L’ISTAT[1] ci dice che nel 2021 ad aver letto almeno un libro nell’ultimo anno è il 40,8% della popolazione di 6 anni e più (leggermente in calo rispetto all’anno prima) e che Il 69,2% dei lettori legge solo libri cartacei, il 12,1% solo e-book o libri on line, lo 0,5% ascolta solo audiolibri mentre il 18,2% utilizza più di un supporto per la lettura. Queste percentuali collocano l’Italia al terzultimo posto in Europa per quantità di lettori, molto lontano da paesi come la Francia e la Norvegia.
Lettura e sviluppo del capitale umano
Il collegamento tra l’indice di povertà (educativa, economica, sociale) di un Paese e le competenze di lettura dei suoi cittadini è rilevabile nella evidenza dei dati statistici che vengono normalmente utilizzati per misurare quale trend nello sviluppo del capitale umano sia tracciabile in base ad alcuni indicatori. L’Italia che “legge poco”, dunque, crescerebbe in un contesto in cui il tasso di scolarizzazione è tra i più bassi in Europa, il tasso di dispersione e abbandono scolastico, pur se estremamente disomogeneo per aree geografiche, è ancora lontano dall’obiettivo del 10% e circa un quarto sul totale di studenti quindicenni ottiene risultati di apprendimento al di sotto dello standard minimo di riferimento[2].
Gli indicatori ancora una volta ci fanno capire che il focus resta sul ruolo del sistema formale di istruzione, ma è altrettanto interessante che si cominci a ragionare sui risultati a distanza dell’insegnamento, in particolare per le competenze di lettura, sul ruolo, cioè, dell’apprendimento permanente e su come il consumo culturale in genere sia o non sia un costume consolidato e permanente del cittadino italiano ancheda adulto.
Nella pubblicazione Education at a Glance[3], l’OCSE invita infatti a non limitare l’attenzione alla qualità dei risultati di apprendimento degli studenti (sempre correlati alle scelte di investimento sull’istruzione), ma di integrare i dati del programma internazionale PISA (Programme for International Student Assesment) con quelli dell’indagine sulle competenze degli adulti, PIAAC (Programme for International Assesment of Adult Competencies) e con quelli sull’insegnamento, TALIS (Teaching and Learning International Survey).
La parola ai dati
Se consideriamo che nel 2000 la quota di lettori era al 38,6%, l’andamento è stato crescente fino al massimo del 2010 (46,8%) per poi ridiscendere nel 2016. La quota è rimasta stabile fino al 2019, è cresciuta nel 2020 e si è di nuovo stabilizzata nel 2021. La situazione, riassunta in tabella, è dunque la seguente:
Indicatore | Valore assoluto | Variazione rispetto al 2020 |
---|---|---|
Lettori/lettrici | 23.216 | – 1,6 |
Lettori/lettrici libri cartacei | 20.191 | – 4,9 |
Lettori/lettrici e-book, libri on line | 6.645 | + 15,0 |
Persone che ascoltano audiolibri | 1.117 | + 11,8 |
Siamo alla transizione digitale?
I dati in aumento dell’utilizzo dei libri digitali è da collegare alla maggiore diffusione dei testi scolastici (e non solo) in formato e-book, la cui utilità è diventata preminente nella fase pandemica. Una riflessione specifica andrebbe fatta sull’uso degli audio libri e, soprattutto, sugli sforzi dell’editoria di rendere massimamente inclusiva la propria produzione. È indubbio che il formato libro sia diventato plurale: cartaceo, audio, podcast. La transizione digitale tuttavia sembra accelerare prevalentemente la produzione rivolta ai ragazzi e interessare solo un quinto di quella per adulti. La progressiva digitalizzazione dei libri e la loro collocazione in piattaforme accessibili da remoto viene collegata a una più agevole politica di contrasto alla povertà educativa, abbattendo tendenzialmente le maggiori barriere nella fruizione come vedremo più avanti. Sicuramente l’accesso on line alle biblioteche compensa le difficoltà di accesso fisico ordinario alle stesse.
Il primato dei giovani lettori, anzi, delle giovani lettrici
Se si guarda poi alla tiratura dei testi si comprende che sono pochi gli italiani adulti che leggono o meglio che continuano a leggere una volta usciti dal percorso scolastico. Infatti il sostanziale equilibrio tra le opere di “varia” rivolte agli adulti (52,8%) e quelle rivolte a bambini e ragazzi di età compresa fra 6 e 19 anni (19% di opere per bambini e ragazzi + 28% di testi scolastici) non è giustificabile a fronte del numero ben più consistente di popolazione rappresentata dagli adulti stessi.
I giovanissimi sono i lettori più assidui: tra gli 11 e i 14 anni il 54,7% ha letto almeno un libro nell’ultimo anno. Si conferma il divario di genere: nel 2021 la percentuale delle lettrici è del 45,7% e quella dei lettori del 35,8%. “Il pubblico più affezionato è rappresentato dalle ragazze di 11-24 anni, tra le quali oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno, con un picco tra i 18 e 19 anni (62,6%)” [fonte ISTAT]. La quota di lettrici scende sotto la media nazionale dopo i 65 anni, mentre per gli uomini è sempre inferiore al 45%”. Solo l’11,7% si è recato in una biblioteca o si è collegato al sito web di una biblioteca inserita nel Sistema Bibliotecario Nazionale.
Il fattore Istruzione e il fattore territorio
Oltre alle abitudini di lettura del contesto familiare, svolgono un ruolo molto importante fattori culturali, sociologici e geografici: legge libri il 71,5% dei laureati, il 46,8% dei diplomati e il 26,3% di chi possiede la licenza elementare. L’abitudine alla lettura è più diffusa nelle regioni del Centro-nord: ha letto almeno un libro il 48,0% delle persone residenti nel Nord-ovest, il 46,3% di quelle del Nord-est e il 44,4% di chi vive al Centro. Al Sud la quota di lettori è pari al 29,5% della popolazione residente. La Sardegna si distingue per la sua percentuale pari al 42,6%. La maggior presenza di librerie e biblioteche nei centri di grandi dimensioni influisce favorevolmente sull’abitudine alla lettura che è molto più diffusa nei Comuni delle aree metropolitane, dove si dichiara lettore poco meno della metà degli abitanti mentre la quota scende fino al 20% nei comuni più piccoli.
La lettura e le professioni
Non è particolarmente incoraggiante, purtroppo, nemmeno la rilevazione dei comportamenti di lettura tra i professionisti italiani. “Il 40,8% di imprenditori, dirigenti di azienda, in genere le persone che occupano ruoli apicali nella grande, media e piccola industria italiana, dichiara di non aver letto alcun libro nei 12 mesi precedenti. Nessun romanzo, nessun libro di saggistica di qualunque genere e argomento (geopolitica, trasformazioni sociali, marketing, effetti della globalizzazione dei mercati, comunicazione, ecc.)”[4]. Fanno un po’ meglio i quadri intermedi che non leggono per il 38%. Entrambe le categorie sono quindi nettamente al di sotto delle prestazioni degli studenti e di chi è in cerca del primo lavoro. Questo dato è spesso utilizzato come indicatore della crisi dell’imprenditoria del nostro Paese nei settori in cui è determinante l’aspetto innovativo a livello tecnologico e di mercato. Non esiste una statistica riservata agli insegnanti.
Educare alla lettura: le criticità delle biblioteche scolastiche
Nel “Libro bianco sulla lettura e i consumi culturali in Italia”, edito nel 2021 dal Centro per il Libro e la Lettura (CEPELL), c’è un paragrafo dedicato alle biblioteche scolastiche, in cui si fa riferimento ad un’indagine interessante dell’AIE sullo stato dell’arte nel 2019. Il report dal titolo “Più libri, più liberi” metteva in evidenza come le biblioteche scolastiche presentassero aspetti di particolare criticità:
1) non essere affidate a personale con formazione specifica presente continuativamente e quindi di difficile fruizione interna;
2) essere totalmente scollegate rispetto al territorio, e quindi di nessuna utilità per la fruizione esterna del patrimonio librario;
3) avere una dotazione libraria molto vecchia, numericamente insufficiente con un rinnovo annuale di pochi testi, per lo più frutto di donazioni, a causa della scarsità di risorse pubbliche a disposizione (sono stati impegnati per l’acquisto di libri circa 40 centesimi a studente)
Il prestito digitale è presente solo nel 13% delle scuole; il prestito bibliotecario si attesta a 1 libro per studente non sempre compensato dal sistema bibliotecario esterno. Questo spiega perché gli utenti delle biblioteche di pubblica lettura siano soprattutto giovani studenti, ma là dove il divario territoriale è forte, l’assenza di una biblioteca scolastica attrezzata può fare la differenza per il contrasto alla povertà educativa. In altre parole: la scuola dovrebbe promuovere la lettura soprattutto nelle aree prive di una rete di servizi culturali efficaci e fare della biblioteca scolastica un luogo di animazione culturale per l’intero territorio.
Le misure di sostegno in atto
Consideriamo alcune azioni a cui la scuola dovrebbe forse dare maggiore continuità e incisività a partire dagli strumenti normativi a disposizione e dalle misure previste nel PNRR.
Nella Legge 13 febbraio 2020 n. 15 (Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura) è inserito il Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura, accanto ai Patti locali per la lettura, a interventi per il contrasto della povertà educativa e al rafforzamento delle biblioteche scolastiche. La scuola può dunque considerarsi al centro di una rete di servizi finalizzati a contrastare la povertà educativa integrando gli strumenti a disposizione: la Carta della cultura e il suo contributo per l’acquisto di libri o altri servizi culturali per i cittadini appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati.; l’attivazione di sportelli presso biblioteche scolastiche, biblioteche di pubblica lettura, librerie; Patti territoriali per la lettura e Punti Luce di Save the Children, partner della rete di Patti per la lettura.
Una maggiore diffusione della lettura si è sicuramente raggiunta con il bonus cultura per i diciottenni (18app), tanto da far pensare ad un auspicato allargamento alla fascia 14-18 anni.
In tutto il territorio nazionale sono ormai consolidati progetti come Libriamoci, Città che legge e altri, accompagnati da una grande promozione delle Fiere librarie. Il divario digitale anche in questo settore ha visto partire una campagna sulle biblioteche scolastiche innovative all’interno del Piano Nazionale Scuola Digitale.
Si tratta, allora, di aprire una più ampia riflessione sull’importanza per il cittadino della società della padronanza delle competenze alfabetiche (leggere e scrivere sono competenze interconnesse) e soprattutto su come la scuola possa giocare un ruolo fondamentale non solo nella loro formazione iniziale, ma come possa incardinarle nella motivazione permanente ad apprendere, perché la comprensione di un testo apre alla comprensione della realtà.
[1] Vedi dati Istat.
[2] Per una conoscenza puntuale dei dati vedi Eurostat.
[3] Vedi Education at a glance 2022.
[4] Cfr. “Libro bianco sulla lettura e i consumi culturali in Italia”, CEPELL 2021 pag. 25.