Qualche anno fa Gianrico Carofiglio, nel suo breviario di scrittura civile “Con parole precise” prese come esempio di oscurità e astrattezza del linguaggio burocratico una circolare del 2014 dell’allora MIUR su un piano di formazione per docenti esperti. Si può rendere la sintassi meno tortuosa e solenne, pur conservando autorevolezza, come si possono snellire certe auliche formule burocratiche, senza sminuire il valore di un prestigioso passato storico e linguistico che non va dimenticato.
Il linguaggio ministeriale agli occhi degli altri
L’analisi di Carofiglio è condotta con quello che si definisce uno sguardo esterno. In effetti è giusto che l’Amministrazione, dagli uffici centrali fino alle singole segreterie, nel momento in cui comunica agli interlocutori (quelli che con un anglismo forse evitabile vengono chiamati stakeholders) si sforzi e si impegni a usare un linguaggio tecnico, ma non tecnicistico, formale ma non formalistico, semplice ma non semplicistico, adattando il registro comunicativo alla platea dei lettori.
Non è stato, però, solo Carofiglio, però, a evidenziare alcuni aspetti a suo parere ostici e astratti del linguaggio burocratico dell’amministrazione scolastica. Nel 2018 un Comunicato dell’Accademia della Crusca, che a dire il vero non era neanche il primo, contestava un’adozione programmatica e organica di termini anglicizzanti, che assurgeva “a modello su cui improntare la formazione dei giovani italiani”. E molti lettori ricorderanno l’articolo nella prima pagina di un diffuso quotidiano nazionale, nel quale lo storico Ernesto Galli della Loggia criticava aspramente il bilancio delle competenze dei docenti neoassunti.
I rimproveri rivolti alla Pubblica Amministrazione
Il modo in cui l’Amministrazione scolastica si esprime è inevitabilmente molto esposto, sia alla luce dei numeri imponenti di cui si compone (ad esempio gli oltre 8 milioni di studenti), sia in virtù della sua missione educativa e formativa; essa non deve infatti mai dimenticare che le parole sono importanti, che i destinatari dei messaggi che si vogliono veicolare sono comunque persone di scuola e che l’istituzione scolastica tutta svolge una preminente funzione di modello e punto di riferimento, soprattutto per le giovani generazioni.
Sono abbastanza noti alcuni dei rimproveri che gli autori citati rivolgono alla lingua della PA e in particolare della scuola. Ne riportiamo alcuni:
- un abuso di anglismi e forestierismi. La tendenza generale è infatti quella di utilizzare alcuni termini anglosassoni anche in presenza di un corrispondente ed equivalente vocabolo italiano;
- l’utilizzo di “gergalismi criptici e vuote ridondanze verbali”. Vero è che, da una parte, il linguaggio scolastico, come tutti gli altri settori specialistici, ha una sua sintassi e un suo lessico; d’altra parte è tuttavia opportuno e quasi “genetico” che l’orizzonte verso cui tendere sia quello della chiarezza e della linearità (che non sia piattezza, però);
- una sintassi astratta, fatta di tanti sostantivi e pochi verbi di modo finito. Anche qui è forse possibile qualche passo avanti – perché no, con un piano di miglioramento (PdM) non solo per scuole e studenti, ma anche per gli Uffici – frantumando, almeno in parte, la consuetudine a riproporre certe formule arcaiche che, forse per inerzia e autoalimentazione, ancora albergano nel nostro vocabolario.
L’arte di scrivere circolari pensando a chi le leggerà
Si potrebbe partire con piccoli passi…
Una buona porzione di vita scolastica passa, ad esempio, attraverso le comunicazioni scritte: circolari, note, comunicati (lasciando stare decreti e provvedimenti, che hanno una struttura propria, specifica e meriterebbero un capitolo a parte, che però sarebbe molto tecnico).
Anche nelle piccole cose, nelle singole sezioni di cui si compone una lettera, il destinatario può scorgere segnali di attenzione e cura, di semplicità e completezza.
Quello che segue non è pertanto un glossario giuridico, non vi troverete ad esempio gli elementi essenziali dell’atto amministrativo, ma un decalogo pratico, snello, essenziale e sicuramente incompleto delle parti di cui si compone una pagina scritta della Pubblica Amministrazione, anche ad uso delle segreterie scolastiche. In altre parole, da dove parte un Dirigente Scolastico quando scrive una circolare? Che cosa non deve dimenticare, oltre naturalmente al messaggio che vuole veicolare? Qualche volta la forma può diventare sostanza?
Decalogo sintetico della struttura di una circolare
Di seguito si propongono sinteticamente ed in maniera schematica tutti gli elementi che caratterizzano la stesura di una circolare scolastica, come nell’esempio riportato in immagine.
L’intestazione e il piè di pagina
Ogni istituzione scolastica ha la sua intestazione: l’emblema della Repubblica italiana, la denominazione dell’Istituto con i dati principali e solitamente anche un logo caratterizzante.
Il piè di pagina dovrebbe contenere il nome e i contatti del responsabile del procedimento ed eventualmente il referente dell’istruttoria, che rappresentano punti di riferimento importanti per l’utenza. Base normativa è la legge 241/1990 (artt. 4, 5 e 6).
La data e il protocollo
Cronologicamente costituiscono l’ultimo, non banale, passaggio amministrativo, poiché determinano la tracciabilità di un atto o di un documento e contribuiscono a garantirne l’autenticità.
I destinatari
In alto a destra vanno indicati i destinatari, sia quelli diretti, per i quali sono attesi degli effetti o delle competenze, sia coloro a cui essa viene inviata o trasmessa per conoscenza.
L’oggetto
È bene che sia chiaro, sintetico, circostanziato, completo. Deve cioè dire a tutti gli interlocutori di che cosa si parlerà nel corpo del testo della nota/comunicato, senza per questo essere prolisso.
Il preambolo normativo
È principalmente previsto per le norme, i decreti, i provvedimenti e merita un approfondimento a parte. Ai più curiosi, dischiude la genesi di una legge o di un atto conclusivo di un procedimento. Come ci si è arrivati? Quali sono stati i passaggi precedenti? Sarebbe opportuno che tutti leggessero i “visto” e i “considerato” che precedono il “decreta”, “dispone”, “promulga”, mentre è più semplice saltare subito alle conclusioni. Nei suoi numerosi incontri di formazione, l’indimenticato Giancarlo Cerini consigliava agli aspiranti Dirigenti Scolastici di leggere e apprezzare la completezza del preambolo normativo del D.Lgs. 13/2013 per avere una cornice storico-giuridica degli ordinamenti scolastici, con particolare riferimento alla certificazione delle competenze.
Il contenuto
Il testo è comprensibile a ciascuno? Racchiude tutte le informazioni? Ci sono passaggi o termini ambigui, che potrebbero essere male interpretati? Il suo registro è coerente con l’utenza o con lo scopo del documento? Una volta letto, si deve ritornare più volte sul testo per affinarne la comprensione? Due suggerimenti operativi per gli estensori del documento: a) Rileggere il testo più volte, cercando di mettersi nei panni di un lettore anche poco esperto; b) Farlo leggere a una seconda persona, che può aiutare a svelare alcuni passi oscuri, eventuali ambiguità o probabili refusi (che sono un rischio concreto anche dei più “navigati”).
Il font/carattere di scrittura
Non esiste una regola generale, ossia una norma che disponga di utilizzare un font piuttosto che un altro. Il Ministero dell’Istruzione, ad esempio, utilizza il “calibri”, misura 12. Pulito, sobrio, asciutto. Nel sito del MI, tuttavia, si opta giustamente per un font meno formale, più morbido, confidenziale e comunicativo.
Quanto ai singoli paragrafi, un testo giustificato, come quello dei libri, anziché allineato a sinistra, è solitamente più riposante. In ogni caso, si parte con un font e una dimensione del carattere e si mantiene per l’intero documento.
Il lessico e la sintassi
Le frasi devono essere semplici e chiare, senza troppe subordinate e con un soggetto immediatamente comprensibile. Utilizzare un elenco puntato può talvolta aiutare a organizzare le informazioni e a comunicarle in modo organico e consequenziale.
L’italiano è una lingua bellissima e ricchissima di sfumature. Perché utilizzare un termine inglese quando si può evitare o addirittura quando il vocabolo nostrano è generatore di quello straniero?
È bene, infine, seguire con molta parsimonia la moda anglosassone che vuole tante iniziali maiuscole, così come usare con moderazione, eventualmente spiegandoli, gli acronimi di cui il lessico scolastico è fertile e fecondo.
I saluti
È sempre cortese e opportuno terminare comunicati e circolari con i saluti (cordiali o distinti) e, quando necessario, con i ringraziamenti. Con formalità, ma senza formalismi.
La firma
Di norma si trovano tre tipologie di firma (nei collegamenti ipertestuali ne sono indicati alcuni esempi):
- Firma autografa – Banalmente, è la firma a mano in calce a un documento, quella cioè vergata di proprio pugno e che si usa nei contesti più svariati. Quando la firma è autografa, il documento da trasmettere viene scansionato (tralasciamo le considerazioni giuridiche sull’univocità del collegamento fra documento e sottoscrittore);
- Firma autografa sostituita a mezzo stampa ai sensi dell’art. 3, c. 2 del D.Lgs. n. 39/1993 - È una procedura semplificata che consente di diffondere o stampare massivamente un documento e di inviarlo a terzi;
- Firma digitale – È un particolare tipo di firma elettronica qualificata che consente al titolare e al destinatario, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico.
Interessante sarebbe poi una ricerca/monitoraggio sulla firma di genere, ossia sulle dirigenti scolastiche che preferiscono firmarsi al maschile anziché al femminile oppure sulla scelta di chi prima del nome inserisce il titolo (dott./prof…). La laurea è requisito per diventare Dirigenti Scolastici, quindi non dovrebbe essere necessario puntualizzarlo, ma questa è tutta un’altra storia, sulla quale si potrebbe aprire un interessante dibattito.