Dove va la dirigenza scolastica?

Il necessario equilibrio tra competenze amministrative e leadership educativa

In una stagione caratterizzata da due importanti tornate concorsuali per il reclutamento di Dirigenti scolastici, inevitabilmente si riaccende il dibattito sulla figura apicale del settore scolastico.

Preside, Capo d’istituto, Direttore, Rettore, queste denominazioni, talvolta utilizzate con toni nostalgici, nascondono spesso il rimpianto di un modello di leadership (quello del preside custode dei valori della scuola centralista) che piaceva praticamente a tutti e serbava una quantità di competenze implicite che l’interlocutore dava per scontate.

Le attuali considerazioni, all’indomani dello svolgimento delle prove scritte del concorso riservato (D.M. n. 107 dell’8 giugno 2023) e delle prove preselettive del concorso ordinario, (D.D.G. n. 2788 del 18 dicembre 2023) si aggiungono ad un dibattito che, fuori di dubbio, è stato sempre vivo e articolato lungo il quarto di secolo che ormai accompagna la figura del Dirigente delle scuole autonome.

Quale leadership per la dirigenza scolastica

L’esigenza di continuare il dibattito sulla figura dirigenziale è evidente in molti contesti. Tuttavia, appare opportuno sgomberare il campo da semplici conclusioni che sembrerebbero facilmente deducibili ascoltando il percepito dei partecipanti al concorso relativamente alla qualità delle prove ed alla loro inclinazione verso l’uno o l’altro modello di leadership scolastica.

Insomma, non si può definire in maniera univoca quale modello di dirigente scolastico, tra gli innumerevoli disponibili nel variegato “minestrone” delle definizioni che si possono trovare sugli scaffali delle librerie, quello che ha in mente chi prepara le prove di un concorso.

L’unico dato disponibile è che la complessità della professione postuli la necessità di procedure di reclutamento in grado di selezionare con efficacia delle professionalità tanto articolate.

Procedure di reclutamento sempre diverse tra loro

Il primo aspetto che emerge è dato dalla diversità, talvolta marcata, delle procedure per il reclutamento dei dirigenti scolastici. Nel corso del quarto di secolo nel quale si è svolta la storia della dirigenza scolastica non vi sono mai state due procedure identiche per la selezione dei neo assunti. Ci sono stati concorsi per i quali è stato necessario cambiare, ope legis, il regolamento poiché si rischiava che la complessità della procedura si trasformasse in inutili lungaggini, nel mentre le scuole restavano senza dirigente scolastico titolare. Altre procedure, al contrario, sebbene riservate e finalizzate a “sanatorie” di precedenti procedure, sono apparse eccessivamente rapide e inconsistenti in termini di selezione per competenze.

Con un quadro normativo che regola la professione sostanzialmente invariato, (D.Lgs. 165/01 e CCNL di area, praticamente identici nella sostanza) non si comprende il perché non si possa giungere alla definizione di una procedura concorsuale definita, solida e duratura che consenta, a coloro che aspirano alla professione di dirigente scolastico, la costruzione di specifiche competenze lungo un percorso di arricchimento della funzione docente altrettanto definito, solido e duraturo. 

Centratura sul compito

Le varie definizioni che, in letteratura e pubblicistica, si avvicendano sulla figura e sui compiti del dirigente scolastico discettano spesso sulla contrapposizione di due idee: l’una, aspramente criticata, che vede il dirigente scolastico centrato sugli aspetti amministrativi e burocratici e, perciò, lontano dalle esigenze di studenti, famiglie e personale della scuola; l’altra, più gradita, centrata sull’apprendimento, sulla costruzione di comunità educanti, sulla creazione di scenari, di visioni e di orizzonti educativi proiettati oltre l’immaginabile, con le necessarie ripercussioni sui processi della scuola, progettazione e realizzazione delle attività, valutazione, orientamento.

In verità una professione così complessa ed ancorata a un profilo plurimo di competenze, come quella del dirigente scolastico, non può prescindere dall’essere sintesi di capacità, modelli e idee, al punto da richiedere continui e ricorrenti “cambi di marcia” pur di svolgere pienamente il proprio incarico, da sempre riconducibile ad un macro compito: la garanzia del successo formativo per ognuno degli studenti che frequentano la scuola che si dirige.

Le competenze amministrative che attengono al funzionamento degli uffici ed alla loro organizzazione – spesso definite come “burocratiche” – sono storicamente incardinate sul profilo del dirigente pubblico e, quindi, del dirigente scolastico dalle norme vigenti. È difficile comprendere l’atteggiamento di chi non solo le intende come minori o deleterie per una professionalità vincente ma vorrebbe perfino cancellarle dal catalogo delle funzioni del dirigente scolastico che sarebbe danneggiato negli scopi e nelle finalità della professione, da una serie di inaccettabili “molestie burocratiche”.

Una stagione molto calda

L’attuale intensificarsi del dibattito sulla professione e sulle gravose incombenze amministrative e burocratiche è motivato da una serie di congiunture che si sono verificate ultimamente e che effettivamente hanno aumentato non poco il carico di lavoro dei dirigenti scolastici sia in termini di tempo sia in termini di intensità.

Il PNRR, ad esempio, con un numero di azioni ormai davvero insostenibili: finanziamenti, gestioni, monitoraggi e controlli che mettono a dura prova la pazienza e la resilienza dei partecipanti.

Il nuovo codice dei contratti pubblici, che ha rinforzato la figura del dirigente RUP consentendo acquisti diretti fino a 140.000 euro ma aumentando le responsabilità connesse alla gestione della rotazione dei fornitori e alle verifiche dei requisiti.

Il nuovo portale Consip per gli acquisti sul MEPA che, intendendo semplificare le procedure le ha, di fatto, rese molto più complicate, mettendo in crisi le segreterie e richiedendo sempre la gestione on line delle attività negoziali da parte del dirigente con il proprio accesso SPID o CIE. 

La gestione amministrativa

Probabilmente alcune delle considerazioni che portano a considerare il dirigente scolastico schiacciato dai compiti amministrativi associato ad un’idea negativa di professionalità, non considerano che anche in questo caso il dirigente scolastico è chiamato a presidiare processi bifasici o pluri-fasici, caratterizzati da fasi propedeutiche ed alternate nelle quali devono essere utilizzate competenze multiple, proprie del profilo professionale del capo di istituto e caratterizzate dallo specifico ruolo.

Quando si pensa ad un accordo di rete, ad esempio, è chiaro che lo scopo e gli effetti della rete sono al centro dell’attenzione e della riflessione del dirigente scolastico. Tuttavia anche la procedura di definizione dell’accordo, comune e correntemente realizzata nella maggior parte delle scuole, contempla vari passaggi di ordine amministrativo e burocratico che non possono essere in alcun modo evitati o aggirati a pena di ulteriori complicazioni, piuttosto moleste, quando si affronta la successiva fase della rendicontazione.

Conoscere, riconoscere, valorizzare

In buona sostanza le azioni dei dirigenti scolastici possono essere ispirate e conseguentemente curvate in maniera personale e secondo modelli di costruzione della professionalità assolutamente peculiari, non senza assumere però le vera e unica responsabilità, centrata, come acclarato, sul successo formativo degli studenti.

Una leadership fondata sull’apprendimento inclusivo deve necessariamente essere portatrice di una professionalità composita, non riconducibile ad un assetto di competenze che non sia pluriforme e flessibile, duttile e disposto alla complessità, sfondo integratore da trasformare in costante risorsa.

A fronte di una scuola nella quale la diversità determina una pluralità estrema di bisogni educativi, la presa in carico di variabili finora inesplorate, che attengono alle necessità di ogni studente, alle sue fragilità, alle sue potenzialità ed alle sue ambizioni, sogni e aspettative, determina ulteriore carico di compiti complessi, spesso consistenti in azioni di ascolto, di moral suasion, di sostegno e di supporto ad ogni livello di relazione.

L’azione dirigenziale per una scuola inclusiva

La necessità di garantire una scuola inclusiva, nella moderna visione, deve affrancare il concetto di inclusione dalla necessità di corrispondere solo a situazioni di bisogni educativi speciali. Occorre, invece, mirare decisamente, nelle azioni di un dirigente scolastico, verso una produttiva convivenza delle differenze e delle diversità, un effetto di interscambio e di interrelazione nei contesti accoglienti, una costruzione di contesti socio-culturali, relazionali, fisici, strutturali in grado di riconoscere i diritti-doveri di cittadinanza e la partecipazione scolastica e sociale di ogni persona.

Qualora le azioni volte alla costruzione di una comunità educante, mirata all’inclusione come diritto di ogni cittadino di vivere attivamente in una società pacifica, risultassero inconciliabili o perfino ostacolate dalle normali incombenze di ordine amministrativo/burocratico che un dirigente scolastico deve presidiare, questo sarebbe un preoccupante segnale di debolezza professionale. La maggior parte di esse deriva, infatti, dalla condizione di rappresentante legale dell’istituzione scolastica; secondo la vigente normativa questa prerogativa sorregge e mantiene oneri e responsabilità dei dirigenti scolastici.

Le fantasiose ipotesi di attribuzione di responsabilità diffuse tra i vari soggetti che svolgono funzioni statutarie (DSGA) o attribuite (staff dirigenziale), restano tali se non interviene un apposito dettato normativo che crei un middle management indirizzato a compiti con rilevanza esterna e sostenuto da precise disposizioni di legge. Nel frattempo, il dirigente scolastico può utilizzare l’istituto della delega di funzioni che, laddove ispirato da un attento intuitu personae e sorretto da un costante controllo delle azioni intraprese dai destinatari della delega e dei relativi risultati, costituisce una possibile ed efficace modalità di gestione della complessità di cui ogni scuola è emblematica portatrice.

Il cruscotto di un’astronave

Realizzare un controllo continuo delle innumerevoli variabili presenti in una scuola appare un compito arduo come effettivamente è. Tuttavia, occorre saper selezionare le variabili che non devono sfuggire dal controllo da quelle che, invece, possono essere monitorate in maniera più blanda. Alzandosi dalla plancia di una piccola imbarcazione da diporto e sedendosi al cockpit di un’astronave si potrebbe avere un’idea molto concreta tra il modello di professionalità del dirigente scolastico, percepito dagli stakeholder, e l’effettivo impegno in termini di controllo dei processi, in essere in qualsiasi scuola.

Le attività amministrative, non ultime quelle negoziali, con relativi obblighi di trasparenza e osservanza delle disposizioni anticorruzione, sono notoriamente un compito gravoso e impegnativo che deve essere finalmente percepito in maniera corretta da chi osserva la professione del dirigente scolastico dall’esterno.

Non infrequenti sono le espressioni di biasimo verso i dirigenti scolastici che sembrano “affogare nelle loro scartoffie” al punto da non riuscire a gestire processi importantissimi come l’ascolto e l’attenzione alle persone.

Eppure non è difficile comprendere che qualsiasi attività, azione, progetto, processo e monitoraggio che la scuola attiva, non può essere scisso da fasi indispensabili che fanno parte di procedimenti complessi ed articolati, seppure mirati esclusivamente al raggiungimento dell’obiettivo primario dell’autonomia della scuola: il successo formativo di tutti e di ciascuno.