Sono quasi 25.000 coloro che hanno presentato la domanda di partecipazione al concorso a dirigente scolastico, ma solo il 7% supererà la prova preselettiva. Il numero è molto alto rispetto ai 587 posti messi al bando. Poi ci sono coloro che accederanno al concorso riservato per i quali sono stati accantonati 392 posti a valere sulle facoltà assunzionali del triennio di riferimento.
Diversamente da quello del 2017, il concorso ordinario è regionale, ne consegue che il numero degli ammessi sarà molto difforme da regione a regione perché dipenderà dal rapporto tra candidati e numero di posti disponibili in ogni realtà territoriale. Nelle regioni del Nord i numeri sono più elevati, particolarmente nelle aree della pianura padano-veneta, in corrispondenza con i territori ad alta industrializzazione.
Dai dati del Ministero
Dai dati del Ministero dell’istruzione e del merito, pubblicati attraverso il Bando[1], si contano i seguenti numeri che riportiamo in ordine decrescente: Lombardia 156, Veneto 72, Piemonte 65, Toscana 54, Lazio 50, Campania 34, Puglia 32, Emilia-Romagna 28, Sicilia 26, Marche: 14, Abruzzo 12, Calabria 11, Friuli-Venezia Giulia 11, Sardegna 11, Liguria 6, Umbria 5 (per un totale di 587 posti).
In particolare, sono disponibili 338 posti al Nord, 135 al Centro e 114 al Sud e nelle Isole.
La mancanza di copertura dei posti dirigenziali al Nord è una situazione abbastanza ricorrente. Nelle regioni settentrionali, i giovani hanno maggiori possibilità occupazionali, sono pochi coloro che cercano un posto nella pubblica amministrazione, anche per la sua modesta attrattività. Lo abbiamo visto recentemente nei concorsi di accesso ai posti di insegnante nei diversi ordini di scuola, e ancor più per l’accesso a posti riservati al sostegno. Frequentemente si verifica che persone del Sud sostengono i concorsi al Nord. È un processo che porta a sanare la situazione, seppure parzialmente, subito dopo una tornata concorsuale. Ma il problema si ripresenta nel corso degli anni per via della mobilità. È naturale che il candidato che proviene dal Sud e vince un concorso dirigenziale, difficilmente è propenso a radicarsi in una nuova realtà per diverse ragioni familiari, ma anche per l’alto costo della vita.
Anche in passato si è cercato di arginare il fenomeno utilizzando strategie differenti, ma mai si sono rilevate risolutive. Ora si ritorna alla scelta della regionalizzazione e si spera che questa volta possa risultare più efficace.
La struttura delle prove
Il concorso si articola, come è noto, in tre prove: preselettiva, scritta e orale. La prova preselettiva consiste in 50 quesiti a risposta multipla, riguardanti i medesimi ambiti disciplinari della prova scritta, sarà superata da un numero di candidati pari a tre volte quello dei posti messi a concorso in ciascuna regione. La prova sarà di 75 minuti e ogni risposta esatta vale un punto.
Chi supera la preselettiva sarà ammesso alla prova scritta che si articola in 5 quesiti a risposta aperta e in due quesiti in lingua inglese centrata sugli ambiti disciplinari indicati nel regolamento della durata di 180 minuti. La valutazione massima raggiungibile sarà di 100 punti: 16 punti per ogni quesito a risposta aperta e 10 per i due in lingua inglese. La prova si ritiene superata al raggiungimento di un punteggio minimo di almeno 70 punti.
Gli ammessi alla prova orale si cimenteranno in un colloquio sugli stessi ambiti disciplinari della prova scritta, con l’aggiunta della verifica delle competenze informatiche (strumenti informatici e TIC) e della lingua inglese (livello B2). Il punteggio massimo raggiungibile dal candidato sarà di 100 punti: 82 al massimo per il colloquio; 6 punti per le conoscenze informatiche; 12 punti per la conoscenza della lingua inglese. La prova viene considerata superata dai candidati che conseguono un punteggio minimo pari almeno a 70 punti.
Di fatto il punteggio riportato alla prova preselettiva non verrà considerato nel computo complessivo volto a determinare la graduatoria e i relativi vincitori, anche perché lo scopo della prova preselettiva, come il termine stesso dice, è quello di evitare un numero eccessivo di partecipanti che l’amministrazione non potrebbe oggettivamente valutare in tempi ragionevoli. Va ricordato, tuttavia, che in passato, per selezionare professionalità adatte al profilo complesso e variegato del Dirigente scolastico, sono state sperimentate anche altre soluzioni. Per esempio, è stato previsto uno sbarramento per titoli, un tirocinio con l’elaborazione di un project work e una successiva verifica dopo il superamento della prova orale (è il caso del concorso del 2004)[2] o anche prove con situazioni simulate (è il caso del concorso del 2011)[3].
La curiosità del genere
Per la prima volta compare l’attenzione al genere che per tutte le regioni tranne che per la Sardegna, va a vantaggio di quello maschile. Laddove due candidati di genere diverso si trovino in graduatoria in situazione di parità, sia per punteggio conseguito sia per i titoli, e laddove non operino ulteriori benefici previsti da leggi speciali, qualora il differenziale tra i generi sia superiore al 30 per cento, opererebbe un titolo di preferenza in favore del genere meno rappresentato[4].
Tale disposizione è contenuta nell’art. 10 del Bando[5]. In realtà è stata introdotta dalle modifiche apportate al DPR n. 487 del 1994 dal DPR n. 82 del 16 giugno 2023.
È risaputo che nel mondo scolastico la percentuale di presenza femminile è molto alta pertanto la questione dell’equilibrio dei generi è stata prevista anche nel reclutamento del personale docente, ma prima ancora dovrebbe essere monitorata e sostenuta nelle scelte dei percorsi di studio e occupazionali in genere.
Esiti attesi
Dal quadro delle competenze che un dirigente scolastico deve padroneggiare, delineato nell’articolo 7 del Decreto del 13 ottobre 2022, emerge la necessità che la scuola deve dotarsi di figure dirigenziali di alta professionalità. Si tratta, però, di una dirigenza atipica considerando che un requisito imprescindibile resta quello di essere stati docenti di ruolo con almeno una un’anzianità di servizio di 5 anni. È sull’esperienza di insegnante che va costruita poi una professionalità diversa. Il dirigente scolastico deve essere in grado di condurre una istituzione scolastica tenendo sempre presente il miglioramento della qualità dell’apprendimento degli studenti; deve diventare il punto di riferimento per alunni, famiglie e comunità sul piano educativo e formativo; deve essere capace di gestire il personale in servizio che, come è noto, non viene scelto dal dirigente ma reclutato attraverso concorsi, graduatorie, processi di mobilità, cioè da procedure affidate a regole nazionali; deve riuscire a creare soprattutto un clima positivo di collaborazione e di scambio.
Una difficile transizione professionale
In realtà il passaggio dalla docenza alla dirigenza non è così facile, né immediato, anche per coloro che hanno ricoperto incarichi di collaborazione e si sono occupati di aspetti organizzativi. Diventare il riferimento per tutta una comunità rappresenta un carico rilevante, avvincente e di grande responsabilità soprattutto quando bisogna gestire le attese, intervenire nelle disfunzioni, promuovere cambiamento.
Il piano di formazione rivolto attualmente ai Dirigenti neo-assunti mostra tutta la complessità che quotidianamente deve essere affrontata; evidenzia come la presa in carico di un nuovo ruolo deve essere sempre accompagnata da un atteggiamento di ascolto e di attenzione verso i problemi delle istituzioni, degli studenti, delle famiglie, né si possono trascurare le esigenze dei diversi collaboratori.
Alla fine degli anni ’90, già Hubermann[6] aveva dimostrato per transitare verso una diversa professione lavorativa occorrono almeno 5 anni di servizio. È un tempo necessario per poter capire i problemi presenti nella scuola e per affrontarli senza eccessiva ansia di prestazione, per condurre in forma democratica e collaborativa un’istituzione complessa come è quella scolastica.
Il ciclo di vita
Diverse sono le fasi del ciclo di vita professionale nel panorama del contesto scolastico. In genere si fa riferimento a 5 fasi:
- da 1 a 3 anni è la fase di ingresso nella professione. Una specie di “Pre-service” in cui il professionista è ancora in formazione iniziale. Qui prevale la sensazione di incertezza;
- da 4 a 6 anni è la fase in cui il dirigente “Novice principal” presenta ancora una scarsa consapevolezza situazionale, ma si avvia verso una prima fase di stabilizzazione e di consolidamento delle pratiche;
- da 7 a 25 anni è la fase in cui si sperimenta la diversificazione. Qui, in genere, aumentano anche le azioni innovative e di sperimentazione;
- dai 25 ai 35 anni il dirigente avverte una maggiore distanza dagli eventi e mostra la tendenza al conservatorismo;
- dai 35 ai 40 anni, quasi tutti i professionisti mostrano maggiore tranquillità, ma anche un progressivo disimpegno.
Tutte le fasi del ciclo di vita professionale dovrebbero essere accompagnate attraverso azioni di formazione mirata, in particolar modo quella di avvio verso la nuova professione.
[1] Concorso per titoli ed esami per il reclutamento di dirigenti scolastici nei ruoli regionali presso le istituzioni scolastiche statali.
[2] Corso concorso selettivo di formazione per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria e secondaria di primo grado e per la scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi (Decreto pubblicato sulla G. U., 4a serie speciale, n. 94 del 26/11/2004).
[3] D.D.G. 13 luglio 2011: Concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi: art. 10, La seconda prova scritta consiste nella soluzione di un caso relativo alla gestione dell’istituzione scolastica con particolare riferimento alle strategie di direzione in rapporto alle esigenze formative del territorio.
[4] Vedi “Reclutamento dei dirigenti scolastici”, Scuola7 – 356.
[5] Ibidem nota 1
[6] Hubermann (1989) ha svolto in Svizzera, su cinque anni tra il 1984 e il 1989, un’importante ricerca finalizzata a comprendere se il percorso professionale degli insegnanti sia caratterizzato da fasi comunemente vissute o se queste siano differenti in base al momento storico della carriera professionale (Hubermann, 1989). L’indagine ha coinvolto 160 insegnanti delle scuole secondarie di Vaud e Ginevra ai quali è stato chiesto di esprimersi in modo approfondito sulla propria carriera e sul proprio vissuto professionale.