Nello scorso mese di luglio sono stati pubblicati dal Ministero dell’Istruzione gli ultimi dati sugli alunni con cittadinanza non italiana[1]. Il documento si presenta ricco di informazioni che possono costituire un interessante punto di partenza per ritornare a ragionare sulla reale dimensione del fenomeno ma soprattutto per individuare i bisogni di questa fascia di popolazione scolastica che si presenta con aspetti di grande fragilità.
I dati sono una risorsa
I dati sono una risorsa e servono anche per orientare i decisori politici e le scelte organizzative e strategiche dell’amministrazione scolastica a livello centrale e periferico. Ma come, per altro, viene precisato nello stesso documento, “le statistiche basate sulla cittadinanza non coprono totalmente l’entità dei giovani studenti di origine migratoria. Soprattutto se ci si pone dal lato dei bisogni (…). Vi sono, infatti, tipologie di studenti e studentesse che, pur provvisti di cittadinanza italiana, vivono in un ambiente familiare non italofono, dove si parla una lingua diversa da quella d’istruzione. Vi sono i figli di coppie miste così come alunni arrivati per adozione internazionale. La presenza di questi studenti nelle scuole e le questioni che ne derivano sono fatti di cui le comunità scolastiche sono senz’altro consapevoli e di cui già tengono conto negli specifici interventi e progetti di inclusione e di educazione interculturale[2]
In questo contributo mi soffermerò soltanto su alcuni aspetti, ciascuno potrà trovare nel Rapporto ulteriori dati e informazioni a seconda degli ambiti specifici che intende approfondire e dei propri interessi di studio.
L’andamento nel tempo
Dall’anno scolastico 1983/1984, dal quale sono disponibili dati statistici attendibili[3] si è sempre riscontrato un aumento complessivo via via crescente di alunni con cittadinanza non italiana. Il maggior aumento è stato nel 2007/2008 quando si è registrato un incremento di quasi 73 mila unità; negli anni seguenti la crescita è stata sempre più contenuta e nel 2015/2016 si è registrata una stasi con una seppur lieve ripresa fino all’anno 2019/2020.
L’incremento costante della percentuale di alunni stranieri nella scuola italiana negli ultimi 20 anni, va dall’1,9% nel 2001 al 10,3% nel 2020-2021, ma con variazioni percentuali discontinue da un anno all’altro; il massimo della variazione rispetto all’anno scolastico precedente è nel 2011-2012 (+6,4) mentre nel 2020-2021 si è registrato un decremento (-1,3%). Un aspetto significativo riguarda la presenza di alunni stranieri nati in Italia che rappresentano una quota crescente nei vari ordini di scuola. Su 100 alunni stranieri, i nati in Italia rappresentano il 66,7% nel 2020-2021, con un incremento costante dal 2016-2017 quando rappresentavano già il 60,9%[4].
I bisogni delle seconde generazioni
Come viene ben sottolineato nel Rapporto, “vista la complessiva diminuzione degli studenti con cittadinanza non italiana registrata quest’anno, ancor più si evidenzia che le seconde generazioni rappresentano ormai l’unica componente in crescita della popolazione scolastica”.Questo ultimo dato impone una riflessione sui bisogni delle “seconde generazioni” in merito all’inclusione e al successo scolastico ma anche sul fatto che se la scuola vuole effettivamente rispondere al dettato della nostra Costituzione, il riconoscimento della cittadinanza per questi alunni e per queste alunne non sembra più procrastinabile.
L’aumento dei nati in Italia va di contro, di pari passo con la diminuzione gli alunni immessi per la prima volta nel sistema scolastico “che nell’anno scolastico 2020/2021 diminuiscono complessivamente di quasi 6.700 unità con una variazione percentuale rispetto all’anno precedente del -29,5%. Nel quadriennio 2016/2017-2019/2020 il totale degli ‘entrati in Italia’ si è collocato in media intorno alle 22.700 unità, quest’anno è sceso a 16.000 unità. I dati di medio-lungo periodo, relativi al quinquennio 2016/2017-2020/2021 mostrano una tendenza alla diminuzione soprattutto nella scuola primaria con meno 5.182 unità. Nel settore delle Secondarie la diminuzione diventa più evidente nell’ultimo anno con meno 3.961 unità il primo grado e con meno 2.025 unità il secondo grado”[5].
Tassi di frequenza nella scuola dell’infanzia
Fin dalla scuola dell’infanzia, la scolarizzazione dei bambini stranieri registra una significativa differenziazione, infatti nell’anno scolastico preso in esame, a fronte di una sostanziale stabilità della presenza di bambini stranieri, come risulta dalle rilevazioni ISTAT, solo il 74,7% della fascia di età 3-5 anni frequenta la scuola dell’infanzia[6] a fronte di un trend di crescita che aveva caratterizzato gli ultimi anni, erano infatti il 79,2% nel 2018/2019 e l’83,7% nel 2019/2020.
Va ricordato che purtroppo il tasso di scolarità è diminuito anche per i bambini con cittadinanza italiana passando dal 96,3% nel 2019/2020 al 93,7% nel 2020-2021. La non obbligatorietà della scuola dell’infanzia in questi due anni di pandemia ha sicuramente influito sulla frequenza in tale ordine di scuola, ma il ritardo nell’immissione nel sistema scolastico per
i bambini stranieri costituisce un ulteriore fattore di disuguaglianza e pone le basi per un probabile futuro insuccesso scolastico.
Tassi di scolarità dal primo al secondo ciclo d’istruzione
Negli ordini si scuola successivi i tassi di scolarità registrano una percentuale eguale a quella degli italiani, quasi il 100%, nella fascia di età 6-13 anni, corrispondente al primo ciclo dell’istruzione e una leggera flessione (94,1%)nella fascia 14-16 anni, corrispondente al primo triennio di scuola secondaria di secondo grado. La situazione cambia invece nell’ultimo triennio della secondaria di secondo grado doveil tasso di scolarità degli studenti con cittadinanza non italiana diminuisce fino al 77,4% rispetto all’83,3% degli studenti italiani. Il fenomeno va messo in relazione a quello dell’uscita precoce dal sistema scolastico che può essere attribuito sia alla necessità di svolgere una qualche attività lavorativa anche precaria per contribuire al reddito familiare sia alle sempre maggiori difficoltà che gli studenti con cittadinanza non italiana incontrano nello studio delle discipline scolastiche. Una debole attenzione da parte dei docenti della secondaria di secondo grado alle questioni legate all’apprendimento della lingua per lo studiocostituisce un vero e proprio ostacolo all’apprendimento di qualsiasi contenuto disciplinare mentre attribuzione di debiti e bocciature diventano la pre-condizione per il mancato completamento del ciclo sella secondaria.
La irregolarità del percorso d’istruzione e l’uscita precoce dal sistema scolastico costituiscono infatti gli indicatori più significativi dell’integrazione formativa e sociale dei giovani con cittadinanza non italiana.
Regolarità, ritardi e abbandoni
Come emerge dal rapporto “nell’A.S. 2020/2021 l’82,7% degli studenti con background migratorio di 10 anni di età frequenta regolarmente la quinta classe di Scuola primaria, il 12,0% ha un anno di ritardo, l’1,3% ha accumulato due anni e oltre di ritardo (Tav. 30). A 14 anni, corrispondenti alla frequenza della prima classe di Secondaria di II grado, la percentuale degli studenti di origine migratoria con percorso di studio regolare si ferma al 65,4% mentre il 31,9% frequenta ancora una classe di scuola secondaria di I grado; il 26,7% è in ritardo di un anno, il 4,6% di due e lo 0,6% di tre anni. All’età di 18 anni la percentuale di studenti regolari scende al 42,5% contro il 57,5% in ritardo: si va dall’1,6% dei diciottenni che frequenta il primo anno di Secondaria di II grado al 33,3% che frequenta il quarto anno. Tra gli studenti di Secondaria di secondo grado in ritardo si annoverano inoltre circa 35.200 studenti di età 19-20 anni e più, di cui il 30,2% si trova ancora al primo o al secondo anno di corso”[7].
La centralità della “scuola di base”
Va precisato comunque che la scelta del percorso di studi e il tipo di indirizzo sono correlati con la votazione con cui viene conseguito il diploma di scuola secondaria di primo grado, se si supera positivamente lo scoglio della secondaria di primo grado, i comportamenti nella scelta fra stranieri e italiani si equivalgono così come le probabilità di proseguire con successo il percorso di studi. Ancora una volta va quindi richiamata l’attenzione sulla centralità del primo segmento dell’istruzione (la “scuola di base”) che deve fornire le abilità linguistiche e di studio indispensabili per il proseguimento di qualsiasi percorso formativo e di istruzione, che devono essere necessariamente ancora più solide per gli alunni provenienti, a vario titolo, da contesti migratori.
L’importanza dell’insegnamento dell’Italiano lingua due
Non è mai superfluo ricordare a tal proposito la trasversalità della lingua di scolarizzazione e la specificità dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda. In questa direzione una formazione specifica degli insegnanti, l’assegnazione di professionalità specializzate e di risorse per attività aggiuntive destinate proprio all’insegnamento dell’italiano come L2 deve rimanere al centro dell’attenzione dei decisori politici. Fare in modo che tutti gli alunni, dentro il nostro sistema scolastico siano messi nelle stesse condizioni per affrontare i percorsi di studio richiede un intervento mirato nel caso degli alunni con cittadinanza non italiana che tenga conto del loro repertorio plurilingue e interculturale.
Il ritardo e l’irregolarità del percorso scolastico costituiscono il presupposto dell’abbandono scolastico, ancora elevato in molte parti del territorio nazionale che colloca l’Italia distante dal resto dei paesi europei: “l’esame di questo fenomeno attraverso l’indicatore europeo degli Early Leaving from Education and Training (ELET) evidenzia che gli alunni con cittadinanza non italiana sono quelli a più alto rischio di abbandono. Nel 2020 l’indicatore ELET riferito agli studenti stranieri nel nostro Paese è pari al 35,4% a fronte di una media nazionale del 13,1% ed è il più alto in Europa”[8].
Dai risultati INVALSI
Se facciamo poi anche riferimento agli esiti delle prove INVALSI del 2022, vediamo come i risultati conseguiti dagli alunni con cittadinanza non italiana sono spia delle difficoltà linguistiche e di studio che essi incontrano. Prendendo infatti in esame risultati delle rilevazioni del 2022, vediamo che nelle prove di italiano e matematica, gli alunni con cittadinanza non italiana sia di prima che di seconda generazione ottengono punteggi significativamente inferiori rispetto ai loro coetanei italiani[9]. Prendendo in esame i risultati delle prove di italiano, gli alunni con cittadinanza non italiana di prima generazione ottengono un punteggio inferiore rispetto ai loro coetanei di -21 in seconda primaria, di -10,3 in quinta primaria, di -24,2 in terza secondaria di primo grado, di -19,8 in seconda della secondaria di II grado e di -9,2 in quinta secondaria.
Va un po’ meglio per quelli di seconda generazione, rispettivamente -15,1; -5,1; -13,6; -12,5; -8,9. Non molto diversa è la situazione dei risultati delle prove di matematica mentre migliori sono i risultati nelle prove di inglese. Questo ultimo dato potrebbe essere spiegato sia dal fatto che i giovani migranti vivono in contesti plurilingui, ma anche dalla frequenza di percorsi individuali di studio della lingua inglese considerata dalle famiglie dei migranti una lingua fondamentale per future scelte lavorative e progetti migratori fuori dall’Italia.
Ovviamente la lettura dei dai forniti dall’INVALSI andrebbe approfondita ma, in questa sede, un primo livello di analisi, conferma lo scenario di difficoltà in cui si trovano gli alunni migranti a causa della mancata padronanza della lingua di scolarizzazione.
La distribuzione nel territorio
La presenza degli alunni con cittadinanza non italiana è fortemente differenziata nel territorio nazionale e assume anche aspetti diversi dal punto di vista quantitativo se si guarda alla distribuzione percentuale sul territorio o alla percentuale sulla popolazione scolastica. A livello provinciale, 10 province assorbono da sole il 39,6% del totale degli studenti con cittadinanza non italiana[10]: “Prima in graduatoria rimane la provincia di Milano con 79.039 studenti, seppur con un calo di 803 unità rispetto al 2019/2020. Seguono le province di Roma e Torino con rispettivamente 63.782 e 39.465 presenze. Le altre province con maggior numero di studenti con background migratorio sono nell’ordine: Brescia (32.747 studenti), Bergamo (25.709), Bologna (22.204), Firenze (21.921), Verona (21.078), Modena (19.075) e Padova (18.075). In rapporto alla popolazione scolastica locale, la graduatoria delle province cambia completamente, evidenziando al primo posto la provincia di Prato dove gli alunni di origine migratoria rappresentano il 28,0% del totale. Seguono le province di Piacenza (23,8%), Parma (19,7%), Cremona (19,3%), Mantova (19,1%), Asti (18,8%) e infine Brescia, Milano e Modena (tutte e tre con il 18,2%”)[11].
La distribuzione territoriale varia anche nella differenza fra prima e seconda generazione. In Veneto, Piemonte, Umbria, Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna la quota degli studenti di origine migratoria che sono nati in Italia varia tra il 72,3% e il 68,8% sul totale[12].
Paesi di provenienza
Per quanto riguarda, invece, i paesi di provenienza, quasi il 45% degli studenti con cittadinanza non italiana è di origine europea. Come si evince dalla Tav. 11[13] sono quasi 200 i paesi di cui sono originari gli studenti con cittadinanza non italiana. “I dati suddivisi per continente evidenziano che la maggior parte degli studenti, ovvero il 44,95%, è ancora, come in passato, di origine europea seppur in lieve diminuzione, a seguire gli studenti di provenienza africana (26,9%) ed asiatica (20,2%). Tra i Paesi europei la cittadinanza più rappresentata, seppur in diminuzione rispetto al 2019/2020, si conferma ancora una volta quella rumena con oltre 154 mila studenti. Nell’insieme, gli studenti di origine rumena e albanese, 117 mila unità, rappresentano quasi un terzo degli alunni con cittadinanza non italiana (31,3%). Gli studenti marocchini, oltre 109 mila unità (12,6%), costituiscono la comunità più consistente del continente africano nonché la terza in valore assoluto in Italia”[14].
Ancora una volta, questi dati evidenziano come il flusso migratorio regolare consente che i figli dei migranti entrino nel sistema scolastico, pur con difficoltà e ritardi. Più problematico rimane l’accesso a scuola dei minori non accompagnati, dei bambini e delle bambine che arrivano con i barconi, anche con i loro genitori, i cui percorsi scolastici restano ancora molto più difficili ma di cui non si hanno ancora informazioni adeguate nelle rilevazioni ufficiali.
[1] Ministero dell’Istruzione – Ufficio di Statistica, Alunni con cittadinanza non italiana, AS 2020-2021, a cura di Carla Borrini.
[2] Nota per la lettura, pag. 7.
[3] Serie storica 1, in Appendice.
[4] Cfr. Tav. 7 pag. 19.
[5] Pag. 22.
[6] Graf. n. 4 pag. 13.
[7] Pag. 52.
[8] Pag. 56.
[9] INVALSI, Rapprto 2022, www.invalsi.it
[10] Cfr Tav. 5.
[11] Cfr Tav. 6.
[12] Cfr. Tav. 10.
[13] Pag. 25.
[14] Pag. 26.