Baby gang e le carceri minorili

La questione educativa va presa sul serio

Nell’eco del discorso di fine anno del presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, il metodo per migliorare ed arricchire la nostra scuola, proposto da Mariella Spinosi nel numero 314 di “Scuola7” del 2 gennaio scorso, è quello di riconoscere i problemi, affrontarli con cauto ottimismo, ma sempre con uno sguardo vigile, critico e costruttivo.

Facendo mio questo spirito, ponderato e, al contempo, pragmatico, tra consuntivo sull’anno passato e ciò che si staglia all’orizzonte dell’anno appena iniziato, vorrei concentrarmi su un tema che affiora tra le linee d’ombra dei cambiamenti in atto e che unisce la questione educativa a quella sociale.

Sovraffollamento delle carceri minorili

Il giorno di Natale, domenica 25 dicembre 2022, Rainews ha pubblicato questa notizia: Sette ragazzi evasi dal “Beccaria”. Due sono stati presi. Fuoco nelle celle per protesta. Due “fuggitivi” sono stati rintracciati poche ore più tardi, gli altri nei giorni successivi, tutti nuovamente affidati al carcere minorile “Beccaria” di Milano.

Pochi giorni più tardi, giovedì 29 dicembre, il sindaco di Bologna ha scritto una “lettera aperta” al Ministro della Giustizia e alla Presidente del Consiglio dei Ministri evidenziando i problemi nel carcere minorile del “Pratello” e chiedendo un numero più congruo di educatori.

Non è sicuramente cosa di poco conto che due carceri minorili, per motivi diversi, nel pieno delle festività natalizie, siano state al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni di governo, per una situazione di sovraffollamento dei luoghi di detenzione, a causa di un accentuarsi dei reati che coinvolgono giovani non ancora maggiorenni.

Sportelli genitoriali

Un paio di giorni più tardi, sabato 31 dicembre 2022, l’Assessore alla Scuola del Comune di Bologna ha lanciato l’idea di “una grande istruttoria sull’educazione nel 2023 e sportelli per le famiglie, per aiutarle a impedire che i giovani si perdano”. Una iniziativa volta a prevenire fenomeni violenti tra gli adolescenti proprio attraverso l’ampliamento di “sportelli genitoriali”.

Lunedì 2 gennaio 2023, nell’edizione bolognese di “Repubblica”, è uscito un articolo con questo titolo: Baby gang, emergenza continua, due minorenni nei guai al giorno. Fanno riflettere i dati riportati relativi all’area metropolitana bolognese: “Nell’ultimo anno i minori arrestati soltanto dai carabinieri sono stati 37, mentre quelli denunciati sono stati addirittura 555. In tutto, 592 giovanissimi (quasi due al giorno), finiti nei guai per i reati più diversi. Un numero che presumibilmente raddoppia, se si considerano i casi sui quali è intervenuta la polizia”.

Baby gang?

“I ragazzi che commettono reati sono sia italiani che stranieri” e “quando si tratta di stranieri c’è una prevalenza di minori non accompagnati”. Sono le parole del Co­man­dan­te Pro­vin­cia­le dei Ca­ra­bi­nie­ri di Bo­lo­gna, Co­lon­nel­lo Ro­dol­fo San­to­vi­to.

Sui “minori non accompagnati” appare opportuno sottolineare l’importanza dell’applicazione della legge 47/2017 (promossa dall’on. Sandra Zampa).[1]

Spiega la Treccani che baby gang è la locuzione inglese che sta per “banda di bambini” ovvero “banda di giovanissimi che si rende responsabile di azioni di microcriminalità”. All’espressione manca, tuttavia, l’aspetto più importante: i giovani non possono essere abbandonati all’istantanea dei reati che commettono. Essi hanno davanti una vita da vivere e da reinventare. Hanno la possibilità di ravvedersi e di recuperare, se sono aiutati a farlo e se sono posti nei luoghi giusti e con le condizioni adeguate. E a ciò può dare un contributo essenziale l’azione educativa, dentro e fuori dalla scuola.

La difficile via della cultura della legalità

È necessario prendere atto di una realtà che, ogni giorno, ci interpella sul perché dei comportamenti tra i giovanissimi autori di reati, anche gravi. È importante che si intensifichi e si renda più efficace l’azione congiunta tra gli Uffici di Servizio Sociale per i minorenni, i Tribunali per i minorenni, le carceri minorili, l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine.

Ma è oltremodo necessario il coinvolgimento e il dialogo con le famiglie. Lo suggerisce da tempo lo Statuto delle studentesse e degli studenti (DPR n. 249 del 24 giugno 1998) integrato dal Patto educativo di corresponsabilità (DPR n. 235 del 21 novembre 2007).

Non si può pretendere che la realtà aderisca agli schemi prestabiliti; per avviare il processo verso il rispetto delle regole della convivenza civile e verso la cultura della legalità occorre che si approntino soluzioni innovative, non bastano le solite formule.

Non possiamo chiudere gli occhi o girare la testa da un’altra parte, fare finta di non vedere. C’è un’emergenza giovanile che non può essere derubricata soltanto a questione criminale. Occorre muovere tutte le competenze. In particolare, la scuola non può essere spettatrice, ma soggetto attivo e propositivo, in grado di rinnovare incessantemente il senso della propria missione educativa.

Coordinare le forze

La pandemia ha certamente peggiorato la situazione, ma vi sono ragioni radicate nel tempo. La pandemia può essere una concausa, non un alibi per non affrontare questioni meritevoli di approfondimenti.

Bisogna evitare le facili risposte del “populismo giudiziario”, o di ricorrere a norme pensate ad hoc per rispondere all’allarme del momento. Non serve una leggina in più da intestare a qualcuno per qualche titolo di giornale o qualche like sui social. È bene evitare il “consumismo normativo”: le leggi ci sono, il problema vero è applicarle e farle rispettare.

Da qui la prima osservazione, la più ovvia: è necessario coordinare tutta la filiera istituzionale coinvolta nella questione giovanile: MIM, USR, UAT, le autonomie scolastiche, il sistema degli enti territoriali, Regioni, Province e/o Città Metropolitane, Comuni, servizi sociali, aziende per i servizi alla persona. Farlo con spirito concreto, evitando approcci meramente metodologici o rituali. Insieme, includere il capitale sociale di comunità, il terzo settore, il mondo non profit, sportivo, ricreativo, culturale.

Per la scuola, è l’occasione per prendere ulteriormente sul serio la Peer Education. Diceva Marshall McLuhan: il medium è il messaggio. Il messaggio può essere più credibile se espresso non solo dagli adulti ma anche dai coetanei, da altri giovani, da altri studenti, compagni di scuola o compagni di classe. Per questo l’attivazione di buone pratiche “tra pari” può essere una leva importante. Il messaggio educativo deve partire dallo stesso mondo che coltiva il rischio della devianza.

Il benessere a scuola

La scuola deve essere sicurezza, salute, benessere. Il servizio psicologico, che è oggi largamente praticato ed è entrato a far parte della routine scolastica, può e deve essere potenziato, magari interagendo con il “bonus psicologo” e con il sistema sociale e sanitario del territorio. In relazione al procedimento disciplinare, non vi è dubbio che, non da oggi, i “lavori socialmente utili” consentano di tener viva la speranza di un’azione educativa efficace, ma tale azione è resa possibile se si riesce a costruire una buona sinergia tra tutti i soggetti che si devono occupare del problema.

Spesso si lamenta la mancanza di risorse. È vero, le risorse sono importanti ma lo sono altrettanto se non ancor più la chiarezza e la determinazione di un’iniziativa bene impostata: attitudine all’ascolto, tempestività nella risposta, monitoraggio costante, riorientamento delle azioni.

PNRR ma non solo

A tale proposito, il PNRR può essere strategico specie se posto in sinergia con altre risorse, non solo materiali. È necessaria l’attitudine all’innovazione di sistema evitando inciampi burocratici. Nel massimo rispetto del quadro normativo, bisogna anche essere precoci nel capire il problema e rapidi nel trovare le soluzioni adeguate.

La questione educativa coinvolge il contrasto alla dispersione, l’orientamento meglio strutturato, docenti tutor e docenti che “consigliano” le famiglie, un investimento sulla formazione dei docenti,lacultura dell’autonomia e della responsabilità, lo sviluppo delle competenze digitali, i nuovi ambienti di apprendimento.

Non ci sono bacchette magiche, né esiti che non siano il frutto di un lavoro impegnativo, convinto e continuo.


[1] La legge organica sui minori stranieri presenti in Italia (legge n. 47/2017) ha modificato la normativa in materia con l’obiettivo di rafforzare le tutele nei confronti dei minori e garantire un’applicazione uniforme delle norme per l’accoglienza su tutto il territorio nazionale.

Nell’ambito delle politiche di accoglienza, per sostenere le attività di accoglienza dei minori da parte dei comuni è stata riconosciuta a tutti i minori non accompagnati la possibilità di accedere ai servizi territoriali, finanziati con il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo. Il D.L. 113/2018 ha disposto che, al compimento della maggiore età, i neo maggiorenni richiedenti asilo rimangono nei centri di seconda accoglienza dei comuni (SAI) fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.