È giunto il momento di fare il punto sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il programma con cui l’Italia si propone di gestire i fondi del Next Generation EU, strumento per il rilancio strategico introdotto dall’Unione Europea a seguito della pandemia provocata dal Covid. Le risorse stanziate per il PNRR risultano attualmente pari a 191,5 miliardi di euro, ripartite in sei missioni.
- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura – 40,32 miliardi
- Rivoluzione verde e transizione ecologica – 59,47 miliardi
- Infrastrutture per una mobilità sostenibile – 25,40 miliardi
- Istruzione e ricerca – 30,88 miliardi
- Inclusione e coesione – 19,81 miliardi
- Salute – 15,63 miliardi
Per finanziare ulteriori interventi è stato approvato un Piano nazionale complementare (PNC) con risorse pari a 30,6 miliardi di euro. Complessivamente, dunque, gli investimenti previsti dal PNRR e dal Fondo complementare sono pari a 222,1 miliardi di euro.
I primi progetti del PNRR nella scuola
Il PNRR ha avuto una fase di rodaggio con alcuni micro-progetti, nella scuola, ma non per questo meno significativi. Alcuni sono stati avviati già nel 2022:
Missione 1 – Componente 1 – Asse 1 – Investimento 1.2 – Abilitazione al Cloud per le PA locali.
Missione 1 – Componente 1 – Investimento 1.4 – Misura 1.4.1 Esperienza del cittadino nei servizi pubblici – realizzazione di un nuovo sito web conforme alla normativa sulla privacy.
Missione 4 – Componente 1 – 2.1 Didattica Digitale Integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico – relativo all’Animatore digitale.
Missione 4 – Componente 1 – Investimento 3.2 – Scuola 4.0: Scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori – Spazi e strumenti digitali per le STEM.
La fatidica scadenza del 28 febbraio 2023
Entro il 28 febbraio 2023 occorreva compilare, sulla piattaforma FUTURA, tre progetti strategici:
- Missione 4 – Componente 1 – Investimento 3.2 – Scuola 4.0 Azione 1 “Next Generations Classrooms”, con successiva proroga sino al 30 novembre 2023. Concluso formalmente, le scuole stanno tuttora ricevendo le nuove attrezzature e i nuovi arredi per gli “ambienti di apprendimento” che, in tal modo, fanno il loro definitivo, diffuso ingresso nella scuola italiana.
- Missione 4 – Componente 1 – Investimento 3.2 – Scuola 4.0 Azione 2 “Next Generation Labs”, anche in questo caso con successiva proroga sino al 30 novembre 2023 e un forte impulso al potenziamento dell’infrastrutturazione laboratoriale in prospettiva dell’automazione, della robotica e della intelligenza artificiale.
- Missione 4 – Componente 1 – Investimento 1.4 – Misura 1.4.1. “Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nel I e nel II ciclo della scuola secondaria e alla lotta alla dispersione scolastica”, con scadenza ravvicinata al 31 dicembre 2024: cuore della capacità della scuola italiana di affrontare una duplice sfida, la questione educativa, con i suoi divari, della questione sociale, con le sue sperequazioni.
Il completamento del Piano alla fine del 2023
Sul finire del 2023, tra novembre e inizio dicembre, sono uscite altri due indicazioni.
- Missione 4 – Istruzione e Ricerca – Componente 1 – Potenziamento dell’offerta di servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università – Investimento 3.1. “Nuove competenze e nuovi linguaggi”. Dapprima la piattaforma è stata aperta dal 15 novembre al 15 dicembre, poi, ragionevolmente, è stata prorogata all’8 febbraio 2024.
- MISSIONE 4 – Istruzione e Ricerca – Componente 1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università Investimento 2.1: Didattica digitale integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico – Formazione del personale scolastico per la transizione digitale (D.M. 66/2023). I tempi per inserire in piattaforma la progettazione fissati, infine, entro il 29 febbraio 2024.
Entro il 31 dicembre 2025 tutto dovrebbe essere concluso. Forse sarebbe opportuno allineare a questa scadenza anche il PNRR anti-dispersione, fissata, invece, come si è visto, al 31 dicembre 2024.
Vecchi acronimi per rinnovati propositi
L’investimento 3.1 (M4C1) riguarda “Nuove competenze e nuovi linguaggi” ed è volto a potenziare gli aspetti culturali di base della nostra scuola, privilegiando, soprattutto, le abilità digitali, le abilità comportamentali e le conoscenze applicative. In modo particolare si punta sui corsi per le discipline STEM, per il CLIL e per le certificazioni linguistiche.
- L’acronimo CLIL sta per Content Language Integrated Learning, vale a dire una didattica laboratoriale ed esperienziale che si riferisce a una metodologia che integra contenuti disciplinari in una lingua diversa da quella che gli studenti usano comunemente.
- L’acronimo STEM, com’è noto, sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics. Le attività proposte mirano al rafforzamento delle competenze STEM di studentesse e studenti e spaziano in un ventaglio tematico che comprende le discipline scientifico-matematiche, le neuroscienze, il pensiero computazionale, la cittadinanza digitale, i nuovi linguaggi digitali.
In questo caso si tratta di un rafforzamento delle competenze STEM, digitali e di innovazione in tutti i cicli scolastici, con particolare attenzione al superamento dei divari di genere nell’accesso alle carriere STEM per incoraggiare la partecipazione ai percorsi di studio nelle discipline STEM delle studentesse superando gli stereotipi di genere.
Un’occasione preziosa
Dal PNRR scaturiscono, in sintesi, in maniera prioritaria, oltre alle attività volte a sviluppare discipline STEM, CLIL e certificazioni linguistiche, moltissime altre iniziative come quelle per la cura di nuovi “ambienti di apprendimento”, laboratori innovativi (dalla robotica laboratoriale verso l’Intelligenza Artificiale). Con i fondi del PNRR dovranno essere incrementate strategie di contrasto alla dispersione, ma anche numerosi piani per l’orientamento che coinvolgono non solo direttamente gli studenti, ma prima ancora gli stessi insegnanti (docente orientatore, docenti tutor, piattaforma UNICA); dovrà essere rilanciata la formazione docenti e realizzati nuovi concorsi per il reclutamento; non da ultimo, dal PNRR si sta delineando anche la riforma dell’istruzione tecnica e professionale con il varo sperimentale della filiera tecnologico-professionale 4+2.
Da Didacta, alcune considerazioni
Il PNRR certamente rappresenta un’occasione preziosa per orientare l’offerta formativa e rafforzare il diritto all’apprendimento unendo soprattutto architettura scolastica innovativa e competenze digitali al servizio dell’insegnamento e dell’apprendimento. Nella recente edizione di Didacta, che si è svolta tra il 20 e il 22 marzo 2024, presso la Fortezza da Basso a Firenze, per esempio, è emerso che:
- la scuola è più avanti di quanto comunemente si creda;
- oltre al PNRR ci sono altre opportunità, soprattutto nell’ottica educativa europea, come i progetti Erasmus+ (sono importanti e hanno bisogno solo di essere ben governati);
- il paradigma per farlo può essere quello musivo (funzionale, come per la realizzazione di un mosaico).
Occorre prendere congedo, quindi, dalle visioni organicistiche, tanto più se verticistiche, top-down, per incamminarsi verso un percorso più orizzontale e, insieme, pragmatico e proattivo, che, dalle reali opportunità sappia trarre il massimo beneficio possibile, grazie al metodo del comporre, dell’assemblare, dell’unire insieme tutte le tessere del puzzle.
Senza mai dimenticare che il PNRR non è solo un “prendere” (i già menzionati 222,1 miliardi di euro, un terzo circa dei quali a fondo perduto), ma anche un “dare”. Risorse contro riforme, perché l’Italia possa stare dentro lo standard del 10% convenuto in sede europea. Sviluppo delle STEM, CLIL, Competenze plurilinguistiche e tutto ciò fa bene alla scuola e su cui il PNRR ha investito.
Dalla vecchia aula ai nuovi ambienti di apprendimento
Per esempio, da anni si parla di “ambienti di apprendimento”. Ora si può passare delle parole ai fatti. Già la legge 107 del 13 luglio 2015 (art. 1, comma 153) introduceva il concetto di “Scuole innovative” proponendo un approccio concreto. Parlava di profilo architettonico, impiantistico, tecnologico, di alta efficienza energetica, con spazi sociali volti a garantire la salute e la sicurezza.
Dobbiamo incominciare a preparare la scuola che verrà, quella per chi nasce ora e che nel 2043 a 19 anni finirà il suo ciclo di studi secondari. Dobbiamo pensare a questa scuola fin da subito, e dobbiamo renderla possibile. La contrapposizione tra virtuale e reale, a cui oggi spesso si attribuisce l’onere dei principali problemi dei nostri giovani, non spiega come stiano realmente le cose, neanche in campo educativo e didattico. I due ambiti possono non essere contrapposti ma completarsi ed integrarsi reciprocamente.
Vi è una relazione tra dispersione e digital divide. Anche in questo caso l’integrazione è il valore principale che connoterà i futuri possibili. Pensiamo, per esempio, all’importanza, sul piano educativo e didattico, di integrare in maniera sempre più efficace il testo cartaceo con i sussidi digitali. Una buona integrazione crea maggiore attrattività anche nelle diverse forme di fare scuola, contrastando, conseguentemente, la stessa dispersione scolastica. In questione non è la presenza “o” la distanza, ma la presenza “e” la distanza.
Prendere sul serio il contrasto alla dispersione
I dati INVALSI confermano gli esiti negativi sulla dispersione, esplicita e implicita. Questi dati però non ci dicono che dobbiamo tornare a un “prima”, perché la scuola della presenza non è stata solo benessere. Occorre guardare oltre, cogliendo l’occasione per affrontare i limiti strutturali del sistema scolastico. Occorre puntare su una didattica che sia in grado di prendere sul serio la sfida dell’inclusione e dell’integrazione, sia in presenza, sia fruendo della competenza digitale.
Negli ultimi dieci anni l’Italia ha realizzato dei progressi nella riduzione degli abbandoni precoci, scesi dal 20% del 2007 al circa 14% attuale; ma siamo lontani dalla soglia sotto il 10% fissata in sede europea. Ancora troppo alto il numero degli Early Leavers o ELET (Early Leaving from Education and Training) o NEET (Not in Education, Employment or Training). I livelli di competenze degli studenti italiani sono troppo variabili sia in relazione alle aree geografiche sia in relazione al tipo di scuola frequentata; un fenomeno non disgiunto dalle condizioni socio-economiche e familiari.
Recentemente il Censis ha sottolineato come il nostro Paese si collochi all’ultimo posto nella graduatoria europea della percentuale di coloro che hanno migliorato la propria situazione economica rispetto a quella della famiglia di origine. Possiamo ancora dire che il futuro si gioca in classe? Lì ci sono le opportunità. Lì si sono anche le radici della mancata equità del sistema. Occorre rimettere in moto l’ascensore sociale. Servono ricerca e sperimentazione, formazione e personalizzazione dei curricoli, azioni coordinate per un recupero che non sia un mero escamotage, ma un programma strutturale di lunga durata.
Nuovo umanesimo e cultura scientifica
L’acronimo STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) rinvia alla nuova prospettiva europea dell’educazione e, in particolare, alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, promosse dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea il 18 dicembre 2006 e poi successivamente dalla Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018. Tra le 8 competenze chiave, la numero 3 riguarda specificatamente le discipline sulle quali dobbiamo investire: è la “Competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria”. In inglese: Mathematical Competence and Competence in Science, Technology and Engineering.
L’Italia ha profonde radici nell’Umanesimo. Le grandi questioni dell’attuale condizione umana possono essere affrontate e risolte attraverso la stretta collaborazione fra le discipline e fra le diverse culture. È importante quindi capire come la scienza, la tecnologia e le loro applicazioni possono servire per vivere meglio. È la persona però che deve conservare sempre la sua centralità. La scuola deve essere sempre più fondata non solo sul sapere, ma anche sul saper fare e sul sapere essere, su una cittadinanza che ha origini proprio tra i banchi e nelle aule. Da qui l’importanza di costruire “ambienti di apprendimento” sempre più efficaci. Anche grazie alle discipline STEM la scuola può ricevere nuovi impulsi a beneficio di tutte le tipologie di istruzione (professionale, tecnica e liceale).
La competenza digitale
Il D.M. 66 del 12 aprile 2023 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza si riferisce alla didattica digitale integrata e alla formazione alla transizione digitale per il personale scolastico. È un decreto che costituisce una enorme opportunità per le scuole che possono utilizzare notevoli risorse per migliorare la loro infrastruttura digitale, avere accesso a formazione specializzata per il personale docente e sfruttare nuove tecniche didattiche per arricchire l’esperienza educativa degli studenti. Nella nota del 7 dicembre 2023 sono state poi date le istruzioni operative. I tre filoni formativi sono:
- percorsi di formazione sulla transizione digitale;
- laboratori di formazione sul campo;
- comunità di pratiche per l’apprendimento.
La priorità assegnata a questi filoni è collegata alla nuova prospettiva europea dell’educazione e, in particolare, come abbiamo già detto, alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2006-2018). In entrambe le versioni la competenza digitale èintesa come il saper utilizzare, con dimestichezza e spirito critico, le tecnologie nella società dell’informazione, per lo studio, il lavoro, il tempo libero, la comunicazione.
È importante, dunque, fare un deciso passo in avanti verso una competenza digitale orientata al nuovo umanesimo educativo. Si tratta di sperimentare percorsi formativi avanzati. Per esempio, i nuovi testi in formato digitale possono comportare sostanziosi benefici per le famiglie, specie per quelle con minore capacità di spesa. Per non parlare della maggiore empatia che può creare tra gli studenti, soprattutto per la spinta al superamento della logica trasmissiva, ponendo al centro non solo chi insegna, ma anche chi apprende.
Nuovi patti di comunità
Dal PNRR è possibile riconfigurare, con una metodologia innovativa, il “patto educativo di comunità”. Sono in gioco le autonomie scolastiche e le autonomie locali, ci sono le “due gambe” del sistema sociale e sanitario, ASP e ASL, insieme al capitale sociale di comunità e al tessuto produttivo. È in gioco anche il mondo non profit, sia di taglio associativo, sia quello legato al volontariato.
Non casualmente, per la prima volta, in una progettualità affidata alle autonomie scolastiche, nel PNRR si fa riferimento, in modo esplicito, al valore della “giustizia minorile”. La speranza è che da tale riferimento si faccia prevalere la prevenzione e la cultura della convivenza. Purtroppo anche dalla cronaca emerge un allarme sociale dentro e fuori le scuole, e non sempre si è in grado di rispondere in maniera adeguata.
Inutile dire che gli effetti a distanza del PNRR non si faranno sentire immediatamente, speriamo che avvenga comunque a tempo breve. È importante che tutte le misure del PNNR siano inseriti nel Sistema Nazionale di Valutazione, quindi nella sequenza ordinata che va dal Rapporto di Autovalutazione (RAV) al Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF, specie in vista del prossimo triennio 2025-2028), dal Piano di Miglioramento (PdM) alla Rendicontazione Sociale (RS).