“Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola. Sbagliano la domanda: non dovrebbero preoccuparsi di comebisogna fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola”, diceva don Lorenzo Milani.
“Ma si può giudicare la poesia facendo una hit-parade? Domandava provocatoriamente l’immaginario professor Keating, reso immortale da Robin Williams nell’Attimo Fuggente. L’intento era quello di smontare l’idea standardizzata o classificatoria del sapere ed incentivare il pensiero critico e la creatività degli studenti della sua classe.
Un paradigma classificatorio
Ottimo proposito, tanto nella finzione cinematografica di quegli anni quanto nella realtà pedagogico didattica attuale. Nella scuola odierna, infatti, ancora sconvolta dalla crisi sanitaria e avvelenata da estenuanti diatribe metodologiche (a proposito, il modello progressista è stato davvero un fallimento?), il dibattito sulla qualità dell’offerta formativa tende a preferire approcci astratti fatti di classifiche, misurazioni o confronti tra dati preoccupanti che si ripetono nel tempo e livelli sistematicamente non raggiunti, sempre con l’intenzione di proporre un paradigma competitivo e classificatorio quale miglior soluzione ai deficit d’apprendimento via via riscontrati nei vari ordini e gradi scolastici.
Eduscopio e le “eccellenze didattiche”
Indubbiamente i dati restituiti da ricerche nazionali come quella di Eduscopio[1], recentemente diffusi dalla Fondazione Agnelli e afferenti alle migliori “eccellenze didattiche” del Paese, hanno certo un’utilità oggettiva perché mettono in guardia dai cosiddetti “diplomifici” e al contempo provano a essere la cartina tornasole degli sforzi profusi da docenti ed educatori. Tuttavia, come bene ha scritto Gianni Zen (2021), nella scuola, così pure nella vita, non contano solo i risultati in assoluto, è invece molto più urgente comprendere come essi sviluppino il valore aggiunto, ossia quanto di buono la scuola è riuscita a stimolare in tutti i ragazzi, indipendentemente dalla loro preparazione pregressa o dalla loro estrazione sociale.
La sfida della scuola: la comunità che include
Del resto il paradigma competitivo e non cooperativo – che prelude a una sorta di darwinismo sociale – si pone in antitesi con il ruolo principale delle istituzioni scolastiche, ovverosia dare una chance a ciascuno, producendo quell’emancipazione sociale sconosciuta ad ogni algoritmo classificatorio.
I nostri tempi sconnessi, più che di una scuola meritocratica e giudicata sulla base di classifiche d’eccellenze da applaudire, hanno bisogno di una scuola accogliente, o meglio di una scuola capace di ospitare tutti nella maniera giusta per ognuno, di intuire ogni esigenza, di identificare i disagi, di controbilanciarli con azioni efficaci e inclusive.
Questa è la vera sfida decisiva, oggi come ieri: arginare l’acuirsi delle disuguaglianze sociali, rese endemiche dalla pandemia ancora in corso, ed estendere il diritto allo studio in modo ecumenico, per creare e diffondere un’idea di scuola quale spazio fatto di relazioni dirette e immediate, attraverso le quali scoprire l’altro e condividere un progetto di vita che s’elevi oltre gli schemi e i programmi che servono alla nascita di una comunità coesa e collaborativa.
La scuola “rende uguali”
La lezione delle Esperienze Pastorali di don Milani è basilare e oggi improcrastinabile. Dà a tutti le medesime possibilità, perché permette il riscatto di coloro che sono privi di mezzi o che hanno patito ingiustizie e gravi limitazioni, ponendo le basi per l’esercizio della cittadinanza.
L’ambiente d’apprendimento può diventare così il primo luogo d’accoglienza capace di generare la vera “centralità” dello studente, con lo scopo di perseguire la finalità ultima dell’istruzione: emancipare le persone e liberarle dai capestri culturali e sociali, per poi condurle verso lo sviluppo di una coscienza critica indispensabile a far valere quei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, eppure spesso calpestati o disattesi.
La pedagogia dell’emancipazione
Contro tutte le povertà educative, peraltro, era nato illo tempore (nel solco degli insegnamenti di Célestin Freinet) il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) di Bruno Ciari e Mario Lodi. Ancor oggi il MCE non stila classifiche, ma cerca piuttosto di costruire processi educativi e sociali utili a plasmare una società libera e predisposta al cambiamento, garanzia d’uguaglianza e partecipazione democratica e propone un’efficace pedagogia dell’emancipazione, che si fonda su una base educativa partecipativa e pluralista, antitetica all’utilizzo di quelle metodologie didattiche tassonomiche e competitive che cercano di individuare l’eccellenza attraverso confronti tra dati numerici piuttosto che intervenire sul reale fabbisogno del singolo.
Al di là delle tassonomie
Del resto il mestiere dell’educare (e dell’insegnare) è giocoforza un processo dinamico in continuo movimento, che per essere efficace deve intervenire in modo decisivo nelle realtà peculiari degli studenti, allo scopo di tutelarne i diritti sociali nella moltitudine delle difficoltà quotidiane. In questo contesto la relazione educativa e la didattica cooperativa sono leve irrinunciabili per la costruzione di una comunità d’apprendimento, al di là delle tassonomie che gli algoritmi classificatori propongono.
Dalle classifiche alla scuola del fare
Purtroppo dati e classifiche di merito, che troppo spesso animano il dibattito pubblico, vengono veicolati come dati oggettivi. Al contrario, se percepiti e soprattutto utilizzati in modo inopportuno, potrebbero alimentare ulteriori disuguaglianze tra Regioni, territori o singoli Istituti.
Un modo diverso per aiutare a crescere e ad evolversi risiede nel modello di Célestin Freinet, connesso alla scuola del fare: da un approccio culturale di tipo “trasmissivo”, che cerca di stabilire attraverso classifiche di merito i migliori e i peggiori, la didattica che mette al centro il “fare” conduce infatti verso la scoperta dei valori partendo dalle motivazioni di ciascuno e dalla gratificazione di fronte ai risultati.
Alcuni approfondimenti
- G. Zen, Le classifiche di Eduscopio e il rischio “darwinismo sociale”, www.tecnicadellascuola.it, 2021
- C. Raimo, La scuola non è un attimo fuggente, www.internazionale.it, 2015.
- D. Scarampi, L’ottavo sacramento, una scuola che accoglie: la lezione di don Milani, www.giuntiscuola.it, 2021.
- D. Scarampi, Al centro dell’educazione: MCE, Mario Lodi, Tullio de Mauro, www.treccani.it. 2021.
[1] Vedi: https://eduscopio.it/news/eduscopio-2021-22-da-oggi-online-la-nuova-edizione