Vite a colori

Una ricerca Unicef sull’impatto della pandemia di COVID-19 in Italia

È stato presentato il 12 aprile scorso – presso l’Auditorium Gaber, nella sede della Regione Lombardia – il rapporto “Vite a colori. Esperienze, percezioni e opinioni di bambinə e ragazzə[1] sulla pandemia di COVID-19 in Italia”, relativo alla ricerca condotta nel nostro Paese dal Centro di Ricerca UNICEF Innocenti di Firenze su un campione di oltre 100 bambine/i e adolescenti. L’evento di presentazione è stato organizzato dal Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Lombardia e dalla Presidenza del Consiglio della Regione Lombardia, in collaborazione con UNICEF internazionale e, in particolare, con il Comitato Regionale per l’UNICEF della Lombardia[2].

Il senso di una ricerca internazionale

La ricerca condotta in Italia fa parte di un progetto internazionale, che ha previsto la collaborazione tra vari uffici nazionali e regionali UNICEF e una rete di ricercatori ed esperti esterni provenienti da università ed istituti di ricerca di diversi continenti. Si tratta di un progetto di ricerca che prende spunto da una serie di studi sull’impatto della pandemia sui bambini e sugli adolescenti (tra i 10 e i 19 anni) di tutto il mondo ed è stato realizzato contestualmente in Italia, Angola, Canada, Cile, Lesotho, Indonesia e Madagascar. Alla data di pubblicazione del rapporto italiano, a novembre 2021, solo gli studi condotti in Canada sono stati conclusi e pubblicati. Negli altri paesi coinvolti i risultati dovrebbero essere resi noti entro la prima metà del 2022. Lo studio dovrebbe estendersi anche ad altri paesi, soprattutto a quelli che sono stati colpiti in misura maggiore dal COVID-19.

Lo scopo prioritario della ricerca internazionale «è offrire a governi, istituzioni pubbliche e altri soggetti interessati evidenze atte a mettere in campo azioni e politiche in grado di agire sul benessere psicofisico di bambini e adolescenti, contrastando gli effetti dannosi della pandemia e delle misure adottate per il suo contenimento»[3].

Gli obiettivi perseguiti dal progetto di ricerca

Alla base della ricerca il tentativo di approfondire i temi chiave concernenti il vissuto delle giovani generazioni. Non si è trattato solo di raccogliere opinioni, percezioni e situazioni di vita reale. Si è tentato di analizzare come bambine/i e adolescenti siano riusciti ad affrontare il loro quotidiano durante l’emergenza sanitaria; in che modo le loro vite siano state condizionate e modificate dalle misure governative di contenimento della pandemia; quali punti di vista abbiano maturato rispetto a questioni chiave riguardanti i propri vissuti, di colpo,  completamente mutati; quali idee e proposte abbiano da rilanciare ai governi, anche per riuscire in futuro a gestire al meglio situazioni similari e garantire la tutela dei loro diritti e del loro benessere complessivo[4].

In Italia, la ricerca, che ha visto il coinvolgimento di un team UNICEF[5], ha cercato di mettere in evidenza come ciascuno dei 114 bambine/i e adolescenti coinvolti[6] abbia affrontato la pandemia e le sue conseguenze in termini di limitazioni e difficoltà: «Attraverso le loro parole si riesce a entrare nelle loro vite, a scorgerne i timori e le incertezze, a percepirne la forza e il coraggio, la voglia di rimettersi in gioco e di affrontare la vita e le sfide che continuerà a dare loro»[7].

I diritti in situazione di crisi e di emergenza

Nel rapporto si evince tutta la complessità e la criticità dell’attuale momento storico[8] come anche descritto nella nuova Strategia del Consiglio d’Europa per i diritti dell’infanzia per il sessennio 2022-2027[9].

Uno dei sei obiettivi individuati dalla “Strategia di Roma”, per promuovere e garantire i diritti fondamentali dell’infanzia, riguarda proprio i diritti in situazioni di crisi e di emergenza, facendo riferimento, in particolare, alla pandemia da COVID-19 e alle nefaste conseguenze che si stanno consumando per il conflitto armato in Ucraina da parte della Federazione russa.

C’è bisogno ora più che mai di tenere alta la guardia su come garantire i diritti inviolabili dell’infanzia e dell’adolescenza, a partire dal ben-essere di ciascuno. Il report “Vite a colori” fa emergere chiaramente questa esigenza di “ben-essere”, offrendo parecchi spunti di riflessione per contribuire ad assicurarlo.

Perché il titolo “Vite a colori

Già il titolo ha un suo perché a più livelli. Esso trae spunto dal commento di una adolescente di quindici anni, che sottolinea la rassegnazione a vivere una vita regolata dai colori delle regioni, che cambiano nei momenti più critici dell’emergenza sanitaria, in base alla percentuale di contagiati da COVID-19. La conseguenza è quella di ritrovarsi in una dimensione di totale incertezza per il futuro, di vivere giorno per giorno con la consapevolezza che da un momento all’altro può accadere di tutto scombussolando completamente la propria vita.

Accanto a questa immagine – frutto di una percezione derivante da una condizione reale condivisa sia dagli adulti sia, soprattutto, dai bambini e dagli adolescenti – il titolo mira a mantenere «un approccio positivo, colorato, che è proprio il modo in cui loro affrontano questo periodo, cercando di rinegoziare con sé stessi, le proprie vite e i propri spazi, alla luce della pandemia»[10].   

La metafora del “surf”

Il team di ricerca ha immaginato gli adolescenti intervistati come surfer debuttanti che devono imparare ad affrontare le prime onde e si trovano a farlo proprio durante la pandemia di Covid-19, paragonata a un maremoto”[11]. Ecco allora che, a parte l’onda anomala che rappresenta l’emergenza sanitaria, si parla di tavola da surf, per indicare le relazioni e la rete sociale a disposizione di bambini/e ed adolescenti. Tutte le persone con cui bambine/i e adolescenti vivono sono una parte fondamentale della “tavola”, che è indispensabile per imparare a surfare, ovvero a vivere, secondo la metafora utilizzata: “Lo è ancora di più nel momento in cui si verifica uno tsunami. Anche chi non sa surfare, aggrappandosi alla tavola, può rimanere a galla. Più la tavola è solida, fatta di materiale di qualità, più possibilità ci sono che resista all’onda anomala di Covid-19. La pandemia, da un lato, ha messo a dura prova la tavola e ne ha evidenziato le eventuali fragilità, dall’altro, è stata un’opportunità per i partecipanti alla ricerca per rendersi conto dell’importanza della tavola stessa”[12].

Seguendo la metafora, si fa riferimento, da una parte, alle tecniche del surf, per “rimanere in piedi”, riuscendo ad affrontare le sfide della vita ed avendo la consapevolezza che la “tecnica” possa migliorare con la crescita, con la pratica e con la riflessione; dall’altra, ci si riferisce ad una varietà di surfing spot, che rappresenta i contesti socioeconomici, politici e culturali tali da creare ulteriori sfide per tante/i bambine/i e ragazze/i.   

La struttura del rapporto

Lo studio è stato avviato a febbraio 2021 ed è terminato, nella sua raccolta dati, a giugno 2021 un campione di 114 bambini/e ed adolescenti (39 tra i 10 e i 13 anni e 75 tra i 14 e i 19 anni), provenienti da 16 diverse regioni italiane. È andato oltre il primo periodo di lockdown.

L’elaborazione dei dati è il fulcro del rapporto, suddiviso in quattro capitoli: dopo l’introduzione, il secondo capitolo si sofferma a descrivere la metodologia utilizzata, mentre il terzo rappresenta il cuore del report, in quanto presenta i risultati iniziali dello studio attraverso le parole dei partecipanti; l’ultimo capitolo, invece, analizza i temi chiave emergenti dai risultati, offrendo una chiara lettura dell’analisi dei dati.

L’elemento particolarmente caratterizzante questo tipo di ricerca è dato dall’impianto metodologico utilizzato, di tipo qualitativo, in base al quale sono state raccolte in modo diretto, dalla viva voce dei partecipanti, le esperienze vissute durante la pandemia.

La scelta di un “approccio emergente”

La raccolta dati è stata improntata sulla conversazione e sullo svolgimento di attività creative e, dunque, sull’ascolto attivo e sulla ricerca partecipativa di coloro che hanno aderito volontariamente.

La ricerca ha, difatti, seguito i principi etici chiave di UNICEF, che implicano una minimizzazione dei rischi, un consenso informato degli adolescenti e dei loro genitori/tutori, il rispetto per la diversità e la protezione dei dati (riservatezza, privacy e anonimato)[13].

La scelta di conduzione della ricerca, ispirata al metodo Grounded Theory[14] (ricerca aperta e induttiva)ha consentito di andare oltre l’investigare le esperienze, le percezioni, le idee e le opinioni dei partecipanti. La metodologia utilizzata, tra interviste e contributi individuali e focus group, è stata efficace, non solo perché – come si legge nel rapporto – la «tecnica del ‘focus group’ ha permesso di usufruire di uno spazio di costruzione sociale del racconto sul periodo di pandemia»[15], ma anche perché i giovani partecipanti hanno potuto realizzare uno spazio di rielaborazione emotiva e metacognitiva dell’esperienza ancora in atto.

La particolare struttura dei focus group

I venti focus group, realizzati rigorosamente a distanza come le interviste individuali, hanno previsto una struttura molto articolata:

  • presentazione, mediante fotografie e/o disegni, di un oggetto associato alla propria esperienza della pandemia;
  • richiesta di esplicitare il proprio sentire con la locuzione “il COVID-19 mi fa sentire”, utilizzando la piattaforma Mentimeter;
  • creazione collettiva di una storia immaginaria di un adolescente in tempo di pandemia;
  • raccolta di opinioni e raccomandazioni da indirizzare al governo;
  • possibilità, infine, di esprimere preoccupazioni e speranze per il futuro.

Questo percorso esplorativo ed introspettivo ha permesso di individuare tutti gli aspetti decisamente negativi, in termini di limiti e di privazione, ma anche alcuni significativamente positivi. Stimolando la ricerca di nuovi interessi hanno avuto la possibilità di riconfigurare spazi diversi di socialità e di interazione; hanno avuto «più tempo per pensare, per pensarsi, per capire quali sono le cose che contano»[16]; una nuova consapevolezza di avere risorse interiori e anche la possibilità di acquisire nuove competenze.

Il valore aggiunto del “Comitato consultivo dei giovani”

Il lavoro di ricerca si è caratterizzato per essere particolarmente partecipativo ed ha previsto anche che bambine/i e ragazze/i di età similari ai partecipanti allo studio costituissero un “Comitato consultivo dei giovani” (Young Advisory Board) per supportare le attività di ricerca durante l’intero percorso. Il loro intervento è stato prezioso per:

  • discutere dell’approccio metodologico e definire la struttura dei focus group;
  • contribuire alla raccolta dati, attraverso sessioni di feedback;
  • supportare la fase di validazione dei dati;
  • definire le modalità di disseminazione dei risultati nelle scuole e presso i decisori politici.

In pratica, il Comitato ha aiutato le ricercatrici a «concepire un disegno di ricerca a misura di bambinə e ragazzə»[17].

Cosa è emerso dall’indagine

Il lavoro di analisi dei dati ha richiesto meticolosità e l’utilizzo di uno specifico approccio (analisi tematica di Braun e Clarke): «L’analisi dati è stata un percorso induttivo, descrittivo e interpretativo, e ciò ha consentito di costruire i risultati sulla base di quello che è stato effettivamente detto, proposto e condiviso da tutti i partecipanti alla ricerca»[18].

I risultati della ricerca sono stati circoscritti intorno a cinque temi principali, relativi a:

  1. Rinegoziazione della propria vita quotidiana condizionata dalla pandemia, con la necessità di mettere in atto un processo di negoziazione per affrontare la “nuova normalità” imposta dall’emergenza sanitaria.
  2. Riorientamento in una nuova geografia di spazi, tra online e offline, e relazioni sociali, sperimentando nuove tecniche per surfare ed imparare a cavalcare l’onda anomala, anche concentrandosi su stessi e sul momento contingente, con un diverso approccio al “tempo libero”, in moltissimi casi riscoperto e valorizzato.
  3. Crescita comeopportunità di conoscersi, migliorarsi ed acquisire maggiore consapevolezza di sé anche e in particolar modo durantela pandemia.
  4. Futuro da affrontare con la certezza che il proprio vissuto deve fare i conti con la possibilità di dover fronteggiare altre onde anomale, tra paura, speranze e sfide da affrontare insieme.
  5.  Generazione pandemia da definirsi e per essere definiti come figli del tempo presente, riconosciuti come una generazione accumunata da una stessa esperienza, che da individuale diviene inevitabilmente collettiva[19].

Dai temi analizzati emergono rilevanti spunti di riflessione per gli adulti che debbono preoccuparsi delle attuali generazioni, perché ad essi il campione coinvolto ha indirizzato precise raccomandazioni, con l’esplicita richiesta di cambiare il modo in cui vengono guardati e considerati.

Le “raccomandazioni” per la crescita delle giovani generazioni

Le raccomandazioni riguardano i campi vitali della crescita delle giovani generazioni, riletti in controluce per gli effetti dell’onda anomala pandemica.

In primo luogo, i partecipanti alla ricerca hanno evidenziato la necessità di mettere in campo tutte le possibili azioni atte a salvaguardare la salute mentale ed il benessere psicofisico: da un lato, investendo in politiche pubbliche che possano assicurare un sistema integrato ed efficace di assistenza psicosociale; dall’altro, potenziando opportunità, a carattere ludico e laboratoriale, per approfondire i temi dell’affettività, dell’empatia e delle relazioni.

La loro attenzione è alta per la società e per il vivere insieme, a partire dalla necessità di un impegno mirato per contrastare discriminazioni, omofobia, transfobia e razzismo, per sensibilizzare sui temi della diversità e per introdurre a scuola l’educazione alla sessualità.

È emersa anche una forte richiesta di ascolto e partecipazione insieme all’esigenza di essere inclusi adeguatamente nei processi comunicativi. È importante che ci sia sempre un corretto accesso alle informazioni sulla base delle diverse età, dei diversi contesti di appartenenza e della diversità di genere.

I giovani hanno chiesto di essere coinvolti nei processi decisionali, specialmente le questioni più cogenti e di loro interesse, a partire dal futuro economico del Paese e dell’intero pianeta. Non sono mancate raccomandazioni precise e puntuali anche per la scuola, che – come spazio sociale – è risultata essere «la parte della tavola maggiormente sgretolata dall’onda anomala di Covid-19»[20].

Il focus sulla scuola

Nel rapporto viene sottolineato quanto gli studenti soffrano per una scuola diversa da quella “pre-pandemia”. L’emergenza sanitaria ha creato uno iato. La scuola si è trasformata, soprattutto rispetto a tutti gli spazi di socializzazione che essa generalmente dovrebbe offrire e che, a causa della pandemia, sono stati ridotti o totalmente modificati nelle modalità di interazione. I dati fanno emergere opinioni contrastanti rispetto al funzionamento della scuola a distanza durante i momenti più critici. Molti hanno evidenziato le difficoltà di adattamento alla DaD, ma in tanti ne hanno esaltato anche aspetti positivi, soprattutto per la spinta innovativa che ha indotto un uso più mirato, dal punto di vista didattico, delle nuove tecnologie e delle potenzialità insite alla multimedialità.

Certamente, la scuola è stata messa a dura prova dalla pandemia non potendo utilizzare gli usuali spazi sociali, né la DaD è riuscita a colmare tale vuoto. Ha cercato di gestire la nuova situazione al meglio pur con tutti i limiti che ha dovuto affrontare, né poteva però evitare l’accentuarsi dei divari sociali e l’incremento di situazioni di povertà educativa.

Ad ogni modo, i giovani partecipanti alla ricerca hanno dimostrato di avere le idee molto chiare chiedendo di:

  • ripensare l’istruzione e la didattica mettendo al centro le esigenze e i diritti di tutte le studentesse e di tutti gli studenti;
  • prevedere risorse/investimenti per la formazione del corpo docente sulle metodologie partecipative e sull’ascolto dei bambini e degli adolescenti;
  • applicare alla DAD modalità didattiche orientate alla costruzione di contesti di apprendimento ricchi e coinvolgenti, utilizzando paradigmi sviluppati nella tradizione della pedagogia infantile, come quello dello “sfondo integratore”[21], per favorire il lavoro di gruppo e la socialità a distanza;
  • favorire l’attuazione di una didattica personalizzata che sia particolarmente orientata a far emergere le attitudini e i talenti individuali[22].

Va preso atto che le giovani generazioni hanno sviluppato una nuova competenza rispetto alle precedenti: hanno imparato a «resistere a una situazione di rischio collettivo di vastissime dimensioni»[23]. In quest’ottica, gli adulti, a cominciare dalla scuola, hanno notevoli responsabilità nel garantire gli adeguati supporti per un reale ben-essere, assicurare, ovunque e in ogni circostanza, una efficace “cura educativa” per tutti e per ciascuno, nessuno escluso.


[1] È stato utilizzato il simbolo “ə” (scevà o schwa) per ricalcare la scelta fatta dal team di ricerca nello scrivere il report, «per riferirsi ai partecipanti e agli adolescenti in genere. Questa scelta è stata attuata dopo aver effettuato l’analisi dati, la quale ha rivelato che il gruppo degli intervistati mette in discussione una categorizzazione rigida e binaria dell’identità di genere. La scelta di utilizzare la “ə” mira a riflettere la sensibilità nei confronti delle tematiche di genere espressa dai partecipanti, i quali hanno approvato questo approccio stilistico ed editoriale durante un laboratorio di validazione dei risultati»: F. Viola, M. R. Centrone, G. Rees, “Vite a colori. Esperienze, percezioni e opinioni di bambinə e ragazzə sulla pandemia COVID-19 in Italia”, UNICEF Innocenti Firenze, 2021, p. 1.

[2] https://www.unicef.it/media/unicef-e-garante-infanzia-lombardia-presentano-il-rapporto-vite-a-colori/

[3] F. Viola, M. R. Centrone, G. Rees, op.cit., p. 7.

[4] Ibidem.

[5] Il team UNICEF che include l’Office of Research – Innocenti, il Programma UNICEF in Italia dell’Ufficio Regionale per l’Europa e l’Asia centrale e il Comitato Italiano per l’UNICEF Fondazione Onlus.

[6] Tra i soggetti coinvolti nella ricerca sono compresi minori stranieri non accompagnati (MSNA), chi si identifica come LGBTQI+ e adolescenti con background socioeconomico svantaggiato.

[7] https://www.psicologiacontemporanea.it/blog/bambini-e-ragazzi-nella-pandemia/

[8] https://www.scuola7.it/2022/279/nuova-strategia-per-i-diritti-dellinfanzia/

[9] Cfr. R. Seccia, Nuova strategia per i diritti dell’infanzia, in Scuola7-279 del 10 aprile 2022.

[10] F. Viola, M. R. Centrone, G. Rees, op. cit., p. 4.

[11] Op. cit., p. 1.

[12] Cfr. https://www.psicologiacontemporanea.it/blog/bambini-e-ragazzi-nella-pandemia/

[13] F. Viola, M. R. Centrone, G. Rees, op.cit., p. 13.

[14] B. Glaser e A. Strauss, La scoperta della Grounded Theory. Strategie per la ricerca qualitativa, Ed. by A. Strati, Roma, Armando, 2009.

[15] Op. cit., p. 9.

[16] Op. cit., p. 52

[17] Op. cit., p. 19

[18] Op. cit., p. 17

[19] Cfr. op. cit.

[20] Cfr. https://www.psicologiacontemporanea.it/blog/bambini-e-ragazzi-nella-pandemia/

[21] F. Viola, M. R. Centrone, G. Rees, op.cit., p. 81: in nota viene esplicitato il riferimento al modello di P. Zanelli (1990), precisando che «Lo sfondo integratore fa riferimento sia ad uno strumento di progettazione educativa sia ad uno strumento didattico che favorisca l’apprendimento degli allievi all’interno di un contesto interdisciplinare basato su nessi e connessioni tra le varie materie trattate, che consenta di arricchire di senso l’apprendimento e di favorire un processo di autonomia e autoorganizzazione»

[22] Cfr. op. cit.

[23] Cfr. https://www.psicologiacontemporanea.it/blog/bambini-e-ragazzi-nella-pandemia/