Imparare ad insegnare

Osservare ed accompagnare gli alunni

Il fruttivendolo, il titolare di un autolavaggio, una signora nel supermercato, il panettiere, la donna delle pulizie nell’androne… Mi guardano, mi fermano, mi chiedono: “Direttò vulesse cagnà mestiere” … “dottore vi posso fare una domanda, ma è giusto che mia figlia sta studiando all’Università e vuole essere autonoma?” … “Prufessò, si vede che siete un professore, mi spiegate l’etichetta perché non ho con me gli occhiali?” … “Signor Guglielmo mi alzo alle 2 tutte le mattine, nuje vendimme o’ pane pure a domenica, … che dite? forse era meglio che mi impegnavo di più a scuola?” … “Mi sapete dire pecchè mio figlio è stato bocciato a terza media e mo’ deve ripetere e nun po’ jè a faticà senza o diploma?”.

da Antonio a Valentina

Da maestro mi sono sempre rifiutato di fare l’appello, ho fatto l’obiettore di coscienza e fare l’appello è un addestramento militare che presuppone una risposta del tipo “comandi!!!” … ho preferito, tante volte, sembrare distratto, e sicuramente ero anche distratto.

Ho scelto anche di fare il sonnambulo e mi veniva bene quando lavoravo fino a tardissima sera per preparare lucidi per le antiche lavagne luminose, per accudire i miei figli, i miei due gioielli da piccoli…

Ho visto che mi veniva bene e, pur avendo l’ascendente in sagittario (il segno più veloce dello zodiaco), preferivo rallentare, memore dell’ennesimo insegnamento della Montessori «i bambini tendono ad accelerare, occorre muoversi e parlare lentamente per dare loro la possibilità di…».

Così Francesco e Carmela, Salvatore e Roberto, Gabriella e Marianna… (praticamente chiunque capitasse) guardando la classe, i cappottini, i visi, le presenze nei banchi e la griglia dei contrassegni, posizionavano i presenti e gli assenti. Dal mese di febbraio della prima classe di scuola primaria mi venivano nascosti nel registro fogli e trascrizioni non immuni da piccoli simpatici errori (da scriverci un libro!).

È così che i bambini hanno imparato a conoscersi e negli anni in cui, da maestro di scuola dell’infanzia, ho finalmente imparato ad ascoltarli, fino ai meravigliosi anni da maestro elementare, ho ascoltato con partecipazione intensa e silenziosa le descrizioni di compagne e compagni… in italiano ed in dialetto (a Napoli, si sa, noi nasciamo bilingue!).

Se fossi stato meno distratto ed intellettuale avrei imparato ad annotare quel meraviglioso elenco di verbi e aggettivi con cui Marianna preferiva calibrare le virtù e i punti di forza e debolezza delle compagne, Salvatore solo i maschi più vivaci, Gabriella –  aspirante maestra – quelli di tutti; Paolo – sensibilissimo – descriveva quelli irruenti o silenziosi o meno dotati… Un’enciclopedia di psicopedagogia implicita, un’ottima semplice guida per imparare ad imparare, per imparare ad osservare e verificare le proprie conoscenze…

Ci parli un po’ di Roberto…

Era la tarda mattinata del 27 o 28 giugno di qualche anno fa, forse era il 2018: comitato di valutazione congiunto. Una grande esperienza formativa… così la chiamava un’anziana maestra.

Ogni anno è una grande esperienza formativa.

Ero stanco ed incredulo: l’ennesimo tentativo di dare al percorso formativo italiano un nuovo anno di formazione ben strutturato (DM 850/2015) era miseramente fallito, complice anche la mancata convergenza di intenti tra l’Amministrazione e le parti sociali, la disattenzione di buona parte del mondo scolastico, il passaggio dal processo alla procedura, l’impoverimento della procedura e l’assioma “tanto il comitato non serve a niente, me lo devono far passare, per forza, l’anno di prova”.

La maestra di sostegno presenta la sua relazione non priva di assemblaggi da web e sostenuta dal sorriso confortante della tutor (una grande signora ed una ottima maestra). Alcune sollecitazioni intelligenti dei docenti del comitato cadono nel vuoto, viste anche le facce incredule – come il Renato Pozzetto nel film “Il ragazzo di campagna” – della giovane insegnante.

Il maestro coordinatore mi chiede di fare una domanda ed io glisso ipotizzando l’ora tarda e la stanchezza di tutte le aspiranti alla conferma in ruolo prima ascoltate…

Il maestro insiste, la maestra mi chiede cortesemente: “Preside ci tengo ad una sua domanda”.

La maestra era stata assegnata a due alunni con lievi difficoltà di apprendimento e certificati ai sensi del comma 1 art. 3 della legge 104/1992: Francesca in quarta classe e Luigi in seconda.

Avevo notato il suo distacco, la scarsa capacità di farsi accompagnare e di accompagnare i bambini, un atteggiamento timido ma anche neutro di autodifesa o forse di scarsa passione… risultarono poco efficaci anche alcuni incontri fatti in tre con la tutor… che, tra l’altro, mi disse:

«Direttore la vedo poco coinvolta e coinvolgente, i bambini hanno bisogno di…»
Silenzio e attesa, poi dico: «Il comitato è incuriosito, ci parli un po’ di Roberto».
«Roberto, mio figlio?».
«Sì, maestra».
«Roberto ha otto anni, fa la terza… no, mi scusi, la quarta classe di primariaè abbastanza altoè biondo… ha gli occhi azzurri … no, verdi …».

La maestra si ferma e si guarda intorno

Io sorrido lievemente – siamo tutti in cerchio, compresa la docente nell’anno di formazione, alcuni componenti la guardano, altri guardano me, la maestra anziana si porta avanti quasi per chiedere un completamento… mi vede, mi guarda, capisce – dal mio sguardo – che non è il caso… il maestro – bravo negli spettacoli musicali: «bene! Sta per cominciare l’estate e le meritate vacanze di tutti…»

Ci alziamo tutti nel consenso generale. Non servivano altre parole…

Quella domanda che…

Poi il Covid e due anni dopo… un giorno, al supermercato, carrelli che si incrociano, chi ha finito e chi comincia a fare la spesa…

«Direttore! Come sta?».
«Prego?».
«Direttore, non si ricorda di me, ho fatto l’anno di formazione nella scuola dove lavorava lei…».
«Mi scusi un po’ il Covid, un po’ tante persone viste in 24 anni, un po’ l’età, le chiedo scusa…».
«Non si ricorda? il comitato di valutazione, era l’ultimo giorno prima del collegio! Lei mi fece una domanda…».
«No davvero, mi scusi tanto, non ricordo, ma l’ho trattata male…?».
«No, anzi, però le devo dire una cosa…».
«Prego, mi dica».
«Quella domanda, la sua domanda…».
«sì…?».
«Mi ha insegnato tante cose, come mamma, come moglie, come sorella e come maestra…».
«Mi fa piacere, ma non ricordo la situazione, neppure la domanda…».
«Non fa niente, grazie ancora, devo scappare…».
«Certo, anche io, auguri per tutto…».

Quella piccola domanda aveva forse aperto la visione di un oceano…

Osservare in una scuola di persone

«La valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento (…) concorre, attraverso l’individuazione delle potenzialità, ai processi di autovalutazione degli alunni, al miglioramento e al successo formativo».

La scuola è un luogo di persone con diversi profili professionali. Queste persone si occupano di persone in crescita in un variegato mondo di persone che si sviluppano. Tali giovani persone vengono accompagnate e seguite da altre persone terze ma direttamente interessate a come crescono le giovani persone.

Questo sistema di persone che affiancano le giovani persone e rendicontano, in una dimensione dialogica, i punti di forza e di debolezza della crescita di ciascuno è, pertanto, un luogo fatto di persone che ha per centro lo sviluppo di altre persone.

La cosa più importante della scuola sono le PERSONE, tutte, docenti, altri operatori, bambini, ragazzi, genitori, nonni. Una buona parte del rapporto tra le persone è fatto di parole: dette, ascoltate, scritte, lette. Forse è una parte che prende troppo tempo perché noi cresciamo e diventiamo quello che siamo da grandi grazie alle esperienze ed al valore, intenso, fortissimo, oramai scientificamente riconosciuto come prevalente, della metacognizione: come si sta, cosa si fa, come lo si fa, con chi lo si fa – Dimensioni di sviluppo e processi – Per conoscere le persone bisogna ascoltare. Per conoscere e capire le persone bisogna osservare e capire come si comportano, vedere come si relazionano, percepire come si emozionano.

Una strada possibile: imparare ad insegnare

Il racconto di una esperienza vera dimostra quanto insegnare sia prevalentemente una funzione umana, anche tecnica, ma prevalentemente dialogica e di incontro.

La maestra in una situazione neutra (l’incontro nel prendere/posare carrelli), confida ed ammette di aver imparato (ci vuole il tempo che ci vuole senza giudizi e senza voti). Ha imparato la maestra e ha imparato anche la mamma: entrambe hanno capito che Roberto non era solo biondo ma anche altro.

Sarebbe servito fare domande, interrogare…? al 99,99% no! Perché il processo di apprendimento di mamma, e sicuramente di maestra, non era che appena appena partito…

Roberto è più o meno autonomo, la sua autonomia è solo fisica o anche emotiva? Come si comporta in contesti nuovi, sa prendere iniziative?  Di fronte a nuove informazioni come si comporta?
… le usa tutte?
… le impara a memoria?
… le ripete senza capirle?
… le seleziona secondo un suo sistema?
… le usa o le dimentica in breve, brevissimo tempo?

Uno schema per approfondire e formarsi

Si parla di innovare il fare scuola e, soprattutto la didattica. Non senza molta miopia abbiamo confuso l’innovazione degli strumenti come metodologia mescolando finalità e oggetti, dimensione e strumenti, ma si può comprendere cosa serve per conoscere un bambino.

Il dettaglio della tabella è oggetto di interventi formativi a distanza e comunque di altri contributi in questa rivista on line.

Le persone che si occupano delle persone in via di sviluppo, così come le persone che chiedono chiarimenti e vogliono dialogare, dovrebbero entrambe far riferimento certo a queste dimensioni dello sviluppo umano e non solo infantile o adolescenziale.

Se non ci interessiamo di questo stiamo aiutando l’aumento di distanze, la nascita di conflitti, la loro moltiplicazione, il dolore e l’apparente impossibilità di cercare e trovare soluzioni.

Approccio ecologico ed ecosistemico e valorizzazione della persona

Tanti ricercatori e tanti contributi scientifici dalla metà degli anni cinquanta (sì, anni cinquanta) hanno sottolineato l’importanza della persona al centro della sua crescita. Sono convincenti – in una dimensione organizzativa e didattica personalizzata dai docenti di classe – la visione ecosistemica e l’approccio ecologico di Urie Bronfenbrenner e la prospettiva motivazionale dell’autorealizzazione di Abraham Maslow.

Ne riparleremo… Alla prossima.