La mattinata del 27 luglio, già nelle intenzioni iniziali, voleva coinvolgere protagonisti che pur non vivendo direttamente la scuola, partecipano in prima persona alle decisioni che poi nella scuola trovano la loro concreta attuazione: la Senatrice Barbara Floridia, Sottosegretaria del Ministero dell’Istruzione; Ettore Acerra, già Coordinatore dei Dirigenti tecnici centrali e attualmente Direttore generale USR Campania; Ivana Barbacci, Segretaria nazionale CISL Scuola.
RiGeneriamo la scuola
La Sen. Barbara Floridia, per problemi di Covid, non ha potuto partecipare. È stata Biancarosa Iovine a presentare ai corsisti, con la consueta competenza e precisione, il «Piano RiGenerazione Scuola».
Voluto dall’art. 10, c. 3 del D.lgs. 8 novembre 2021 n. 196 (di attuazione della direttiva UE 2019/904, del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente), «RiGenerazione Scuola» è il piano del Ministero dell’Istruzione per la transizione ecologica e culturale delle scuole, che prevede la realizzazione, a favore della comunità scolastica, di attività formative volte alla promozione della consapevolezza e della conoscenza delle problematiche legate al consumo della plastica monouso e a trasformare le abitudini di vita in chiave sostenibile.
Il patto tra le diverse generazioni
Come affermato in apertura dalla stessa pagina del Ministero che lo ospita, il «Piano […] mira a rigenerare la funzione educativa della scuola per ricostruire il legame fra le diverse generazioni, per insegnare che lo sviluppo è sostenibile se risponde ai bisogni delle generazioni presenti e non compromette quelle future, per imparare ad abitare il mondo in modo nuovo».
La dichiarazione programmatica, con la definizione di sviluppo sostenibile, tratta dal rapporto del 1987 della World Commission on Environment and Development («Our Common Future», noto anche come «Rapporto Brundtland» dal nome dell’allora presidente della WCED), mette subito in chiaro che la preservazione delle risorse e dell’equilibrio ambientale del nostro pianeta trova il suo baluardo etico nel senso di responsabilità che lega le generazioni d’oggi alle generazioni future.
Con il termine “rigenerazione” si supera il concetto di “resilienza”: non è più tempo di adattarci o resistere ai cambiamenti climatici, ma di generare un nuovo modo di abitare che guardi “lontano” nel tempo e nello spazio.
I pilastri e l’organizzazione di «RiGenerazione Scuola»
Nell’intento di dare attuazione agli obiettivi dell’Agenda 2030, il Piano è pensato per accompagnare le scuole nella transizione ecologica e culturale e lungo i percorsi di educazione allo sviluppo sostenibile previsti dall’insegnamento dell’educazione civica.
«RiGenerazione Scuola» affronta il tema della sostenibilità in chiave sistemica: esso infatti intende non solo valorizzare e mettere a regime i tanti progetti e attività che in maniera spesso episodica le scuole hanno sinora condotto sui temi dello sviluppo sostenibile, ma coinvolge tutte le diverse componenti dell’abitare la scuola. Il Piano infatti poggia su quattro pilastri: la rigenerazione dei saperi, dei comportamenti, delle infrastrutture e delle opportunità.
Le attività del «Piano» vedono il coinvolgimento di una pluralità di soggetti: oltre alle istituzioni scolastiche con i loro progetti, ad esso partecipa la “Green Community” (GC), una rete di soggetti pubblici e privati, amministrazioni pubbliche, istituzioni culturali, scientifiche, di ricerca, organizzazioni no profit e profit, anche di rilievo internazionale, che si è messa a disposizione delle comunità scolastiche per supportarle nella realizzazione delle iniziative che esse vorranno inserire all’interno del proprio PTOF.
Le istituzioni scolastiche possono inoltre fruire del materiale didattico reso disponibile dalla piattaforma «RiGenerazione Scuola».
Quale transizione per superare i divari territoriali
L’intervento di Ettore Acerra si è caratterizzato per la consueta lucidità di sguardo e precisione di analisi. I divari territoriali esistono e sono di varia natura: tra livelli di apprendimento, tra infrastrutture, tra importi della spesa pubblica.
Poiché il loro superamento va affrontato in una logica più ampia, che porta ad individuare nel PNNR la cornice indispensabile di cui tenere conto, Acerra ha innanzitutto condotto un’accurata lettura degli artt. 44-47 del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 29 giugno 2022, n. 79. In particolare l’attenzione si è appuntata sul complesso dispositivo dell’art. 44, che, mettendo in collegamento il tema della formazione, intesa sia come formazione iniziale che come formazione continua, con quello del reclutamento e della carriera professionale dei docenti, tenta di introdurre alcuni elementi di riforma di sistema, necessari per costruire un nuovo modello di scuola, che sappia far fronte ai problemi posti da una dispersione scolastica ancora elevatissima.
Alcuni dati sulla dispersione scolastica
Secondo i dati ISTAT di ottobre 2021, in Italia, nel 2020, la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, è fuori dal sistema di istruzione e formazione (Early Leavers from Education and Training, ELET) è stata pari al 13,1%, per un totale di circa 543 mila giovani: benché in leggero calo rispetto all’anno precedente la quota di ELET resta tra le più alte dell’UE. I divari territoriali sono poi ancora molto ampi e persistenti: nel 2020, l’abbandono degli studi prima del completamento del sistema secondario superiore o della formazione professionale ha riguardato il 16,3% dei giovani nel Mezzogiorno, l’11,0% al Nord e l’11,5% nel Centro.
Per la Campania, i dati sembrano essere ancora più preoccupanti: la percentuale di 18-24enni che hanno conseguito la sola licenza media e non sono inseriti in un programma di formazione è del 17,3% (media italiana 13,1%) mentre la percentuale di persone di 15-29 anni che non lavorano e non studiano (Neet) è del 34,5% (media nazionale 23,3%) (Fonte: Gruppo CRC Italia, «I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia», II edizione, Novembre 2021).
Il DM 24 giugno 2022, n. 170
Su questa realtà ha tentato di intervenire il DM 24 giugno 2022, n. 170, che ha ripartito su base regionale le risorse per le azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica (provenienti dalla M4C1 – linea di investimento 1.4. del PNRR), pari ad € 500.000.000,00, applicando i seguenti criteri e relativi pesi ponderali, calcolati sugli ultimi dati ISTAT disponibili a livello regionale:
a) tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione nella fascia di età 18-24 anni (indice ELET): 65%;
b) numero di studentesse e studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado della regione di riferimento: 20%;
c) tasso di presenza della popolazione straniera: 5%;
d) tasso di popolazione priva di diploma di scuola secondaria nella fascia d’età tra i 25 e i 64 anni: 5%;
e) tasso di famiglie con cinque o più componenti: 5%.
Così come disposto dal medesimo DM 170/2022, gli USR hanno poi provveduto a ripartire le risorse tra le istituzioni scolastiche tenendo presenti:
a) tasso di fragilità degli apprendimenti, c.d. “dispersione implicita” (percentuale di studenti che in entrambe le materie, italiano e matematica, ha conseguito un risultato molto basso), calcolato dall’Invalsi: 70%;
b) numero di studentesse e studenti iscritti nell’istituzione scolastica: 30%.
Gli “Orientamenti per l’attuazione degli interventi nelle scuole”
Il Dm 170/2022 è stato accompagnato da un opuscolo, «Riduzione dei divari territoriali e contrasto alla dispersione scolastica», un documento che vuole essere una guida per le istituzioni scolastiche nell’utilizzo strategico delle risorse a disposizione.
In esso vengono anche forniti sette “orientamenti-chiave” che le istituzioni scolastiche, pur nella loro autonomia, dovranno tenere conto nella progettazione delle azioni, per garantirne l’efficacia e il raggiungimento dei target del PNRR.
Nonostante le molte perplessità generate dai criteri di riparto delle risorse adottati dal DM 170/2022, la corretta applicazione del secondo “orientamento-chiave” (“Esperienze di Rete”) consentirà alla scuola capo-fila, titolare del finanziamento, di coinvolgere tutte le scuole del territorio, che pur avendone bisogno non siano state destinatarie di specifiche risorse, nella lotta contro l’abbandono scolastico, al fine di raggiungere nel 2026 l’ambizioso traguardo di un tasso di dispersione inferiore al 10,2%..
Le professionalità per vincere la sfida
L’intervento di chiusura della Summer School è stato tenuto in video conferenza dal Segretario Nazionale della CISL Scuola, Ivana Barbacci, costretta da impegni di lavoro a rimanere nella Capitale. La sua relazione ha spaziato su una molteplicità di temi, tutti oggetto di particolare attenzione da parte dell’organizzazione sindacale da lei rappresentata e che vanta la primazia all’interno del mondo della scuola: dall’utilizzo dei fondi del PNRR, che mette a disposizione del sistema istruzione finanziamenti straordinari, della consistenza pari a quella di una manovra di bilancio, che consentiranno, se ben spesi, di dare uno slancio nuovo al paese; agli ITS Academy, di cui la CISL saluta con soddisfazione la nascita, per quanto essi necessitino ancora di 17 decreti attuativi; alla valorizzazione della figura del Dirigente scolastico, ruolo determinante per l’autonomia scolastica e non semplice estensore di circolari.
La denatalità
Una particolare attenzione è stata riservata al preoccupante tema della denatalità, che produrrà in dodici anni una perdita di 1,4 milioni di studenti. A fronte della riduzione del tasso di fecondità totale in Italia ci sarebbe bisogno di un ridisegno complessivo, anche qualitativo, del tessuto sociale: nei prossimi anni si assisterà infatti ad una diminuzione del numero complessivo dei lavoratori di circa due milioni, proprio mentre sia le nuove generazioni, in via di estinzione, che le vecchie generazioni, la cui attesa di vita si è allungata, reclamano l’innalzamento della qualità dei servizi alla persona.
Nell’ultimo decennio si è però pensato troppo spesso all’istruzione in termine di razionalizzazione e di risparmio di spesa: ciò ha portato da un lato alla desertificazione scolastica delle aree interne e dall’altro ad un diffuso sopraffollamento delle classi: rivisitare i parametri di costituzione delle classi, secondo un modello ascendente down-up, senza limitarci alla presa d’atto di un coefficiente classi-alunni prestabilito, è pertanto una priorità. A tale misura si devono poi accompagnare l’ampliamento del tempo scuola e il potenziamento della rete scolastica territoriale.
La formazione
Secondo Ivana Barbacci la formazione dei docenti va sicuramente sostenuta, ma non come proposto dal D.L. 36/2022: la formazione incentivata, una tantum ogni tre anni, immaginata da una Scuola di Alta Formazione, non è ciò che serve alle scuole autonome.
Essa è un diritto del lavoratore che va esercitato entro le regole pattizie presenti nel CCNL. E si può pensare che possa rientrare tra le attività funzionali all’insegnamento necessarie alla scuola dell’autonomia, nell’ambito di una più generale rivisitazione degli obblighi del docente che superi gli ormai obsoleti bacini delle 40+40 ore collegiali.
L’auspicio del panel finale
Nel “panel” finale tutti gli intervenuti si sono trovati d’accordo nel ribadire la necessità di una scuola che sia al centro della comunità, sappia dialogare con essa e sia da essa sostenuta, all’interno di un sistema di irrinunciabili alleanze, perché, per dirla con Papa Francesco, «da soli non si va da nessuna parte».