Lo scorso 13 aprile il Ministro Valditara ha annunciato l’emanazione di due decreti per il potenziamento delle materie STEM e la formazione degli studenti e dei docenti. I decreti finanzieranno progetti per un totale di un miliardo e duecento milioni di euro. È una cifra imponente. Se si pensa che, mediamente, un corso di formazione di 20 ore per 30 docenti costa intorno ai cinquemila euro, con questa cifra, si potrebbero finanziare circa 200 ore di formazione per ciascun docente in servizio. Oppure, sempre con la stessa cifra, si potrebbero finanziare 24 milioni di ore di insegnamento per i nostri studenti, pari a 60 ore aggiuntive per ciascuna delle 400.000 classi italiane di ogni ordine e grado. Se poi volessimo inviare questi soldi direttamente alle scuole pubbliche, paritarie comprese, si tratterebbe di una cifra media di 120.000 euro.
Una occasione storica irrepetibile
Volendo trovare dei precedenti, uno degli ultimi grandi progetti nazionali di potenziamento dell’educazione scientifica e tecnologica, il Progetto SeT lanciato nel lontano anno duemila, riusciva a finanziare fino a un massimo di 7.230 euro a scuola. Anche considerando l’inflazione, i soldi impegnati con questi due decreti sono, per dirla in termini scientifici, di un ordine di grandezza superiore a qualsiasi altro (cioè da 5 a 50 volte di più). È quindi un’occasione storica irripetibile. Un’occasione che potrebbe generare un cambiamento rilevante, e duraturo, degli esiti delle nostre scuole, e quindi della dotazione culturale dei giovani e, in prospettiva, di tutti i cittadini.
Lotta all’analfabetismo
Quando si è di fronte a queste grandi iniziative nazionali, il termine di paragone più appropriato è quello della lotta all’analfabetismo in Italia nel periodo 1860-1940. In quegli ottant’anni la percentuale di analfabeti scese costantemente dall’80% a poco più del 10%. A ben guardare questo confronto è particolarmente significativo anche a un livello più profondo. Cos’è, infatti, questo programma nazionale sulle STEM, almeno nelle intenzioni, se non il tentativo di ridurre drasticamente l’analfabetismo scientifico ancora molto presente in Italia?
Tre suggerimenti
Se adottiamo questa prospettiva, che è poi quella che emerge dalla specifica sezione del PNRR in cui vengono richiamate le STEM[1], non è difficile individuare le finalità e le azioni prioritarie sulle quali imperniare i progetti delle scuole.
Vorrei allora rivolgermi a un immaginario gruppo di docenti incaricato di elaborare un progetto pluriennale per la propria scuola o, meglio, per una rete di scuole, per fornirgli tre suggerimenti sui quali centrare la proposta affinché abbia i requisiti minimi per produrre effetti importanti, e stabili nel tempo, sulla maggior parte degli studenti.
I tre suggerimenti riguardano:
- la finalità prioritaria del progetto.
- le linee interpretative riferite a ciascuna delle quattro materie STEM.
- il criterio metodologico da adottare indipendentemente dal livello scolastico al quale ci si riferisce.
Finalità prioritaria
La finalità prioritaria è quella di sviluppare in ogni studente una solida cultura scientifica di base. STEM non è la somma di quattro discipline (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) ma una dimensione fondamentale della cultura umana, il pensiero scientifico, che è senz’altro alla base delle quattro materie scientifiche cui l’acronimo STEM si riferisce ma è, allo stesso tempo, un modo generale di guardare la realtà, di descriverla, di spiegarla e di intervenire consapevolmente su essa. Se proviamo ad esaminare le basi culturali delle quattro discipline STEM, ci accorgiamo che, in ognuna di esse, la “componente culturale” è fondamentale. Vediamole una alla volta.
Science significa Scienze o Scienza?
In Italia parliamo di “scienze” riferendoci alle scienze sperimentali: fisica, biologia, chimica, geologia e molte altre. Il fatto stesso che il termine “science” indichi non una ma tante discipline diverse suggerisce di focalizzare l’attenzione sulla loro base culturale comune: il metodo sperimentale come strumento per costruire modelli esplicativi dei fenomeni reali.
In prima approssimazione, questi modelli esplicativi riguarderanno due grandi domini della realtà: gli oggetti, i materiali (fisica, chimica e relative sotto-articolazioni: meccanica, termologia, ottica, elettromagnetismo, teorie atomiche e molecolari, stechiometria, ecc.) e i sistemi viventi (biologia, ecologia, anche queste articolate in numerose aree di studio: zoologia, botanica, citologia, embriologia, etologia, ecc.).
Da qui la raccomandazione del PNRR “a creare nella scuola la cultura scientifica” e a privilegiare i metodi di insegnamento tipici della didattica delle scienze sperimentali (nel PNRR sono citati esplicitamente due approcci didattici: l’Inquiry Based Learning e il Problem Solving).
Come individuare i nuclei concettuali
Si tratta allora di individuare alcuni grandi nuclei concettuali e di elaborare percorsi didattici capaci di consentire ad ogni bambina/o, ragazza/o, di sviluppare una sua effettiva e autonoma competenza. Al livello del primo ciclo e della scuola dell’infanzia (l’intervallo 3-14 anni cui si riferiscono le Indicazioni nazionali vigenti) questi grandi nuclei potrebbero essere centrati, ad esempio, a partire da alcune domande.
- Come sono fatte le cose? Come si comportano i materiali?
- Come si osserva scientificamente un fenomeno fisico o chimico (il movimento di una pallina, la caduta di un libro, l’allungamento di un elastico, la soluzione di un po’ di zucchero nell’acqua, ecc.)
- Come sono fatti i viventi?
- Come si osserva scientificamente un vivente (ad esempio coltivando una pianta, vedendo come è fatto un frutto, allevando alcuni pesci in un acquario, vedendo cosa c’è in un pesce intero comprato al mercato, ecc.)
- Dove vivono i viventi e in che relazione si trovano con l’ambiente e gli altri viventi (si può guardare una piccola porzione di un prato o di uno stagno, oppure alzare un pesante sasso e vedere cosa c’è sotto, ecc.)
Tecnology significa Tecnologia o Tecnologie?
Anche la tecnologia non è tanto una materia quanto una vera e propria cultura nonché un vasto settore di ricerca applicata. I dispositivi elettronici sono sicuramente tecnologia, ma anche le antiche tecniche costruttive dei Romani lo erano. Non è un caso che nella sezione “Tecnologia” delle Indicazioni nazionali per il primo ciclo si parla significativamente di “sguardo tecnologico” in questi termini: “Lo sguardo tecnologico su oggetti e sistemi di dimensione e complessità differente – un cavatappi, un frullatore, un ciclomotore, un ristorante, una centrale termica, una discarica – consente di mettere in evidenza una molteplicità di aspetti e di variabili: dalle risorse materiali o immateriali utilizzate alle fasi del processo di fabbricazione o costruzione, dagli aspetti organizzativi della produzione o della fornitura del servizio ai problemi di dismissione e smaltimento”.
Dal punto di vista educativo il pensiero tecnologico intercetta e potenzia l’attitudine a capire il funzionamento di un processo e, allo stesso tempo, la capacità di inventare processi e dispositivi che svolgano le più diverse funzioni. Possiamo spingerci lungo questa linea fino a considerare tecnologia qualcosa di molto astratto come un comportamento codificato per ottenere un determinato scopo in modo efficace e efficiente[2].
Dai sistemi semplici a quelli più complessi
Per quanto riguarda la Tecnologia si può partire da sistemi più “trasparenti” (il già citato cavatappi, ad esempio) per poi esaminare sistemi e processi che implicano sempre maggiori capacità di scomposizione e ricomposizione concettuale (il corpo umano è un esempio di sistema enormemente complesso che per essere anche solo pensato richiede di immaginare processi invisibili).
Elenco di seguito alcune attività esemplari in ordine di complessità.
- Osservazione e analisi del funzionamento di un utensile semplice (spremi-agrumi, carrucola, fiammifero, ecc.).
- Osservazione e analisi del funzionamento di un oggetto complesso ma interamente visibile (bicicletta, macchinetta a molla, trottola, ecc.).
- Attività di “proceduralizzazione” di operazioni note (come mi lavo i denti, come si apparecchia a tavola, come si cammina osservandone attentamente le fasi, ecc.).
- Attività di utilizzo consapevole di dispositivi e software (fotocamera, termometro a raggi infrarossi, programmi di scrittura, di calcolo e di presentazione, ecc.).
Engineering = Ingegneria
Sul terzo termine di STEM c’è da chiedersi in che rapporto sia col termine che lo precede. In effetti il confine tra tecnologia e ingegneria è sottile. In generale l’ingegneria riguarda, come suggerisce il termine, l’ingegno, la capacità di studiare un problema per trovare soluzioni, mentre la tecnologia è il risultato di questo processo. I due termini quindi si collocano su due diversi piani. Volendo utilizzare una metafora potremmo dire che la tecnologia è un “deposito di soluzioni” mentre l’ingegneria è l’attività umana che alimenta questo deposito, questo patrimonio. Da questo punto di vista tre termini dell’acronimo STEM – scienza, tecnologia e matematica – sono omogenei tra loro in quanto patrimonio di conoscenze e tecniche, mentre il quarto termine, che significativamente in inglese ha la forma di un gerundio, riguarda l’attitudine a trovare soluzioni per ottenere determinati scopi.
Attività per potenziare l’engineering
L’area engineering può essere potenziata proponendo vari tipi di progettazione e realizzazione. Anche in questo caso mi limito ad un brevissimo elenco di attività sicuramente realizzabili nelle nostre scuole.
- Creare un orto nel giardino della scuola.
- Costruire una casetta alta quanto un bambino.
- Costruire un sistema per dividere le monete (oppure analizzare in classe una macchina che conta e divide le monete per capire come funziona).
- Organizzare un sistema di raccolta differenziata che coinvolga tutta la scuola.
- Risolvere un problema pratico o matematico con il linguaggio Python.
Mathematics significa Matematica o Matematiche?
È abbastanza sorprendente che la Matematica sia all’ultimo posto dell’acronimo STEM. Sull’ordine dei quattro termini c’è effettivamente una storia piuttosto curiosa da raccontare. Originariamente, infatti, l’acronimo scelto dalla National Science Foundation[3] negli anni ’90, era SMET in cui la matematica era al secondo posto, ma nel 2001 Peter Faletra, un biologo esperto di educazione scientifica, propose di modificarlo in STEM perché SMET aveva un suono troppo simile alla parola “smut” che vuol dire oscenità, pornografia. Fu quindi per una mera questione di gradevolezza fonetica che la Matematica fu collocata all’ultimo posto nell’acronimo che poi fu adottato anche a livello internazionale.
Chiarito questo dettaglio, mi sembra invece molto rilevante il fatto che la matematica, rispetto alle altre tre discipline, sia di gran lunga la materia scolastica cui si dedica più tempo nelle nostre scuole, in particolare nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Questa circostanza potrebbe portarci a dire che mentre per scienze, tecnologia e ingegneria sembra opportuno potenziare, anche quantitativamente, il loro insegnamento, per la matematica si tratta soprattutto di cambiare il modo in cui viene insegnata. Ed è proprio il fatto di mettere insieme le quattro discipline STEM che dovrebbe spingerci nella direzione di un insegnamento radicalmente diverso della matematica e delle scienze utilizzando la tecnologia e l’ingegneria non solo, e non tanto, come nuove discipline, ma come elementi propulsori di un diverso modo di insegnare.
Cambiare modo di insegnare la matematica
Anche per la matematica mi limito a evidenziare poche attività che, secondo me, fanno capire in quale direzione possa essere conveniente muoversi.
- La matematica della proporzionalità proposta a partire da situazioni concrete
- Situazioni additive e situazioni moltiplicative come base concettuale per risolvere problemi concreti.
- Concetti spaziali e geometrici: dritto/curvo, oggetti tridimensionali, figure bidimensionali, superficie e volume.
- Valutazione della probabilità in situazioni quotidiane e di gioco.
- Fenomeni collegati da una relazione lineare o non lineare.
- Strategie di argomentazione e di dimostrazione.
- Costruzione e interpretazione delle funzioni in forma algebrica e in forma grafica.
Il piacere di capire
Il criterio metodologico fondamentale è quello di sviluppare strategie didattiche basate sul piacere di capire.
Questo criterio generale, quasi operativo (il metodo è efficace se, a fronte del necessario impegno, è in grado di produrre gratificazione cognitiva) può consentire di selezionare e verificare l’efficacia dei diversi approcci metodologici consolidati (flipclass, scuola dada, metodo Montessori, metodo Feuerstein, problem solving, Inquiry Based Learning, ecc.).
Per rendersi conto della specificità del problema metodologico nell’educazione scientifica è utile confrontare le “esche didattiche” a disposizione di un docente di italiano rispetto a quelle di cui dispone un insegnante dell’area STEM. Un insegnante di italiano può far leva sulla bellezza intrinseca del testo per accendere l’entusiasmo dei suoi studenti. Quando un docente propone in classe la lettura di un testo di Jack London o di Roald Dahl, magari sfidando le ragazze e i ragazzi a valutare se sia più avvincente il libro o il film che ne è stato tratto, il compito didatticamente più importante, che è quello di generare il piacere di leggere, è molto facilitato.
Per la matematica e le scienze, in linea teorica, questo stesso compito potrebbe essere ancora più a portata di mano perché si tratta di scoprire modi di capire aspetti del mondo che interessano moltissimo le ragazze e i ragazzi, ma purtroppo nella maggior parte dei casi non è così.
Difficoltà intrinseca: presunta o reale?
Che la matematica sia la bestia nera delle materie scolastiche, seguita di solito dalla fisica e la chimica, lo dimostrano non solo le indagini nazionali e internazionali (Invalsi, OCSE-PISA e TIMSS) ma anche il numero di bocciature e di debiti scolastici che, in gran parte, riguardano queste discipline. Questa circostanza viene spesso spiegata da una presunta difficoltà intrinseca della matematica e delle scienze “dure”. Da decenni disponiamo di una quantità di evidenze che mostrano come un insegnamento diverso di queste discipline modifica in modo rilevante questo dato. Dai tempi del Progetto Nuffield, dello School Mathematics Project e del Introductory Physical Science Group (tutti e tre avviati negli anni ’60) si è visto come l’insegnamento delle scienze matematiche e sperimentali, quando è basato sul laboratorio in modo continuo e sostanziale e non solo come esperienza episodica, è estremamente efficace nello sviluppare apprendimenti profondi e durevoli e, quel che più conta, nel dare alle ragazze e ai ragazzi la fiducia che la comprensione del mondo attraverso il pensiero scientifico è alla portata di tutti.
[1] PNRR, Missione 4, Componente 1 (M4C1), Investimento 3.1 “Nuove competenze e nuovi linguaggi”.
[2] Da questo punto di vista, ad esempio, anche una ricetta di cucina o un sistema per tenere in ordine i libri di una casa sono tecnologie.
[3] Cfr. il sito della National Science Foundation.