“Io immagino sempre 1000 cantieri aperti in tutte le città per costruire nei prossimi 5-6 anni 1000 nidi, perché questo darebbe il segno visibile di una risposta ai diritti dell’infanzia ed un sostegno concreto alla conciliazione: un aiuto alle famiglie, alle donne in primis, una spinta allo sviluppo sociale ed economico” (Giancarlo Cerini).
La strada tracciata
Era il 16 marzo del 2021, appena un mese prima dalla scomparsa, poco prima della presentazione delle Linee Pedagogiche per l’attuazione del sistema integrato zero-sei in video conferenza nazionale (31 marzo 2021). Giancarlo Cerini Presidente in carica della Commissione nazionale infanzia lanciava un appello corale affinché si mettesse mano da subito a rendere concreto un impegno tangibile e si scongiurasse il rischio che la riforma dello zero-sei rimanesse solo “virtuale”.
A poco più di un anno dalla pubblicazione del testo delle Linee pedagogiche (cui ha fatto seguito il testo degli orientamenti 0-3), senza dubbio l’eco del rilancio dei diritti dell’infanzia è ancora alto.
Sono state tante le iniziative di presentazione, illustrazione, condivisione, commento ragionato dei documenti. Ma non è stato fatto abbastanza.
Un inno al mondo dell’infanzia
Il quadro di riferimento nazionale così come richiamato nel D.lgs 65/2017 è ben delineato nelle Linee pedagogiche; documento tra i più belli destinati all’infanzia, di ampio respiro, espressione di una speciale armonia pedagogica e di una sintesi magistrale in cui ogni sfumatura, ogni esperienza regionale trova collocazione. Espressione del lavoro di tanti, con un’opera certosina di cesello, di equilibrio semantico e pedagogico. Tutte le diversità regionali si ritrovano in una perfetta sintesi, dal Trentino alla Sicilia passando per quelle realtà virtuose come il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana fino ad arrivare alle regioni meridionali, vergini o distratte in tema di servizi educativi in particolare per la primissima infanzia.
Il documento rappresenta un inno al mondo dell’infanzia ed una spinta di rilancio sia per i contesti che hanno una lunga tradizione nei servizi educativi, sia per quelle aree meno attente alla cultura dell’infanzia.
Ma anche la presa d’atto dei divari tra Nord e Sud
Il documento rappresenta, quindi, anche una denuncia del divario mai colmato tra Nord e Sud in ambito scolastico attestando quanto sia distante l’attenzione verso i più piccoli tra realtà, e quanto sia poco radicata la cultura di servizi di istruzione e di formazione a tutela dei diritti dei bambini in alcune regioni del Centro-Sud. Tali servizi sono presenti a macchia di leopardo, il più delle volte, per soddisfare la domanda individuale o le esigenze delle famiglie piuttosto che per garantire e tutelare i diritti dei bambini.
Il documento vuole essere anche un monito puntuale alla governance sistemica, alle politiche innovative e alla intraprendenza gestionale. È l’ultimo tassello in ordine cronologico di un ragionamento pedagogico che prende corpo nel pieno della maturità della vita della scuola, dopo le riforme che hanno riguardato tutti gli ordini scolastici. Rappresenta l’approdo di una riflessione che dovrà costituire il punto di partenza principale per la definizione della prima porzione di curricolo che non può non iniziare che a zero anni, nella consapevolezza che l’istruzione nasce e coincide con la vita stessa dell’uomo.
Un’occasione per voltare pagina
È un documento-manifesto che avrebbe dovuto promuovere una spinta progettuale innovativa anche dal punto di vista degli investimenti strutturali per dare forza e gambe alla piena realizzazione dell’impianto complessivo. “Approfittando”, se così possiamo dire, delle risorse straordinarie figlie della pandemia, poste sul tavolo dei decisori istituzionali a più livelli, il documento aiuta a voltare pagina e fare tesoro delle criticità sistemiche ed endemiche e ad acquisire maggiore consapevolezza dell’importanza dei servizi essenziali a partire dai più piccoli, maggiormente sacrificati in era Covid.
Il rischio è quello di perderla
I fondi del PNRR rischiano, invece, di essere un’altra occasione mancata per quelli che non hanno saputo intercettare “il treno in corsa” nonostante il rallentamento. A nulla o quasi è servita, infatti, in alcune regioni del Meridione, la proroga della scadenza per la presentazione delle proposte progettuali per attingere ai finanziamenti volti alla realizzazione di nuove strutture innovative per accogliere i bambini più piccoli, per costruire nuovi asili, per innovare gli ambienti esistenti, per creare sicurezza e bellezza negli edifici scolastici.
Siamo ancora in tempo per evitare che si perda per sempre questa grande opportunità di rilancio?
Probabilmente la congiuntura temporale non è stata ottimale. Molti comuni e alcune regioni non erano preparati a “salire sul treno” del PNRR, altre hanno tentato di farlo ma con un “bagaglio inadeguato”. Del resto, non è facile colmare una carenza culturale in poco tempo e non basta di certo un avviso pubblico per “oleare i binari”.
Ma le buone pratiche possono fare da apripista
Esperienze consolidate, avviate per la lungimiranza di chi crede fortemente nel ruolo strategico della scuola pubblica, nonché per scelte politiche consapevoli, potrebbero e possono costituire un punto di riferimento prezioso per promuovere e favorire il cambiamento. Spesso sono proprio le Istituzioni delle aree periferiche che intercettano il bisogno di attivare innovazioni, come quella dei poli educativi che possono diventare centri di aggregazione e di riscatto sociale. Ciò a conferma di un fenomeno ricorrente: l’assenza di offerta annienta la curiosità della domanda; le proposte di qualità, di contro, sollecitano interesse e promuovono sensibilità verso servizi educativi ma soprattutto alimentano la cultura dell’infanzia e l’attenzione verso i più piccoli quali portatori di diritti.
È la teoria dei “vetri rotti”: il brutto genera brutto. La bellezza promuove bellezza e soprattutto affina la cultura della bellezza. I bambini hanno bisogno di quella bellezza che passa attraverso la realizzazione di ambienti di apprendimento innovativi, di sfondi integratori che tengono insieme i percorsi educativi, di contesti dove i problemi si risolvono formulando ipotesi e cercando soluzioni possibili; hanno bisogno di percepire quel senso di continuità che collega le molte attività didattiche, altrimenti disperse e frantumate. I bambini hanno bisogno di percepire che ci sono adulti competenti e affettuosi che si prendono cura di loro (I care).
Guardiamo avanti
“Siamo ambiziosi – sosteneva, Giancarlo Cerini sul quotidiano Il Sole 24 Ore (1° aprile 2021) – vogliamo arrivare al 40%, ancora più degli standard europei e abbiamo bisogno di creare e rafforzare strutture che siano belle, luminose e accoglienti, dei veri e propri campus, spazi bellissimi per bambini e genitori: così faremo crescere anche la domanda dei genitori per i servizi, che non è scontata, e sarebbe un’ottima risposta ai diritti dei bambini”. È stato un grido forte indirizzato ai i decisori politici perché potessero destinare una fetta dei fondi del PNRR alla scuola ed in particolare ai più piccoli.
Siamo consapevoli che occorre progettare insieme, nel rispetto delle competenze istituzionali, le condizioni di apprendimento e di socializzazione, bisogna garantire ad ogni bambino il diritto soggettivo all’educazione e consentire a ciascuno di sentirsi riconosciuto e accolto nella propria unicità e diversità.
Rimbocchiamoci le maniche, subito
Facciamo ammenda degli errori, della assenza di programmazione a lungo termine e di visione strategica e proviamo a unire le forze propositive attribuendo un ruolo chiave anche alle istituzioni scolastiche virtuose, che sono il centro pulsante di creatività attiva.
L’auspicio è che si accantoni la somma stanziata per le regioni in retrovia e si dia una nuova opportunità, magari attraverso la creazione di una task force regionale ad hoc (o “ad acta”) che sia espressione delle realtà locali virtuose e di professionalità specialistiche, che conoscono bene da vicino il mondo dell’infanzia, ma che abbiano anche competenze amministrative e gestionali. È ciò che serve per realizzare concretamente nuove strutture e per migliorare quelle esistenti. È l’ultima chiamata. Siamo pronti a rispondere all’appello?