Educazione civica: le criticità da affrontare

Il punto sull’applicazione della legge 92/2019

Leggendo i PTOF delle scuole, recuperando alcuni documenti pubblicati dagli USR e da enti di formazione e ascoltando le considerazioni del personale della scuola è possibile avere un’idea di come stia procedendo la prima applicazione della Legge 92/2019.

Anche se le informazioni raccolte sono frammentarie emergono già alcune criticità su cui il monitoraggio triennale, che si spera prenda l’avvio al più presto, dovrebbe puntare l’attenzione. Nell’attesa sarebbe bene cercare di intervenire fin da subito, magari nelle attività di formazione ancora in corso o durante le operazioni di autovalutazione, prima che certe prassi molto dubbie si vadano consolidando mandando in fumo lo scopo per il quale è stata varata la Legge. Le criticità più significative individuate provvisoriamente sono sei.

La trasversalità

La richiesta ai docenti di assumere un approccio trasversale ha da sempre caratterizzato la normativa[1] sull’Educazione Civica (EC), ma senza molto successo.

La linea di tendenza  è che ora si sia trovata la trasversalità più nelle tematiche che nelle competenze e nei traguardi da raggiungere. Per capire come è stata declinata la trasversalità nella pratica, sarebbe di grande interesse conoscere a livello nazionale quali siano state le materie scelte nei vari ordini di scuola e soprattutto cosa in realtà abbiano messo in comune i docenti tra contenuti, competenze, traguardi e quali di questi.

Un indicatore significativo viene dal modo con cui si è proceduto nel costruire il curricolo. È stata fatta dai Dipartimenti una triangolazione tra i traguardi indicati nelle Linee Guida, i profili di uscita (PECUP) e i traguardi disciplinari per individuare i punti di interfacciamento comuni[2] in modo da realizzare un curricolo integrato e non l’ennesimo doppione? Queste informazioni ci possono dire molto sull’effettiva funzione assegnata alle discipline e il loro ruolo formativo.

La qualità del processo di costruzione del curricolo può fare la differenza dicendoci se la nuova Legge ha cambiato l’approccio dei docenti o il curricolo è solo il risultato di un puzzle di temi e argomenti.

Il ruolo dei consigli di classe e dei contitolari

Sembra emergere che l’attività collegiale prevalente sia stata quella di concordare l’argomento che ciascun docente avrebbe trattato nelle sue ore nell’ambito di una tematica condivisa, mentre la vera e propria progettazione e stesura dell’UdA è stata realizzata dal singolo docente che poi ha proceduto alla relativa valutazione[3]. Le UdA progettate nel consiglio di classe o insieme dai contitolari sembrano essere residuali. Una scelta voluta o una conseguenza della mancanza di ore da dedicare alla progettazione di cui tenere urgentemente conto anche in sede contrattuale?

Una raccolta di dati su come stia avvenendo la progettazione sul piano organizzativo permetterebbe di comprendere quanto e come la trasversalità anche se correttamente dichiarata sia poi agita e il perché, nonostante i corsi di formazione, molti docenti dichiarino di preferire un’Educazione civica come materia a sé piuttosto che integrata ad altri insegnamenti[4].

Limpostazione delle UdA

È di interesse sapere in che misura le attività proposte nei curricoli siano state finalizzate all’acquisizione di conoscenze piuttosto che allo sviluppo di competenze e in che modo sono stati considerati i traguardi che riguardano concetti e/o atteggiamenti che, per non rimanere semplici oggetti culturali, hanno bisogno di essere tradotti in competenze per essere realmente perseguiti.

Ciò che sembra prevalere è una preferenza per l’acquisizione di conoscenze che, seppur importanti, sono solo un prerequisito necessario, ma non sufficiente per poter partecipare in modo attivo alla vita democratica.

È poi importante verificare se nelle UdA siano o meno presenti quegli elementi che sono determinanti per fare di questo tipo di unità un dispositivo in grado di generare competenze di cittadinanza e di poterne valutare conseguentemente il livello di padronanza. Ad esempio se gli studenti sono stati coinvolti su “questioni socialmente vive”[5] rilevanti per sé e le proprie famiglie; se sia stato previsto un compito di realtà; se il compito sia stato finalizzato alla realizzazione di un prodotto concreto fruibile socialmente o ad un’azione a favore di altri soggetti e se e in che misura è stato coinvolto il Terzo Settore.

Un’altra informazione importante poi è sapere se la progettazione abbia previsto un’analisi della situazione di partenza della classe e dei relativi bisogni formativi relativi alle competenze di cittadinanza e se di conseguenza si è proceduto nella stesura dell’UdA ad una personalizzazione e individualizzazione dei percorsi e dei traguardi o al contrario si sia proceduto, come pare accada spesso, per unità standard uguali per tutti.

La valutazione

Nella secondaria sta diventando una prassi diffusa l’assegnazione del voto da parte di ciascuno dei docenti contitolari ai propri studenti dopo la verifica degli apprendimenti nella propria porzione di attività e successivamente l’invio dei voti al coordinatore perché calcoli la media aritmetica da proporre allo scrutinio come voto finale, in alcune scuole sono comparsi addirittura algoritmi che calcolano in automatico il voto finale. Nella primaria la procedura è la stessa solo che qui ci sono i giudizi da amalgamare e trasformare in un giudizio sintetico. In questo caso c’è da chiedersi con quali criteri si realizzi questa operazione o se si proceda per “taglia e incolla”. La carenza di unità di apprendimento comuni, come si è scritto in precedenza, dove le discipline concorrono sinergicamente alla formazione delle competenze da valutare, sta facendo prevalere queste procedure che sicuramente semplificano tutto, ma sviliscono la valutazione e anche il ruolo stesso del coordinatore che si tramuta così in un modesto “contabile”.

Che ne è poi della valutazione formativa che proprio in questo insegnamento dovrebbe essere la regola? E come è stata affrontata l’interazione tra i traguardi dell’EC e i criteri di assegnazione del voto di condotta? Questioni non da poco.

Gli strumenti di verifica

La pratica di fare la media dei voti snatura il significato della valutazione in un insegnamento come l’EC. Prima di indignarsi per questo, viene il dubbio che, in mancanza di una progettazione comune, tale soluzione sia dettata dalla difficoltà di usare in modo coordinato e integrato gli strumenti di rilevazione in un insegnamento distribuito su più ore e con docenti differenti. La valutazione dell’EC, dovendo rilevare non solo conoscenze, ma anche e soprattutto competenze e atteggiamenti, dovrebbe utilizzare una molteplicità di strumenti come griglie di valutazione, non solo di prove di verifica, ma anche di compiti autentici, oltre a diari di bordo, schede di riflessione e autovalutazione, protocolli di osservazione, ecc. Forse va detto chiaramente ai docenti che sono questi e non i voti o i giudizi sintetici gli strumenti che i contitolari devono mettere a disposizione per fornire quegli “elementi conoscitivi” di cui parla la Legge e che il coordinatore dovrebbe acquisire per poter avere “una visione olistica e polimorfa della competenza di cittadinanza”[6] che potrebbe permettergli di procedere ad una dignitosa e ponderata valutazione da proporre allo scrutinio.

Il coordinatore

Viene spontaneo chiedersi quali siano stati i criteri scelti per l’individuazione di questa figura nei vari cicli, quali compiti sono stati assegnati nell’incarico e da chi sono stati definiti.

Il sospetto che si fa strada è che nella pratica, viste le modalità di valutazione e di progettazione che si stanno affermando, il profilo di coordinatore che emerge è di tipo burocratico-amministrativo piuttosto che di project leader. Se la Legge prefigura una progettualità multidisciplinare e cooperativa non può che diventare determinante il ruolo del coordinatore come facilitatore dei processi di comunicazione e di lavoro, competenze non considerate purtroppo dalle norme per tale ruolo, ma necessarie per l’efficacia della progettazione e del successo della riforma.

Burocratizzare questa figura nella prassi per mancanza di tempo e spazi organizzativi per un lavoro realmente cooperativo, vuol dire far perdere alla Legge la sua spinta innovativa nei riguardi della trasversalità. Lo stesso errore fatale che si continua a fare con la figura del coordinatore di classe[7] ridotta a funzioni burocratiche nonostante il ruolo assegnato al consiglio di classe dalle diverse riforme.

L’efficacia di un’innovazione passa sempre attraverso l’efficienza delle condizioni organizzative necessarie alla sua realizzazione.


[1] “Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione” MIUR 4 marzo 2009; Dossier n.81, 22/01/2019, Ufficio Studi della Camera dei Deputati.

[2] Nilde Maloni, L’Educazione Civica come terreno di sperimentazione, in Scuola7, n. 207 del 12/10/2020: https://www.scuola7.it/2020/206/leducazione-civica-come-terreno-di-sperimentazione/

[3] Dati dell’USR della Sardegna disponibile al sito https://www.formazionedssardegna.net/educazione-civica

[4] Il 30% dei docenti nel corso “CivicAttiva”, slide disponibili al sito: https://www.yotube.com/watch?v=XDpcGj2_Ov8

[5] Felice definizione che si trova nella presentazione del Forum1 del Convegno ”Scuola come bene di tutti. Scuola per il bene di tutti. Quale scuola vogliamo?” del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “R. Massa”, Uni Bicocca del 15/09/21 disponibile al sito: https://scdlab.formazione.unimib.it/

[6] Cristina Galofaro, Irene Cagol, “Educazione civica e alla cittadinanza: un bilancio finale”, testo disponibile al sito: https://www.tuttoscuola.com/content//uploads/2021/07/Ed.-civica-e-alla-cittadinanza_-un-bilancio-finale.pdf .

[7] Pietro Calascibetta, “Il coordinatore di classe. Una figura chiave”, in Rivista dell’istruzione, n.1- 2021 e: “Il rilancio della figura del coordinatore di classe”, in Rivista dell’istruzione n. 2 -2021.