Pluralità e differenze

Una sfida costante per le scuole

La pubblicazione del Decreto-Legge 31 maggio 2024 n, 71[1] all’art. 11 ripropone la questione dell’integrazione degli alunni stranieri, individua nuove misure relative all’insegnamento dell’italiano prevedendo l’assegnazione, nei limiti delle risorse disponibili, di un docente dedicato all’insegnamento dell’italiano per stranieri. Ciò è previsto “per le classi aventi un numero di studenti stranieri, che si iscrivono per la prima volta al Sistema nazionale di istruzione e che non sono in possesso delle competenze linguistiche di base in lingua italiana, pari o superiore al 20 per cento degli studenti della classe a partire dall’anno scolastico 2025-2026. In mancanza di tale specifica assegnazione, le scuole del primo e del secondo ciclo possono fare accordi con i CPIA per avvalersi di risorse professionali eventualmente disponibili e, in ogni caso, a partire dall’A.S. 2024-2025 le scuole potranno promuovere attività di potenziamento didattico in orario extracurricolare a valere sulle risorse di cui al Programma nazionale «PN Scuola e competenze 2021-2027».

Alcune criticità

Prima che vengano emanati dispositivi applicativi della norma, possiamo già individuare alcune criticità in merito all’impostazione della questione. Queste riguardano, per esempio, la modalità di definire il campo di intervento, che è riservato solo ad alunni con cittadinanza non italiana entrati per la prima volta nel sistema scolastico con un vincolo numerico all’interno delle classi, che deve essere superiore al 20%. Riguardano anche le possibilità di utilizzo di docenti specializzati in servizio nei CPIA (Classe di concorso A023) che, ad oggi, sono solo 142: cioè circa un docente ogni 793 alunni iscritti nel 2023 nei Percorsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua italiana[2]. Inoltre la possibilità di utilizzare fondi dei Piani Nazionali per attività extracurriculari rimanda, ancora una volta, ad interventi non strutturali, limitati nel tempo, non incardinati nella didattica curriculare e, per i vincoli posti proprio dalle indicazioni della progettazione e rendicontazione dei Piani stessi, spesso affidati a soggetti esterni all’istituzione scolastica ancorché specializzati.

Alcuni dati

Per inquadrare meglio la questione ritengo sia utile fare riferimento ai dati che per l’anno scolastico 2023-2024 ci restituiscono uno scenario variegato con un incremento poco significativo rispetto all’anno scolastico precedente come risulta dalla seguente tabella[3].

Percentuale alunni con cittadinanza non italiana

Percentuali alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2022-2023Percentuali alunni con cittadinanza non italiana a.s. 2023-2024
Scuola dell’Infanzia13,714,1
Scuola primaria14,014,9
Scuola secondaria primo grado11,812,7
Scuola secondaria secondo grado8,68,6
Totale11,612,0

La presenza di tali alunni non è omogenea nel territorio nazionale, prendendo in esame le regioni in cui si registra una presenza maggiore si evince che solo in Lombardia il valore percentuale è significativamente superiore rispetto alla percentuale nazionale, come si vede nel grafico che segue[4].

Distribuzione regionale della percentuale alunni con cittadinanza non italiana

Nell’anno scolastico 2022-2023 la distribuzione percentuale degli alunni con cittadinanza non italiana vede al primo posto il Nord-Ovest dove è presente il 38% del totale nazionale, segue il Nord-Est (25,5 %), il Centro (22,6%); il Sud (9,8%) e le Isole (4,1%).

Alunni di seconda generazione

Questo tipo di distribuzione può essere attribuita anche all’incremento degli alunni “di seconda generazione” in quelle regioni dove le probabilità di occupabilità sono maggiori e dove, quindi, si stabilizzano le famiglie dei migranti.

Per quanto riguarda proprio le “seconde generazioni” i dati disponibili si riferiscono al 2021-2022 ma comunque sono significativi di una linea di tendenza che ormai caratterizza la presenza degli alunni con cittadinanza non italiana nel nostro sistema scolastico. Abbiamo una percentuale dell’83,1% nella scuola dell’infanzia, del 73,6% nella scuola primaria, del 66,9% nella scuola secondaria di primo grado e del 48,3% nella secondaria di secondo grado. Di contro, sempre con riferimento allo stesso anno, la percentuale dei neo-arrivati si attesta all’l’1,9% nella scuola primaria, al 3,9% nella secondaria di primo grado e al 3,3% nella secondaria di secondo grado.

Una realtà variegata

Da questi dati si può capire come la realtà di alunni e alunne con cittadinanza non italiana sia variegata non solo per distribuzione territoriale, ma anche per percorsi di vita e di studio che definiscono bisogni diversi (non solo linguistici) da cui devono necessariamente scaturire risposte didattiche e organizzative diversificate. Si legge in un documento ministeriale che risale a tre anni fa[5]: “le statistiche basate sulla cittadinanza non coprono totalmente l’entità dei giovani studenti di origine migratoria. Soprattutto se ci si pone dal lato dei bisogni. (…) vi sono, infatti, tipologie di studenti e studentesse che, pur provvisti di cittadinanza italiana, vivono in un ambiente familiare non italofono, dove si parla una lingua diversa da quella d’istruzione. Vi sono inoltre i figli di coppie miste così come alunni arrivati per adozione internazionale. La presenza di questi studenti nelle scuole e le questioni che ne derivano sono fatti di cui le comunità scolastiche sono senz’altro consapevoli e di cui già tengono conto negli specifici interventi e progetti di inclusione e di educazione interculturale”.

Fragilità e povertà educativa

Inoltre gli alunni con background migratorio spesso condividono le loro esperienze scolastiche con altri soggetti fragili in contesti socioeconomici e culturali che prefigurano un elevato rischio di “povertà educativa”[6], si pensi per esempio, per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, alla presenza maggiore negli istituiti professionali (14,4%) rispetto agli istituti tecnici (10, 8%) o ai Licei ( 5,4%)[7] o alla maggiore concentrazione in alcune scuole del primo ciclo collocate alcuni quartieri di grandi città in cui si trovano a vivere, per minore costo delle abitazioni, un numero più elevato di famiglie con percorsi migratori. Insomma la composizione socio-economica e culturale delle scuole contribuisce a rendere più difficoltoso il percorso di apprendimento per gli alunni e le alunne con percorsi migratori e, pertanto, un intervento mirato nei loro confronti deve essere pensato in maniera sistemica e complessa.

Sicuramente la maggiore presenza di docenti specializzati nell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, interventi mirati al recupero delle competenze linguistiche dell’italiano di base e/o percorsi specifici di alfabetizzazione possono migliorare l’apprendimento scolastico degli alunni stranieri, ma questo non deve tradursi in una qualche forma di ghettizzazione e di una riduzione delle opportunità formative prefigurando così un destino scolastico e lavorativo già segnato da marginalità ed esclusione sociale.

Approccio plurilingue e interculturale

Sia la ricerca in campo linguistico, sia i documenti europei[8], ma anche molte esperienze delle scuole convergono sulla positiva ricaduta che può avere, invece, un approccio plurilingue e interculturale, a partire dal riconoscimento della pluralità delle lingue presenti nelle classi e al potenziamento delle competenze linguistiche per tutti, nessuno escluso. La didattica plurilingue è una didattica che include:

  • riconoscendo la specificità di ciascuna lingua;
  • sottolineando l’uguaglianza fra le lingue;
  • incoraggiando lo sviluppo delle competenze plurilingui e interculturali
  • favorendo il mantenimento del bilinguismo, l’intercomprensione fra lingue affini, le pratiche di translanguaging, cioè l’importanza di imparare non solo le lingue ma anche attraverso le lingue.

Il plurilinguismo nelle classi diventa così una risorsa in quanto consente di potenziare la motivazione e la fiducia degli studenti nelle attività in classe; di sviluppare una maggiore consapevolezza e un atteggiamento positivo verso la diversità linguistica e culturale nell’intera comunità educativa; di sostenere lo sviluppo della literacy dei bilingui emergenti e del bilinguismo in generale.

Tutto ciò produce vantaggi anche nella consapevolezza metalinguistica per tutti gli apprendenti e consente di sostenere lo sviluppo delle abilità discorsive, in particolare nella stesura di testi. Lingua per la comunicazione e lingua per lo studio si interconnettono così nell’ottica dello sviluppo di competenze linguistiche plurali che meglio consentono di comprendere il mondo contemporaneo e di orientarsi negli scenari lavorativi e di studio del futuro.

L’importanza della formazione

Ciò postula una specifica formazione, iniziale e in servizio, per i docenti di italiano meglio ancora se tale specifica formazione viene condivisa con gli insegnanti delle lingue straniere. La consapevolezza da parte degli insegnanti di italiano della trasversalità dell’educazione linguistica e della specificità dell’insegnamento dell’italiano come L2 consente un migliore intervento agli insegnanti specialisti: interventi individualizzati o per piccoli gruppi possono integrarsi con la didattica curricolare per tutta la classe. Una attenzione specifica per l’insegnamento dell’italiano L2 andrebbe poi riservata nel percorso di formazione iniziale per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria. Una corretta impostazione plurilingue fin dal primo apprendimento della lettoscrittura costituisce il fondamento per lo sviluppo di tutte le competenze linguistiche. Infine proprio per consentire il superamento delle difficoltà linguistiche nello studio di tutte le discipline scolastiche, tutti gli insegnanti dovrebbero avere consapevolezza, anche attraverso momenti formativi mirati, della complessità dei testi per lo studio e della necessità di operazioni di semplificazione per gli apprendenti non italofoni, anche per quelli padroni della lingua per la comunicazione.

Una riflessione allargata, fra i docenti e all’interno delle scuole, su tutte queste questioni consentirà di superare l’ottica dell’integrazione e dell’inclusione, che presuppone sempre una asimmetria e una superiorità, anche linguistica, fra chi include e chi è incluso, per sviluppare invece una nuova cittadinanza nel segno di una “convivenza delle differenze”[9].


[1] Decreto-Legge 31 maggio 2024 n, 71 riguarda: “Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca”.

[2] Cfr. M. D’Agostino, Nuovi e vecchi profili di non italofoni e libri di testo, in Fare scuola con il libro di testo, (a cura di) L. Amenta, S. Loiero, Franco Cesati editore, 2024, pag.170.

[3] I dati della tabella sono frutto di una elaborazione di quanto presente nel sistema informativo del MIM, Portale unico dei dati della scuola, Anagrafe studenti e dalla pubblicazione MIM, Ufficio di statistica, Focus “Principali dati della scuola – Avvio Anno Scolastico 2023/2024”, settembre 2023.

[4] Fondazione ISMU ETS, Ventinovesimo Rapporto sulle migrazioni 2023 pag. 92.

[5] Ministero dell’Istruzione – Ufficio di Statistica, Alunni con cittadinanza non italiana, a.s. 2020-2021, a cura di Carla Borrini, Nota per la lettura pag. 7.

[6] Una disamina interessante sulla questione della povertà educativa si può ritrovare nel volume, O. Giancola, L. Salmieri, La povertà educativa in Italia, Carocci, 2023.

[7] Fonte MIUR – Portale unico dei dati della scuola, Anagrafe studenti, 2023.

[8] Si vedano a proposito il Quadro comune europeo di riferimento per le lingue Council of Europe Publishing, Strasbourg; il Common European Framework of Reference for Languages: learning, teaching, assessment – Companion volume, Council of Europe Publishing, Strasbourg. www.coe.int/lang-cef ; il Profilo della lingua italiana. Livelli del QCER A1,A2, B1 e B2 strumento integrativo al Quadro comune europeo di riferimento per le lingue Council of Europe Publishing, Strasbourg; il Portfolio Europeo per la formazione iniziale degli insegnanti di lingue (PEFIL), Consiglio d’Europa, Graz 2007; il CARAP, Quadro di Riferimento per gli Approcci Plurali alle Lingue e alle Culture, Council of Europe, 2012; la Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale, Council of Europe, 2010.

[9] L’espressione è di F. Acanfora, La convivenza delle differenze.