Ogni anno l’Istat, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e con il Ministero dell’istruzione (ora MIM) effettua una rilevazione sull’inserimento degli alunni[1] con disabilità nelle scuole statali e non statali. L’indagine[2] intende rilevare sia le risorse, le attività e gli strumenti in dotazione alle Scuole, sia le caratteristiche socio-demografiche ed epidemiologiche degli studenti a cui l’offerta formativa si rivolge. Vengono proposti due questionari, uno relativo alla scuola, a cura del Dirigente Scolastico, l’altro relativo agli alunni, a cura dell’insegnante per il sostegno o del Referente di riferimento. L’indagine è condotta per via telematica. Di seguito si propone una selezione delle categorie oggetto dell’indagine.
Numerosità degli alunni e profili di disabilità
Nell’anno scolastico 2022/2023 risultano censiti 338.000 alunni con disabilità, pari al 4,1% degli iscritti, quasi 21mila in più rispetto all’anno precedente (+7%). Notevoli le differenze in termini di genere: gli alunni con disabilità sono prevalentemente maschi, 229 ogni 100 femmine.
La disabilità intellettiva costituisce il problema più certificato e riguarda il 37% degli studenti nel totale degli ordini scolastici, quota che cresce nelle Secondarie di I° e II° grado attestandosi rispettivamente al 42% e al 48%; seguono i disturbi dello sviluppo psicologico, 32% degli studenti, che aumentano nelle scuole del primo ciclo, in particolare nella Scuola dell’Infanzia (57%). Frequenti anche i disturbi dell’apprendimento e quelli dell’attenzione, più diffusi tra gli alunni della Secondaria di primo grado, rispettivamente il 26% e il 21%. La condizione di pluridisabilità interessa invece il 39% degli studenti. Il 28% manifesta infine problemi di autonomia.
Dotazione, ore di sostegno e discontinuità del rapporto
I docenti specializzati sono circa 228mila, quasi 218.000 nella scuola statale e 10.000 nella scuola non statale (fonte Istat), con un incremento complessivo rispetto all’anno precedente del 10%. A livello nazionale, il rapporto è pari a 1,6 alunni per ogni insegnante per il sostegno.
I docenti senza titolo sono più di 67.000 insegnanti (il 30%) non ha il titolo specifico. Questo fenomeno è più frequente nelle regioni del Nord, 42%, meno nel Mezzogiorno, 15%. Negli ultimi quattro anni la quota di insegnanti senza titolo è però diminuita, passando dal 37% dell’anno scolastico2019-2020 al 30% dell’anno scolastico 2022-2023.
Il numero medio di ore settimanali di sostegno per ciascun alunno ammonta a 15,3, ma diminuisce nel passaggio dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado. Il 4% delle famiglie ha presentato ricorso al TAR, ritenendo l’assegnazione delle ore non adeguata. I ricorsi più frequenti (5,4%) avvengono nel Mezzogiorno.
La quota di alunni che ha cambiato insegnante rispetto all’anno precedente (2021/2022) è pari al 59,6%, sale al 62,1% nella Secondaria di primo grado e raggiunge il 75% nelle scuole dell’infanzia. Il fenomeno è stabile su tutto il territorio nazionale e senza significative differenze rispetto al passato.
Dotazione risorse informatiche
Il 73% delle scuole primarie e secondarie dispone di postazioni informatiche adattate, presenti al 27% nelle Scuole dell’Infanzia. La dotazione maggiore si registra in Emilia Romagna e nella Provincia autonoma di Trento (entrambe con l’81%). Tuttavia più di una scuola su quattro definisce insufficienti le dotazioni. Questa carenza aumenta nel Mezzogiorno. Il 48% delle scuole dispongono di postazioni informatiche in classe, ma la quota diminuisce nel Mezzogiorno. Il rimanente 52% dei plessi scolastici è attrezzato con le TIC solo nei laboratori o nelle aule per il sostegno.
Sostegno dentro o fuori la classe
Gli alunni trascorrono in media 7,2 ore del loro tempo-scuola fuori dalla classe, quota oraria che cresce al 9,7 nel Nord. Per oltre il 52% dei ragazzi l’insegnante di sostegno orienta la sua attività all’alunno con disabilità, ma con momenti di coinvolgimento dei compagni. Nel 17% dei casi l’attività dell’insegnante è rivolta unicamente allo studente con disabilità.
Approfondimenti tematici
Nel quadro generale dell’indagine, alcuni aspetti come l’aumento delle certificazioni, l’incremento del contingente, la discontinuità e l’operatività dell’intervento di sostegno, meritano un approfondimento.
Aumento delle certificazioni – L’aumento non è solo rispetto all’anno scolastico 2021/2022, ma costituisce una costante nella serie storica, per cui la percentuale degli alunni con disabilità sul totale dei frequentanti è salita dall’1,9% dell’anno scolastico 2004/2005 al 3,64% dell’anno scolastico 2020/2021, con una crescita da. 167.000 circa ad oltre 304.000 unità, a fronte di una diminuzione, nello stesso periodo, degli alunni frequentanti le scuole italiane (-6%).
Le percentuali più elevate si registrano nelle classi di passaggio (IV-V Primaria, III Secondaria del primo, secondo e terzo anno della scuola secondaria di secondo grado), ma non è da sottovalutare quel 57% di bambini con disturbi psicologici nella scuola dell’Infanzia[3].
Incremento del contingente – I docenti di sostegno passato dall’8,6% nell’anno scolastico 2001/2002 al 20,3% nell’anno scolastico 2020/2021. Riguardo al possesso del titolo di specializzazione, nell’anno scolastico 2021/2022 ancora più di 70 mila (32%) ne erano sprovvisti, con punte del 42% tra il personale assunto al Nord.
Ore di sostegno per alunno e discontinuità dei docenti – In questo caso più delle medie statistiche valgono gli interventi attivati “sul campo” che quasi sempre certificano l’inadeguatezza delle ore di sostegno assegnate per singolo soggetto. Il consistente turnover dei docenti conferma le “debolezze” di un sistema di reclutamento ancora all’insegna della precarietà professionale e la “schizofrenia” di un sistema scolastico che consente all’insegnante dopo 5 anni la “transizione” dal sostegno all’insegnamento su materia.
Operatività dell’intervento di sostegno – Rispetto all’ampia gamma di modalità organizzativo-didattiche, entro cui si realizza l’azione del docente di sostegno (e del progetto di Scuola),il Report così recita: “Il rapporto con i coetanei gioca un ruolo fondamentale sul piano relazionale e dell’apprendimento, per questo motivo è auspicabile che… l’attività dell’insegnante per il sostegno non sia rivolta esclusivamente all’alunno con disabilità, ma riguardi l’intero gruppo classe, in un’ottica di interazione e collaborazione, evitando situazioni di isolamento”.
interrogativi e questioni aperte
Il processo di inclusione nella scuola italiana, sia che si parli di disabilità, o di convivenza multiculturale, o di fallimenti formativi, o quant’altro, è lungi dall’essere compiuto. Il cammino è ancora faticoso e spesso contradditorio. I paradigmi come integrazione, inclusione, accoglienza, sostenibilità, comunità educante, cultura del rispetto…, non sono “etichette”, ma realtà processuali i cui traguardi da conseguire implicano consolidate competenze e “olio di gomito” e non sempre il “successo” è scontato[4].
Muovendo da questo assunto, vengono esplicitate alcune considerazioni, sotto forma di interrogativi e di questioni aperte, senza per questo disconoscere i progressi che il sistema-scuola ha realizzato dall’epoca delle “classi differenziali” (R.D. n. 1297/1928) ad oggi[5].
- Le difficoltà che in questi anni la scuola “militante” ha incontrato (e continua ad incontrare) nel gestire le dinamiche relazionali in classe, l’eterogeneità della popolazione scolastica, i complessi stili di apprendimento degli studenti, la inadeguata dotazione di risorse umane e materiali, la pressione delle Riforme parzialmente assimilate, possono aver incentivato fenomeni di allargamento strisciante[6] della platea dei disabili, al limite della medicalizzazione, quale surrogato ma anche dispositivo di “difesa” rispetto alle suddette criticità?
- Nello specifico tale meccanismo ha “colpito” in maniera molto consistente la popolazione degli studenti stranieri che ha “collezionato” percentuali di certificazioni abbastanza elevate (il 14,3% sul totale degli alunni certificati nell’anno scolastico 2020/2021, con punte del 25,9% in Lombardia, del 24,2% in Emilia-Romagna, del 23,3% in Veneto).
- Non sarebbe opportuno e utile approfondire, con indagini statistiche mirate, la correlazione tra povertà materiale/educativa e certificazioni di disabilità? “Le persone che vivono in condizione di povertà sono più vulnerabili, si ammalano più facilmente e corrono un rischio maggiore di contrarre una disabilità” osserva la rivista online “Redattore Sociale”, riportando le analisi di ENIL[7]. Del resto molte ricerche hanno da tempo evidenziato la “connessione” tra disagio sociale e rendimento-successo scolastici, da ultima quella condotta da CBM e Fondazione Zancan e pubblicata, dicembre 2023, come il Rapporto su “Disabilità e povertà nelle famiglie italiane”[8].
- Non bisogna infine dimenticare che il nostro sistema scolastico, ingessato tra classi numerose, mediocri sinergie tra docenti di sostegno e docenti di classe, complicità con le ASL, problemi di organico, fittizia formazione in servizio del personale, concorre spesso ad acutizzare condizioni di vulnerabilità psicofisica o di svantaggio ambientale già “latenti” nello studente[9]. Rilevate tali criticità, rimangono sul tappeto due grandi questioni di sistema per la nostra scuola:
- l’inadeguatezza del suo attuale assetto ordinamentale ed organizzativo che vede confliggere traiettorie innovative con dispositivi obsoleti tra cui, selezionando, la classe come unità amministrativa, il profilo impiegatizio del personale docente, la ex Scuola Media “ibernata” nei suoi 60 anni;
- l’incapacità di dare risposte, a livello di equità e di diritti esigibili, ad una considerevole quota di popolazione, che si affaccia ad un servizio pubblico nella speranza di poter migliorare il proprio status socio-culturale. Ne riceve molte volte servizi formativi inadeguati che rischiano di alimentare la segregazione sociale già in atto. In questo senso segregazione sociale e segregazione scolastica si alimentano a vicenda.
Assumiamo il fenomeno della segregazione scolastica non come riferimento soltanto delle problematiche indotte dalla presenza di più etnie a scuola, ma anche con riguardo alle azioni di segno escludente che spesso la scuola realizza all’interno della sua ordinaria offerta formativa: ad esempio nei processi e nelle procedure di composizione delle classi, di valutazione, di recupero/compensazione, di gestione delle dinamiche relazionali, di orientamento scolastico, di predisposizione di idonei ambienti di apprendimento, di apertura al territorio, di integrazione del curricolo[10].
[1] Si usa il maschile per non appesantire la scorrevolezza del testo.
[2] La fonte dei dati dell’indagine è il Focus del Servizio Statistico, DGSIS, del MIM, aggiornato a marzo 2022. Se diversa, viene indicata.
[3] I dati delle certificazioni non comprendono le diagnosi per gli alunni con DSA che nell’anno scolastico 2020/21 hanno raggiunto quota 326.548, di cui 198.128 con attestazione di dislessia e 5.091 pre-diagnosticati nella Scuola dell’Infanzia e nei primi due anni della Primaria. Fenomeno di “Iper-diagnostica”, o di “grande malattia” come denuncia R. Iosa. Altri spiegano tale aumento con il diffondersi dei programmi di screening preventivi precoci.
[4] Vds. Soresi S., Dire le diversità, Ed. Messaggero, PD, 2020.
[5] Si segnalano sul tema dell’inclusione “problematizzata” i siti www.invalsiopen.it/argomenti/equita-inclusione/, www.roars.it , www.erickson.it , www.s-sipes.it .
[6] Vds. AA.VV., Ass.ne TreeLLLe, Caritas Italiana, Fondazione G. Agnelli, Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte, Erickson, 2011
[7] Vds. www.redattoresociale.it/article/notiziario/enil_chi_e_povero_rischia_di_diventare_disabile_ENIL, European Network on Independent Living, è un’organizzazione che sviluppa tematiche sulla disabilità.
[8] Vds. Disabilità e povertà nelle famiglie italiane, ma pure: Come la condizione familiare incide sugli apprendimenti degli studenti; Perché soffriamo ancora di povertà educativa; D. Trovato, La povertà educativa, Rivista dell’Istruzione, n. 5/2021.
[9] A tal proposito però il dibattito tra addetti ai lavori e non, sembra ancora indugiare su problematiche non sistemiche, come la riduzione degli alunni per classe (vds. Scuola 7, n. 372), le c.d. “cattedre inclusive” (vds. Rivista “Inse-gnare” CIDI, gennaio 2023 e Scuola 7, n. 369/2024), oppure esprimere preoccupazioni per la medicalizzazione della disabilità) e riserve per le classi inclusive (vds. Corriere Sera, 13.01.2024).
[10] Vds. l’ottimo saggio di M.G. Dutto, Composizione delle classi e performance scolastica. Segregazione sociale nelle scuole. Un fenomeno sottovalutato? Scuola 7 – 341.