Formazione in servizio

Una sfida per la centralità dell’istruzione

Con il Decreto n. 36 del 30 aprile 2022, specificatamente con l’art. 44 (Formazione iniziale e continua dei docenti delle scuole secondarie) si riaccende l’attenzione su questioni fondamentali per il nostro sistema scolastico.

Sicuramente l’emanazione dei decreti attuativi sarà il banco di prova della costruzione di un buon sistema di formazione iniziale e di formazione in servizio, ma proprio a partire dal testo iniziale bisognerebbe aprire un dibattito e un confronto all’interno della scuola, delle organizzazioni professionali del settore e anche delle organizzazioni sindacali nell’ottica del riconoscimento della centralità della scuola nel sistema Paese e delle professionalità che, al suo interno, ne garantiscono la qualità.

La formazione in servizio: un bisogno professionale

Mi soffermerò qui sulla formazione in servizio[1], una questione che non può essere relegata al solo ambito contrattuale ma che dovrebbe essere assunta dai “professionisti dell’istruzione” come una vera sfida per rilanciare il proprio ruolo non solo dentro la scuola ma anche nell’immaginario collettivo del Paese.

Facendo riferimento a quanto già scritto nel 2018 nel “Documento di lavoro” del MIUR[2] il punto di vista da adottare dovrebbe essere, a mio avviso, quello dello “sviluppo professionale”. Non si può, infatti, immaginare che all’interno di una professione, quale quella dell’insegnante, la cura del proprio sapere professionale, l’attenzione allo sviluppo delle conoscenze nel proprio ambito disciplinare e allo studio non siano vissute e percepite come un bisogno e che debbano, invece essere imposte dall’esterno come un dovere.

Un’accelerazione sollecitata dalla situazione pandemica

In realtà in questi ultimi due anni nel corso della pandemia, dobbiamo riconoscere che molti insegnanti hanno rivisitato molti aspetti delle loro competenze professionali e si sono attrezzati con strumenti di lavoro e metodologie innovative per rispondere ai nuovi bisogni degli apprendenti che la didattica a distanza ha fatto emergere. Inoltre la frequentazione della rete come risorsa professionale, ha incrementato la partecipazione ad attività formative “a distanza” che altrimenti, in presenza, non sarebbero state accessibili e ha sviluppato la condivisione di materiali ed esperienze didattiche in comunità virtuali tra docenti con interessi disciplinari comuni.

Quello che probabilmente è mancato è stato un coerente coordinamento delle varie esperienze formative individuali a livello di singola istituzione scolastica anche in relazione ai Piani di formazione previsti negli Ambiti. Tutti sappiamo che l’esercizio della riflessività sulla professione docente richiede tempi distesi che a volte non si coniugano facilmente con i tempi dell’Amministrazione e con i dettati normativi.

Farsi carico della cura professionale

Dal momento che la dimensione individuale della professionalità si realizza in precisi contesti organizzativi e nella realtà delle singole istituzioni scolastiche, diventa importante che ciascuna istituzione scolastica si faccia carico della “cura professionale” dei docenti che al suo interno operano. Pertanto per ciascuna scuola, la formazione in servizio dei propri docenti deve rappresentare una sfida progettuale che consenta effettivamente l’esercizio dell’autonomia di studio e di ricerca così come previsto dal DPR 275/1999. In questa direzione sarebbe opportuno che nei decreti attuativi sulla formazione in servizio, si dia spazio ai piani formativi di istituto che devono rispondere ad una coerente analisi delle evidenze come emergono da Rapporto di autovalutazione e dal relativo Piano di miglioramento, dall’analisi dei risultati scolastici. Non è sufficiente attenersi solo ai dati INVALSI, è importante partire anche dai risultati delle prove condivise per le varie discipline e dagli esiti finali. Si devono riconoscere le professionalità presenti e canalizzare coerentemente le scelte dei percorsi di formazione.

Professionalità specifiche

Si può anche pensare a figure professionali, o anche a gruppi di lavoro, all’interno delle scuole che svolgano attività progettuali specifiche per orientare lo sviluppo professionale dell’intero istituto[3]. Non si tratta di appesantire con ulteriori carichi burocratici di lavoro e di procedure organizzative, ma di “dare senso” ad una autentica lettura dei bisogni professionali in ciascun contesto sociale e organizzativo. In questa direzione non si può tralasciare un intervento formativo anche nei confronti dei dirigenti scolastici che probabilmente devono reimparare a destrutturare la propria professionalità centrando maggiormente l’attenzione al loro essere leader educativo capace di orientare la scuola come “organizzazione che apprende”.

Valutare la formazione

Un’ultima questione riguarda la valutazione dei percorsi di formazione in servizio, in merito alla quale il Decreto prevede “verifiche intermedie annuali, svolte sulla base di una relazione presentata dal docente sull’insieme delle attività realizzate nel corso del periodo oggetto di valutazione, nonché una verifica finale nella quale il docente dà dimostrazione di avere raggiunto un adeguato livello di formazione rispetto agli obiettivi” e più oltre “La Scuola, sulla base di un modello di valutazione approvato con decreto del Ministro dell’istruzione, sentito l’INVALSI, avvia dall’anno scolastico 2023/2024 un programma di monitoraggio e valutazione degli obiettivi formativi specifici per ciascun percorso di formazione, ivi compresi gli indicatori di performance, che sono declinati dalle singole istituzioni scolastiche secondo il proprio Piano triennale dell’offerta formativa, anche al fine di valorizzare gli strumenti presenti a normativa vigente”.

I rischi della valutazione

La questione della valutazione delle attività formative dei docenti è una questione delicata e rischia di tradursi, anche questa, in un appesantimento burocratico che può provocare un vero e proprio rigetto da parte dei docenti, va trattato con cautela e soprattutto con un percorso di condivisione all’interno delle scuole. Anche in questo ambito, penso che vada recuperato quanto già previsto nel Documento di lavoro del 2018[4] dove si faceva riferimento alla possibile costruzione di un portfolio del docente inteso come dossier professionale attraverso il quale “si facilita l’elaborazione di un bilancio critico delle proprie competenze che permette di valutare anche la coerenza tra le proprie idee sul fare scuola e le pratiche didattiche che, di fatto, si realizzano in classe”[5]. Pertanto la valutazione della formazione rimanda ad una dimensione narrativa ed autovalutativa orientata alla documentazione, alla riflessività e alla condivisione.

Sperimentare modelli e approcci innovativi

Si può ipotizzare che ciascun percorso formativo sia accompagnato da momenti di sperimentazione nelle classi di modelli e approcci teorici innovativi e di documentazione delle esperienze realizzate, senza ricadere nell’abusata formula della ricerca-azione. Inoltre la produzione di autobiografie di apprendimento professionale nell’ambito dei percorsi formativi può essere utilizzata per supportare sia l’autovalutazione del docente stesso che la valutazione esterna.

Il confronto con esperienze europee e il recupero delle buone pratiche formative già sperimentate[6] può essere un buon punto di partenza per l’avvio di un dibattito e per approdare ad un sistema di formazione in servizio efficace per il rilancio della centralità della scuola come indicato anche nel PNNR e motivante per tutti i docenti.


[1] Per quanto riguarda la formazione iniziale, rimando a quanto già scritto in Scuola7 n. 268 del 24/01/2022, Una formazione iniziale di qualità.

[2] MIUR- Direzione generale per il personale scolastico, Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio– Documenti di lavoro, 2018.

[3] Rimando per ulteriori approfondimenti a Giancarlo Cerini, Atlante delle riforme (im)possibili, Tecnodid, 2021, paggg. 215 e seg.

[4] MIUR- Direzione generale per il personale scolastico, Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio– Documenti di lavoro, 2018.

[5] [5] MIUR- Direzione generale per il personale scolastico, Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio– Documenti di lavoro, 2018, pag. 5.

[6] MR Turrisi, Quale formazione in servizio, Scuola 7 n. 239, giugno 2021.