Dirigenti di scuole

La leadership che fa crescere il Paese

Vorrei proporre qualche breve riflessione e dare qualche suggerimento su alcuni aspetti del “mestiere” del Dirigente scolastico, rivolgendomi innanzitutto ai candidati al prossimo concorso: riflessioni e suggerimenti che traggo non tanto facendo riferimento alla ricchissima letteratura esistente in materia di leadership nelle organizzazioni, ma soprattutto ripercorrendo qualche personale esperienza negli anni trascorsi nel comitato direttivo dell’Aran e nella presidenza di un corso di laurea universitario.

Visione e scambi professionali

Il Dirigente (in generale, ma in particolare quello scolastico) deve avere capacità di visione, saper individuare, cioè, i compiti, gli obiettivi, l’identità stessa della struttura che è chiamato a dirigere. Questo al fine, naturalmente, di redigere in maniera adeguata l’atto d’indirizzo per il PTOF, ma più in generale per coltivare un’attenzione quotidiana all’ambiente circostante e ai suoi cambiamenti, per capire anche quanto gli obiettivi stessi debbano adattarsi, cambiare, trasformarsi in innovazione. Per fare questo occorre promuovere e diffondere nell’istituzione scolastica una cultura orientata alla ricerca, alla sperimentazione, all’individuazione di modalità formative e didattiche capaci di tenere il passo con il mutamento della società. È necessario, inoltre, avere una conoscenza approfondita dei processi di insegnamento e il Dirigente deve essere disponibile ad aggiornarsi e formarsi continuamente. Bisogna certamente saper utilizzare tutti gli strumenti disponibili, a partire da quelli istituzionali, provenienti dal Ministero, messi a disposizione dalle Università, dalle diverse Agenzie e strutture che organizzano iniziative di formazione. Bisogna stare, però, molto attenti a discernere, in questo sterminato mercato, la qualità delle iniziative proposte, e la loro coerenza con le esigenze di formazione, personale e istituzionale. È molto importante, tuttavia, quella che si potrebbe chiamare autoformazione “orizzontale” che nasce dallo scambio di esperienze con i colleghi. All’interno di reti e di comunità di pratiche circolano le informazioni, si individuano le migliori pratiche, si costruiscono e si ampliano i rapporti professionali, si cresce insieme.

Relazioni informali

Al di là dei rapporti gerarchici, bisogna ricordare che in tutte le organizzazioni si creano relazioni informali, che sono molto importanti, altrettanto e forse più di quelle formali, sono relazioni che possono essere sia di collaborazione ma anche di conflitto. Esse possono rappresentare una grande risorsa per la crescita e l’innovazione, ma all’incontrario possono anche essere negative. Questo è tanto più probabile in una struttura come la scuola che è un’organizzazione in cui operano intellettuali con un elevato livello di scolarizzazione. Non tutti sono disposti a confrontarsi con i colleghi e a mettere a disposizione le proprie competenze. Molto spesso si creano gelosie e conflitti. Una organizzazione è fatta di rapporti interpersonaliegiochi di potereper cui i partecipanti adottano strategienon predeterminate dalle norme, ma da motivazioni e da interessiche privilegiano alcune finalità piuttosto di altre (e che possono essere anche opposte alle regole istituzionali).

Il Dirigente deve essere consapevole che per far funzionare bene l’organizzazione di una scuola non bastano regole, determine e circolari.  Deve conoscere approfonditamente le dinamiche informali, le finalità non dichiarate, i comportamenti non previsti. È importante cercare di ottenere la collaborazione e il consenso dei leader naturali che si creano in qualsiasi gruppo: un po’ come nelle squadre di calcio, dove l’allenatore deve cercare di avere il sostegno del campione di turno, senza però trascurare o demotivare gli altri. È opportuno alimentare e coltivare il senso di comunità e perfino di amicizia tra le persone, ad esempio promuovendo anche momenti d’incontro informali e conviviali, e intervenendo tempestivamente quando ci sono tensioni per cercare di raffreddare subito il clima. Non si deve pensare, insomma, che basti dare ordini per andare tutti nella stessa direzione. Gestire bene la scuola è l’esito di una graduale e non facile costruzione che avviene, in larga misura, proprio attraverso la cura dei rapporti informali e interpersonali.

Comunicazione

Qui si gioca buona parte dell’autorevolezza del Dirigente, il quale si trova ad agire spesso in un contesto nel quale non è improbabile che vi sia un po’ di prevenzione e di diffidenza nei confronti delle “autorità”. Tradizionalmente, infatti, l’atteggiamento di una parte del personale, in particolare dei docenti, non è sempre benevolo verso il Dirigente, soprattutto agli inizi. D’altra parte, il Dirigente deve essere in grado da subito di mostrare autorevolezza, soprattutto nei momenti collegiali, quando si trova più esposto al giudizio degli altri. Non può commettere l’errore di presentarsi in termini autoritari, ma nemmeno come una persona debole ed incerta. I primi passi sono importanti, sono quelli che danno l’imprinting. L’autorevolezza nasce in parte da dati caratteriali, dalla capacità innata di suscitare rispetto ed empatia ma può essere e deve essere costruita: lo studio, la ricerca costante delle informazioni, l’accurata preparazione di ogni specifica iniziativa sono i primi strumenti da utilizzare. Ciò significa che ogni incontro, ogni riunione va organizzata adeguatamente, per evitare errori di pressapochismo che difficilmente verrebbero perdonati: non c’è nulla di peggio che essere “colti in fallo” perché poco informati o per eccesso di improvvisazione. Importante inoltre, per acquisire fiducia, è la trasparenza dei comportamenti e delle procedure. Ciò non significa sottovalutare la privacy e non dare giusto rilievo alla riservatezza. Significa comunicare opinioni e decisioni motivandole sempre in maniera logica, essere in grado di spiegare come si sono formate ed essere soprattutto sempre disponibili al confronto. Meglio non fare proposte se non si sa come realizzarle, meglio non prendere impegni se non si è sicuri di poterli mantenere.

Collaboratori

Il Dirigente deve saper creare armonia tra i suoi collaboratori più stretti. Questo non è facile perché gli strumenti motivazionali a disposizione sono pochi, scarseggiando gli incentivi materiali e le risorse per eventuali “premialità”, non si parla di carriere. Allora che fare? È importante che il Dirigente faccia sentire i collaboratori sempre responsabili dei processi in atto e delle specifiche missioni loro assegnate. Gli obiettivi non vanno comunicati, ma costruiti insieme. Non devono mai essere lasciati soli di fronte alle difficoltà che inevitabilmente si incontrano, né devono essere indotti a pensare che il Dirigente scarichi su di loro le sue responsabilità.

Bisogna che i collaboratori abbiano la consapevolezza di far parte di un gruppo che partecipa a un’impresa comune ed importante, che il loro impegno e la loro partecipazione sono indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi. Occorre far percepire stima e fiducia, non far mancare le lodi e il riconoscimento formale quando gli obiettivi vengono raggiunti. Allo stesso tempo però bisogna che il gruppo dei collaboratori non venga percepito dagli altri come un gruppo chiuso, o un gruppo costruito per ragioni diverse dal merito, dalla disponibilità a mettersi in gioco, dall’impegno dimostrato. Questo richiede una grande attenzione e una grande sensibilità nel momento della scelta.

Relazioni sindacali

In ogni organizzazione vi sono conflitti, anche nella scuola le occasioni non mancano. Prescindendo qui dai conflitti interpersonali, pensiamo solo a quelli che possono derivare dalle decisioni del Dirigente. Un modo sicuramente efficace per cercare di prevenire i conflitti è quello di far riferimento a regole trasparenti e condivise. Se insieme si definiscono comportamenti da seguire è difficile che le decisioni vengano percepite come ingiuste o discriminanti.

Anche per queste ragioni le norme che definiscono le relazioni sindacali a livello d’istituto non costituiscono un inutile appesantimento dei compiti del capo d’istituto, ma rappresentano invece un modo per rendere più fluido il funzionamento della scuola, e sicuramente un aiuto per il Dirigente. Pensiamo, solo per fare un esempio, alla distribuzione del fondo d’istituto che non può essere lasciata alla discrezionalità di una sola persona. Attualmente, la gestione delle relazioni sindacali è materia delicata e anche difficile perché nella scuola non c’è una struttura dedicata e spesso non c’è neppure una preparazione specifica.

Come fare? L’atteggiamento del Dirigente di fronte al negoziato non deve essere né di chiusura aprioristica, o peggio di sufficienza (“che mi tocca fare!”), ma neppure di voglia di compiacere la controparte. Occorre rispettare e pretendere rispetto, a ognuno il suo mestiere. La posizione del Dirigente deve essere ben fondata su informazioni solide, bisogna conoscere i contratti a livello nazionale e regionale, occorre conoscere almeno gli orientamenti giurisprudenziali più importanti e consultare nel sito dell’Aran gli orientamenti sulle tematiche che vengono affrontate. Non bisogna trascinare il negoziato troppo per le lunghe, né voler strozzare i tempi, ma bisogna pretendere che neppure la controparte tenga comportamenti ostativi, sapendo comunque che la legge consente di agire anche con un atto unilaterale se non si arriva a un accordo, anche se questa dovrebbe essere sempre considerata l’extrema ratio.

Bisogna anche fare molta attenzione alle risorse disponibili sapendo che poi ci saranno i controlli da parte degli organi preposti.

Mai scoraggiarsi

Infine: mai scoraggiarsi nelle inevitabili difficoltà, coltivare lo spirito d’iniziativa e alimentare la curiosità intellettuale per svolgere un lavoro tanto complesso e difficile quanto strategico per il futuro del Paese.