L’attenzione riservata agli esami di fine secondo ciclo dalla maggior parte dei governi ne evidenzia il ruolo di “indicatore” di una visione di scuola e del suo rapporto con la società. Vale ancor più, oggi, all’interno di una visione di apprendimento permanente.
Esami di Stato o esami di Maturità?
Gli esami, infatti, sono stati definiti alternativamente di Stato, se a prevalere era la visione istituzionale con la conseguente valorizzazione del titolo di studio e soprattutto del suo aspetto legale, o di Maturità, se al centro era posto il giovane studente al quale veniva offerta l’opportunità di mettere in evidenza la formazione raggiunta nelle sue diverse competenze culturali e professionali.
In una situazione inedita come quella della pandemia, il ministro Bianchi si è trovato a ragionare dell’esame dentro vincoli imprevisti quali la presenza e/o la distanza, capaci già da soli di modificarne la struttura a partire dal contesto, pur tenendo dritta la barra del significato: certificare il possesso delle competenze previste dal Profilo educativo culturale e professionale dello studente.
Il Long Covid sull’esame di Stato: solo esiti negativi?
Gli studenti che affronteranno gli esami di Stato a giugno 2022 hanno fatto nel triennio prevalentemente esperienze di apprendimento in DAD. Chiedono, per tale motivo, una formula d’esame uguale a quella praticata nei due anni precedenti: nessuna prova scritta, un colloquio a partire dalla discussione di un elaborato sulle discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, capaci di valorizzare soprattutto il percorso scolastico dell’allievo.
Sembra questo l’orientamento prevalente, non solo in ragione delle oggettive difficoltà incontrate da studenti e insegnanti in questo lungo periodo, quanto piuttosto per iniziare a valorizzare una possibile diversa modalità di concludere il ciclo, rispondendo in modo congruente alla tipologia di prove necessarie alla certificazione delle competenze effettivamente raggiunte. Lo studente deve far leva sulla sua capacità di fare sintesi di tutti gli stimoli ricevuti, piuttosto che ricercare semplicemente una restituzione conforme dei contenuti previsti dall’indirizzo di studi intrapreso.
L’esame di Stato nella vita e nel curricolo dello studente
Il dibattito su questo tema ha da sempre diviso i ‘custodi della tradizione culturale’,che individuano nell’ esame prevalentemente la verifica della padronanza dei contenuti disciplinari, (‘traditio’ritenuta fondamentale per i giovani che dovranno misurarsi con l’accesso all’università), dai ‘sostenitori del curricolo dello studente’, aggiornato nel progetto di vita e di studio al dialogo tra mondo della scuola e mondo del lavoro, questi ultimi più inclini ad esigere competenze spendibili acquisite anche attraverso percorsi pratici e relazionati a compiti di comprensione e sviluppo della realtà.
Diamo un voto all’esame
È noto che il mondo aziendale non è interessato a titoli ottenuti con valutazioni sommative. La selezione del personale spesso adotta criteri (dimensioni) di valutazione, solo di recente entrati ufficialmente nelle pratiche valutative della scuola. Ma anche le Università, pur con motivazioni diversificate, pretendono prove di ingresso per ammettere gli studenti a percorsi di istruzione terziaria. Tutto questo indebolisce la sacralità dell’esame finale, che sia di Stato o di Maturità, facendo emergere un problema più generale sull’affidabilità assegnata alle prove stesse, quando in gioco ci sono i ‘risultati di apprendimento reali’.
L’esame di Stato come occasione di autovalutazione dello studente
La scelta di far svolgere o meno gli scritti potrebbe essere motivata dalla necessità di focalizzare l’attenzione della Commissione sulla capacità dello studente di fare sintesi e rielaborazione di quanto appreso grazie al curricolo disciplinare. L’elaborato e tutto il colloquio orale sono sufficienti a rappresentare anche sul piano orientativo la coerenza e la coesione rintracciata dallo studente stesso tra il percorso di studi e le sue scelte di vita, di studio e di lavoro? Si sa che lo scritto fa già parte delle verifiche che vengono realizzate nel corso degli anni, mentre all’esame finale risulterebbe più importante evidenziare gli elementi del processo di apprendimento, un esame-bilancio che porta i giovani a valutarsi, assieme ai loro docenti, che dovrebbero essere stati per loro accompagnatori o mentori piuttosto che notai della burocrazia ministeriale.
La funzione orientativa dell’esame
La pedagogia ci fa notare che una scuola di tutti e di ciascuno esige giudizi e profili di personalità perché la finalità ultima è l’orientamento, l’indicazione delle attitudini dell’individuo che ci dica ciò che egli è. L’esame quindi accerterà la maturità e per sfuggire al nozionismo andrà operato un collegamento tra le materie con le relative esercitazioni, anche extrascolastiche, in modo da costruire allo stesso tempo una visione unitaria e individualizzata della personalità, per arrivare ad una valutazione anch’essa unitaria, non come la media di voti separati, che metta in evidenza i ritmi dello sviluppo dei giovani e del loro apprendimento.
Il valore aggiunto dell’esame
Se l’esame ha un suo valore aggiunto, il periodo di pandemia ha fatto emergere una consapevolezza: andare oltre le conoscenze, perché queste sono già rilevate e rilevabili durante tutto il corso degli studi. L’esame deve evidenziare le caratteristiche della persona e del contesto nel quale andrà ad esercitare le sue competenze, mettendo la scuola in grado di comunicare con altri soggetti formativi e lavorativi con i quali i giovani dovranno confrontarsi nel prosieguo del loro cammino. Più di un titolo, dunque, occorrerà un curriculum del maturato, con dei crediti da spendere in successivi percorsi formativi o lavorativi per collegare ciò che lo studente apprende con le richieste del mondo esterno, i test di accesso all’università e la possibilità di scambio anche in sede internazionale. Il modello è quello dell’European Qualification Framework, un quadro che comprende tutti i tipi e tutti i livelli di qualificazioni, rispetto al quale l’uso dei risultati dell’apprendimento ha l’obiettivo di rendere chiaro ciò che una persona sa, capisce ed è in grado di fare.
Forse le sollecitazioni del Ministro possono essere lette come invito ad andare oltre il disciplinarismo, a valorizzare la maturità dello studente, che rappresenta l’evidenza primaria dei risultati di apprendimento e testimonia anche il successo delle azioni della scuola
Il ruolo del Consiglio di classe
Si tratta di agire innanzitutto sul curricolo, spingendo verso un’attività interdisciplinare, come già la commissione Brocca aveva ipotizzato: “un’area di progetto” che potrebbe sfociare anche in rapporti extrascolastici, come l’alternanza scuola-lavoro. È da questa idea originaria che prendono spunto elaborati come “tesi” e non “scopiazzature”, che si basano sulle scelte degli studenti stessi, realizzate insieme ai loro insegnanti. Questi si troveranno di nuovo nel Consiglio di classe/Commissione d’esame per impostare e condurre il colloquio. I docenti infatti sono riferimenti educativi non solo per gli studenti ma anche per quel determinato contesto sociale e produttivo. In questo modo l’esame andrebbe a valorizzare anche l’autonomia scolastica e i suoi strumenti fondamentali quali i PTOF, in cui si possono mettere in cantiere diverse tipologie di prove e modi diversi di valutare.