Il 1° novembre scorso, a 91 anni, (è nato a Sassari il 25 luglio del 1932) dopo una lunga degenza all’ospedale di Siena è morto Luigi Berlinguer, figura di rilievo nel panorama culturale e politico del nostro Paese per i tanti ruoli ricoperti. È stato, infatti, professore, rettore, politico con incarichi di Governo, tra cui Ministro della pubblica istruzione dal 1996 al 2000, parlamentare europeo. Il mondo della scuola gli ha tributato grandi contestazioni (come non ricordare lo sciopero contro la valutazione della professionalità docente), ma anche indelebili riconoscimenti per la capacità riformatrice che diede corso all’autonomia delle istituzioni scolastiche.
Dedichiamo al Ministro Berlinguer questo doveroso ricordo, all’insegna di quella spinta innovatrice che sempre caratterizza le stagioni delle grandi riforme.
Un profilo di alta levatura
Luigi Berlinguer è stato una figura eminente nella storia contemporanea italiana, tale da esercitare un’influenza profonda sul sistema educativo del nostro Paese. Il suo grande impegno, nell’ambito dell’istruzione e della politica, ha gettato le basi per una delle più significative trasformazioni del sistema scolastico italiano: l’introduzione dell’autonomia scolastica. Questa riforma non solo ha cambiato il modo in cui l’istruzione veniva erogata e gestita nel nostro Paese, ma ha anche riscosso un’eco a livello internazionale, stimolando un dibattito sul ruolo dell’autonomia nell’educazione globale.
Una riforma epocale
Sono ormai trascorsi più di 25 anni dalla legge n. 59 del 15 marzo 1997 che, all’art. 21, introduceva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi, inserendola nel più ampio processo riformatore basato sul principio di sussidiarietà che, tra gli altri, aveva lo scopo di riorganizzare l’intero sistema formativo. Eppure l’autonomia scolastica, per alcuni questa sconosciuta, per altri, forse, mai esistita, non è, tranne rare eccezioni, stata realizzata appieno in un sistema scolastico che, nonostante la riforma epocale a firma Luigi Berlinguer, sembra sempre troppo resistente al cambiamento.
Ed è forse anche per questo che oggi, mentre i fondi del PNRR rinnovano gli ambienti di apprendimento delle scuole italiane offrendo una nuova opportunità per riscoprire ed esercitare l’autonomia scolastica, la notizia della scomparsa di Luigi Berlinguer ci colpisce così profondamente. Ci lascia, infatti, chi ebbe la capacità di immaginare e realizzare, almeno sotto il profilo normativo, una scuola di tutti e per tutti, basata su una forte personalizzazione degli apprendimenti. Una scuola, quindi, inclusiva, universale, autonoma, che si adattasse ai contesti di riferimento e che valorizzasse gli alunni a prescindere dei cambiamenti della società, dei suoi valori, dei suoi costrutti. Una rivoluzione, in altri termini, che ancora oggi non riesce ad essere applicata, salvo rare eccezioni, nella sua completa potenzialità.
Il prima e il dopo della scuola italiana
Il contesto scolastico precedente alla riforma dell’autonomia, in Italia, era caratterizzato da un sistema fortemente centralizzato, in cui ogni aspetto dell’educazione e della formazione era rigidamente regolamentato dal governo centrale. Questo approccio uniforme, per quanto efficiente, non teneva conto delle esigenze e delle peculiarità delle singole realtà locali e non era adeguato a rispondere alle sfide di un mondo in rapida evoluzione. Le scuole erano tenute a seguire direttive standardizzate che lasciavano poco spazio all’innovazione didattico-metodologica-curriculare e all’adattamento alle esigenze specifiche degli studenti. Spesso i programmi scolastici risultavano, infatti, slegati anacronisticamente dai progressi della tecnologia e dalle rivoluzioni sociali in continuo mutamento.
Quando Berlinguer assunse il ruolo di Ministro dell’Istruzione negli anni ’90, si trovò di fronte a un sistema educativo che aveva urgente bisogno di modernizzazione. Egli capì che l’istruzione doveva essere liberata dalle catene del centralismo e che le scuole necessitavano di maggiore libertà per fiorire e per sviluppare autonomamente programmi che rispecchiassero le esigenze delle loro comunità. La riforma dell’autonomia scolastica che propose aveva pertanto l’obiettivo di trasferire poteri decisionali dalle mani dello Stato a quelle delle singole istituzioni educative.
Nascono così le istituzioni scolastiche autonome e il vecchio preside diventa il nuovo Dirigente Scolastico, con ampi poteri nella gestione amministrativa e didattica degli istituti.
Il dialogo con gli stakeholder
La riforma, quindi, affrontava diverse dimensioni cruciali: dalla governance scolastica alla gestione finanziaria, dalla selezione del personale didattico alla scelta e all’elaborazione dei programmi di studio, ora declinati in curriculi e programmazioni didattiche che prendevano forma nel POF. Le scuole finalmente avevano acquisito la possibilità di personalizzare il curricolo, innovare metodi didattici e attuare progetti educativi in linea con le proprie visioni pedagogiche e con le richieste del contesto sociale ed economico locale dei portatori d’interesse.
Per realizzare questo cambiamento radicale, Berlinguer si impegnò in un intenso dialogo con tutti gli stakeholder del sistema educativo: insegnanti, dirigenti scolastici, famiglie, studenti ed enti locali. Questo processo di consultazione ha cercato di bilanciare le aspirazioni di autonomia con la necessità di mantenere standard nazionali e di garantire l’equità e l’accesso universale all’istruzione.
La convinzione delle idee
Le resistenze al cambiamento costrinsero Berlinguer a navigare attraverso le acque tumultuose della politica italiana, affrontando l’opposizione di coloro che vedevano nella riforma una minaccia alla qualità e all’uguaglianza educativa.
Le critiche provenivano sia da chi temeva che l’autonomia potesse portare a una “ghettizzazione” delle scuole in aree svantaggiate, sia da coloro che erano preoccupati per la possibile frammentazione del sistema educativo nazionale.
Nonostante queste sfide, Berlinguer ha perseverato, convinto che l’autonomia fosse la chiave per un sistema educativo più reattivo, flessibile e adeguato alle esigenze del XXI secolo.
La riforma ha anche posto l’accento sulla formazione e sullo sviluppo professionale degli insegnanti, riconoscendo che un corpo docente preparato e motivato è essenziale per il successo di qualsiasi istituzione educativa.
Berlinguer, infatti, promosse iniziative per migliorare la formazione iniziale e continua degli insegnanti, affinché potessero essere i veri protagonisti del cambiamento e dell’innovazione pedagogica nelle loro scuole.
L’esigenza di passare dai programmi ai curricoli
Ma in Italia, si sa, fatta la riforma si riesce a trovare sempre il modo di aggirarla, e anche l’autonomia scolastica non è rimasta indenne da questo modo di agire. È per questo motivo che tuttora, a distanza di così tanti anni, si discute ancora spesso di come realizzare l’autonomia scolastica.
Le resistenze al cambiamento del mondo della scuola, che si sono spesso tradotte in una mancata concreta personalizzazione curriculare, hanno provocato un vuoto, purtroppo colmato dagli indici dei libri di testo che, di fatto, continuano in molti casi a determinare i curricoli collegiali. Potremmo addirittura dire che editori e autori dei singoli testi, in questo modo, di fatto hanno frequentemente sostituito il governo centrale nel fissare i programmi scolastici.
Non sono mancate, però, esperienze innovative capaci di interpretare lo spirito della riforma autonomistica. Salvatore Giuliano, ad esempio, ex Sottosegretario all’istruzione e dirigente dell’Istituto Ettore Majorana di Brindisi, con il suo Book in Progress, ha proposto una soluzione per far sì che gli insegnanti si riappropriassero della grande riforma di Berlinguer, l’autonomia didattica. È pur vero, però, che nonostante il successo di questa iniziativa ad opera degli istituti che hanno aderito alla rete, di fatto nelle scuole italiane spesso si è continuato con le vecchie routine scolastiche.
Uno spirito innovatore dallo sguardo internazionale
Se in Italia il contributo di Luigi Berlinguer alla riforma del sistema educativo è stato epocale, a livello europeo possiamo dire che la sua visione di un’istruzione aperta e inclusiva ha anticipato lo Universal Learning, che, tramite la didattica personalizzata, consente a tutti di raggiungere i traguardi comuni.
Nel suo ruolo di europarlamentare, Berlinguer ha sostenuto iniziative atte a promuovere la mobilità degli studenti e degli insegnanti e a rafforzare la dimensione europea dell’istruzione, attraverso programmi come Erasmus e Comenius.
Un impegno ad innovare che deve continuare
Oggi l’eredità di Luigi Berlinguer vive nelle aule di tutta Italia, in cui l’autonomia scolastica è diventata un principio cardine, anche se non completamente applicato in tutte le sue potenzialità. Le scuole più innovative, alcune addirittura costituitesi in movimento (Avanguardie Educative), continuano a esplorare nuovi e originali modi per migliorare l’istruzione e per preparare gli studenti alle sfide di un mondo globale, nell’era dell’Intelligenza artificiale e del Metaverso.
Tuttavia, la realizzazione piena della visione di Berlinguer richiede ancora tempo e un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti nel sistema educativo, perché l’autonomia non resti un’opportunità per pochi, ma diventi davvero un vantaggio per tutti, garantendo che ogni studente, indipendentemente dalla propria origine geografica o condizione socio-economica, abbia accesso a un’istruzione di qualità che lo prepari a vivere e a prosperare nella società contemporanea.
Oggi ci lascia un altro grande uomo della scuola Italiana, un uomo in grado di sognare una vision di una scuola diversa in grado di trasformare, nel tempo, lo scenario del sistema educativo di istruzione e di formazione Italiano.