Questa è la storia di un cambiamento significativo e sorprendentemente controcorrente. Mentre si discute dell’autonomia differenziata, assistiamo per i dirigenti scolastici ad un’inversione di rotta: il passaggio da una gestione regionale a una nazionale, il transito dal Contratto Integrativo Regionale (CIR) al Contratto Integrativo Nazionale (CIN). È quanto è avvenuto con la sottoscrizione dell’ipotesi di Contratto integrativo nazionale per la ripartizione del Fondo unico nazionale (FUN) tra la quota di risultato e la quota di posizione.
Percorso tortuoso
È l’esito di una lunga e complicata vicenda, un percorso tortuoso di innovazione ideato nel 2018 ma realizzato solo dopo cinque anni, tra alti e bassi, ostacoli e prese di posizione, negoziati politici e ricerca di finanziamenti: una strada difficile e piena di ostacoli.
Ma quali sono le ragioni che hanno spinto a compiere un passo così clamoroso, in direzione opposta alla tendenza dominante? Fondamentalmente la miccia è stata accesa dalla profonda frustrazione verso un sistema retributivo che nel corso degli anni ha mostrato gravi debolezze e ha creato situazioni indesiderate e persino ingiuste.
Ad esempio, dai monitoraggi condotti dal Ministero sono emerse notevoli differenze tra le retribuzioni regionali per la posizione di parte variabile, nonostante si riferissero alla stessa fascia di complessità. Nel 2016/2017 l’importo annuo previsto in Liguria ammontava a 20.578,99 euro, mentre in Puglia venivano allora erogati solo 12.895,74 euro. E con il tempo non abbiamo avuto particolari miglioramenti. Nell’ultima rilevazione, aggiornata a maggio 2023, ad esempio, gli importi per la seconda fascia nel Lazio risultano pari a 12.541,76 euro annui, in Basilicata per la stessa fascia 16.579,36 euro.
Non stiamo parlando di somme accessorie trascurabili, ma di una parte significativa della retribuzione dei dirigenti scolastici.
In sintesi, i Contratti Integrativi Regionali hanno favorito, a causa di vari e complessi fattori, una disparità interna nella retribuzione di posizione parte variabile, decisamente inaccettabile. Era giunto il momento di apportare significativi cambiamenti.
Criticità della contrattazione integrativa regionale
Tuttavia, non è stata solo una questione di disparità retributiva. I continui ritardi nella sottoscrizione dei contratti integrativi regionali, rallentata anche dai rilievi degli organi di controllo, hanno costituito un elemento di notevole appesantimento e complessità, moltiplicato esponenzialmente per il numero delle Regioni, combinandosi negativamente ai tagli sulle risorse: i dirigenti continuavano a ricevere una retribuzione che non era più congruente con l’entità del Fondo, che nel frattempo era stato ridotto. Ciò ha portato a un deficit del FUN che non corrispondeva più alle retribuzioni precedenti. I dirigenti avrebbero dovuto restituire la differenza, poiché, a causa della mancata sottoscrizione degli accordi contrattuali, continuavano a percepire gli stipendi secondo i parametri precedenti. Insomma, si è creata una vera e propria tempesta perfetta.
La situazione è talmente degenerata che è stato necessario l’intervento del Parlamento. Ad esempio, sono stati stanziati 13,1 milioni di euro con il decreto-legge 34/2020 per sanare l’incapienza negli anni scolastici 2017/2018 e 2018/2019 e, successivamente, con la legge n. 178/2020, sono stati previsti 25,8 milioni di euro per colmare il deficit del Fondo per l’anno scolastico 2019/2020.
I dirigenti comunque non erano in grado di conoscere preventivamente il loro stipendio effettivo e l’ammontare reale della retribuzione di fascia relativa alla scuola alla quale erano assegnati.
C’erano quindi molte ragioni per cercare una soluzione diversa e le basi per questo intervento erano già state poste nel CCNL Area Istruzione e Ricerca 2018.
Una strada in salita
Per concretizzare le previsioni contrattuali sono stati necessari tuttavia ben cinque anni, abbiamo dovuto attendere il 2023. Le Organizzazioni sindacali, infatti, non intendevano assolutamente sottoscrivere un contratto che parametrasse la retribuzione di posizione di parte variabile ai valori medi nazionali, come proposto inizialmente dall’Amministrazione. Questo avrebbe certamente aumentato le retribuzioni di posizione di parte variabile in molte Regioni italiane ma le avrebbe nello stesso tempo ridotte significativamente in altre.
L’obiettivo, piuttosto, era portare le retribuzioni ai livelli più alti su tutto il territorio nazionale. Per realizzare pienamente l’innovazione prevista nel CCNL occorrevano evidentemente fondi aggiuntivi, che infine sono stati trovati, sebbene non nelle modalità auspicabili. I fondi infatti derivano dalle economie generate dai processi di dimensionamento temporaneo delle scuole con 300/500 alunni e da risorse strutturali provenienti dal nuovo dimensionamento, previsto dall’ultima legge di bilancio.
Una volta individuati i fondi, c’erano due ulteriori presupposti necessari per avviare il tavolo contrattuale. Il primo era la certificazione del Fondo Unico Nazionale; il secondo, ancora più complesso, era la definizione della pesatura della complessità delle scuole.
Certificazione del FUN e complessità delle scuole
Finalmente nel 2023 è stata impressa una accelerazione, si è scelto di non attendere che i Contratti integrativi regionali arrivassero a definire l’anno 2022/2023 ed il Fondo unico nazionale è stato quantificato con inusitato anticipo rispetto al solito. Oggi conosciamo già l’entità del Fondo per l’anno scolastico 2023/2024. Questo rappresenta un importante cambiamento rispetto al passato e diventerà la normalità negli anni futuri: come nel paradosso di Zenone, l’impressione sconfortante era infatti quella di non riuscire mai ad allineare i CIR con l’anno scolastico in corso, in una estenuante rincorsa senza fine che cercava invano di colmare il divario.
Occorreva anche affrontare il secondo e più complesso problema. Per avere retribuzioni uniformi su tutto il territorio nazionale, era necessario infatti stabilire criteri di definizione delle fasce altrettanto uniformi.
I criteri per la pesatura della complessità delle scuole, individuati con atto datoriale, sono stati formalizzati nel Decreto Dipartimentale n. 1791 del 20 luglio 2022, a firma dell’allora Capo Dipartimento, Stefano Versari. La determinazione nazionale dei criteri di complessità delle scuole è stata evidentemente estremamente complessa, per le differenze che caratterizzano la nostra penisola e per il fatto che non tutte le Regioni hanno proceduto negli anni a realizzare il dimensionamento scolastico, anche a causa delle difficoltà legate alle caratteristiche dei territori. Era quindi un compito arduo mettere in relazione situazioni completamente diverse e definire criteri che rappresentassero correttamente tutte le specificità, le differenti complessità di istituti di primo e secondo grado, di CPIA e Convitti.
Nonostante il lungo confronto con le parti sociali, la proposta dell’Amministrazione non è stata modificata significativamente e le trattative si sono chiuse con posizioni diverse tra le parti, anche perché i dati di simulazione sembravano incompleti e alcuni elementi di complessità non sembravano adeguatamente valutati, come risulta dai verbali del confronto.
Comunque, realizzati tutti i presupposti, finalmente sono state avviate le trattative per il Contratto integrativo nazionale (CIN), in tempi che nel frattempo erano divenuti strettissimi se si voleva garantire l’applicazione sin da settembre 2023 ed evitare ulteriori rinvii.
Novità del CIN
L’intesa sull’ipotesi di contratto integrativo nazionale è stata infine raggiunta il 31 maggio scorso.
Il Contratto integrativo nazionale definisce nuovi livelli retribuitivi di posizione di parte variabile che corrispondono a € 21.600,00 per la prima fascia (21,76% degli istituti), € 17.600,00 per la seconda fascia (63,79% degli istituti), € 13.600,00 per la terza fascia (14,45% degli istituti).
Questi importi rappresentano per la maggior parte dei casi un notevole miglioramento rispetto alle precedenti retribuzioni presenti nelle diverse Regioni.
Se non vi saranno inciampi nelle procedure di certificazione, le nuove retribuzioni decorreranno già dal settembre 2023 e continueranno ad applicarsi sino alla stipula di un nuovo contratto integrativo.
I punteggi di riferimento per la definizione delle fasce sono da 62 punti per la prima fascia; tra 61 e 39 punti per la seconda fascia; minore di 39 punti per la terza.
La pesatura delle scuole, con l’attribuzione dei punteggi, non è definita nel CIN ma è stabilita con atto datoriale, con criteri comuni a livello nazionale, sulla base del Decreto Dipartimentale 1791/2022 prima ricordato.
Alla prova dei fatti, peraltro, è già apparso evidente che i criteri di pesatura dovranno essere raffinati per correggere alcuni aspetti. Occorre anche considerare che comunque le Regioni dovranno avviare il dimensionamento previsto.
Per questi motivi si è deciso per una validità annuale del CIN e l’Amministrazione si è impegnata a convocare le OO.SS. per il nuovo confronto sui criteri per la definizione della complessità delle scuole già a settembre prossimo per introdurre dei correttivi, dopo un adeguato monitoraggio degli effetti generati dal passaggio dal sistema regionale a quello nazionale.
Per coloro che, a causa dei nuovi criteri di definizione della complessità delle istituzioni scolastiche, potranno scendere di fascia e subire in alcuni casi una diminuzione retributiva (circa 600 casi), il testo contrattuale prevede una clausola di salvaguardia per la durata dell’incarico in corso. Per i dirigenti scolastici titolari di un contratto in scadenza e per i quali non sarebbe applicabile la clausola di salvaguardia, sarà riconosciuta la priorità in sede di mobilità.
Ben il 73,93% delle istituzioni, invece, avrà un aumento della retribuzione di posizione di parte variabile, in alcuni casi anche piuttosto significativa.
Il testo del CIN include anche altri aspetti importanti: non saranno più possibili le gravi ingiustizie che si sono verificate in alcune Regioni riguardo ai vincitori di concorso ai quali è stata negata la retribuzione di posizione di parte variabile; è previsto che si proceda con reggenze in caso di assenza del dirigente scolastico per più di 30 giorni; è esplicitamente espressa una clausola di ultrattività che era stata in passato messa in dubbio da alcuni Uffici scolastici regionali.
Prospettive future
La sottoscrizione dell’ipotesi di Contratto Integrativo Nazionale rappresenta dunque una tappa importante di una storia che vogliamo nuova, un cambiamento significativo nella modalità di definizione della retribuzione di posizione, passando da una dimensione regionale a una nazionale. Questo approccio diverso consentirà di intervenire tempestivamente, garantendo un monitoraggio efficace e un coordinamento unificato, evitando i ritardi, le disparità e la frammentazione che si sono verificati negli ultimi decenni.
Grazie a questa transizione, i dirigenti scolastici affronteranno i mutamenti di incarico avendo la certezza della attribuzione di complessità delle istituzioni scolastiche e della retribuzione di parte variabile correlata, poiché il CIN sarà progressivamente allineato alla triennalità di riferimento.
Per molti dirigenti scolastici aumenterà la retribuzione di posizione di parte variabile, incremento che, per come è stato costruito, dovrebbe avere la garanzia di una certa stabilità, almeno nel triennio, e che appare ancora più rilevante nella prospettiva del prossimo dimensionamento scolastico.
Dobbiamo però scrivere ancora alcuni capitoli della storia che stiamo narrando. Rimangono alcune criticità sull’attribuzione dei punteggi di complessità agli istituti scolastici, soprattutto in alcune Regioni, e su questo aspetto si aprirà il confronto già a settembre, per avere modo di definire, con i necessari correttivi, il nuovo CIN, rispettando le tempistiche.
Parallelamente, è necessario ed urgente avviare il tavolo di contrattazione per il Contratto Collettivo Nazionale. Questa sarà un’ulteriore importante opportunità di riordino e semplificazione.