A novembre 2021 l’INAPP (ex ISFOL) ha pubblicato il paper di ricerca “Dal Sistema di Garanzia dell’Infanzia ai Patti educativi di comunità”[1], focalizzato su due significative dimensioni: le strategie dell’EU per i minori e gli interventi del Ministero con i Patti educativi. È un contributo per il contrasto dell’esclusione e della povertà educativa dei minori. Questa tematica multidimensionale da alcuni anni richiama l’attenzione di studiosi, Istituzioni, Terzo Settore e, in particolare per il sistema scolastico, rappresenta una sfida sia a livello formativo sia a livello di sostenibilità del servizio[2]. Di recente poi le vicende sanitarie del Covid-19 hanno fatto emergere ulteriori nodi critici e reso ancora più urgente l’attivazione di politiche mirate.
La Child Guarantee: traiettorie e strategie
La Commissione europea si è posta l’obiettivo di realizzare azioni di contrasto della povertà, dell’esclusione sociale dei minori e programmi per la loro tutela nell’accesso a servizi socio-educativi di qualità[3]. Lo ha fatto il 24 marzo 2021 con l’adozione della “Prima Strategia generale dell’UE sui diritti dei minori”, articolata in sei aree tematiche e con la Child Guarantee (Sistema europeo di garanzia per l’infanzia), scaturita dalla Raccomandazione del Consiglio dell’UE del 14 giugno 2021.
Sono interventi necessari considerando che nell’Unione europea quasi 18 milioni di minori sono in condizioni di vulnerabilità[4], e sono condizioni che nel tempo segnano negativamente il futuro di molti ragazzi. Infatti la forbice delle disuguaglianze tende ad allargarsi con la conseguenza che questi soggetti formino, con tutta probabilità, famiglie problematiche e che abbiano poche occasioni per praticare lavori dignitosi.
La “Child Guarantee per l’Infanzia” inoltre realizza il principio n. 11 del “Piano d’azione del Pilastro Europeo dei diritti sociali sull’assistenza all’infanzia” (2017) che riguarda l’assistenza all’infanzia e il sostegno ai minori e richiama due aree tematiche della Strategia sui diritti dei minori:
- la prima centrata sulla partecipazione dei bambini alla vita politica e democratica;
- la seconda basata sulla loro inclusione socioeconomica, il diritto alla salute e all’istruzione.
Interviene infine su quattro ambiti da presidiare nell’immediato quali la segregazione scolastica, l’insegnamento a distanza, le mense scolastiche, l’assistenza sanitaria.
Minori svantaggiati: Europa ed Italia a confronto
Categorie di riferimento | Europa (dati Eurostat) | Italia (dati Istat) |
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Popolazione: fascia 0-14 anno 2020 | Stabile la percentuale della popolazione di riferimento, intorno al 15,6%. | Tale fascia, in diminuzione, costituisce il 13% del totale[5] ed è il segnale dell’invecchiamento demografico del Paese. |
Bambini con meno di 6 anni a rischio povertà – anno 2019 | Fenomeno che interessa il 20,6% del totale e penalizza soprattutto le famiglie con bassi titoli di studio. | Coinvolge il 25,6% del totale e le fami-glie con debole capitale culturale. Nel 2020 ha interessato 1,3 mln di minori. |
Rischio povertà dei minori figli di stranieri | Nel 2019 tale fenomeno si è atte- stato intorno al 33,9% (media). | Nel decennio 2011- 2019 è diminuito dal 41 al 34%. Ma per i minori con geni- tori italiani è rimasto intorno al 23%. |
Povertà educativa (fino ai 3 anni) | Non accede ai servizi per l’infanzia il 68,7% del totale. Il background familiare determina la differenza, in negativo (anche in Italia). | Non accede ai servizi per l’infanzia il 73,7% del totale (2019). Migliore la situazione dopo i 3 anni. |
Competenze in lettura, matematica e scienze (PISA 2018) | Gli studenti europei conseguono punteggi superiori a quelli degli italiani solo in Lettura (487 vs 476) e Scienze (489 vs 468). | A 15 anni le competenze in matematica sono in linea con quelle dei paesi OCSE. In lettura e scienze sono inferiori. |
I NEET (abbandoni 18-24 anni) | Dal 2005 al 2020 l’indice di abbandono scolastico è sceso dal 17% all’8% (media). | Nello stesso periodo si è avuta una riduzione degli abbandoni dal 22,1% al 13,1%. |
Attuazione della Child Guarantee: la sperimentazione in Italia
Il percorso sperimentale (a cura di UNICEF e sette Paesi europei) è stato avviato nel 2020, durerà per tutto il 2022 e riguarda due livelli di intervento: una ricerca di tutte le politiche in corso per la lotta alla povertà minorile e all’esclusione sociale e la sperimentazione di nuovi modelli operativi, da inserire nel Piano d’azione nazionale e da replicare negli altri Stati membri. I modelli operativi riguardano alcuni campi specifici:
- affidamento familiare per minorenni particolarmente vulnerabili (0-6 anni; con disabilità; stranieri);
- semi-autonomia per adolescenti fuori dalla famiglia;
- integrazione di componenti di housing sociale;
- sviluppo competenze del XXI secolo per il supporto alla transizione scuola-lavoro;
- contrasto alla povertà educativa;
- affiancamento e supporto a famiglie vulnerabili attraverso i Centri per la Famiglia[6].
I Patti Educativi di comunità
Il disegno progettuale della Child Guarantee si interfaccia anche con la dimensione della “comunità educante” e quindi può indurre la scuola ad interagire con il Terzo Settore, con il privato-sociale, con la società civile, con altre Istituzioni, attraverso utili alleanze formative. La scuola può così diventare il fulcro di nuove partnership tra gli attori della comunità educante, sempre nella logica di prevenire e contrastare povertà educativa, dispersione scolastica, fragilità psicosociali, comportamenti inadeguati, etc. Su questa linea si era già orientato il “Piano Scuola 2020-2021”, dove compaiono ufficialmente i Patti educativi di comunità, ripresi di recente dal “Piano Scuola 2021-2222”. Al centro degli accordi ci sono le attività didattiche complementari al curricolo, che utilizzano il territorio come “spazio educativo” (con laboratori, esperienze di service learning, percorsi di ricerca ambientale, Sportelli di ascolto…) e che sviluppano negli studenti profili di cittadinanza attiva[7].
Punti di forza e punti di criticità dei Patti educativi
Come in tutte le pratiche innovative, anche nella realizzazione dei Patti educativi sono stati riscontrati fattori di buon livello ed elementi di inadeguatezza[8].
Come punti di forza si evidenziano:
- il rilevante ruolo della Rete, come dispositivo in grado di “fare sistema”, di ottimizzare le risorse;
- la valorizzazione della scuola pubblica come laboratorio sociale;
- il consolidamento degli scambi culturali, formativi, progettuali tra Scuole, EE.LL. e agenzie private;
- l’incremento della “socialità” e delle competenze connesse ai saperi informali;
- il rafforzamento del senso di appartenenza ad una comunità, nell’ottica della cittadinanza attiva.
Come punti di debolezza si rilevano[9]:
- il criterio della “volontarietà” della partecipazione delle Scuole, ostacolo ad un coinvolgimento generalizzato del personale scolastico e ad una progettazione diffusa rispetto a “vulnerabilità” così frequenti;
- il meccanismo complesso della distribuzione dei fondi, per cui una parte dei finanziamenti viene assegnata a bando attraverso i PON (con un impatto limitante sulla partecipazione degli studenti e con il vincolo dell’80% per le Regioni “in ritardo”) e una parte a pioggia;
- l’implementazione delle iniziative di supporto e di sviluppo nelle aree già positivamente impegnate in progetti dedicati;
- la delega, in assenza di accordi con le scuole, al Terzo Settore e/o agli EE.LL., con la conseguente perdita, a livello di sistema educativo, del valore aggiunto derivante dalle azioni di co-progettazione e di sinergia operativa;
- il dissolversi di una opportunità di formazione sul campo per il personale docente, connessa alla prospettiva di significative ricadute nella ordinaria prassi didattica.
[1] Testo su www.oa.inapp.org/bitstream/handle/20.500.12916/3358/INAPP_di_Padova_Piesco_Marucci_Porcarelli.
[2] Menzioniamo, ad esempio:
- Programma MIUR “Scuole Aperte” (2006);
- Legge 107/2015 protesa alla “valorizzazione della scuola…aperta al territorio…;
- Report finale della Commissione Bianchi, 2021, pagg.64-71;
- Invalsiopen, Patti educativi di comunità: una scuola per il territorio, 27.04.2021;
- Nota MI n.12920/2020;
- C.M. 643/2021;
- F. Luppino, Il piano per la scuola d’estate: un fallimento annunciato, NL ROARS, 26.05.2021;
- D. Trovato, La povertà educativa interroga anche la scuola, RIS, Maggioli, n.5/2021;
- Save the children, La lampada di Aladino. Le povertà educative, 2014.
[3] Le due iniziative hanno la loro radice nell’art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo e nell’art. 24 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE e nascono in una logica di processo bottom-up, essendo state definite dopo ampie consultazioni con i cittadini e, soprattutto, dopo aver ascoltato oltre 10.000 bambini.
[4] Cfr. Eurostat, Children at risk of poverty or social exclusion, sul sito https://bit.ly/3bhungr.
[5] Ca. 8 milioni di bambini su una popolazione italiana, nel 2021, di 59.236.000 residenti.
[6] Per i progetti specifici vds. il paper di ricerca pagg. 21-24.
[7] Per le iniziative in alcune Regioni (Lazio, Campania, Piemonte, Emilia-Romagna) vds. il paper di ricerca, pagg. 27-31.
[8] Vds: D. Trovato (2021), Un “modello” socio-formativo per il Piano-estate, Scuola 7, n. 238, Tecnodid.
[9] Le criticità si riferiscono sia al Piano Estate a.s. 2020-2021 che al Piano Estate 2021-22. Vds. F. Luppino, Il piano… cit.