Lo scenario globale contemporaneo ha visto negli ultimi anni, per le giovani generazioni, una sempre maggiore difficoltà di “saper stare al mondo”. Fatti nuovi come la pandemia, la didattica a distanza affermatasi per un lungo periodo come l’unica modalità per coniugare diritto alla salute e diritto allo studio; il sopraggiungere di una guerra così vicina per complessi fattori geopolitici; una maggiore e pervasiva evidenza dei cambiamenti climatici; la multimedialità dalla conoscenza dall’intelligenza artificiale alla realtà aumentata e, infine, ma non meno importante, il diffondersi dell’uso dei social che ha profondamente modificato relazioni sociali e personali. Tutto questo ha reso più problematica e complessa la capacità di comprendere, di orientarsi e di utilizzare nuovi paradigmi interpretativi e nuovi linguaggi.
Un nuovo paesaggio educativo
È cambiato anche il paesaggio educativo, la scuola ha dovuto fare i conti con nuove fragilità, non solo degli apprendenti, ma anche dei docenti; ha dovuto imparare velocemente a modificare metodologie, linguaggi e assetti organizzativi.
In questo contesto ripensare il curricolo di scuola diventa una operazione più complessa, non si tratta soltanto di fare piccoli aggiustamenti di curricoli sperimentati e consolidati ma, per molti aspetti, di rivisitare in profondità l’idea stessa di curricolo nella varietà di dimensioni, disciplinare e trasversale, tenendo conto comunque della pluralità di livelli a cui bisogna dare riferimento.
Un curricolo a tre livelli
È ormai ampiamente condivisa l’idea che bisogna guardare a tre livelli del curricolo, livello macro, livello meso e livello micro.
Il livello macro è quello che garantisce l’unitarietà del sistema di istruzione di un Paese, fornisce indicazioni ordinamentali per ciascun livello scolastico, definisce i traguardi e le modalità di valutazione degli apprendimenti e delle competenze.
Il livello meso riguarda invece la singola istituzione scolastica che organizza il curricolo di scuola tenendo conto da una parte delle indicazioni del livello macro e dall’altra dello specifico contesto in cui opera esercitando, in questo modo, l’autonomia didattica e di ricerca.
Il curricolo di istituto è espressione della libertà d’insegnamento e dell’autonomia scolastica e, al tempo stesso, esplicita le scelte della comunità scolastica e l’identità dell’istituto. La costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione educativa. Ogni scuola predispone il curricolo all’interno del Piano dell’offerta formativa con riferimento al profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione, ai traguardi per lo sviluppo delle competenze, agli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina[1]. Questo vale per tutti gli ordini di scuola, ovviamente nel rispetto delle diversità ordinamentali.
Il livellomicroriguarda invece la singola classe, gruppi di alunni o singoli alunni e rimanda all’attività progettuale del team dei docenti e del singolo docente.
Il curricolo di scuola e la progettazione dei docenti
Chiarito il perimetro del livello macro e del livello micro, il livello meso coincide con le scelte strategiche in relazione al contesto e i vincoli normativi che garantiscono l’unitarietà del sistema scolastico, che costituiscono lo “script” entro il quale viene prodotta la progettazione disciplinare e trasversale che rappresenta il nucleo centrale del Curricolo all’interno del piano dell’offerta formativa dell’istituzione scolastica.
A livello micro, la progettazione del curricolo orienta e definisce l’agire didattico del docente all’interno della classe, del gruppo di alunni o del singolo alunno, tenendo conto da una parte dello statuto epistemologico delle discipline insegnate e dei modelli pedagogici didattici adottati e condivisi e dall’altro della progettazione di istituto, quello che abbiamo chiamato il livello meso. In questa triangolazione si sviluppa un’idea di curricolo la cui progettazione è intrinseca alla costruzione di senso della vita della scuola e che non è un artificio o un adempimento ma il motore che dà “significanza” alla didattica quotidiana che deve essere riconoscibile, documentata, documentabile e condivisa.
Un curricolo generativo
L’dea di curricolo a cui facciamo qui riferimento è quello di un curricolo generativo che “(…) facilita il progressivo incontro, fin dalla scuola dell’infanzia, dei bambini con i saperi, cioè con le parole, i linguaggi, le conoscenze, gli strumenti, che permettono la ricostruzione culturale dell’esperienza vissuta, dell’ambiente, dello spazio. Andare alle radici del curricolo verticale significa, dunque, scoprire, gli elementi invarianti che concorrono lungo tutto il curriculo (la ricorsività di azioni sempre più sicure e consapevoli) per coniugarli con gli elementi variabili dell’esperienza di conoscenza (i contenuti dichiarativi sempre più ampi, i contenuti d’uso delle abilità sempre più differenziate…)”[2].
Continuità e discontinuità
Questa visione del curricolo rimanda a due aspetti, la continuità e la discontinuità: la prima attiene alla condivisione di linguaggi, di contenuti, di obiettivi di apprendimento accessibili, la seconda, che potremmo definire discontinuità “utile”, rimanda alla crescente complessità della gestione del sapere, delle abilità e delle competenze da generare, nel passaggio da un ordine di scuola ad un altro.
In questa ottica, progettazione e manutenzione del curricolo sono due operazioni che si intrecciano e che devono essere governate a livello di scuola, di dipartimenti disciplinari, di team di docenti e di singolo docente.
In particolare, per quanto riguarda la “manutenzione” è necessario:
- mettere alla prova il curricolo nella pratica didattica;
- documentare le azioni didattiche agite;
- tenere conto dei risultati dell’autovalutazione di Istituto;
- rivedere e rielaborare un curricolo coerente con le criticità riscontrate;
- tenere conto delle indicazioni normative[3].
L’attività di “manutenzione” deve comunque muoversi fra modifiche normative, recupero di buone pratiche documentate e validate, acquisizione di risultati della ricerca in ambito pedagogico-didattico e delle discipline, riconoscimento della essenzialità dei nuclei fondanti delle stesse, leggerezza nella gestione dei documenti condivisi.
Competenze professionali
Tutto ciò rimanda ad una sfida importante, quella dello sviluppo della professionalità docente nell’ottica della ricerca. Infatti la pre-condizione dell’agire del docente nella costruzione e implementazione del curricolo è la padronanza della disciplina: posso vedere ciò che faccio se so, conosco ciò che insegno, padroneggio lo statuto epistemologico delle discipline, ho contezza della pluralità di pratiche didattiche, scelgo e seleziono consapevolmente pratiche adeguate e coerenti.
Possiamo immaginare, quindi, il docente come “designer”[4] di esperienze di apprendimento significativo che prevedano l’interazione tra persone, oggetti della conoscenza, ambienti di apprendimento (reali e virtuali). Docenti e discenti sono gli “attori” dell’apprendimento ma compete ai docenti la tenuta del curricolo e di ciò bisogna che essi siano ben consapevoli, sviluppando anche la capacità di imparare dagli errori e di esercitare una riflessività critica in relazione alla specificità e complessità del contesto organizzativo in cui operano.
Il curricolo come impresa collettiva
Il curriculo può, quindi, configurarsi come impresa collettiva, cioè come somma degli interventi didattico-organizzativi pensati, condivisi e agiti da una pluralità di soggetti che si percepiscono responsabili e che, in base a un’idea di scuola, sviluppano, affiancano e supportano il “progetto di vita” di ogni bambino/a, adolescente, giovane per un ingresso consapevole e competente nel mondo adulto attraverso alcune azioni portanti: interazione con il contesto nel definire l’identità culturale e progettuale, flessibilità e personalizzazione nella progettazione e gestione delle didattiche, espandibilità delle offerte formative, interazione/dialogo verticale e orizzontale tra curriculi per qualificare le azioni di orientamento.
È la dimensione collettiva dell’azione educativa e progettuale che rende il curriculo strumento di lavoro strategico e nevralgico nellafaccenda educativa dove tutti devono e possono avere le “mani in pasta”.
Un approccio dialogico
Il curriculo inteso come impresa collettiva, fondato su una condivisa dichiarazione di intenti (Atto d’indirizzo, PTOF), attraverso un agito dinamico e partecipativo (collegialità consapevole) che rimanda ad azioni proattive di cambiamento nella didattica e nell’organizzazione, necessariamente richiede un “approccio dialogico”in ogni dimensione didattico-organizzativa poiché presuppone costruzione di comunità, clima e relazioni di senso, quindi benessere organizzativo.
In buona sostanza, la costruzione del curriculo rappresenta l’impresa collettiva necessaria per rimettere in discussione, rileggere, rigenerare la quotidianità educativa e renderla significativa nell’attuale dimensione di complessità[5].
Nel tempo delle Azioni e Missioni di varia tipologia (come nel PNRR), il curriculo è il primo strumento da rimettere al centro del dibattito per riappropriarsi di pedagogie, metodi e strumenti, costruire ambienti di apprendimento funzionali e personalizzanti, ricostruire scenari organizzativi, consolidare collaborazioni e alleanze, valorizzare talenti, saperi ed esperienze professionali dentro un’ampia e diffusa dimensione collaborativa (collaborazione/condivisione/co-progettazione /co-working).
Una comunità di pensiero
La rilettura del curriculo è, quindi, un’operazione di responsabilità che promuove il dialogo tra discipline, si fonda sull’osservazione e la documentazione delle pratiche, sul presidio e sulla supervisione didattica, sull’affiancamento dei gruppi di lavoro, la riflessione periodica, la formazione tra pari e la valorizzazione dell’esperienza.
Gli atteggiamenti da incoraggiare per rileggere, ringiovanire e rigenerare il curriculo vanno verso la costruzione di una comunità di pensiero:
- che sa analizzare la fattibilità, le opportunità, le debolezze, i punti di forza e le sfide;
- che parte dall’esistente e fa leva su ciò che si è, si ha e si è fatto;
- che coltiva l’essenziale e armonizza le pratiche didattiche curriculari ed extracurriculari;
- che persegue la coerenza tra il pensato, il dichiarato e l’agito.
Interrogarsi (nelle sedi collegiali, nei gruppi di lavoro, nelle classi, nelle segreterie, tra collaboratori scolastici),riflettere e negoziare tra bilanci e rilanci, monitorare la salute organizzativa e le condizioni delle relazioni professionali rappresentano punti di partenza per crescere come comunità di pensiero e per costruire un curriculo condiviso, significativo e partecipato.
Una leadership partecipata
In base a questi presupposti il primo nutriente di un curriculo sano e sostenibile è una buona e onesta organizzazione che rimanda al tema di una leadershippartecipata, generativa e diffusa, che assicuri, a tutti i livelli, coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, tra ciò che si sa e ciò che sarebbe necessario sapere, tra ciò che si è e ciò che si è deciso insieme di dover essere[6]. Presupposto ineludibile per il successo del curriculo è, quindi, la costruzione del clima organizzativo collaborativo e partecipato.
Il Dirigente, in primis, deve promuovere, sviluppare e incoraggiare pensiero, attraverso l’esercizio di una leadership che consenta la costruzione di ambienti organizzativi, sinceri, entusiasti e professionalmente efficaci[7]. La flessibilità didattica e organizzativa, come caratteristica precipua del curriculo, richiede ai Dirigenti scolastici di assumere il ruolo di architetti organizzativi e artigiani delle relazioni per piegare sistemi rigidi, smontare vecchie logiche e reiterate abitudini, capovolgere convincimenti, dissolvere dubbi e diffidenze, costruire fiducia e consenso.
I rischi da cui difendersi
Un curriculo riletto al di fuori di queste coordinate, costruito senza consapevolezza, subito e mai adottato rischia di essere:
- ammalorato da atteggiamenti di balcanizzazione (disordine e frantumazione), gattopardismo (cambiamento finto) verniciatura estetica (falsità organizzativa);
- spersonalizzato da atteggiamenti diimitazione/scimmiottamento (competizione fine a sé stessa, formalismo e sterilità);
- catturato da tendenze di collezionismo, mode e accumulo (di tutto e di più!);
- intrappolato dentro unareiterazione progettuale che si nutre di eccessiva difesa di sé stessi, di affezione a pratiche didattiche ripetitive ritenute infallibili e che, inevitabilmente, produce narcisismo organizzativo-professionale e autoreferenzialità.
Il progressivo deterioramento concettuale e culturale del curriculo, in un momento di smarrimento e incertezza, sarebbe la condanna a morte definitiva per una scuola che vuole stare al passo con i tempi e a braccetto con la complessità.
La formazione che serve
In coerenza a quanto finora delineato, è certamente necessaria una buona formazione, dei docenti e dei dirigenti,che fornisca gli strumenti culturali necessari per rileggere e sburocratizzare il curriculo e per recuperare la visione ecosistemica dell’organizzazione e della professione.
Una formazione riflessiva, narrativa, generativa che tenga sotto attenzione le situazioni didattiche, garantisca la coerenza tra pensato e agito, osservi gli sviluppi, valuti i ricavi, validi le pratiche e si qualifichi attraverso il dialogo professionale tra pari, tra gruppi di lavoro, tra scuole. Una formazione sul campo i cui fondamentali sono le memorie professionali (dossier, portfolio, curriculum), la raccolta di sceneggiature didattiche significative, l’osservazione, le strategie di incoraggiamento, supporto e contenimento del coinvolgimento emotivo del docente nella relazione pedagogica (counseling), l’arte di ascoltarsi e raccontarsi, il gruppo quale strumento privilegiato di lavoro.
In buona sostanza, una riflessione pedagogica profonda, responsabile e aggiornata sul tema del curricolo, secondo le chiavi di accesso indicate, potrebbe rivalutarlo ancora oggi, non soltanto come un dispositivo organizzativo e metodologico, ma come efficace strumento culturale in grado di rispondere alle sfide educative poste alla scuola dalla società contemporanea.
[1] Indicazioni Nazionali 2012.
[2] G. Cerini, Una certa idea di valutazione, Homeless Book, 2012, pag. 106.
[3] Alcuni esempi più recenti: Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica (legge 20 agosto 2019, n. 92 e Linee guida); Valutazione scuola primaria OM 172/2020 e Linee guida; Assetto didattico e organizzativo del biennio e del triennio dei percorsi di istruzione professionale di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61, e Linee guida.
[4] Cfr. S. Sancassani, Progettare l’innovazione didattica, Pearson, 2019.
[5] Cfr. Back to the Future of Education
[6] Cfr. E. Morini, P. Necioni (INDIRE), Leadership condivisa per la scuola che apprende, IUL Research, Vol. 3 n. 5 (2022) “le opportunità di leadership non devono essere limitate esclusivamente a ruoli formalizzati, ma dovrebbero includere situazioni in cui gli insegnanti sono in grado di condividere le loro competenze con i colleghi, estendere la loro sfera di influenza e continuare a sviluppare le loro competenze di insegnamento allo stesso tempo.
[7] J. Delors 1997 «Un buon dirigente scolastico deve essere sia capace di stabilire un efficace lavoro di gruppo, sia riuscire ad ottenere il riconoscimento delle sue competenze nella funzione di leader in un’ottica organizzativa (gestione efficace delle risorse umane, materiali e finanziarie) ed in un’ottica educativa (attraverso l’implementazione delle politiche educative). Queste due competenze dirigenziali rappresentano le due funzioni della leadership nel suo compito funzionale e relazionale”.