indagarlo, le cause dei fenomeni rilevati, le circostanze che zavorrano i processi e ne limitano l’efficacia; rappresenta il primo tassello verso il cambiamento, perché al suo interno si rintracciano i reali bisogni formativi e trasformativi, dell’utenza, delle famiglie e del territorio, in senso più ampio, da interpretare e riconnettere; fornisce strumenti da cui derivare indicazioni cogenti che possono orientare i futuri indirizzi e le priorità di intervento.

La complessità dell’istituzione scolastica

Ma se le coordinate materiali di questo contesto possono essere agevolmente esplorate, pur nella consapevolezza che la consistenza attuale di ogni scuola può essere la prima delle sfide, non altrettanto può dirsi per tutti quegli aspetti che travalicano i confini fisici degli edifici scolastici, tasselli immateriali che curvano ed investono la sostanza dell’azione. Tra l’altro, anche la prima sfida deve fare i conti con una istituzione che ha in media circa mille studenti, in genere distribuiti su più punti di erogazione del servizio, dislocati molto spesso su territori estesi che incrociano, a loro volta, più Comuni. La situazione oggi è ancora più complessa a seguito del dimensionamento scolastico[6] che ha ulteriormente ridotto il numero delle autonomie.

Occorre, in pratica, dedicare del tempo a ricostruire i legami, nella consapevolezza che lo spazio educativo è innanzitutto uno spazio in cui si realizzano e agiscono relazioni, che determinano in buona sostanza l’identità di una scuola. Percorrere questi snodi significa comprendere l’unicità della scuola, come essa stessa si collochi all’interno di un sistema più ampio di connessioni – formative, organizzative, istituzionali, sociali – e come influenzi i comportamenti dell’organizzazione stessa.

L’esplorazione dello spazio, materiale e immateriale, consente al dirigente scolastico di orientarsi, collocarsi, definire prospettive, in una parola, “insegna”, in chiave metacognitiva, quanto sia necessario conoscere il contesto per fondare qualunque valida ipotesi di intervento.

Scuola e architettura invisibile

Chiunque abbia avuto contatto con più istituzioni scolastiche in modo duraturo, come dirigente, docente, in qualità di personale amministrativo o, ancora, in veste di genitore, avrà fatto esperienza di “infiniti mondi”, ciascuno dei quali agisce come un sistema autosufficiente.

Pur riconoscendo dinamiche e processi ricorrenti, interagenti tra loro e con l’ambiente esterno, ogni scuola è un sistema, reagisce come un tutto, secondo proprie leggi generali, di norma fondate sull’esperienza e sulla consuetudine.

Si direbbe un vero e proprio “eco-sistema” in cui, però, si riconoscono legami deboli[7], nell’esplorazione e valorizzazione dei quali un dirigente scolastico misura il proprio ruolo.

Perché se è vero che le connessioni cosiddette lasche permettono ai sistemi di perdurare nel tempo, attraverso rapidi adattamenti locali, in forza di una resilienza profonda e di una autodeterminazione delle parti, è altrettanto vero che in organizzazioni simili, in cui il grado di autonomia delle parti è crescente e le relazioni tra i membri sono sempre meno vincolanti, il ruolo del dirigente scolastico si fa sfidante. Il coordinamento potrebbe apparire addirittura accessorio, rimbalzato com’è da un’architettura soprattutto invisibile che regolamenta l’organizzazione e che dipende fortemente dalla storia della stessa[8].

Consuetudini, relazioni, dinamiche, procedure, tendenze, valori, fonti di fatto per lo più implicite, orientano la vita della scuola e ne informano la cultura organizzativa. Si direbbe che l’impalcatura invisibile fin qui tracciata ne garantisca il funzionamento, pur in presenza di incertezze, sovrapposizioni, contraddizioni.

Ma cosa accade in presenza di più sottosistemi conviventi e confliggenti, consolidatisi nel tempo, anche per reazione al pericolo della perdita di identità e dello smarrimento della storia? Gioca un ruolo primario anche il fenomeno del dimensionamento scolastico che ha prodotto e sta producendo ancora dei veri e propri “ecomostri” educativi, nei quali dai legami deboli scaturisce una struttura sempre più stringente e invasiva.

Curare il clima

Nel quadro di una pluralità di razionalità organizzative, ciascuna delle quali più o meno radicata, la sfida di chi esercita una leadership istituzionale è innanzitutto quella di non ingaggiare una lotta intestina ai sistemi di loosely cou­pled presenti nell’unità scolastica, quasi a voler estirpare la dimensione storica da cui hanno avuto origine i processi di decisione interna. La sfida sta nel riconoscere tali legami, assumerli, certo, come vincolo, ma anche come risorsa, orientando la propria azione organizzativa istituzionale secondo due direttrici fondamentali: cura del clima e sostegno all’apprendimento organizzativo.

Curare il clima significa porre attenzione alla dimensione psicologica degli individui e dei gruppi all’interno dell’organizzazione, favorire l’interazione tra le parti, lo scambio di percezioni, la valorizzazione dei contributi di ciascuno. In questo modo, si determinano le condizioni capaci di produrre motivazione personale alla riuscita, benessere professionale, senso di appartenenza all’organizzazione.

Sviluppare l’apprendimento organizzativo

È la prima delle leve verso lo sviluppo di una cultura organizzativa: nel recuperare l’elemento umano, si favorisce il propagarsi – per contatto, affiliazione, tradizione e consuetudine – di una cultura, implicita che si fa man mano esplicita, in cui la chiave sta nella tensione al miglioramento condiviso, possibile solo nella cornice di un apprendimento organizzativo continuo.

Sostenere l’apprendimento organizzativo significa investire nella cooperazione come metodo di lavoro, nella comunicazione diffusa come strumento di costruzione di identità, nella condivisione delle conoscenze di tipo teorico, pratico, procedurale, per la maturazione di condotte professionali, nella costruzione, in sintesi, di una comunità professionale come luogo di riflessione e crescita personale e collettiva[9]. Si innesca così il processo che testimonia la maturità dell’organizzazione e che veicola, al suo interno e all’esterno, informazioni ed esperienze, codificandole in norme e valori che orientano chi vi agisce.

Un investimento in queste due direzioni può assicurare l’unitarietà dei processi organizzativi anche nel contesto di nuove entità scolastiche autonome, frutto della fusione di più autonomie, rese fragili dal decremento demografico: si distribuiscono responsabilità, si tessono strutture e procedure, si controllano i processi stessi, si valutano gli esiti, il tutto nella cornice di una riprogettazione continua e dell’acquisizione di ulteriori apprendimenti.

Il Dirigente come agente di cambiamento

Lo scenario fin qui delineato traccia un modello di leadership orientato alla trasformazione in situazione, che punta alla valorizzazione dei singoli e dei gruppi, allo sviluppo qualitativo dei contesti collegiali, nei quali avviene la costruzione di apprendimenti organizzativi, producendo una moltiplicazione di leadership diffusa, capace di condurre l’organizzazione stessa, in un’ottica generativa, verso il miglioramento.

Si tratta di far gemmare processi innovativi, innestando sull’insieme di idee, stili, cornici di significato, storie, condivisi dai membri della comunità, i nuovi driver capaci di agire da dispositivi trasformativi. Il dirigente scolastico si pone così come agente di cambiamento, in grado di mobilitare le risorse presenti e convogliarle nella direzione dell’innalzamento della qualità dei processi e degli esiti.

Quali leve deve azionare il dirigente scolastico per intervenire sulle componenti “soft” finora indagate?

Orientamento strategico e organizzazione della scuola

Volendo rifarci alle aree di esplorazione della qualità del Rapporto di Autovalutazione[10], campo condiviso di indagine e riflessione interna alle scuole e tappa decisiva nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione[11], sicuramente possono essere agevolmente intercettati due principali ambiti afferenti all’area delle pratiche gestionali ed organizzative.

Innanzitutto, dovrà intervenire nell’area: “Orientamento strategico e organizzazione della scuola”. In questo ambito, il dirigente scolastico si muove su diverse aree strategiche.

1. Assicura la gestione unitaria dell’istituzione scolastica:

  • definisce gli indirizzi per le attività della scuola e le scelte di gestione per l’elaborazione del PTOF da parte del Collegio dei docenti e l’approvazione del Consiglio di Istituto;
  • indirizza la comunità scolastica per connettere le priorità individuate con i dati di contesto e di esito dell’Istituto.

2. Promuove l’utilizzo di strumenti di autovalutazione, monitoraggio, rendicontazione e trasparenza:

  • promuove la costituzione di un gruppo permanente per l’autovalutazione ed il monitoraggio dei processi;
  • definisce procedure per la diffusione dei risultati, per il loro utilizzo ai fini del miglioramento, per la rendicontazione pubblica.

3. Promuove la gestione strategica delle funzioni strumentali e dei docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica:

  • indirizza l’azione del Collegio dei docenti per definire le aree di azione di ciascun incarico in coerenza con le priorità strategiche adottate dalla scuola;
  • convoca riunioni periodiche con collaboratori e titolari di funzioni per esaminare l’andamento delle rispettive aree[12].

Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane

Inoltre, dovrà adeguatamente sostenere le azioni relative a “Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane”. Anche in questo settore, il dirigente scolastico ha molte responsabilità e competenze.

1. Promuove azioni per la formazione e la crescita professionale del personale:

  • promuove la partecipazione dei docenti ad iniziative formative interne ed esterne e ne rileva la ricaduta sull’intera comunità scolastica.

2. Promuove azioni finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali:

  • promuove e partecipa alla progettazione di un sistema organico di rilevazione delle esperienze professionali e delle competenze dei docenti e del personale ATA, finalizzato alla costituzione di una banca dati sempre aggiornata;
  • promuove la progettazione ed implementazione di un sistema di monitoraggio e controllo dell’efficacia dell’azione del personale cui siano stati affidati specifici compiti e funzioni.

3. Promuove azioni per incentivare la collaborazione tra insegnanti, le attività in gruppi di lavoro e la condivisione di strumenti e materiali didattici:

  • promuove la formazione di gruppi di lavoro come articolazioni funzionali del Collegio dei Docenti, per il presidio degli snodi critici dell’Istituzione Scolastica (es. costruzione curricolo, progettazione didattica, verifica, valutazione e attestazione delle competenze degli studenti, valutazione di Istituto ecc.)[13].

I processi e le azioni fin qui indicate come esempio delineano un modello di scuola nel quale si sviluppano competenze professionali, relazionali, organizzative e in cui si realizza una vera governance, capace di fare della dirigenza scolastica una leadership sostenibile.


[1] Concorso riservato di cui al D.M. n. 107 dell’8 giugno 2023 e concorso ordinario di cui al D.D.G. n. 2788 del 18 dicembre 2023.

[2] Art. 7, DM  13 ottobre 2022, n. 194, Regolamento concernente la definizione delle modalità di svolgimento delle procedure concorsuali per l’accesso ai ruoli della dirigenza scolastica, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

[3] Della stessa autrice “Il dirigente scolastico: agente di cambiamento” in “Rivista dell’istruzione”, n. 4, luglio-agosto 2019.

[4] Poliandri D., Epifani G., Sette S. (a cura di), Le Rubriche del RAV – Prime analisi, validità e affidabilità, uso da parte delle scuole delle Rubriche del Rapporto di Autovalutazione, in invalsi.it/snv/index (giugno 2024).

[5] Bourdieu P., Cultural reproduction and social reproduction, in Karabel J. e Halsey A.H. (a cura di), Power and ideology in education, Oxford University Press, Oxford-New York, 1977, pp. 487-511.

[6] Effetto della definizione del contingente degli organici dei Dirigenti scolastici e DSGA di cui al D.I. n. 127 del 30 giugno 2023 per il triennio 2024/2027.

[7] Weick K., Le organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole, 1988, in Zan S., “Logiche di azione organizzativa”, Il Mulino, Bologna.

[8] S. Zan (a cura di), Logiche di azione organizzativa, Bologna, Il Mulino, 1988.

[9] Butera, F. (1999), “L’organizzazione a rete attivata da cooperazione, conoscenza, comunicazione, comunità: il modello delle 4C nella Ricerca e Sviluppo”, in Studi Organizzativi, n. 2.

[10] Cfr. RAV. Rapporto di Autovalutazione.

[11] DPR 28 marzo 2013, n. 80, Regolamento sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione, art. 6.

[12] Cfr https://www.invalsi.it/invalsi/ri/prodis/documenti/Portfolio_DS_PUBBLICATO.pdf

[13] Ibidem