Il mondo moderno ha dovuto affrontare una pandemia nella fase di massima espansione della globalizzazione, facendo i conti con le tante debolezze (dei territori, delle persone, dei sistemi) che fanno fatica a reggere il peso della complessità.
E in questa fase di emergenza si è posta una maggiore attenzione sui pilastri istituzionali che hanno svolto ruoli diversi e hanno rappresentato un punto di riferimento per la coesione sociale, faro illuminante in un contesto di nebbia diffusa.
I messaggi dei bambini
Se ci pensiamo un po’ sono stati proprio i bambini, guidati dai docenti, a lanciare i primi messaggi incoraggianti che hanno tenuto insieme il Paese: i manifesti di “andrà tutto bene”, gli “arcobaleni colorati” hanno riempito balconi, pareti, bacheche reali e virtuali. Sono stati proprio i colori dei più piccoli a tenere in piedi la speranza.
Ebbene, quegli arcobaleni, quei colori devono essere sempre il nostro faro. Devono guidare la nostra azione educativa e sollecitare il nostro impegno sociale, ognuno nella specificità del proprio ruolo.
I diritti dell’infanzia
Siamo chiamati tutti ad assumere impegni concreti: “l’impegno nella scuola è una sfida sociale”.
Questa espressione è stata usata dal Ministro dell’istruzione Bianchi in occasione dell’evento di presentazione delle Linee Pedagogiche[1] per l’attuazione del sistema integrato zero-sei. Lo scopo dell’evento era quello di promuovere un ampio coinvolgimento su tutto il territorio nazionale sulle esigenze dei più piccoli, non soltanto degli addetti ai lavori, ma di tutte le istituzioni che a più livelli ruotano attorno ai servizi educativi da zero a sei anni e che sono parte attiva nella promozione, diffusione e sostegno dei diritti dell’infanzia.
A conclusione di un ulteriore anno scolastico complicato dalla emergenza Covid, torna prepotente la varietà del sistema-Italia anche dal punto di vista educativo, il ventaglio variegato di realtà che caratterizza la realizzazione dei servizi per la prima infanzia, il divario notevole tra Nord, Centro e Sud anche nella cultura per l’infanzia e che si traduce in opportunità differenti per i bambini e le bambine.
Anche il documento stesso delle Linee pedagogiche è la sintesi di un equilibrio concettuale ed educativo, come espressione delle diverse realtà locali. È un documento che vola alto, un inno all’infanzia e ai diritti dei bambini, una esortazione forte a promuovere una governance costruita a più livelli.
Sappiamo bene però che i documenti pedagogici non sono necessari ad accendere un dibattito, a diffondere le idee, ma non sono sufficienti a creare riforme. Sta agli attori istituzionali cogliere la sfida per dare forza e gambe ai cambiamenti.
Serve una rete di strutture educative
“C’è bisogno di una rete di strutture educative per la prima infanzia, di punti di luce accesi sul futuro”. L’impegno degli ultimi anni è stato quello di costruire una cornice di senso intorno alla quale realizzare servizi e strutture per tutti i bambini, non solo per coloro che hanno la fortuna di abitare in alcuni territori più sensibili. Ciò è avvenuto a partire dalle Indicazioni nazionali per il curricolo del 2012, passando attraverso raccomandazioni sui “legami educativi a distanza” (LEAD), necessari nel periodo della pandemia, fino ad arrivare alle Linee Pedagogiche 0-6 e agli Orientamenti nazionali 0-3. Tali documenti sono nati sulla base della ricerca pedagogica, delle raccomandazioni europee, ma anche e soprattutto della ricerca sul campo e delle buone pratiche che a macchia di leopardo troviamo in tutto il territorio nazionale, senza escludere la Sicilia.
Un mondo diverso tra Nord e Sud
Le esperienze della scuola dell’infanzia e del segmento 3-6 sono note e consolidate, per quanto differenti siano le valenze e la qualità di attuazione nel panorama italiano. Un riferimento è, per esempio, quello del tempo scuola ridotto. Il modello solo antimeridiano è prevalente nelle regioni meridionali a differenza delle regioni del nord che ad una chiara domanda sociale sono in grado di dare risposte più adeguate.
Le isole felici sono comunque presenti in tutto il territorio italiano ed anche nel profondo SUD. E queste isole felici possono costituire un punto forte dal quale far partire un circolo virtuoso per allineare le regioni meridionali alle eccellenze italiane, che hanno una lunga storia educativa, quali quelle dell’Emilia Romagna, della Toscana, del Piemonte…
Il momento che stiamo vivendo è cruciale. Dobbiamo rendere fruttuoso l’attuale acceso dibattito sui modelli organizzativi. Incominciare a costruire un reale sistema integrato 0-6 non è di poco conto perché si tratta di realizzare un perfetto equilibrio tra un segmento noto (3-6,) e un segmento (0-3) poco noto, se non del tutto sconosciuto, specialmente in alcune aree geografiche.
Il sistema integrato non può essere immaginato come una semplice sommatoria di due realtà completamente diverse. Sarebbe riduttivo, semplicistico e, forse, anche dannoso.
Armonizzare i servizi
Bisogna puntare all’armonizzazione dei servizi e alla cooperazione tra istituzioni ed Enti. Dobbiamo imparare a fare SISTEMA
In questo particolare momento storico a causa della pandemia il progetto infanzia rischia di implodere. Sono tantissimi i bambini “rimasti a casa per paura”. Espressione, questa, che è l’altra faccia della medaglia della disoccupazione femminile: molte mamme non lavorano e “i figli restano a casa”. In questo particolare momento, occorre rimettere al centro dei tavoli politici e sindacali, i bambini e i diritti dell’infanzia, e quindi l’impegno per il riconoscimento pieno di chi opera nel settore e da anni vive nella precarietà.
Non si tratta di contrappore le Regioni allo Stato, il pubblico al privato, ma creare le condizioni per armonizzare i servizi, estenderli quanto più possibile e dare dignità al personale che ha permesso agli stessi servizi educativi di trovare legittimazione.
Ripartiamo dalle sezioni primavera
Nelle Regioni meridionali un primo esempio di apertura verso il sistema integrato zero-sei è rappresentato dalle “sezioni primavera” (servizio 24-36 mesi), cresciute notevolmente di numero tanto da raggiungere la vetta della classifica nazionale: la Sicilia, ad esempio, nel 2022 conta oltre 230 sezioni primavera, raggiunge il primo posto tra le regioni italiane per il maggior numero di sezioni attivate, con un crescendo progressivo negli ultimi anni.
Questo primato però, occorre evidenziarlo, fa da contraltare alla carenza di servizi per la primissima infanzia e la risicata percentuale di servizi destinati ai bambini da zero a tre anni, ancorata a percentuali ad una sola cifra.
Le “sezioni primavera” ipotizzate come alternativa all’anticipo della scuola dell’infanzia, sono divenute via via realtà educative significative demandate alla sporadica propositività degli Enti Locali, alla intraprendenza dei privati e, in alcuni casi, alla lungimiranza dei Dirigenti Scolastici delle scuole statali. Ci riferiamo a quei Dirigenti che hanno avanzato valide proposte progettuali funzionali ad attingere a finanziamenti regionali per avere la legittimazione e la copertura del servizio da erogare in via sussidiaria alla inerzia delle amministrazioni.
Incoraggiare l’anticipo della frequenza della scuola dell’infanzia con sostegno alle sezioni primavera, ad esempio, all’interno degli stessi edifici scolastici potrebbe invertire la rotta e innescare un circolo virtuoso di rilancio, oltre che creare un ponte naturale di raccordo tra un servizio ancora da strutturare e definire (0-3) e una realtà consolidata (3-6) che può solo trarre giovamento dalla esperienza di chi ha lavorato per favorirne l’accesso.
Per estendere le “sezioni primavera” incoraggiandone la concreta diffusione capillare, è necessario, in primo luogo, ridefinire il profilo professionale degli operatori (educatori, assistenti) e reclutarli anche attraverso concorsi riservati e graduatorie specifiche funzionali per una linearità e stabilità di ruolo. Ciò potrebbe costituire un primo passo per porre solide fondamenta al percorso integrato 0-6 che, se ben strutturato, potrà dare linfa anche alla ricrescita economica del nostro Paese e ossigeno alle famiglie.
Estenderle ulteriormente
Non sarebbe un servizio in contrapposizione ai nidi ma una alternativa funzionale e una ulteriore opportunità per una stabilizzazione in prospettiva di un ampliamento di orizzonti.
Un esempio di concretezza fattuale: estensione delle sezioni primavera in tutti gli istituti comprensivi; assegnazione dei finanziamenti stanziati per lo “zero-sei” direttamente alle scuole che ne fanno richiesta in un’ottica di perequazione geografica; ridefinizione dei parametri di complessità; ridefinizione degli organici a sostegno del lavoro dei dirigenti scolastici.
In fondo non è difficile, basterebbe partire da esperienze concrete già consolidate.
[1] Linee Pedagogiche del sistema integrato zero-sei – Documento a cura della Commissione nazionale infanzia.