Il PNRR per la scuola ha dedicato una intera missione (delle 6 previste) al settore dell’Istruzione e Ricerca, allocando oltre 30 miliardi di euro di investimenti, prevedendo, in alcuni casi, grandi interventi strutturali (aumento dell’offerta di posti negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, incremento delle strutture sportive, incremento delle mense, nuove aule didattiche e laboratori) e, in altri, importanti riforme (degli istituti tecnici e professionali, dell’orientamento, del sistema degli ITS, ecc.).
Tra tutte le riforme è ricompresa anche quella relativa al sistema di reclutamento dei docenti (della scuola secondaria di primo e secondo grado).
Un ambizioso traguardo
Con il PNRR sulla scuola, Il Ministero dell’Istruzione (che ora è anche del Merito) si è prefissato l’ambizioso traguardo rappresentato da 70.000 assunzioni a tempo indeterminato di docenti da realizzare entro il 31 dicembre 2024 attraverso il nuovo sistema di reclutamento.
Abbiamo definito ambiziose le intenzioni del Ministero perché, purtroppo, anche per l’ormai concluso anno scolastico le assunzioni realizzate sono ben lontane dal coprire tutto il fabbisogno autorizzato dal Ministero dell’Economia. Inevitabilmente, come più volte denunciato dalla Cisl Scuola, tutto ciò ha determinato la crescita a dismisura degli incarichi a tempo determinato (che in alcuni anni scolastici hanno addirittura sforato la quota 200.000) con gravi ripercussioni anche sulla continuità didattica, aspetto particolarmente importante nel processo di apprendimento degli studenti, che (sbagliando) tutte le maggioranze hanno pensato di salvaguardare introducendo blocchi alla mobilità del personale senza risolvere alla radice il problema.
Nuovo sistema di formazione iniziale e reclutamento
Il Decreto-Legge 36/2022 in applicazione del PNRR sulla scuola, insieme alla ennesima riscrittura del Decreto Legislativo 59/2017 – quello sulla formazione iniziale e reclutamento degli insegnanti della scuola secondaria – ha, quindi, introdotto novità rilevanti in tema di accesso alla professione docente per le scuole secondaria di I e di II grado.
Il nuovo sistema, accanto ad una fase transitoria, disciplina l’accesso al ruolo di insegnante prevedendo successive fasi:
- un percorso universitario (o accademico) abilitante di formazione iniziale corrispondente a 60 CFU da conseguirsi in modalità convenzionale;
- un concorso pubblico nazionale su base regionale;
- un periodo di prova in servizio di durata annuale rinforzato (è previsto un test finale ed una valutazione conclusiva).
Accanto a tale modalità ordinaria di accesso alla professione, vengono previste, come già detto, alcune deroghe di carattere transitorio (utilizzabili fino al 31 dicembre 2024) ed altre, a regime, finalizzate a riconoscere, almeno parzialmente, l’esperienza acquisita direttamente attraverso le reiterazioni di contratti a tempo determinato. In questo senso sono da leggere le disposizioni che:
- da un lato consentono a chi ha raggiunto i 3 anni di servizio (ovvero a chi ha conseguito i 24 CFU entro il 31 ottobre 2022, oppure i 30 CFU) di partecipare al concorso relativo alla fase transitoria;
- dall’altro è prevista, sempre, la partecipazione ai nuovi concorsi ordinari degli aspiranti che abbiano acquisito un’esperienza di almeno 3 anni di servizio nelle scuole statali negli ultimi 5 con un anno di servizio specifico sulla classe di concorso per la quale intendono partecipare alla prova.
Nuovi concorsi
I nuovi concorsi ordinari saranno quindi destinati, a regime, al personale docente che ha superato il percorso di formazione iniziale (e quindi abilitato) ovvero a coloro che hanno il requisito del servizio nelle scuole statali (con annualità specifica) negli ultimi 5 anni.
Discorso diverso è quello del sostegno dove il titolo di accesso alle prove concorsuali sarà costituito dal possesso della specializzazione per l’insegnamento agli alunni con disabilità per il grado specifico.
Tenuto conto delle due modalità con la quale si potrà accedere alle prove, diversi saranno gli effetti per i vincitori del concorso:
- il personale abilitato (per il posto comune) o specializzato (per i posti di sostegno) sarà assunto con contratto a tempo indeterminato; nel corso del primo anno sarà sottoposto ad un periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determinerà la conferma in ruolo;
- il personale non abilitato e che ha partecipato alle prove in forza del requisito del servizio sottoscriverà, invece, un contratto a tempo determinato e dovrà acquisire, in ogni caso, 30 CFU (dei 60 inizialmente previsti) con oneri a proprio carico. All’esito positivo del percorso di formazione conseguirà l’abilitazione e avrà la trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Parteciperà, quindi, al periodo annuale di prova in servizio, il cui positivo superamento determinerà la conferma in ruolo.
DPCM: una lunga gestazione
Nel predisporre il quadro generale della nuova formazione iniziale del personale docente della scuola secondaria, il Decreto-Legge 36/2022 ha demandato, in varie occasioni, la definizione degli aspetti applicativi ad un altro strumento, un DPCM, prevedendone, peraltro, la pubblicazione entro il 31 luglio 2022, scadenza ampiamente disattesa dal Ministero visto che ancora oggi siamo solo in presenza di uno schema di DPCM.
Tale ritardo, oltre ad ingessare la macchina burocratica, ha finito con il mettere in forte difficoltà anche il personale docente precario. Basti pensare alla situazione che si è venuta a creare per coloro che (neo laureati o anche docenti già in GPS) avrebbero avuto interesse a partecipare all’VIII ciclo di TFA (il corso che consente di acquisire la specializzazione sul sostegno). Bene, tale personale, per il fatto stesso che il D.L. aveva posto come termine ultimo per il conseguimento dei 24 CFU il 31 ottobre 2022 (come sopra indicato) si è di fatto trovato nell’impossibilità di iscriversi al corso di specializzazione sul sostegno. Ciò, ovviamente, si aggiunge all’impossibilità di disporre di un canale abilitante per il personale.
Si capisce, quindi, quanto grande fosse l’attesa del mondo della scuola per conoscere i contenuti del DPCM: finalmente nella giornata di martedì 13 giugno il Ministero ha incontrato le parti sociali per presentarne lo schema.
Tipologie dei docenti interessati
Il DPCM (e soprattutto i suoi allegati) contiene, innanzitutto, l’offerta formativa che caratterizzerà i vari percorsi di formazione iniziale in termini di attività disciplinari e tirocinio diretto ed indiretto. Il documento, poi, disciplina i requisiti che le Università e le Accademie dovranno possedere per poter essere accreditati come centri di erogazione della formazione.
Possiamo brevemente suddividere i requisiti in due tipologie: la prima riguarda le specificità “di sede” e la seconda quelle di carattere organizzativo.
Un punto particolarmente importante sul quale, peraltro, la Cisl Scuola ha presentato le proprie osservazioni, riguarda la stima dei posti disponibili per l’accesso ai corsi. Si deve tener conto, infatti, che ai corsi devono poter accedere diverse tipologie di docenti:
- i docenti privi di abilitazione per la partecipazione ai futuri concorsi;
- i docenti già abilitati o specializzati che intendono conseguire ulteriore abilitazione;
- i docenti delle scuole paritarie (che senza abilitazione non possono ottenere la stabilizzazione nel sistema delle scuole paritarie);
- i docenti dei centri di formazione professionale accreditati.
In questo senso, e anche per fare in modo che gli obiettivi ambiziosi del PNRR per la scuola possano essere raggiunti (70.000 assunzioni), è necessario che l’offerta formativa non sia a completo appannaggio del Ministero dell’Università, ma veda il Ministero dell’Istruzione e del merito presente sia nella stima iniziale dei posti sia nell’attivazione dei corsi.
Inoltre, è necessario tenere disgiunta l’offerta formativa destinata al personale precario (che rientra nel PNRR) da quella destinata al personale che intende conseguire una nuova abilitazione (che invece sfuggono agli obiettivi del PNRR stesso).
Costi
Tra gli altri aspetti disciplinati dal DPCM, anche il livello massimo di costi che il sistema può richiedere ai partecipanti: si va dai 2.500 euro per il corso completo ai 2.000 euro per coloro che invece, in ragione delle diverse situazioni, hanno da conseguire un totale di CFU inferiore ai 60. Previsto anche un costo per la partecipazione alle prove finali dei percorsi, stimato in 150 euro. Su questi aspetti è stata evidenziata la necessità di contenere al ribasso i costi di partecipazione (potendo contare su una platea molto ampia di partecipanti) come anche quella di ridurre, laddove non si posa eliminare del tutto, il costo di partecipazione alla prova finale (che, in quanto parte di un percorso di formazione, dovrebbe già essere ricompresa nel costo di partecipazione).
Docenti già abilitati o specializzati
L’assenza degli opportuni canali di abilitazione (ricordiamo come il TFA per i posti comuni sia stato eliminato e il sistema progettato dalla Legge 107/2015 – il cosiddetto FIT – non sia, di fatto mai partito) ha mortificato, nel tempo, le attese di tutti quei docenti che, già di ruolo, posseggono un titolo di studio che consentirebbe loro di conseguire un’altra abilitazione. Il DPCM (o, meglio, il D.L. 36/2022), almeno nelle intenzioni e seppur in maniera parziale, prova ad affrontare la questione.
In questo senso, viene previsto che tale personale possa conseguire l’ulteriore abilitazione attraverso l’acquisizione di 30 CFU nell’ambito delle metodologie e tecnologie didattiche applicate alle discipline di riferimento.
Però, come già osservato, se i percorsi destinati a tale personale non vengono svincolati dall’offerta formativa destinata al personale precario si corre il rischio di generare un collo di bottiglia per via della grande richiesta di corsi di abilitazione a fronte di un’offerta non sufficiente a soddisfarla.
Possibili modifiche
Al momento in cui scriviamo, anche in forza delle nostre richieste, il cosiddetto D.L. PA-bis, prevede alcune importanti modifiche che vanno nel senso delle proposte da noi avanzate. In particolare, i docenti già abilitati (cosiddetti ingabbiati) potrebbero poter conseguire i 30 CFU attraverso una modalità di erogazione anche telematica, in forma comunque sincrona, anche in deroga al limite inizialmente previsto (20%). Viene, inoltre, proposta la cancellazione della norma che, all’interno del Decreto Legislativo 59/2017, prevedeva un’offerta formativa dei corsi destinata ad essere contenuta nel limite del fabbisogno.
In sintesi
Tenuto conto delle modifiche che il nuovo Decreto-Legge PA-bis potrebbe introdurre nel testo del Decreto-Legislativo 59/2017, probabilmente sarà necessario un adeguamento del corrispondente DPCM (nella versione finale).
L’auspicio è che tale documento trovi la veste finale nel più breve tempo possibile per consentire alle Università e alle Accademie di approntare velocemente tutta la macchina burocratica a sostegno dell’attivazione dei corsi.
Non possiamo, comunque, concludere l’argomento senza rilanciare, ancora una volta, l’esigenza di intervenire sul canale del reclutamento del personale docente (di tutti i gradi di scuola), prevedendo accanto alle opportune occasioni di abilitazione e alle procedure concorsuali un ulteriore canale di assunzione a tempo indeterminato che riconosca, valorizzandolo, il servizio prestato nelle scuole dalle migliaia di colleghi precari.